FONDAMENTI DELLA DOTTRINA CRISTIANA EVANGELICA
Qualcuno ha detto che la cosa più importante su di noi è ciò che crediamo su Dio. Non si tratta di un'affermazione esagerata. Ciò in cui crediamo è la radice di ciò che facciamo. Ciò in cui crediamo può non essere nemmeno chiaro a noi stessi, illogico, oppure legato in modo cieco ai nostri desideri, ma costantemente modella e promuove ciò che facciamo. Ecco perché è necessario dare la massima priorità a ciò che crediamo e perché? Non c'è nulla che maggiormente modelli il carattere umano che cuori e menti con la determinazione di pensare correttamente su noi stessi, su Dio, sulla nostra vita, e sui rapporti che abbiamo con il prossimo.
Dieci dottrine e la loro importanza
[Da: "What We Believe, di Martin R. De Haan II, Copyrighted by RBC Ministries, translated by permission. RBC is not responsible for the accuracy of the translation. Paolo Castellina, giovedì, 3. ottobre 1996. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, società Biblica di Ginevra, 1994].
Oggi stanno sempre più crescendo le voci che si oppongono alla necessità di avere dottrine ben chiare, oggettive e delineate. Sempre più persone giungono alla conclusione che la dottrina sia il principale nemico della chiesa. La dottrina ci divide, dicono. Essa distrugge l'unità e separa i membri delle famiglie. Rende difficile a coloro che seguono Cristo mettere da parte le differenze e cooperare a obiettivi comuni nell'evangelizzazione, nel discepolato e nell'impegno sociale. La dottrina è ciò che distingue e suddivide i seguaci di Cristo in migliaia di denominazioni e sottogruppi.
Per questa ragione molti ritengono che, se da una parte la dottrina divide, l'amore sia quello che unisce. Se ne deduce che, visto che Cristo ci ha chiamato ad amarci l'un l'altro, e che Egli disse che è dall'amore che ci caratterizzerà come Suoi discepoli, noi non possiamo permetterci che la dottrina si frapponga fra di noi. Come disse l'apostolo Paolo, se non abbiamo amore, noi siamo come "uno squillante cembalo". Senza amore siamo nulla e ciò che facciamo non conta nulla (1 Co. 13:1-3).
Non possiamo permetterci di scordare, però, che la dottrina pure unisce. Proprio il fatto di accettare la dottrina di Cristo è ciò che permette ai veri credenti in Cristo, di trovarsi "a casa propria" in ogni parte del mondo. Accettare la dottrina della grazia di Dio mette in grado uomini e donne di ogni sfondo etnico e differenza culturale di riconoscersi l'un l'altro come fratelli e sorelle che sono stati salvati per grazia mediante la sola fede in Cristo soltanto.
Per la stessa ragione l'amore può anche dividere. Una volta che conosciamo la verità sull'identità di Cristo e su ciò che Egli ha compiuto per noi, sarebbe egoista pretendere di essere "tutti uniti" nonostante ciò che uno creda sulla grazia di Dio. Sarebbe miope sacrificare la verità per un falso senso di unità, solo per poter essere insieme in un consenso politico o sociale.
E' stato per amore in sintonia con la verità che ha spinto l'apostolo Paolo a scrivere: "Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo. Ché poi non c'è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema" (Gal. 1:6-8).
Paolo sapeva che il perdono dei peccati, la vita eterna, e l'adozione nella famiglia di Dio avviene solo per grazia attraverso la sola fede nel solo Cristo. Qualsiasi altra dottrina che si appoggiasse sui meriti umani, per esempio, sarebbe stata un'indebita aggiunta a quello che Cristo ha compiuto per noi, equivalente a null'altro che alla differenza fra vita eterna e morte. L'Evangelo di Cristo mette in evidenza come non si possa mescolare la fede alle opere quando si confida in Dio per ottenerne perdono e salvezza, o quando si confida in Lui per poter essere in grado di vivere una vita confacente alla Sua volontà.
Si può definire la dottrina come quei principi che si credono e che si insegnano. Per definizione non si può avere Cristo senza abbracciare allo stesso tempo la dottrina autentica che Lo riguarda e che è contenuta nelle Scritture. Abbiamo bisogno della dottrina per rispondere a domande come: Chi è Dio? Com'è Dio? Risponde Egli ad altri nomi come Maometto o Buddha? A Lui importa ciò che crediamo di Lui? Manderebbe Egli qualcuno all'inferno per avere avuto un'opinione sbagliata? Una volta conosciuto Dio, come dovremmo vivere?
Ecco perché l'apostolo Paolo, che era conosciuto per il suo amore, scriveva pure: "predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole" (2 Ti. 4:2-4).
La nostra generazione corre il pericolo di cui Paolo scriveva. Lo spirito del nostro tempo ci incoraggia ad accettare Cristo senza dover essere sottoposti alle dottrine su Cristo. Per risultato se ne avrà solo una mancanza di discernimento che ci renderà vulnerabili alle "dottrine di demoni" (1 Ti. 4:1).
E' per queste ragioni che abbiamo bisogno di fondamenta dottrinali non basate su tradizioni, ma sulla Scrittura.
DIECI DOTTRINE E LA LORO IMPORTANZA
Dio è Yahweh , l'Essere unico (De. 6:4), ultimo (Sl. 97:9; Is. 40:12-31) ed eterno (Sl. 90:2), che ha creato (Ge. 1:1), governa (Sl. 115:3) e sostiene tutto ciò che esiste (Gb. 38; At. 17:24-28).
Divinità sostitutive di innumerevoli religioni deviano il culto verso sé stesse. Esiste però un solo Creatore e Salvatore. Proprio perché Lui solo dà la vita, Egli merita la nostra gratitudine. Proprio perché ogni battito e di cuore e circostanza è sotto il Suo controllo, Egli solo merita la fiducia che abitualmente invece diamo a noi stessi, le nostre famiglie, o le nostre finanze. Proprio perché Egli è eterno nessuno sopravviverà a Lui. Proprio perché Egli è Signore dei signori, Egli è l'unico nell'intero universo a cui dovremo ultimamente rendere conto di noi stessi.
Le meraviglie del creato testimoniano della Sua esistenza come Creatore (Sl. 19:1-4). La voce interiore della nostra coscienza testimonia dell'esistenza di un Legislatore e Giudice (Ro. 1:18-32; 2:12-16). Inoltre l'amore di Cristo rivela la Sua esistenza come Salvatore ed Amico (Gv. 1:1-18; 15:15).
Proprio perché Dio ha reso Sé stesso auto-evidente, il nostro problema non è tanto provare la Sua esistenza, quanto smettere di ignorarla (Gv. 3:17-21).
Dio è l'Essere spirituale (Gv. 4:24) unico e solo (Is. 44:6), immutabile (Gm. 1:17), invisibile (Cl. 1:15), infinito (1 Re 8:27), e perfetto (Mt. 5:48). Egli è santo (1 Pi. 1:15,16), amorevole (1 Gv. 4:8-16), e verace in tutto quel che Egli fa (Gv. 3:33). Egli è esistito da ogni eternità come un solo Dio in tre persone distinte (Mt. 28:19), e nel corso del tempo Egli ci ha fatto visita come Dio in carne (Gv. 1:1-4).
Egli esiste con o senza la nostra comprensione. Egli può essere descritto veracemente ed adeguatamente, ma mai in modo completo. Egli è infinitamente di più, e mai meno, di ciò che possiamo di Lui conoscere.
La Bibbia mette in rilievo l'unità di Dio (De. 6:4; Ga. 3:20; 1 Ti. 2:5; Gm. 2:19), ma Lo descrive anche come tre distinte Persone - il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo - ciascuna delle quali è pienamente ed ugualmente Dio (Mt. 28:19; At. 5:3,4; 2 Co. 13:14; Eb. 1:8; 1 Pi. 1:2).
Dio è infinito nel senso che è senza limiti (Lu. 1:37). Egli non è ristretto né dal tempo, né dallo spazio, né dalle circostanze. Egli è eternamente senza tempo (Sl. 90:2; Ap. 22:13), onnipotente (Mt. 19:26), onnisciente (Gb. 37:16), e onnipresente (Sl. 139:7-12; Mt. 28:20). Ciononostante Egli rimane sempre distinto dal creato (Is. 40:18-26). Egli è limitato solo nel senso che non può fare nulla che sia incoerente con la Sua propria bontà (Tt. 1:2; Gm. 1:13).
Questo significa che Egli è molto diverso dalle divinità immaginate dai mistici orientali o dai materialisti occidentali. Le loro divinità sono o piccole e contraddittorie, oppure così mondane ed inclusive che esse non possono essere distinte da animali, statue, o dal pensiero umano.
Questa sicurezza ci mette in grado di essere pazienti nelle afflizioni (Ro. 5:3,4; Gm. 1:2-4), e gioiosi persino di fronte alla morte (Ro. 8:28-39; 2 Co. 4:7-5:9).
Dio è tutto ciò che noi - in ultima analisi - necessitiamo.
Se da una parte la nostra tendenza è quella di cercare
soddisfazione o significato in persone o interessi inferiori, Dio
solo ci dà speranza e vita duratura.
Gesù Cristo è il Dio-uomo che apparve sul nostro pianeta per rivelare Dio (Gv. 1:1-14), per mostrarci come dovremmo vivere (1 Gv. 2:6), e per salvarci dalla colpa e dal potere del peccato (Ro. 6:1-14). Egli è il Salvatore (At. 4:12), la Vita (Gv. 14:6), e il Signore (Ro. 10:9-13) per tutti coloro che ripongono in Lui la loro fede.
Proprio per quello che Egli è ed ha fatto per noi, Gesù merita il nostro più genuino apprezzamento, la nostra più profonda affezione, la nostra completa ubbidienza, e la nostra lealtà più incondizionata.
Il Signore Gesù nacque da una donna (Ga. 4:4). Aveva un corpo umano che si sviluppava mentalmente e fisicamente come tutti gli esseri umani (Lu. 2:40,52). Si stancava (Gv. 4:6-8), aveva fame e sete (Mt. 4:2; Gv. 19:28). Dormiva (Mt. 8:24), piangeva (Gv. 11:35) e venne messo alla prova (Mt. 4:1-11; Eb. 2:18; 4:15). Si arrabbiava e si rattristava (Mr. 3:5), sentiva compassione (Mt. 9:36) e agonia (Lu. 22:44).
Proprio perché sopportava non solo ciò che noi dobbiamo sopportare, ma molto di più, Egli comprende e sente ciò che stiamo passando. Proprio perché visse come vero uomo, Egli ci mostrò come dipendere dallo Spirito Santo per ogni nostro bisogno. Egli modellò in Sé stesso il modo in cui ciascuno di noi deve dipendere da Dio.
La Bibbia afferma esplicitamente che Gesù è Dio (Gv. 1:1; Ro. 9:5; 1 Ti. 3:16; Tt. 2:13; Eb. 1:8). Gesù possiede attributi che solo Dio può avere: eternità (Gv. 8:58), onnipresenza (Mt. 18:20), onniscienza (Gv. 16:30), onnipotenza (Ap. 1:8), e immutabilità (Eb. 1:12). Gesù compie ciò che solo Dio può compiere: perdona i peccati (Mr. 2:1-12), dà vita (Gv. 5:21), fa risorgere i morti (Gv. 6:39,40,54; 11:38-44), e esegue il giudizio (Gv. 5:22,27). A Gesù vennero accordati nomi e titoli che appartengono solo a Dio: Emanuele (che significa "Dio con noi", Mt. 1:23), Re dei re e Signore dei signori (Ap. 19:16), e Figlio di Dio (Mt. 26:63-65). Gesù stesso affermava di essere Dio (Gv. 10:30, cfr. vers. 33).
Dicendo che Gesù è Dio, le Scritture affermano più di quello che potremmo mai comprendere. Ciò che a noi rimane è di mostrare con le nostre azioni che noi crediamo in Uno che possiamo adorare e servire, anche senza poterLo comprendere pienamente.
Dato che appendere qualcuno era segno di umiliazione estrema, il Dio trino decretò che Gesù Cristo dovesse morire in questo modo per rappresentare il fatto che Egli portò su di Sé l'ira di Dio per l'intera razza umana (1 Gv. 2:2). Attraverso questa sua morte umiliante, infinita in valore a causa della divinità di Gesù, il nostro Signore ci fornì un sacrificio di riparazione (Is. 53:4,5; Eb. 9:26), soddisfò la giustizia di Dio (Ro. 3:25), e ci portò il perdono (Cl. 1:14).
Come possiamo ripagarlo? Non lo possiamo! Siamo eternamente in debito con Lui. Tutto ciò che possiamo fare è mostrare il nostro amore e gratitudine offrendo noi stessi ed il nostro servizio come sacrificio vivente (Ro. 12:1,2).
Attraverso la risurrezione di nostro Signore, Dio confermò che Gesù è Suo Figlio (Ro. 1:4), che il Suo sacrificio sulla croce per noi ha soddisfatto gli scopi per cui era necessario (Ro. 4:25). Inoltre con essa Dio affermò il potere di Cristo di dare vita a coloro che confidano in Lui (Ro. 8:11), e ha assicurato noi che crediamo in Lui che un giorno noi pure riceveremo corpi di risurrezione (1 Co. 15:20,21).
Gesù Cristo ascese al cielo 40 giorni dopo la Sua risurrezione dove prese un posto d'onore (At. 1:9; 2:33). Egli rimarrà là fintanto che tornerà a "rapire" la Sua chiesa (1 Ts. 4:13-18) e più tardi ritornerà sulla terra come Re per giudicare il mondo (Mt. 25:31-46) e regnarvi (Ap. 19:11-20:6).
Nel frattempo Egli prepara un posto per noi (Gv. 14:3), intercede per noi come nostro Avvocato (Ro. 8:34; 1 Gv. 2:1), rispondendo con simpatia ai nostri bisogni (Eb. 4:14-16), e svolgendo la funzione di Capo della chiesa (Ef. 5:23; Cl. 1:18).
Sebbene una persona possa dire ad un'altra: "Che cosa hai
fatto per me ultimamente?" una tale domanda rifletterebbe
sconsiderata ignoranza o ingratitudine se fosse rivolta a Cristo.
Egli costantemente opera con efficacia in nostro favore.
Lo Spirito Santo è la terza Persona della Trinità, vero Dio e quindi coniugale con il Padre e con il Figlio (Mt. 28:19; At. 5:3,4; 2 Co. 13:14). Dato che Egli è spirito, Egli non ha bisogno di essere visto o sentito per essere vicino a noi. Dato che è santo, bisogna incontrarlo su "terreno santo". Ecco perché coloro che non si sono separati dal peccato mancano della consapevolezza della Sua presenza.
Egli agiva con il Padre e con il Figlio nella creazione (Ge. 1:2), forniva il popolo di Dio degli strumenti utili a servirlo (Es. 31:1-5; Nu. 11:16,17), rinnovava la natura (Sl. 104:30), scendeva sui re di Israele (1 Sa. 16:13), ispirava i profeti di Israele e gli uomini che scrissero le Scritture (1 Pi. 1:10-12; 2 Pi. 1:21), ed operava nei cuori del popolo per condurli a credere in Dio e a compiere la Sua volontà (At. 7:51).
Questo mostra quanto disponibile è Dio a fornire forza soprannaturale a coloro che vogliono servirlo. Coloro che desiderano fare la volontà di Dio non devono farlo con le loro forze soltanto.
Lo Spirito Santo fu quello che diede vita alla chiesa (At. 2:1-47), battezza i credenti nella chiesa (1 Co. 12:13), dimora nella chiesa (1 Co. 3:16), unifica la chiesa (1 Co. 12:4-11), fornisce dei leader alla chiesa (At. 20:28), dirige l'opera della chiesa (At. 13:2), ed usa la chiesa per trattenere od ostacolare il male nel mondo (2 Ts. 2:7).
Proprio perché lo Spirito Santo dimora nel popolo di Dio sia individualmente che collettivamente, non bisognerebbe pensare alla chiesa solo nei termini di un'istituzione umana. Non dovrebbe essere presa per scontata. Non dovrebbe essere considerata con sufficienza oppure ignorata. In molti modi le nostre azioni contro la chiesa sono azioni fatte contro Dio (At. 5:1-11).
Egli attira la loro attenzione verso Cristo (Gv. 16:13,14), dà forza ai messaggeri di Dio (1 Ts. 1:5), ispira la consapevolezza di essere peccatori (Gv. 16:8-11), e produce la nuova nascita (Gv. 3:5; Ti. 3:5).
Per queste ragioni, nessuno può ritenersi troppo cattivo o troppo indurito per essere convertito a Cristo. Nessuno è tanto cattivo da non potersi raggiungere o da non potere essere salvato. Il proposito di Dio non è stato mai quello di salvare solo gente buona o liberare solo quelli che vede dotati di quelle qualità naturali che li renderebbero candidati desiderabili per il regno dei cieli. Dio mandò il Suo Spirito nel mondo per salvare ogni tipo di persona - anche le peggiori e le più odiose.
Egli dimora in permanenza nei credenti per segnarli come proprietà di Dio (Ro. 8:9; 1 Co. 6:19). Egli ci suggella per assicurare la nostra salvezza ultima (2 Co. 1:21,22; Ef. 1:3-14; 4:30). Egli ci riempie quando ci pieghiamo a Lui, dandoci potenza per vivere e per servire (At. 6:3; 13:9-12; Ef. 5:18-21). Egli produce un carattere cristiano in noi (Ga. 5:22,23). Egli ci istruisce (1 Co. 2:10). Egli intercede per noi quando non possiamo pregare (Ro. 8:26,27). Egli ci mette in grado di discernere i falsi insegnamenti su Cristo (1 Gv. 2:20-27). Egli ci assicura che siamo figli di Dio (Ro. 8:16). Egli ci dà gli strumenti necessari per servire l'un l'altro (Ro. 12:3-8; 1 Co. 12:1-31). Egli ci guida (Ro. 8:14).
Abbiamo la tendenza di presumere che conta solo quel che vediamo nello specchio. Ciò che però più conta è ciò che lo Spirito Santo può fare in un cuore che si dia a Lui senza riserve.
Noi siamo ammoniti a non peccare contro lo Spirito Santo rattristandolo con la nostra disubbidienza (Ef. 4:30), mentendogli (At. 5:3), spegnendolo con un atteggiamento negativo (At. 7:51), ed insultandolo (Eb. 10:29).
Per questa ragione, dovremmo interessarci molto di più a
mantenere un buon rapporto con lo Spirito che mantenere un buon
rapporto con il nostro partner, bambini, genitori, datori di
lavoro, od amici.