Cura pastorale/Fenomenologia dell'autoritarismo/Tra obbligo ecclesiale e libertà spirituale
Tra obbligo ecclesiale e libertà spirituale
Appartenenza alla comunità cristiana: tra obbligo ecclesiale e libertà spirituale. Un confronto tra i modelli battista, presbiteriano e valdese
Introduzione
L’appartenenza a una comunità cristiana locale è da sempre considerata parte integrante della vita cristiana. Tuttavia, le modalità con cui questa appartenenza è concepita e regolata variano notevolmente tra le diverse tradizioni ecclesiali. Tre modelli emblematici nel panorama protestante italiano sono quelli battista, presbiteriano e valdese. Il primo, rappresentato storicamente dalla London Baptist Confession of Faith (1689), esige una forma di appartenenza vincolante e localizzata. Il secondo, esposto nella Westminster Confession of Faith (1646), valorizza l’appartenenza ecclesiale ma lascia margini di libertà che, se ben compresi, possono costituire una difesa contro derive autoritarie. Il terzo, incarnato dalla Chiesa valdese, adotta un modello presbiteriano-sinodale che, pur riconoscendo l'importanza dell'appartenenza, enfatizza la partecipazione attiva e responsabile dei membri.
1. La visione battista: l’obbligo dell’appartenenza locale
La London Baptist Confession of Faith (1689), documento fondativo per molte chiese battiste riformate, contiene una visione fortemente congregazionalista e vincolante della chiesa locale. Nel capitolo 26, par. 5-6, si legge che i credenti:
«volontariamente si uniscono in una comunità particolare per il culto del Dio vero e per la reciproca edificazione nel Vangelo»,
e che
«hanno l’autorità e il comando da Cristo di camminare insieme in una comunione particolare e visibile.»
In questa prospettiva, l’adesione a una chiesa locale è considerata un dovere spirituale, parte integrante della sequela cristiana. L’unione visibile e concreta con una comunità non è facoltativa, ma una forma di ubbidienza al comando di Cristo.
Questo modello ha il merito di prendere sul serio la dimensione comunitaria della fede e l'importanza della disciplina ecclesiale. Tuttavia, può comportare anche dei rischi, specialmente quando l’autorità dei conduttori locali non è bilanciata da organismi superiori o da una chiara teologia della libertà di coscienza. L’assenza di una struttura intermedia, tipica del congregazionalismo, può lasciare il singolo credente esposto a forme di autoritarismo locale difficili da contestare.
2. La visione presbiteriana: appartenenza sì, ma con libertà
Anche la Westminster Confession of Faith (1646) riconosce l'importanza della chiesa visibile e locale. Tuttavia, il suo approccio è più teologico che organizzativo, e meno vincolante sotto il profilo formale. Nel capitolo 25, par. 2 e 4, si afferma che la Chiesa visibile:
«consiste di tutti coloro che in ogni luogo professano la vera religione»,
e che
«le chiese particolari sono più o meno pure».
Non si trova, in questo testo, un’impostazione normativa sull’obbligo di appartenenza formale a una specifica comunità locale, né si impone un vincolo assoluto alla sottomissione ai conduttori. Inoltre, la struttura presbiteriana – basata su consessi di anziani (presbiteri) a più livelli – garantisce una rete di controllo reciproco e meccanismi di appello, il che costituisce una forma di tutela contro abusi locali.
La visione presbiteriana, pur riconoscendo il valore dell’appartenenza ecclesiale, mostra maggiore attenzione alla libertà individuale, alla complessità delle situazioni concrete e alla necessità di proteggere il credente da derive oppressive. La sottomissione ai conduttori, ad esempio, è sempre subordinata alla Parola di Dio, e la comunità non è mai sottomessa a un singolo individuo, ma a un collegio di anziani.
3. La posizione della Chiesa valdese: partecipazione attiva e responsabilità condivisa
La Chiesa evangelica valdese, presente in Italia da secoli, adotta un modello presbiteriano-sinodale che enfatizza la partecipazione attiva e responsabile dei membri nella vita comunitaria. L'appartenenza alla chiesa locale è riconosciuta attraverso la figura del membro comunicante, definito come colui che:
«avendo confessato la propria fede in Gesù Cristo Signore e Salvatore, è stato ammesso alla santa cena in una chiesa locale e dà segni della sua obbedienza al Signore nella vita quotidiana» (Regolamento sulle persone nella chiesa, RO.2/1977).
Questi membri compongono l'assemblea locale, che ha il compito di eleggere il pastore o la pastora e gli altri ministri, ovvero gli anziani e i diaconi. Pastore, anziani e diaconi formano il concistoro (o consiglio di chiesa), che guida la comunità e risponde del suo operato all'assemblea stessa.
Questo modello promuove una partecipazione attiva e responsabile dei membri, evitando forme di autoritarismo. Tuttavia, la crescente secolarizzazione e l'individualismo possono portare a una diminuzione dell'impegno comunitario, come evidenziato dal calo della membership effettiva da circa 30.000 membri negli anni '70 a meno di 20.000 nel 2023.
4. Prospettive bibliche e applicazioni
Il Nuovo Testamento contiene testi che presuppongono l’appartenenza a una comunità concreta (Atti 2:41-42; 1 Corinzi 5:12-13) e esortano alla sottomissione ai responsabili spirituali (Ebrei 13:17; 1 Tessalonicesi 5:12-13). Tuttavia, non si trova un’istituzionalizzazione rigida della membership come obbligo giuridico o burocratico. La dimensione comunitaria è spirituale e relazionale, non formalistica.
Questa osservazione mette in guardia da due estremi:
- da un lato, l’individualismo anarchico, che rifiuta ogni forma di appartenenza e autorità;
- dall’altro, l’autoritarismo religioso, che impone l’obbedienza incondizionata ai conduttori locali, anche in assenza di trasparenza o rendicontazione.
Il modello battista, per quanto fedele alla centralità della chiesa locale, può favorire il secondo rischio se non bilanciato da una teologia della libertà di coscienza. Il modello presbiteriano, invece, con il suo sistema rappresentativo, tende a limitare gli abusi, sebbene possa talvolta scivolare in una certa formalità e burocrazia ecclesiastica. Il modello valdese, con la sua enfasi sulla partecipazione attiva e la responsabilità condivisa, offre un equilibrio tra appartenenza e libertà, pur affrontando le sfide della modernità.
Conclusione
Il confronto tra le tre confessioni ci invita a riflettere su un equilibrio da recuperare: appartenenza senza coercizione, autorità senza autoritarismo, libertà senza isolamento. Una comunità cristiana sana è tale quando valorizza il legame fraterno e la guida spirituale, senza mai violare la libertà interiore e la responsabilità personale del credente davanti a Dio. La Chiesa, infatti, non è un sistema di controllo, ma una comunione di persone riconciliate in Cristo.
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