Letteratura/Conforto del cristiano/Cordoglio

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Il Conforto del Cristiano, di A. W. Pink, cap. 11

Cordoglio

«Beati quelli che fanno cordoglio, perché essi saranno consolati» (Matteo 5:4).

Il cordoglio è odioso e fastidioso per la povera natura umana. Dalla sofferenza e dalla tristezza i nostri spiriti si ritraggono istintivamente. Per natura cerchiamo di star assieme a quelli che sono allegri e gioiosi. Il nostro testo presenta un'anomalia per i non rigenerati, eppure è una dolce musica per le orecchie degli eletti di Dio. Se sono "beati" perché "fanno cordoglio"? Se "fanno cordoglio" come possono essere "beati"? Solo il figlio di Dio ha la chiave di questo paradosso. Più riflettiamo sul nostro testo, più siamo costretti ad esclamare: “Nessun uomo parlò mai come quest'uomo!". "Beati [felici] quelli che fanno cordoglio" è in completo contrasto con la logica del mondo. Gli uomini hanno in ogni luogo e in tutte le età considerato i prosperi e gli allegri felici, ma Cristo dichiara felici coloro che sono poveri di spirito e piangono.

Ora è ovvio che non si fa qui riferimento a tutte le specie di cordoglio. C'è una "tristezza del mondo che produce la morte" (2 Corinzi 7:10). Il cordoglio a cui Cristo promette conforto deve essere limitato a ciò che è spirituale. Il cordoglio che è benedetto è il risultato del rendersi conto della santità e della bontà di Dio, quella che emana da un senso della nostra stessa malvagità: la depravazione della nostra natura, l'enormità e la colpa della nostra condotta e il dolore per i nostri peccati con un santo dolore. In un’altra nostra riflessione abbiamo fatto intendere che le otto beatitudini sono disposte in quattro coppie; prova di ciò sarà fornita man mano che procediamo. Il primo della serie è la benedizione che Cristo ha pronunciato su coloro che sono poveri di spirito, che abbiamo inteso significare, coloro che sono stati risvegliati al senso del proprio nulla e del proprio vuoto.

Il cordoglio a cui si fa qui riferimento è manifestamente più di quello di cordoglio, un’afflizione o una perdita. È cordoglio per il peccato. «È un cordoglio per la sentita indigenza del nostro stato spirituale e per le iniquità che si sono messe in mezzo tra noi e Dio; piangendo per la stessa moralità di cui ci siamo vantati e per l'ipocrisia in cui abbiamo confidato; dolore per la ribellione a Dio e ostilità alla sua volontà; e tale cordoglio va sempre di pari passo con la consapevole povertà di spirito» (Person).

Una sorprendente illustrazione ed esemplificazione dello spirito su cui il Salvatore qui pronunciò la Sua benedizione si trova in Luca 18. Qui si presenta al nostro punto di vista un vivido contrasto. In primo luogo, ci viene mostrato un fariseo ipocrita che guarda verso Dio e dice: "O Dio, ti ringrazio ch'io non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri; né pure come quel pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quel che posseggo». Questo può essere stato tutto vero per come lo ha guardato, eppure quest'uomo è tornato a casa sua in stato di condanna. I suoi bei vestiti erano stracci, le sue vesti bianche erano sporche, anche se non lo sapeva. Poi ci viene mostrato il pubblicano, in piedi da lontano, il quale, nel linguaggio del Salmista, era così turbato dalle sue iniquità da non poter nemmeno alzare lo sguardo (Salmi 40:12).

Ecco dunque i primi desideri dei figli di Dio, e colui che non è mai venuto a essere povero in spirito, e non ha mai saputo che cosa significhi veramente piangere per il peccato, sebbene appartenga a una chiesa e abbia un ministero nella chiesa, non è entrato né ha visto il regno di Dio. Come dovrebbe essere grato il lettore cristiano che il grande Dio si degna di dimorare nel cuore umile e contrito! Dove possiamo trovare qualcosa in tutto l'Antico Testamento di più prezioso di quello? Colui, agli occhi del quale i cieli non sono puri, che non può trovare in nessun tempio che l'uomo abbia mai costruito per Lui, per quanto magnifico, una propria dimora. “Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui ch'è umile, che ha lo spirito contrito, e trema alla mia parola” (Isaia 66:2) e “Poiché così parla Colui ch'è l'Alto, l'eccelso, che abita l'eternità, e che ha nome 'il Santo': Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui ch'è contrito ed umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore dei contriti” (Isaia 57:15)!

"Beati quelli che fanno cordoglio”. Sebbene il riferimento principale sia a quel cordoglio iniziale nella conversione, solitamente chiamato “convinzione di peccato, non è affatto limitato a quello. Il cordoglio è sempre una caratteristica del normale stato del cristiano. C'è molto di cui il credente deve piangere: la piaga del suo stesso cuore lo fa piangere: “Oh misero che sono"; l'incredulità che "ci assale così facilmente" e i peccati che commettiamo che sono più numerosi più che i capelli del nostro capo, sono un dolore continuo; la sterilità e l'inutilità della nostra vita ci fanno sospirare e piangere; la nostra propensione ad allontanarci da Cristo, la nostra mancanza di comunione con Lui, la superficialità del nostro amore per Lui, ci fanno appendere le nostre arpe ai salici.

Ma questo non è tutto. La religione ipocrita prevale dappertutto, avendo una forma di pietà ma negandone il potere; il terribile disonore recato alla verità di Dio dalle false dottrine insegnate su innumerevoli pulpiti; le divisioni tra il popolo del Signore, la contesa tra fratelli, causano un continuo dolore del cuore. La terribile malvagità del mondo, gli uomini che disprezzano Cristo, le sofferenze indicibili che ci circondano, ci fanno gemere dentro di noi. Più il cristiano vive vicino a Dio, più piangerà per tutto ciò che Lo disonora. Con il Salmista dirà: “Un'ira ardente mi prende a motivo degli empi, che abbandonano la tua legge” (119:53); con Geremia “Ma se voi non date ascolto, l'anima mia piangerà in segreto, a motivo del vostro orgoglio, gli occhi miei piangeranno dirottamente, si scioglieranno in lacrime, perché il gregge dell'Eterno sarà menato in cattività (…) Si struggano gli occhi miei in lacrime giorno e notte, senza posa; poiché la vergine figliuola del mio popolo è stata fiaccata in modo straziante, ha ricevuto un colpo tremendo” (13:17; 14:17); con Ezechiele “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e fa' un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono in mezzo di lei” (9:4).

"...perché essi saranno consolati". Questo si riferisce in primo luogo alla rimozione della colpa consapevole che grava sulla coscienza. Essa trova il suo compimento nell'applicazione da parte dello Spirito del Vangelo della grazia di Dio a colui o colei che Egli ha ritenuto colpevole del suo disperato bisogno di un Salvatore. Emana in un senso di perdono libero e pieno attraverso i meriti del sangue espiatorio di Cristo. Questo conforto divino è la pace di Dio che supera ogni comprensione riempiendo il cuore di colui o colei che ora è sicuro di essere "accolto nell'Amato". Dio ferisce prima di guarire, si abbassa prima di esaltare. Prima c'è una rivelazione della sua giustizia e santità, poi la rivelazione della sua misericordia e grazia.

Anche il «saranno consolati» riceve un costante compimento nell'esperienza del cristiano. Sebbene pianga i suoi ingiustificabili fallimenti e li confessi a Dio, tuttavia è confortato dall'assicurazione che il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, lo purifica da ogni peccato. Anche se geme per il disonore arrecato a Dio da ogni parte, tuttavia è confortato dalla consapevolezza che si avvicina rapidamente il giorno in cui Satana sarà rimosso da queste scene e quando il Signore Gesù siederà sul trono della Sua gloria e regnerà in giustizia e pace. Sebbene la mano castigatrice del Signore sia spesso posta su di lui e sebbene "nessun castigo per il momento sembra essere gioioso, ma doloroso", tuttavia, è consolato dal rendersi conto che tutto ciò sta operando per lui "Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria” (2 Corinzi 4:17). Come l'Apostolo, il credente che è in comunione con il suo Signore può dire: "...addolorato ma sempre gioioso". Può essere spesso chiamato a bere le acque amare di Mara, ma Dio ha piantato vicino un albero per addolcirle. Sì, i cristiani "in cordoglio" sono confortati anche ora dal Divino Consolatore, dai servizi dei Suoi servitori, dalle parole incoraggianti dei conservi cristiani e, quando queste non sono a portata di mano, dalle preziose promesse della Parola che viene portata a casa con potenza alla sua memoria e cuore.

"Saranno consolati". Il vino migliore è riservato agli ultimi. Il dolore può durare per una notte, ma la gioia viene al mattino. Durante la lunga notte della Sua assenza, i santi di Dio sono stati chiamati alla comunione con Colui che era l'Uomo dei Dolori. Ma, benedetto sia Dio, sta scritto: "...se pur soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con lui". Quale consolazione e quale gioia sarà nostra quando albeggerà il mattino senza nuvole! Allora “i riscattati dall'Eterno torneranno, verranno a Sion con canti di gioia; un'allegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno gioia e letizia, e il dolore ed il gemito fuggiranno” (Isaia 35:10). Allora si adempirà ciò che è stato detto: “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini; ed Egli abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio; e asciugherà ogni lacrima dagli occhi loro e la morte non sarà più; né ci saranno più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate” (Apocalisse. 21:3-4).