Teopedia/Iconoclastia: differenze tra le versioni

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= Origine delle icone =
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Siamo abituati a identificare l'icona con la tradizione ortodossa e cattolica. Ma si ritiene che la formazione delle basi della pittura di icone sia iniziata anche prima dell'emergere del cristianesimo. '''I prototipi delle prime immagini cristiane potrebbero essere i ritratti di Fayum, che sostituirono le maschere funerarie nella tradizione rituale greco-romana'''. E il concetto stesso di “icona” deriva dal greco εἰκών, che significa “immagine”. Inizialmente, questa parola descriveva qualsiasi immagine, indipendentemente dal soggetto o dal materiale con cui è stata realizzata l'opera.
Siamo abituati a identificare l'icona con la tradizione ortodossa e cattolica. Ma si ritiene che la formazione delle basi della pittura di icone sia iniziata anche prima dell'emergere del cristianesimo. '''I prototipi delle prime immagini cristiane potrebbero essere [https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratti_del_Fayyum i ritratti di]'''[https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratti_del_Fayyum F'''ayyum''']''', che sostituirono le maschere funerarie nella tradizione rituale greco-romana'''. E il concetto stesso di “icona” deriva dal greco εἰκών, che significa “immagine”. Inizialmente, questa parola descriveva qualsiasi immagine, indipendentemente dal soggetto o dal materiale con cui è stata realizzata l'opera.


Poiché in alcune culture la venerazione degli oggetti realizzati dall'uomo era percepita come il culto dei culti pagani, nella nuova religione monoteista l'icona fu inizialmente trattata in modo ambiguo. Solo nel 787, al  VII Concilio Ecumenico di Nicea, fu stabilito il Dogma della venerazione dell'icona, il quale spiegava che non si tratta di una celebrazione di un oggetto, ma di ciò che su di esso è raffigurato. Vedasi: https://spec.tass.ru/kak-chitat-ikony/ 
Poiché in alcune culture la venerazione degli oggetti realizzati dall'uomo era percepita come il culto dei culti pagani, nella nuova religione monoteista l'icona fu inizialmente trattata in modo ambiguo. Solo nel 787, al  VII Concilio Ecumenico di Nicea, fu stabilito il Dogma della venerazione dell'icona, il quale spiegava che non si tratta di una celebrazione di un oggetto, ma di ciò che su di esso è raffigurato. Vedasi: [https://spec.tass.ru/kak-chitat-ikony/ https://spec.tass.ru/kak-chitat-ikony/] 


= Iconoclastia =
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Versione attuale delle 01:56, 21 nov 2023

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Origine delle icone

Siamo abituati a identificare l'icona con la tradizione ortodossa e cattolica. Ma si ritiene che la formazione delle basi della pittura di icone sia iniziata anche prima dell'emergere del cristianesimo. I prototipi delle prime immagini cristiane potrebbero essere i ritratti diFayyum, che sostituirono le maschere funerarie nella tradizione rituale greco-romana. E il concetto stesso di “icona” deriva dal greco εἰκών, che significa “immagine”. Inizialmente, questa parola descriveva qualsiasi immagine, indipendentemente dal soggetto o dal materiale con cui è stata realizzata l'opera.

Poiché in alcune culture la venerazione degli oggetti realizzati dall'uomo era percepita come il culto dei culti pagani, nella nuova religione monoteista l'icona fu inizialmente trattata in modo ambiguo. Solo nel 787, al  VII Concilio Ecumenico di Nicea, fu stabilito il Dogma della venerazione dell'icona, il quale spiegava che non si tratta di una celebrazione di un oggetto, ma di ciò che su di esso è raffigurato. Vedasi: https://spec.tass.ru/kak-chitat-ikony/ 

Iconoclastia

L'iconoclastia è una parola che deriva dal greco "icono" (immagine) e "klastes" (che distrugge). In ambito cristiano, l'iconoclastia si riferisce al movimento storico che ha condotto alla distruzione delle immagini sacre (iconografia) e delle statue nelle chiese.

L'iconoclastia si diffuse nell'impero bizantino nell'VIII secolo, dove si sviluppò una forte polemica riguardo alla venerazione delle immagini sacre. Questo movimento fu guidato dall'imperatore Leone III, che promosse una politica di distruzione delle immagini sacre nelle chiese e la loro rimozione dalla liturgia. Questo comportò una forte resistenza da parte dei cristiani che erano legati alla tradizione di venerazione delle immagini, soprattutto nell'Impero d'Oriente. Il conflitto raggiunse il culmine durante il regno dell'imperatore Leone V, quando le immagini furono bandite completamente dalle chiese, ma questo portò a una forte reazione da parte del popolo che portò alla loro reintroduzione.

Il Concilio di Nicea II, nel 787 d.C., sancì la vittoria dei sostenitori delle immagini, confermando la legittimità della loro venerazione. Tuttavia, l'iconoclastia continuò ad esistere in diverse forme, anche dopo la vittoria degli iconoduli.

In Occidente, l'iconoclastia non ebbe mai molto seguito, e le immagini sacre continuarono a essere venerate. Nel corso dei secoli, il ruolo delle immagini nella liturgia cristiana è stato oggetto di discussioni e dibattiti, ma la maggior parte delle confessioni cristiane oggi considera le immagini sacre come parte integrante della propria tradizione religiosa.

In sintesi, l'iconoclastia è stata un movimento storico nel cristianesimo che ha cercato di eliminare l'uso delle immagini sacre nella liturgia. Nonostante i sostenitori dell'iconoclastia abbiano avuto successo per un breve periodo nell'impero bizantino, la maggior parte dei cristiani ha continuato a venerare le immagini sacre, considerandole una parte essenziale della loro fede.

Vedi articolo sull'iconoclastia nelle chiese ortodosse orientali

Giustificazione dell'iconodulia

Sia nel cattolicesimo romano che nell'ortodossia orientale, l'uso di immagini religiose, come icone, statue e affreschi, è considerato un mezzo importante per sostenere e approfondire la fede dei fedeli. Le giustificazioni per l'uso di immagini religiose in queste tradizioni cristiane sono basate su argomenti teologici, storici e pastorali.

  1. Argomenti teologici:
  • Incarnazione di Cristo: La dottrina dell'incarnazione di Cristo, ovvero l'affermazione che Dio si è fatto uomo nella persona di Gesù, è un fondamento importante per giustificare l'uso di immagini religiose. Poiché Dio si è manifestato visibilmente nella persona di Gesù, le rappresentazioni artistiche di Cristo sono considerate un modo legittimo per esprimere e meditare su questo mistero.
  • Distinzione tra venerazione e adorazione: Sia nel cattolicesimo che nell'ortodossia, si fa una distinzione tra venerazione (proskynesis) e adorazione (latreia). La venerazione è un segno di rispetto e onore, mentre l'adorazione è un'offerta di culto diretta solo a Dio. Pertanto, le immagini religiose sono venerate, ma non adorate, il che previene l'accusa di idolatria.
  1. Argomenti storici:
  • Tradizione apostolica: Si ritiene che l'uso di immagini religiose risalga alle prime comunità cristiane, che utilizzavano simboli e immagini per rappresentare la loro fede. Questa pratica è considerata una parte integrante della tradizione apostolica e, quindi, un valido mezzo di espressione religiosa.
  • Decisioni conciliari: Il secondo Concilio di Nicea (787) stabilì la legittimità dell'uso delle icone nella Chiesa ortodossa orientale, ponendo fine alla controversia iconoclasta. Nel cattolicesimo romano, il Concilio di Trento (1545-1563) riaffermò l'importanza delle immagini sacre nella vita della Chiesa, in risposta alle critiche della Riforma protestante.
  1. Argomenti pastorali:
  • Insegnamento e catechesi: Le immagini religiose sono considerate mezzi efficaci per insegnare e trasmettere la fede, specialmente in epoche e contesti in cui l'alfabetizzazione era limitata. Le rappresentazioni visive delle storie bibliche e delle vite dei santi offrono un modo accessibile per comprendere e meditare sui misteri della fede.
  • Devozione personale: Le immagini religiose sono spesso utilizzate come supporto alla preghiera e alla devozione personale. Esse aiutano i fedeli a concentrarsi sulle realtà spirituali e a sviluppare una relazione più profonda con Dio e i santi.

In entrambe le tradizioni, l'uso di immagini religiose è quindi considerato un mezzo legittimo e importante per sostenere la fede e la pratica cristiana, basato su solide giustificazioni teologiche, storiche e pastorali.

Iconoclastia nel Protestantesimo

L'iconoclastia ha svolto un ruolo significativo anche nel contesto del Protestantismo, in particolare durante la Riforma Protestante nel XVI secolo. Numerosi riformatori protestanti, fra i quali Huldrych Zwingli, Giovanni Calvino, Andrea Carlostadio e Gabriel Zwilling, incoraggiarono la distruzione delle immagini religiose appellandosi alle proibizioni del Pentateuco e ai dieci comandamenti; la venerazione delle immagini era considerata alla stregua di un'eresia pagana, una superstizione. Oggetto di tale azione furono i dipinti e le statue ritraenti santi ma anche le reliquie, le pale o retabli e i simboli. In seguito Francesco Turrettini e Teodoro di Beza rifiutarono esplicitamente la rappresentazione artistica di Cristo, facendo leva sempre sui comandamenti e sugli scritti della Chiesa antica.

Il movimento protestante nacque in opposizione alla Chiesa Cattolica, in parte a causa della crescente preoccupazione per la corruzione e l'idolatria all'interno della Chiesa. Molti dei primi riformatori, come Martin Lutero e Giovanni Calvino, erano critici nei confronti delle sacre nella liturgia e nella devozione popolare.

In particolare, i riformatori protestanti erano preoccupati per il fatto che l'uso di immagini potesse portare alla venerazione degli oggetti e degli elementi creati, piuttosto che a una focalizzazione sulla divinità. Questo li portò a promuovere l'eliminazione delle immagini sacre dalle chiese protestanti e dalla pratica religiosa in generale.

Il movimento iconoclasta protestante si diffuse in particolare in Inghilterra, dove nel XVI secolo, durante il regno di Edoardo VI, furono eliminate le immagini sacre e gli altari dalle chiese. La maggior parte delle statue e delle pitture religiose vennero distrutte, e molte chiese furono ridotte ad ambienti spogli e semplici.

Tuttavia, l'iconoclastia protestante non fu universale. Alcune chiese protestanti mantennero l'uso di immagini sacre, in particolare le chiese luterane e anglicane. Inoltre, molte chiese protestanti, soprattutto quelle di tradizione calvinista, mantennero un atteggiamento critico verso le immagini sacre, ma non eliminarono completamente la loro presenza dalla liturgia.

In sintesi, l'iconoclastia ha avuto un ruolo importante anche nel contesto del Protestantesimo, in particolare nella lotta contro la corruzione e l'idolatria all'interno della Chiesa. Mentre alcuni riformatori hanno promosso l'eliminazione completa delle immagini sacre, altri hanno mantenuto la loro presenza nella liturgia protestante.

Secondo Calvino, l'uso di immagini sacre nella liturgia e nella devozione popolare è contrario alla volontà di Dio e costituiva una forma di idolatria. Calvino sosteneva che la Bibbia vietava l'adorazione di immagini e oggetti sacri, e che il loro uso avrebbe distratto la gente dalla vera fede. Inoltre, Calvino riteneva che l'uso delle immagini sacre fosse stato introdotto dalla Chiesa Cattolica come una forma di controllo sulla popolazione, e che questo avesse contribuito alla corruzione della Chiesa.

Per questi motivi, l'iconoclastia calvinista promuoveva l'eliminazione completa delle immagini sacre dalle chiese e dalla pratica religiosa in generale. Molti luoghi di culto protestanti calvinisti sono stati privati di statue, pitture e altre immagini sacre, con l'obiettivo di ridurre l'attenzione dei fedeli su elementi creati piuttosto che sulla divinità.

Tuttavia, l'iconoclastia calvinista non fu universalmente accettata all'interno del Calvinismo, e ci furono diverse correnti di pensiero che difesero l'uso delle immagini sacre nella liturgia. In particolare, alcune chiese calviniste come la Chiesa di Scozia, mantennero l'uso delle immagini sacre nella loro liturgia.

Oltre a Giovanni Calvino, Francesco Turrettini e Teodoro di Beza sono stati due importanti teologi del Calvinismo, noti per la loro posizione critica nei confronti dell'iconografia religiosa. Francesco Turrettini, teologo svizzero del XVII secolo, ha scritto sulla questione dell'iconoclastia in un'opera intitolata "Institutiones Theologiae Elencticae". In questo testo, Turrettini ha sostenuto che l'uso di immagini sacre nella liturgia e nella devozione popolare fosse contrario alla volontà di Dio e costituisse una forma di idolatria. Turrettini ha fatto leva sui comandamenti e sugli scritti della Chiesa antica per dimostrare la sua posizione, sostenendo che la Bibbia vietava l'adorazione di immagini e oggetti sacri. Teodoro di Beza, teologo e riformatore francese del XVI secolo, ha espresso una posizione simile nei confronti dell'iconoclastia. Beza ha sostenuto che l'uso di immagini sacre nella liturgia e nella devozione popolare è contrario alla volontà di Dio e costiuisce una forma di idolatria. Beza ha fatto leva sulla tradizione della Chiesa antica per dimostrare la sua posizione, sostenendo che l'uso delle immagini sacre fosse stato introdotto solo in seguito e non avesse radici nella pratica cristiana originaria.

In sintesi, l'iconoclastia calvinista si basa sulla convinzione che l'uso di immagini sacre nella liturgia e nella devozione popolare sia contrario alla volontà di Dio e costituisce una forma di idolatria. Questo movimento promuoveva l'eliminazione completa delle immagini sacre dalle chiese e dalla pratica religiosa in generale, anche se non fu universalmente accettato all'interno del Calvinismo.

La Seconda confessione di fede Elvetica sull'iconodulia

La Seconda Confessione Elvetica, o Helvetia Confessio Posterior, fu scritta nel 1566 da Heinrich Bullinger, un importante riformatore svizzero e successore di Huldrych Zwingli a Zurigo. Questa confessione di fede protestante fu adottata da diverse chiese riformate in Europa e fa parte delle confessioni riformate classiche.

Sull'uso delle immagini religiose, la Seconda Confessione Elvetica adotta una posizione critica, riflettendo le opinioni dei riformatori protestanti dell'epoca. Nel capitolo IV, intitolato "Sulle immagini di Dio, di Cristo e dei santi", la confessione afferma quanto segue:

  • Rifiuta l'uso di immagini di Dio, basandosi sul secondo comandamento, che proibisce la creazione e l'adorazione di immagini scolpite. La confessione sostiene che Dio non può essere rappresentato attraverso immagini create dall'uomo e che tentare di farlo è un atto di idolatria.
  • Riguardo alle immagini di Cristo, la confessione riconosce che Gesù è Dio incarnato e che ha preso forma umana. Tuttavia, afferma che le immagini di Cristo non possono rappresentare adeguatamente la sua natura divina e che la sua vera immagine si trova nella predicazione della Parola di Dio e nei sacramenti.
  • Le immagini dei santi sono anch'esse criticate nella confessione. Sebbene i santi possano essere onorati per il loro esempio di vita, la confessione sostiene che la loro vera immagine si trova nella loro imitazione e nell'obbedienza ai loro insegnamenti, piuttosto che nelle rappresentazioni artistiche.
  • La Seconda Confessione Elvetica sostiene che le immagini religiose non dovrebbero essere utilizzate nelle chiese come oggetti di venerazione o come mezzi per insegnare la fede. La confessione ritiene che la predicazione della Parola di Dio e l'amministrazione dei sacramenti siano i mezzi principali attraverso i quali Dio comunica la sua grazia al suo popolo.

In conclusione, la Seconda Confessione Elvetica di Heinrich Bullinger adotta una posizione critica sull'uso di immagini religiose, in linea con le opinioni dei riformatori protestanti. La confessione rifiuta l'uso di immagini di Dio, di Cristo e dei santi nelle chiese e sottolinea l'importanza della Parola di Dio e dei sacramenti come mezzi principali per la comunicazione della grazia divina.

La risposta del concilio di Trento sull'iconodulia

Il Concilio di Trento (1545-1563) fu un importante concilio ecumenico della Chiesa cattolica convocato in risposta alla Riforma protestante. Tra i vari temi affrontati, il Concilio si occupò anche della questione delle immagini sacre e del loro ruolo nella vita della Chiesa. Nel contesto della Riforma protestante, molti riformatori avevano criticato l'uso di immagini sacre e le consideravano come forme di idolatria. Il Concilio di Trento, tuttavia, riaffermò l'importanza e la legittimità delle immagini religiose.

Nella 25ª sessione del Concilio (3-4 dicembre 1563), i padri conciliari approvarono il decreto sulla venerazione e l'uso delle immagini sacre. Il decreto stabiliva quanto segue:

  • Le immagini sacre di Cristo, della Vergine Maria e dei santi dovrebbero essere mantenute nelle chiese e venerate dai fedeli. La venerazione delle immagini non equivale all'adorazione di Dio stesso, ma è piuttosto un onore rivolto a coloro che le immagini rappresentano. Questa venerazione aiuta i fedeli a elevare i loro pensieri a Dio e ai santi.
  • L'uso di immagini sacre è giustificato dalla tradizione apostolica e dai concili precedenti, in particolare il secondo Concilio di Nicea (787), che aveva difeso l'uso delle icone nella Chiesa ortodossa orientale.
  • Le immagini sacre hanno un ruolo didattico e catechetico, aiutando i fedeli a comprendere e meditare sui misteri della fede. Inoltre, esse sostengono la devozione personale e la vita spirituale dei fedeli.
  • Gli abusi e le superstizioni legate all'uso di immagini sacre dovrebbero essere evitati e corretti. Le immagini che potrebbero indurre in errore o generare falsi concetti di Dio e dei santi dovrebbero essere rimosse dalle chiese.

In sintesi, il Concilio di Trento riaffermò l'importanza delle immagini sacre nella vita della Chiesa cattolica, sottolineando il loro ruolo nella venerazione, nell'insegnamento e nella devozione personale, e ribadendo la distinzione tra venerazione delle immagini e adorazione di Dio. Allo stesso tempo, il Concilio richiese la correzione degli abusi e delle superstizioni associate all'uso delle immagini religiose.

L'iconodulia e la Chiesa Anglicana

La Chiesa Anglicana è emersa dalla Riforma protestante nel XVI secolo, quando il re Enrico VIII ruppe i legami con la Chiesa cattolica romana. A causa delle sue radici nella Riforma e delle sue connessioni con altre tradizioni protestanti, la Chiesa Anglicana ha storicamente adottato una posizione più moderata sull'iconodulia rispetto alla Chiesa cattolica, ma più aperta all'uso delle immagini sacre rispetto a molte chiese protestanti.

Ecco alcune osservazioni sulla posizione storica della Chiesa Anglicana sull'iconodulia:

  • Durante il periodo della Riforma inglese e in particolare sotto il regno di Edoardo VI (1547-1553), ci fu una forte opposizione all'uso delle immagini sacre. Molte statue, affreschi e altre opere d'arte religiose furono distrutte o rimosse dalle chiese, in gran parte a causa dell'influenza di riformatori protestanti come Thomas Cranmer, l'arcivescovo di Canterbury.
  • Tuttavia, la Chiesa Anglicana ha mantenuto una posizione più moderata rispetto a molte altre tradizioni protestanti, come i calvinisti e i puritani, che erano fortemente contrari all'uso di immagini sacre. La Chiesa Anglicana ha permesso l'uso di immagini religiose come vetrate, dipinti e sculture, purché non fossero oggetto di venerazione o adorazione.
  • Nel corso della sua storia, la Chiesa Anglicana ha oscillato tra posizioni più protestanti e più cattoliche riguardo alle immagini sacre, a seconda delle influenze politiche e religiose dell'epoca. Ad esempio, durante il regno della regina Elisabetta I (1558-1603), furono introdotte alcune concessioni all'uso delle immagini sacre per facilitare la coesistenza tra cattolici e protestanti.
  • Nel XX secolo, con il movimento anglo-cattolico e la crescente apertura ecumenica, la Chiesa Anglicana ha iniziato ad adottare un atteggiamento più aperto all'uso delle immagini sacre. In molti contesti anglicani, è comune trovare immagini di Cristo, della Vergine Maria e dei santi, così come icone e altre opere d'arte religiose.

In sintesi, la Chiesa Anglicana ha storicamente adottato una posizione più moderata sull'iconodulia rispetto alle tradizioni protestanti più radicali. Sebbene l'uso delle immagini sacre sia stato inizialmente limitato durante la Riforma inglese, la Chiesa Anglicana ha generalmente permesso l'uso di immagini religiose, purché non siano oggetto di venerazione o adorazione. Questa posizione è evoluta nel corso del tempo e, in molti contesti anglicani moderni, le immagini sacre sono accettate e utilizzate come mezzi per sostenere la fede e la devozione.

Le osservazioni di Jaques Ellul

Jacques Ellul (1912-1994) è stato un filosofo, teologo e sociologo francese conosciuto per le sue riflessioni su tecnologia, società e cristianesimo. Nel suo libro del 1967, "La parole humiliée" ("La parola umiliata"), Ellul affronta il tema dell'iconodulia, ovvero la venerazione delle immagini sacre, in relazione alla centralità della Parola di Dio nel cristianesimo.

Pur non essendo un'analisi completa del pensiero di Ellul sul tema, possiamo evidenziare alcune osservazioni principali dall'opera:

  1. Ellul critica l'iconodulia per aver spostato l'attenzione dalla Parola di Dio alle immagini sacre. Secondo Ellul, il cristianesimo è fondamentalmente una religione della Parola, basata sulla rivelazione di Dio attraverso le Scritture e la predicazione. L'attenzione eccessiva alle immagini sacre può portare a trascurare questo aspetto fondamentale della fede cristiana.
  2. L'iconodulia può contribuire all'umiliazione della Parola, in quanto riduce la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa e nella spiritualità individuale. Quando le immagini sacre diventano il principale punto di riferimento per la devozione e l'insegnamento religioso, la Parola di Dio può essere relegata a un ruolo secondario.
  3. Ellul sostiene che l'iconodulia può incoraggiare una comprensione superficialmente emotiva della fede, in quanto le immagini sacre tendono a coinvolgere il credente a livello emotivo e sensoriale. In questo modo, la venerazione delle immagini può distogliere l'attenzione dalla Parola di Dio, che richiede un impegno più profondo e una riflessione più attenta.
  4. Infine, Ellul afferma che l'iconodulia può portare a una forma di idolatria, in quanto le immagini sacre possono diventare oggetti di venerazione e devozione in sé, piuttosto che mezzi per avvicinarsi a Dio e meditare sui misteri della fede.

In sintesi, Jacques Ellul nel suo libro "La parole humiliée" critica l'iconodulia per aver spostato l'attenzione dalla Parola di Dio alle immagini sacre, portando a un indebolimento della centralità della Parola nella vita della Chiesa e nella spiritualità individuale. Ellul sostiene che questo fenomeno può portare a una comprensione emotiva e superficiale della fede e, in alcuni casi, a una forma di idolatria.

Riferimenti

Articolo sull'iconoclastia della Wikipedia molto bene documentato: https://it.wikipedia.org/wiki/Iconoclastia