Filosofia/Ragione, esperienza, cuore

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Ragione, esperienza, cuore... Una riflessione biblica su come conosciamo la verità

Da secoli, la filosofia si interroga su come giungiamo alla verità. Alcuni affermano che sia la ragione a guidarci, altri l’evidenza dei fatti. Ma è davvero solo questione di logica o di esperienza? La Bibbia ci ricorda che ci sono tante altre “facoltà” e ci rivela anche il ruolo del “cuore”. In questo articolo, esploreremo questi approcci a partire da personaggi celebri – della cultura e della Scrittura – per chiederci quale sia il centro vero della nostra conoscenza e della nostra fede.

Una delle dispute classiche nella storia del pensiero è quella tra razionalisti ed empiristi [1]. I primi ritengono che la verità si raggiunga con il ragionamento; i secondi, che solo l’esperienza diretta possa darci certezze. Anche se può sembrare una questione da studiosi, questa distinzione si riflette anche nella cultura popolare.

Pensiamo ad esempio a personaggi famosi delle storie investigative. Sherlock Holmes e l’ispettore Colombo sono chiaramente “empiristi”: osservano, raccolgono dettagli, e da quelli ricostruiscono i fatti. Anche se a volte sembrano eccentrici, risalgono alla verità partendo da ciò che vedono.

Altri, però, lavorano in modo opposto. Nero Wolfe, ad esempio, risolve i casi senza muoversi dalla sua casa, riflettendo e ragionando. Lo stesso fa il commissario Maigret, o, in Italia, Montalbano: ascoltano, collegano, e giungono alla verità attraverso un intuito razionale.

Spesso, chi ha inventato questi personaggi, ha voluto darci una “testimonianza” in favore di un partito o dell’altro.

E nella Bibbia? Anche lì troviamo queste due tendenze. Prendiamo Tommaso, il discepolo che non crede finché non tocca con mano: è un classico empirista. Ha bisogno della prova visiva, tangibile. Ma Gesù lo invita a superare quella dipendenza: “Non essere incredulo, ma credente!” (Giovanni 20:27). E aggiunge: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (v. 29). La fede, dice Gesù, va oltre la prova materiale.

Anche i sadducei del tempo di Gesù rappresentano un altro tipo di difficoltà: sono razionalisti. Non credono nella resurrezione. Propongono a Gesù un esperimento razionale (una donna con sette mariti) per dimostrare che la resurrezione implica contraddizioni logiche. Ma Gesù risponde che sbagliano perché non conoscono né le Scritture né la potenza di Dio (Marco 12:24). Cercano di piegare Dio alle leggi della logica umana. Ma Dio non è soggetto a queste regole: è Lui il Creatore delle leggi, non il loro prigioniero.

In entrambi i casi – Tommaso e i sadducei – vediamo persone che sottopongono la verità di Dio al vaglio dell’esperienza o della logica. Ma entrambe, se assolutizzate, diventano dei limiti.

E allora: che posto dare alla ragione e all’esperienza nella nostra vita? Dobbiamo rigettarle? No, hanno il loro posto, ma non “il posto centrale”.  

Esiste nell’essere umano un “posto centrale”, una funzione che guida e presiede a tutte le altre facoltà?

La Bibbia ci dice: “Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, perché da esso provengono le sorgenti della vita” (Proverbi 4:23).

Ma attenzione: il cuore, nella prospettiva biblica, non è solo una delle funzioni o facoltà. È il centro della persona, il luogo dove convergono e si concentrano tutte le funzioni dell’uomo: pensiero, emozione, volontà, intuizione o fede [2]. È da lì che nasce la vera risposta a Dio. Non si tratta solo di “provare qualcosa”, né solo di “capire qualcosa”, ma di coinvolgere tutto il nostro essere. Non è necessario assolutizzare nessuna facoltà, nè stabilire una gerarchia di funzioni.

Quando Dio chiama, non cerca solo la nostra adesione razionale, né la nostra emozione o la nostra esperienza: cerca il cuore intero.

È per questo che non basta offrire a chi non crede delle “prove” (logiche) dell’esistenza di Dio, o raccontare della tomba vuota come se fosse un’indagine storica. Certo, Dio può usare anche queste cose. Ma la conversione nasce solo quando il cuore viene toccato e trasformato (Atti 16: 4).

In fondo, anche noi che crediamo siamo esposti al rischio di assolutizzare  la logica, l’esperienza o qualche altra funzione umana. Ma il Vangelo ci invita a guardare a Colui che conosce il cuore e lo rinnova.

[Renato Coletto, 21 maggio 2025]

Note:

[1] Per razionalista si intende chi crede che la ragione sia la principale fonte di conoscenza e guida delle scelte: un approccio che privilegia il pensiero logico, l’analisi, la deduzione e spesso la coerenza interna dei propri convincimenti. Al contrario, per empirista si intende chi ritiene che l’esperienza sensibile – ciò che si vive, si osserva e si tocca con mano – sia alla base della comprensione del mondo e delle decisioni da prendere. Questi due termini indicano originariamente due grandi correnti della filosofia moderna, ma possono anche descrivere due atteggiamenti diversi nei confronti della vita: uno più riflessivo e interiore, l’altro più aperto al concreto e al contingente.

[2]  Nella filosofia cristiana riformata (in particolare nella corrente cosmonomica ispirata da Herman Dooyeweerd), il cuore è inteso non come semplice sede delle emozioni o della fede, ma come centro unitario della persona, da cui si originano tutte le altre “facoltà” umane (ragione, esperienza, sentimento, intuizione, volontà…). Il cuore, in questo senso, è la “radice religiosa” dell’esistenza: è ciò che orienta la vita nella sua totalità, nel rapporto con Dio. Questa prospettiva biblica è molto diversa da quella moderna, che tende a frammentare la persona in compartimenti separati.