Discussione:Predicazioni/Efesini/Denunciare le malefatte è anche nostra responsabilit

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Lavoro preparatorio

Uno dei compiti principali del giornalista è quello di informare il pubblico su eventi, situazioni e problemi che possono avere un impatto sulla società. Tuttavia, il giornalismo non si limita alla mera divulgazione delle notizie; un altro importante compito del giornalista è quello della denuncia.

La denuncia si riferisce alla rivelazione di comportamenti, eventi o situazioni che violano i diritti umani, la legge o l'etica professionale. Il giornalista che svolge il compito di denuncia ha il compito di scoprire e divulgare informazioni che altrimenti sarebbero nascoste al pubblico. In molti casi, la denuncia del giornalista può portare alla luce casi di corruzione, abusi di potere o violazioni dei diritti umani che altrimenti sarebbero rimasti impuniti. La denuncia può anche avere l'effetto di sensibilizzare il pubblico su questioni importanti che richiedono attenzione e azione da parte dei cittadini, dei governi o delle organizzazioni. Il compito della denuncia richiede al giornalista di svolgere un lavoro investigativo accurato, di utilizzare fonti affidabili e di presentare le informazioni in modo obiettivo e trasparente. La denuncia può comportare anche rischi personali per il giornalista, come minacce, intimidazioni o attacchi fisici. In sintesi, la denuncia è un compito essenziale del giornalismo che svolge un ruolo fondamentale nel garantire la trasparenza e l'accountability della società. Attraverso la denuncia, il giornalista può aiutare a promuovere la giustizia, l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani, contribuendo in modo significativo al miglioramento della vita delle persone.

Julian Assange è un noto giornalista e attivista australiano, fondatore del sito web WikiLeaks, che si è dedicato alla denuncia di violazioni dei diritti umani e degli abusi di potere da parte dei governi e delle istituzioni in tutto il mondo.

Uno dei casi più noti di denuncia effettuata da Assange riguarda la pubblicazione di documenti riservati del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America, che hanno messo in luce le pratiche di tortura e altri abusi commessi da militari statunitensi in Iraq e in Afghanistan. In seguito, è stato oggetto di un mandato di arresto degli Stati Uniti, che hanno chiesto la sua estradizione per accuse di spionaggio e di aver violato le leggi sulla sicurezza nazionale. Assange ha trascorso sette anni nella ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove aveva cercato asilo politico, prima di essere arrestato nel 2019. Il suo caso ha sollevato questioni riguardanti la libertà di stampa, la protezione delle fonti giornalistiche e l'uso della legge sulla sicurezza nazionale per perseguire i giornalisti che denunciano abusi di potere.

In generale, il caso di Julian Assange rappresenta una sfida per il diritto alla libertà di stampa e alla denuncia giornalistica, e solleva importanti questioni etiche, legali e politiche sulla responsabilità dei giornalisti di denunciare le violazioni dei diritti umani e degli abusi di potere, nonché sulla protezione delle loro fonti e sulla loro responsabilità di rendere pubbliche informazioni riservate.

Efesini 5:8-14

“... perché già eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce, poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità, esaminando che cosa sia accetto al Signore. Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi piuttosto denunciatele, poiché è vergognoso perfino parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. Ma tutte le cose, quando sono riprese dalla luce, diventano manifeste, poiché tutto ciò che è manifesto è luce. Perciò dice: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t'inonderà di luce” (Efesini 5:8-14).

Nella sua lettera ai cristiani di Efeso, l’apostolo aveva già avuto modo di mettere a confronto la vita che avevano prima di accogliere Gesù come loro Salvatore e Signore. Essi erano “morti nelle colpe e nei vostri peccati” (2:1), ma Dio, nella sua misericordia e amore li ha “vivificati con Cristo ...  risuscitati con lui e con lui i ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù” (2:4-6). Essi erano ignoranti e duri di cuore, ma hanno “imparato ... a spogliarsi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici, a essere invece rinnovati nello spirito della mente e rivestire l'uomo nuovo che è creato all'immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità” (4:22-24). Paolo li ha chiamati ad essere “... imitatori di Dio, come suoi cari figli”. Questo esige di “camminare nell’amore” (5:2) e “come si addice a dei santi né fornicazione, né alcuna impurità, né avarizia sia neppure nominata fra voi” (5:3).  Li ha avvertiti che le persone immorali, impure, avide o idolatre non avranno alcuna: “eredità nel regno di Cristo e di Dio” quindi li esorta dicendo: "Non siate dunque loro compagni" (5:7).

8

“perché già eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce”

Paolo ora contrappone la vita di questi Efesini prima di Cristo ("voi eravate tenebre") con la loro vita attuale come persone di fede (voi "ora siete luce nel Signore").

La luce e l'oscurità sono spesso usate sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento come metafore del bene e del male: caos e ordine, pericolo e sicurezza, gioia e dolore, verità e menzogna, vita e morte, salvezza e condanna. Sono rappresentativi:.

“eravate tenebre”.  In Efesini 5:8, Paolo utilizza l'espressione metaforica "eravate tenebre" per descrivere lo stato precedente dei credenti prima di incontrare Cristo. Notate che non dice che una volta vivevano nell'oscurità. Dice invece che "erano tenebre". L'oscurità non era a loro esterna ma interna: penetrava nel profondo del loro essere. Ma Cristo ha invertito questo, in modo che ora siano luce, in modo che la luce ora illumini le loro vite fino al centro.

In questo contesto, l'immagine delle tenebre rappresenta l'ignoranza, il peccato e la morte, ovvero lo stato di separazione da Dio. L'uso della metafora delle tenebre nella Bibbia ha radici profonde nella cultura ebraica, dove le tenebre rappresentavano l'ignoranza, la cecità e il non avere speranza alcuna nella vita. Nell'Antico Testamento, ad esempio, l'oscurità viene spesso utilizzata come una metafora per descrivere il peccato e la morte. Nel Salmo 23:4, ad esempio, il salmista scrive: "Anche se cammino nella valle dell'ombra della morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me". In questo passaggio, l'oscurità rappresenta la morte e la disperazione, mentre la presenza di Dio rappresenta la speranza e la salvezza. Nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo viene descritto come la "luce del mondo" (Giovanni 8:12) e la sua vita e il suo insegnamento rappresentano la verità e la guida di Dio per l'umanità.

Paolo afferma che i credenti erano "tenebre", ovvero vivevano nello stato di ignoranza, peccato e separazione da Dio, ma sono stati trasformati dalla luce di Cristo e sono diventati "luce nel Signore". In sintesi, l'uso della metafora delle tenebre nella Bibbia rappresenta lo stato di ignoranza, peccato e morte dell'umanità separata da Dio. L'immagine delle tenebre viene utilizzata per descrivere lo stato precedente dei credenti prima di incontrare Cristo in Efesini 5:8, sottolineando l'idea che la loro vita è stata trasformata dalla luce di Cristo, che rappresenta la verità, la giustizia e la vita eterna.

L'oscurità non può mai dissipare la luce. Funziona sempre al contrario. La luce dissipa sempre le tenebre. La luce vince sempre.

“luce”. Gesù aveva chiamato Saulo ad essere suo discepolo presso i Gentili “per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità fra i santificati” (Atti 26:18).

In Efesini 5:14, Paolo utilizza la metafora della luce per esortare i cristiani a "svegliarsi" dal loro stato di sonno spirituale e ad agire in modo giusto.

L'immagine della luce in questo passo biblico rappresenta la verità, la giustizia e la conoscenza di Dio, mentre l'oscurità rappresenta l'ignoranza, il peccato e la morte. L'uso della metafora della luce nella Bibbia ha radici profonde nella cultura ebraica, dove la luce era spesso associata alla presenza di Dio e alla sua guida. Ad esempio, nell'Antico Testamento, Dio guida il suo popolo con una colonna di fuoco durante la notte e una nuvola luminosa durante il giorno. Inoltre, il Salmo 119:105 afferma: "La tua parola è una lampada ai miei piedi e una luce sul mio cammino", sottolineando l'idea che la Parola di Dio illumina il nostro cammino e ci guida nella giusta direzione. Nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo viene descritto come la "luce del mondo" (Giovanni 8:12) e la sua vita e il suo insegnamento rappresentano la verità e la guida di Dio per l'umanità. In Efesini 5:8, Paolo afferma che i credenti sono diventati "luce nel Signore", sottolineando l'idea che la loro nuova identità in Cristo implica una vita illuminata dalla verità e dalla giustizia di Dio. In sintesi, l'uso della metafora della luce nella Bibbia rappresenta la presenza e la guida di Dio nella vita dei credenti, illuminando il loro cammino e mostrando loro la verità e la giustizia. La metafora ha radici profonde nella cultura ebraica e viene utilizzata sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento per rappresentare la presenza e la guida di Dio nella vita dei credenti.

“Comportatevi”, letteralmente: “camminate”. In greco antico, il termine περιπατεῖν (peripatein) significava letteralmente "camminare intorno", come nel termine italiano “perimetro”, ma il suo uso era spesso metaforico, indicando l'azione di "vivere" o "comportarsi" in un determinato modo. Ad esempio, il filosofo greco Aristotele fondò la sua scuola filosofica chiamata "Peripatetica", il cui nome si riferiva al fatto che i suoi seguaci camminavano mentre discutevano filosofia. Ma il significato principale del termine era quello di "vivere" o "comportarsi" in un certo modo, come se stessimo "camminando" attraverso la vita. In questo contesto Paolo usa il termine peripateite per esortare i cristiani di Efeso a "comportarsi" come “figli della luce”. Il versetto precedente afferma che, come cristiani, siamo stati trasformati dalla luce di Cristo, e quindi ci si aspetta di "comportarsi" in modo coerente con questa nuova identità. L'uso del termine peripateite sottolinea l'idea che la vita cristiana non riguarda solo ciò che crediamo, ma anche come viviamo.

La stessa etimologia dell'italiano "comportarsi" effettivamente indica un "portamento" o un "modo di portarsi". La parola "comportarsi" deriva infatti dal latino "comportare", che significa "portare insieme", "portare con sé" o "condurre". In questo senso, il verbo "comportare" ha un significato molto simile a quello del greco antico περιπατεῖν (peripatein), ovvero indica l'azione di "portare" o "condurre" sé stessi in un determinato modo. Nel corso del tempo, il significato del verbo "comportare" si è evoluto fino a diventare un verbo che indica l'azione di "portarsi" o "condursi" in modo adeguato o appropriato in una data situazione, come se ci si "portasse" addosso un comportamento o un atteggiamento. Questo è il senso che la parola ha assunto nell'italiano moderno, dove "comportarsi" significa agire o reagire in modo appropriato e rispettoso delle norme sociali o delle situazioni in cui ci si trova. E’ tradotto anche come “conducetevi”, come un diligente autista conduce un’auto secondo le regole del codice stradale.

Questo consiglio non sarebbe necessario se fosse impossibile per questi cristiani di Efeso tornare alle loro vecchie vie, ricadere nelle tenebre invece di camminare nella luce. Il tentatore non dorme mai, quindi la vita cristiana richiede una vigilanza costante.

“figli di luce”. L'espressione "essere figli di" in senso morale deriva da un'immagine comune in molte culture che rappresenta l'idea che il comportamento di una persona riflette la sua discendenza o il suo lignaggio. Nelle culture antiche, il lignaggio familiare era molto importante e la discendenza da una determinata famiglia poteva conferire un certo status sociale o morale. Nella cultura ebraica, ad esempio, essere "figli di" qualcuno era un'immagine comune per rappresentare l'appartenenza a una certa tribù o famiglia, ma anche il comportamento morale e religioso. Nella Bibbia, ad esempio, il termine "figli di Dio" viene utilizzato per descrivere coloro che hanno una relazione personale con Dio e che cercano di seguire i suoi comandamenti e le sue leggi. Allo stesso modo, il termine "figli del diavolo" viene utilizzato per descrivere coloro che seguono il male e il peccato. L'immagine di essere "figli di" qualcosa o qualcuno è stata quindi utilizzata anche nel cristianesimo per descrivere la relazione personale dei credenti con Dio. In particolare, Gesù Cristo è stato chiamato il "Figlio di Dio" per indicare la sua relazione unica e speciale con Dio Padre, ma anche per rappresentare la sua perfetta obbedienza alla volontà di Dio e il suo comportamento morale esemplare. “poiché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre, non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri” (1 Tessalonicesi 5:5-6).

Questo consiglio non sarebbe necessario se fosse impossibile per questi cristiani di Efeso tornare alle loro vecchie vie, ricadere nelle tenebre invece di camminare nella luce. Il tentatore non dorme mai, quindi la vita cristiana richiede una vigilanza costante.

9

“... poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità”.

L’espressione “frutto della luce”, nell’originale è "καρπὸς τοῦ φωτός" (karpos tou phōtos), che letteralmente si traduce come "frutto della luce". Tuttavia, in alcune versioni della Bibbia, questa espressione viene tradotta come "frutto dello Spirito", anziché "frutto della luce". Questa differenza nella traduzione è dovuta all'interpretazione del contesto e delle dottrine bibliche sottostanti da parte dei traduttori. La frase "frutto della luce" si riferisce all'idea che i credenti, che ora sono "luce nel Signore" (Efesini 5:8), devono produrre frutti che sono in linea con la loro nuova identità in Cristo. In altre parole, i cristiani devono vivere in modo giusto, onesto e rispettoso degli altri, come la luce di Cristo li guida. D'altra parte, l'espressione "frutto dello Spirito" si riferisce alla lista di nove qualità elencate in Galati 5:22-23, che includono amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fedeltà, mitezza e autocontrollo. Questi frutti sono attributi che lo Spirito Santo produce nella vita del credente che si apre alla sua opera. In sintesi, la differenza nella traduzione tra "frutto della luce" e "frutto dello Spirito" è dovuta all'interpretazione del contesto e delle dottrine bibliche sottostanti da parte dei traduttori. Tuttavia, in entrambi i casi, l'idea fondamentale è che i credenti devono produrre frutti che sono in linea con la loro identità in Cristo e con la guida della luce di Dio o dello Spirito Santo.

l fico produrrà fichi, come la vite produrrà uva e l'olivo produrrà olive. “Ogni albero si riconosce dal proprio frutto. Perché non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva dal rovo” (Lc 6,44). Allo stesso modo, "L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene, e l'uomo malvagio dal cattivo tesoro del suo cuore trae il male" (Lc 6,45) .

In altre parole, Dio ha creato il mondo in modo tale che il frutto prodotto da un albero è determinato dalla natura dell'albero, e il frutto prodotto da una persona è determinato dalla natura di quella persona.

Lo Spirito menzionato in questo versetto è lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. Sarebbe innaturale per lo Spirito Santo di Dio produrre frutti cattivi, così come lo sarebbe per un fico che produce olive o per una vite che produce fichi. Lo Spirito, lo Spirito di Dio, porterà sempre buoni frutti.

L'espressione "frutto della luce" si riferisce all'idea che i credenti devono produrre frutti che sono in linea con la loro nuova identità in Cristo e con la guida della luce di Dio. La luce in questo passaggio biblico rappresenta la verità, la giustizia e la conoscenza di Dio, mentre il frutto rappresenta il prodotto della vita di un credente che vive in sintonia con queste qualità. L'immagine del "frutto della luce" si basa sull'idea che la luce di Cristo illumina il cammino del credente, mostrando loro la verità, la giustizia e la via da seguire. Quando i credenti seguono questa guida, la loro vita produce frutti che sono in linea con questi valori. In altre parole, il "frutto della luce" rappresenta i risultati concreti e visibili della vita di un credente che segue la luce di Cristo. Inoltre, l'idea del "frutto della luce" può essere intesa come il risultato della diffusione della luce stessa. Come una pianta produce frutti grazie alla luce del sole, così anche la vita di un credente che vive nella luce di Cristo produce frutti grazie alla sua luce interiore. In questo senso, il "frutto della luce" rappresenta il risultato visibile della luce di Dio che opera nella vita di un credente.

Pertanto, questi cristiani di Efeso hanno lo Spirito di Dio che dimora dentro di loro, quindi dovrebbero aspettarsi di portare frutti coerenti con lo Spirito di Dio, buoni frutti.

Qui Paolo elenca la bontà, la giustizia e la verità come i frutti dello Spirito.

Sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, Dio personifica la bontà (Esodo 33:19; Tito 3:4) e dà la bontà agli esseri umani (1 Re 8:66; 2 Cronache 7:10; Neemia 9:25, 35; Salmo 23:6 ; 27:13; 31:19; 145:7; Geremia 31:12; Romani 15:14). Nel contesto di questa epistola, la bontà equivale all'eccellenza morale. Nel capitolo precedente, Paolo ha esortato questi cristiani a “rivestire l'uomo nuovo, che è stato creato a somiglianza di Dio nella giustizia e nella santità della verità ” (4,24).

In questa epistola, Paolo menziona la verità più frequentemente di qualsiasi altra virtù (1:13; 4:21, 24-25; 6:14).

Nella sua lettera alla chiesa galata, Paolo parlò del frutto dello Spirito come "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fede, mansuetudine e autocontrollo" (Galati 5:22-23. Vedi anche 1 Corinzi 12:28ss per i doni dello Spirito). Li contrapponeva ai frutti della carne: "adulterio, immoralità sessuale, impurità, lussuria, idolatria, stregoneria, odio, contesa, gelosia, scoppi d'ira, rivalità, divisioni, eresie, invidie, omicidi, ubriachezza, orge e cose del genere come questi” (Galati 5:19-21).

10

“esaminando che cosa sia accetto al Signore”

“esaminando” (anche tradotto: cercate, imparate). Il verbo greco "δοκιμάζω" (dokimazō) utilizzato in Efesini 5:10 è un termine che indica l'azione di provare o testare qualcosa per verificarne la qualità o la genuinità. In questo passo, l'espressione completa "δοκιμάζοντες τί ἐστιν εὐάρεστον τῷ κυρίῳ" significa "provando ciò che è gradito al Signore". La traduzione letterale di "δοκιμάζω" sarebbe "testare" o "provare", ma in alcuni contesti il verbo può assumere un significato più ampio, come "cercare" o "imparare". Questo perché la "prova" o il "test" di qualcosa implica spesso l'azione di cercare o imparare. In Efesini 5:10, la traduzione migliore dipende dal contesto specifico. Nel contesto del passo, il verbo "δοκιμάζοντες" può essere tradotto come "provando" o "testando", sottolineando l'importanza di esaminare la propria vita per scoprire cosa sia gradito al Signore. Tuttavia, la traduzione come "cercando" o "imparando" può anche essere appropriata, poiché la scoperta di ciò che è gradito a Dio richiede spesso un processo di apprendimento e di ricerca.

Dio ha rivelato la sua volontà (ciò che gli è gradito) per quanto riguarda un ampio raggio di comportamenti della creatura umana. Egli l’ha fatto nelle Sacre Scritture, sia come comandi diretti (nella sua Legge) che negli esempi dei suoi fedeli e in modo supremo in Cristo. Il figliolo di Dio, quindi, esamina le Scritture (fa una ricerca) per conoscere la specifica volontà di Dio su una determinata questione, la impara, e la mette alla prova (la pratica).

Il verbo italiano "investigare" deriva dal latino "investigare", composto da "in-" (intensificativo) e "vestigare" (seguire le tracce, indagare). Il significato originale del termine latino era quindi "seguire le tracce con attenzione" o "indagare con cura". Nel corso del tempo, il significato del verbo "investigare" si è evoluto per indicare l'azione di cercare informazioni o prove su un determinato fatto o situazione, attraverso l'analisi e la raccolta di dati, testimonianze o documenti. In questo senso, il termine "investigare" si avvicina al significato del verbo inglese "to investigate". In generale, il verbo "investigare" viene utilizzato in ambito giuridico, investigativo e scientifico per indicare l'azione di indagare su un fatto o una situazione al fine di ottenere informazioni, prove o chiarimenti su di essi. Tuttavia, il termine può anche essere usato in senso più ampio per indicare l'azione di esaminare o analizzare attentamente una questione o un argomento. “È gloria di Dio nascondere le cose, ma la gloria dei re sta nell'investigarle" (Proverbi 25:2); “Voi investigate le Scritture, perché pensate di avere per mezzo di esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me" (Giovanni 5:39).

La parola greca dokimazo ha a che fare con il testare qualcosa per dimostrarne il valore e trasmettere l'approvazione per ciò che si dimostra degno. Nella sua lettera ai Filippesi, Paolo prega affinché i cristiani di Filippi possano crescere in conoscenza e discernimento “affinché possiate apprezzare ( dokimazo ) le cose eccellenti” (Filippesi 1:9-10). Nel versetto 10, Paolo chiama i cristiani di Efeso a mettere alla prova, e poi ad approvare, quelle cose che sono gradite al Signore.

11

“Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi piuttosto denunciatele”.

“partecipare”. Il verbo greco "συγκοινωνέω" (sygkoinōneō), utilizzato in Efesini 5:11, deriva dalla radice "koinos", che significa "comune" o "condiviso", e dal prefisso "syn", che indica unione o associazione (non siate coinvolti dirattamente o indirettamente), non abbiate a che fare con. Il termine viene comunemente tradotto come "partecipare insieme" o "essere in comunione con". Nel contesto di Efesini 5:11, l'uso di "συγκοινωνέω" indica l'invito di Paolo ai cristiani a non partecipare insieme o essere in comunione con le opere infruttuose delle tenebre. L'idea è quella di evitare di condividere o partecipare alle attività che sono contrarie alla volontà di Dio o che portano alla distruzione. In questo senso, "συγκοινωνέω" sottolinea l'importanza di fare scelte giuste e consapevoli sulla propria vita e sulle proprie associazioni.

“opere infruttuose”  L'espressione "opere infruttuose" si riferisce alle azioni o alle attività che non portano frutto, cioè che non producono alcun risultato positivo o benefico per sé stessi o per gli altri. Queste opere possono essere caratterizzate da immoralità, malvagità, inganno o egoismo, e si oppongono ai valori della giustizia, dell'amore e della verità che sono promossi dalla luce di Cristo. Nel contesto del passo biblico, l'invito di Paolo a non partecipare alle opere infruttuose delle tenebre è un richiamo a evitare di unirsi a coloro che vivono in modo immorale o malvagio e che cercano di influenzare gli altri a seguire il loro esempio. L'idea è quella di evitare di essere corrotti o contaminati da tali comportamenti e di cercare invece di vivere secondo i valori della luce di Cristo.

Usiamo spesso la parola "koinonia" per parlare di gruppi di koinonia (gruppi di comunità di persone affiatate e solidali). Koinonia , ovviamente, è una parola greca che è stata appropriata "così com'è" nella lingua inglese. La parola synkoinoneo , usata in questo verso, è una combinazione di syn (con) e koinonia (comunione), quindi la traduzione “non avere comunione con” è buona.

Paolo sta chiamando questi cristiani di Efeso a isolarsi dalle "opere infruttuose delle tenebre" - a tenersi separati da quelle opere in modo che non si trovino trascinati nel vortice creato da quelle opere oscure - a evitare la tentazione rifiutandosi di strofinare i gomiti con esso – evitare di essere, ancora una volta, “ottusi nella loro mente, alienati dalla vita di Dio” (4:18). Paolo ha fornito esempi di queste opere delle tenebre - un elenco che è illustrativo ma difficilmente esaustivo - un resoconto completo andrebbe avanti per molte pagine. Le opere delle tenebre includono l'avidità (4:19), i desideri di inganno (4:22), la menzogna (4:25), l'ira sfrenata (4:26), il furto (4:28), la parola corrotta (4:29), amarezza, ira, ira, clamore e calunnia (4:31) e immoralità sessuale, cupidigia o idolatria (5:5).

Il consiglio di evitare le opere delle tenebre segue naturalmente la scia del versetto 8, dove Paolo stabilisce che questi cristiani "erano una volta tenebre, ma ora sono luce nel Signore". Hanno familiarità con le "opere infruttuose delle tenebre", perché hanno condiviso con quelle opere in passato, ma, in Cristo, sono passati dalle tenebre alla luce (v. 8), quindi non è più appropriato per loro condividere con opere oscure. Non hanno nulla da guadagnare in questo modo e molto da perdere. Se dovessero collaborare con opere oscure, quasi certamente troverebbero la loro reputazione contaminata e potrebbero persino trovare l'attrazione magnetica della tentazione così potente da tornare ad essere oscurità ancora una volta.

“denunciatele” l'espressione "μᾶλλον δὲ καὶ ἐλέγχετε" (mallon de kai elegchete) viene comunemente tradotta come "ma piuttosto riprendetele" o "piuttosto denunciatele". Il verbo greco "ἐλέγχω" (elegchō) significa "riprendere" o "correggere" qualcuno, in modo tale da evidenziare il suo errore o la sua colpa. Nel contesto di Efesini 5:11, l'invito di Paolo a "μᾶλλον δὲ καὶ ἐλέγχετε" sottolinea l'importanza di correggere e riprendere chiunque sia coinvolto in opere infruttuose delle tenebre. L'idea è quella di denunciare tali opere e cercare di correggere le persone coinvolte in modo che possano essere risanate e riportate sulla strada della giustizia e della verità.

È possibile che qualcuno possa fraintendere l'invito di Paolo a "denunciare" le opere infruttuose come un atteggiamento "giudicante" o "condannatorio". Tuttavia, questa interpretazione non tiene conto del contesto biblico nel quale si inserisce l'invito di Paolo. In primo luogo, l'invito a "denunciare" le opere infruttuose non è rivolto a giudicare o condannare le persone coinvolte, ma piuttosto a esporre e correggere le azioni negative che sono contrarie ai valori della luce di Cristo. Inoltre, l'invito di Paolo a "denunciare" le opere infruttuose deve essere letto insieme ad altri passi biblici che sottolineano l'importanza dell'amore, della misericordia e della compassione nella relazione con gli altri. Ad esempio, in Galati 6:1 Paolo esorta i credenti a "riprendere" un fratello che ha commesso un peccato, ma di farlo con dolcezza e con spirito di mansuetudine. In definitiva, l'invito di Paolo a "denunciare" le opere infruttuose non è un invito a essere "giudicanti" o "condannatori", ma piuttosto a esporre e correggere gli atteggiamenti e le azioni negative che si oppongono ai valori della luce di Cristo, con spirito di amore, di misericordia e di compassione.

Paolo usa la parola greca elencho (rimprovera o smaschera) come contrappunto a dokimazo (prova o approva) nel versetto 10 sopra. Nel versetto 10, ha esortato questi cristiani a provare o approvare "ciò che è gradito al Signore". Ora, in questo versetto, li esorta a smascherare “le opere infruttuose delle tenebre” – per mostrare loro che hanno torto – a rendere pubblica la loro disapprovazione per queste “opere delle tenebre”. Non basta stare in disparte. I cristiani hanno la responsabilità di testimoniare la luce e di opporsi attivamente alle tenebre.

Ciò includerebbe "mettere da parte la falsità (e dire) la verità ciascuno al suo prossimo" (4:25). In altre parole, noi cristiani dobbiamo ritenerci reciprocamente responsabili quando uno di noi scivola di nuovo nell'oscurità. Ne deduciamo che dobbiamo anche essere aperti ad ascoltare i consigli dei fratelli e delle sorelle cristiani quando suggeriscono che abbiamo torto.

Difficilmente un cristiano può aspettarsi di opporsi alle tenebre con qualche effetto a meno che non abbia mantenuto una buona reputazione per vivere nella luce. Un cristiano a cui piace sguazzare nel fango difficilmente può aspettarsi di persuadere altri a evitare di sguazzare nel fango. L'eccezione, ovviamente, sarebbe una persona che si è recentemente convertita dalle tenebre alla luce. La testimonianza di una tale persona può essere efficace solo finché rimane fedele alla luce.

12

“poiché è vergognoso perfino parlare delle cose che costoro fanno di nascosto”

L'affermazione di Paolo che "è vergognoso perfino parlare delle cose che costoro fanno di nascosto" può essere interpretata come un richiamo alla gravità delle opere infruttuose delle tenebre che si stanno commettendo. L'idea di Paolo è che queste azioni sono così negative e dannose che nemmeno parlarne apertamente sarebbe appropriato. Tuttavia, l'invito di Paolo a "denunciare" le opere infruttuose delle tenebre in Efesini 5:11 non è contraddetto da questa affermazione. L'idea non è di tacere o coprire le azioni negative, ma di esporle e correggerle con spirito di amore, di misericordia e di compassione, senza cadere in giudizi o condanne. In altre parole, il richiamo di Paolo alla vergogna e all'indignità delle opere infruttuose delle tenebre non significa che si debba tacere su di esse, ma piuttosto che la loro denuncia e correzione debbano essere fatte in modo rispettoso e costruttivo. Inoltre, la denuncia delle opere infruttuose delle tenebre non deve essere fatta in modo indiscriminato o con spirito di vendetta, ma piuttosto con la volontà di portare le persone coinvolte sulla strada della giustizia e della verità. Questo richiede saggezza, discernimento e prudenza, insieme all'amore e alla misericordia che sono caratteristici del cristianesimo. In sintesi, l'affermazione di Paolo in Efesini 5:12 non contraddice l'invito di Paolo a "denunciare" le opere infruttuose delle tenebre in Efesini 5:11. Piuttosto, sottolinea la gravità delle azioni negative che si stanno commettendo e l'importanza di denunciarle e correggerle con spirito di amore, di misericordia e di compassione.

Mentre sappiamo che questo è vero, è una verità che è ampiamente ignorata nella nostra società sempre più rozza e volgare. Le persone nell'industria dell'intrattenimento, in particolare, hanno imparato che possono estendere la loro popolarità inserendo i loro nomi nelle notizie o i loro volti sullo schermo televisivo - e hanno imparato che possono farlo trovando nuovi modi per scioccarci - da inventando nuove volgarità - "condividendo" intimità pervertite - con volgarità ammucchiate sopra volgarità. I cristiani devono evitare “la comunione con (queste) opere infruttuose delle tenebre” (v. 11a). Dobbiamo fare un ulteriore passo opponendoci attivamente (v. 11b).

Ma la volgarità è solo un aspetto del problema. Considerate le "infruttuose opere delle tenebre" commesse da Hitler e dai suoi seguaci, in numero di milioni. Ricordiamo, come dovremmo, i sei milioni di ebrei che furono uccisi, ma ce n'erano anche milioni di altri: zingari, omosessuali, persone con malattie mentali, civili che si trovavano per caso sulla traiettoria dell'avanzata dei soldati e molti altri. Purtroppo, ciò è avvenuto con la complicità della chiesa, sia protestante che cattolica. Alcuni cristiani resistettero attivamente, spesso pagando con la vita. Li ricordiamo come eroi della fede.

Oppure considera il clima razziale negli Stati Uniti. C'è stato un tempo in cui molti cristiani erano proprietari di schiavi, alcuni dei quali piuttosto violenti. Ancora oggi ci sono razzisti, sia bianchi che neri, le cui opere segrete sembrano quasi troppo vergognose per parlarne, ma dobbiamo parlarne, dobbiamo smascherarle.

Oppure si pensi a coloro che saccheggiano le imprese pubbliche, lasciando dietro di sé vittime impoverite. Oppure considera coloro che vendono consapevolmente farmaci da prescrizione contraffatti o altri prodotti pericolosi. Oppure considera i funzionari pubblici corrotti "in giro". Oppure considera coloro che vendono o usano droghe illegali, destabilizzando i governi con denaro contaminato. L'elenco potrebbe continuare all'infinito.

Ma dovrei inserire un avvertimento qui. Nell'esercito, le persone parlano di cadere sulla loro spada, con il che intendono prendere una posizione coraggiosa a rischio della propria carriera o della propria vita. Mentre ammiriamo una persona che è disposta a fare quel tipo di sacrificio al servizio di ciò che è giusto, dobbiamo anche riconoscere che cadere sulla propria spada è qualcosa che la maggior parte delle persone sarà in grado di fare solo una volta, quindi dobbiamo chiedere Dio come guida e scegli saggiamente le nostre battaglie.

13

“Ma tutte le cose, quando sono riprese dalla luce, diventano manifeste, poiché tutto ciò che è manifesto è luce”.

Qui Paolo continua a usare l'immagine della luce per descrivere il modo in cui le opere infruttuose delle tenebre vengono esposte e giudicate dalla verità. L'idea centrale di questo versetto è che quando la luce entra in contatto con le opere infruttuose, esse diventano manifeste e visibili. L'espressione "tutte le cose" si riferisce alle opere infruttuose delle tenebre che Paolo ha appena menzionato in Efesini 5:11-12. Quando queste opere vengono riprese dalla luce, cioè quando vengono portate alla luce della verità, diventano manifeste e visibili. Ciò significa che non possono più essere nascoste o ignorate, ma devono essere affrontate e corrette.

Paolo conclude questo versetto affermando che "tutto ciò che è manifesto è luce". Questa affermazione sottolinea il fatto che la luce e la verità sono strettamente collegate. Quando le opere infruttuose delle tenebre sono esposte e portate alla luce, esse diventano parte della verità e della giustizia. In questo senso, la luce rappresenta la conoscenza e la verità, e la manifestazione delle opere infruttuose rappresenta l'espansione della luce nel mondo. In sintesi, Efesini 5:13 sottolinea che quando la luce della verità entra in contatto con le opere infruttuose delle tenebre, esse diventano manifeste e visibili. Ciò significa che non possono più essere nascoste o ignorate, ma devono essere affrontate e corrette. La luce rappresenta la conoscenza e la verità, e la manifestazione delle opere infruttuose rappresenta l'espansione della luce nel mondo.

Gesù disse che “la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre piuttosto che la luce; perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa il male odia la luce e non viene alla luce, perché le sue opere non siano scoperte” (Giovanni 3:19-20). Non possiamo aspettarci che sia facile quando ci proponiamo di smascherare le opere delle tenebre. Dovremmo aspettarci che coloro che amano l'oscurità si oppongano a noi, possibilmente violentemente.

Ma la luce rivela le cose come sono. Espone - illumina - e alla fine si traduce nella resa dei giudizi. Gesù è la luce del mondo (Giovanni 8:12). Egli ci ha chiamati ad essere la luce del mondo (Matteo 5:14-16). La luce alla fine travolge l'oscurità. La luce alla fine vince. Dio lo assicurerà.

14

“Perciò dice: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t'inonderà di luce”.

Paolo sta citando un passo dell'Antico Testamento, precisamente il libro di Isaia 60:1. Questo versetto inizia con le parole: "Alzati, risplendi, perché viene la tua luce e la gloria del Signore brilla su di te". Paolo, però, modifica leggermente il testo originale di Isaia. Egli sostituisce le parole "Alzati, risplendi" con "Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti", per richiamare l'immagine di una persona che si risveglia dalla morte spirituale e si allontana dalle opere infruttuose delle tenebre. L'invito di Paolo a "risvegliarsi" e "risorgere dai morti" è un richiamo alla conversione e alla rinascita spirituale, che portano alla luce di Cristo. In altre parole, Paolo sta esortando i credenti ad abbandonare le opere infruttuose delle tenebre e a cercare la luce di Cristo, che può illuminare e trasformare la loro vita. Inoltre, l'affermazione che Cristo "t'inonderà di luce" sottolinea il fatto che solo attraverso Cristo si può raggiungere la vera luce e la verità. Questa affermazione richiama anche l'immagine della luce che Paolo ha usato in precedenza nel capitolo, dove la luce rappresenta la conoscenza, la verità e la giustizia che si oppongono alle opere infruttuose delle tenebre.

Ma questo frammento di inno riformula quei versi alla luce della risurrezione di Cristo. Proprio come Cristo è risorto dai morti, questo versetto invita i cristiani a risvegliarsi dal loro stato spiritualmente dormiente - a risorgere dalla loro tomba spirituale - e promette che, quando lo faranno, "Cristo risplenderà su di te". È una promessa che, quando si risveglieranno spiritualmente, non rimarranno soli. Cristo sarà lì per illuminare il loro cammino, per illuminare le loro vite, per dare loro ciò di cui hanno bisogno. In sintesi, Efesini 5:14 rappresenta un richiamo alla conversione e alla rinascita spirituale, che portano alla luce di Cristo. L'invito di Paolo a "risvegliarsi" e "risorgere dai morti" è un richiamo ad abbandonare le opere infruttuose delle tenebre e a cercare la luce di Cristo, che può illuminare e trasformare la vita dei credenti.

Riassunto e domande

Testo

“... perché già eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce, poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità, esaminando che cosa sia accetto al Signore. Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi piuttosto denunciatele, poiché è vergognoso perfino parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. Ma tutte le cose, quando sono riprese dalla luce, diventano manifeste, poiché tutto ciò che è manifesto è luce. Perciò dice: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t'inonderà di luce” (Efesini 5:8-14).

Commento

Efesini 5:8-14 insegna che i credenti devono vivere come figli della luce e non come figli delle tenebre. L'apostolo Paolo incoraggia i credenti a vivere una vita virtuosa, evitando le opere delle tenebre, che sono immorali e peccaminose. Invece, i credenti devono cercare di piacere al Signore e vivere in modo tale da far risplendere la luce di Cristo. Paolo mette in guardia i credenti dal lasciarsi ingannare dalle opere delle tenebre e li esorta a esporle alla luce. Infatti, tutto ciò che viene esposto alla luce diventa visibile e tutto ciò che è visibile viene illuminato dalla luce. Così, i credenti devono vivere in modo da far risplendere la luce di Cristo e mostrare la verità attraverso le loro azioni.

Domande

  • Quali sono le differenze tra vivere come figli della luce e vivere come figli delle tenebre, secondo questo passaggio?
  • Quali sono alcuni esempi di opere delle tenebre che i credenti dovrebbero evitare?
  • Quali sono alcuni esempi di opere della luce che i credenti dovrebbero cercare di praticare?
  • In che modo i credenti possono far risplendere la luce di Cristo nella loro vita quotidiana?
  • Quali sono alcuni esempi di come i credenti possono essere ingannati dalle opere delle tenebre?
  • Qual è il significato di "esporre le opere delle tenebre alla luce"? Come si può applicare nella vita quotidiana dei credenti?
  • Qual è il ruolo della verità nella vita dei credenti, secondo questo passaggio?
  • Quali sono le conseguenze di vivere come figli della luce o come figli delle tenebre?
  • Qual è il messaggio di questo passaggio per i credenti del nostro tempo?
  • Come possiamo applicare questi insegnamenti nella nostra vita quotidiana come cristiani?