Liturgie/Il culto cristiano secondo la confessione di fede di Westminster

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Commento alla Confessione di Fede di Westminster, di G. I. Williamson

Il culto cristiano

XXI. Il culto religioso, ed il giorno del Sabato

1. La luce della natura mostra come vi sia un Dio, il quale ha signoria e sovranità su ogni cosa, che è buono e fa del bene a tutti, e che quindi deve essere temuto, amato, lodato, invocato, creduto, e servito, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la forza nostra. Il modo accettabile di rendere culto al vero Dio, però, è stato istituito da Lui stesso, e così limitato dalla sua propria volontà rivelata, affinché egli non sia adorato secondo l’immaginazione e l’invenzione umana, o i suggerimenti di Satana, sotto una qualsiasi visibile rappresentazione, o in qualsiasi altro modo non prescritto dalle Sacre Scritture.

2. Il culto religioso deve essere dato a Dio, il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo; ed a lui soltanto: non ad angeli, santi, o altre creature. Inoltre, dalla Caduta in poi, esso non ci è possibile senza un Mediatore, né per mediazione di altri che non sia Cristo solo.

Queste sezioni della Confessione ci insegnano:

(1) che la rivelazione naturale è sufficiente per informare le creature umane che esse sono in obbligo di rendere il loro culto al vero e vivente Iddio;

(2) che il “modo accettabile di rendere culto al vero Dio, però, è stato istituito da Lui stesso, e così limitato dalla sua propria volontà rivelata, affinché egli non sia adorato secondo l’immaginazione e l’invenzione umana, o i suggerimenti di Satana, sotto una qualsiasi visibile rappresentazione, o in qualsiasi altro modo non prescritto dalle Sacre Scritture”;

(3) che Dio solo deve essere per noi oggetto di culto;

(4) che Gli si può rendere culto solo per mediazione di Gesù Cristo.

Abbiamo già mostrato al cap. 1 come la rivelazione naturale riveli il vero Dio all’uomo tanto che egli non può far finta di non sapere che Gli deve adorazione ed ubbidienza. Laddove però, in stato di innocenza nell’Eden, l’uomo rendeva culto a Dio in modo immediato (cioè senza l’intervento di un mediatore o salvatore), il peccato ha gli ha reso questo impossibile.

Il peccato ha influito sul rapporto dell’uomo con Dio in due modi: la presenza di Dio gli fu ritirata (Ge. 3:22-24) e il cuore umano venne oscurato. A causa di questa alienazione, il culto, per essere accettabile a Dio, deve risolvere questa alienazione. Non c’era però modo alcuno con il quale l’uomo potesse risolvere il problema del ritiro di Dio da lui e dell’oscuramento del suo cuore. Così, per la natura del caso, un vero culto non avrebbe potuto sussistere senza un intervento provvidenziale di Dio. Il culto venne così istituito da Dio, limitato da Dio, e prescritto da Dio.

(1) Il culto è stato istituito da Dio. Per istituito la Confessione intende un culto che sia stato autorizzato, comandato, o richiesto da Lui. Il culto di Caino, per esempio, differiva da quello di Abele. Dio non riguardò Caino e la sua offerta. Il culto di Abele, però, venne approvato da Dio. Quando Caino si rifiutò di cambiare il suo culto secondo ciò che Dio aveva approvato e sanzionato, lo fece perché non aveva accettato il principio che il vero culto richiede esplicita approvazione o sanzione divina. Quando gli uomini rendono culto a Dio in qualsiasi modo che non sia stabilito o comandato da Dio, essi invano gli rendono culto (Mr. 7:7). Il peccato di Israele, quando essi avevano edificato alti luoghi e sacrificato olocausti a Baal, era di aver compiuto, dice il Signore: “cosa che non avevo comandato, di cui non avevo mai parlato e che non mi era mai venuta in mente” (Gr. 19:5). Nadab e Abihu furono consumati dal fuoco del Signore perché “offrirono davanti all'Eterno un fuoco illecito, che egli non aveva loro comandato” (Le. 10:1). Vero culto è solo quello che Dio stesso ha istituito (comandato). Per questa stessa ragione ciò che non è stato istituito da Dio è falso culto.

(2) Questo principio (che il vero culto è istituito da Dio) implica necessariamente il fatto che il culto è limitato dalla Sua volontà rivelata. Esso è limitato perché nel culto Dio ha comandato solo certe cose. Nel culto che Gli è dovuto Dio ha istituito solo (a) la preghiera, (b) la lettura e la predicazione della Parola, (c) il canto dei salmi, (d) l’amministrazione dei sacramenti e, (e) giuramenti, voti, voti solenni e digiuni in speciali occasioni. La Scrittura testimonia ampiamente a questi elementi: è stato il Signore a dirci di osservare questo nel culto. Inoltre Egli ha rivelato quanto abbia in abominio qualsiasi cosa che gli uomini presumano di inventare senza esplicito comandamento divino. Non possiamo quindi dire che il vero culto sia istituito (o prescritto) senza pure dire che esso sia stato limitato.

Quest’idea è semplice da affermare, ma in pratica non si è comprovata semplice, e questo per la corruzione del cuore umano che tende sempre a pensare sulla linea degli antichi malvagi israeliti che dicevano: “E' inutile, noi vogliamo camminare seguendo i nostri propri pensieri e vogliamo agire ciascuno secondo la caparbietà del proprio cuore malvagio” (Gr. 18:12). In questo modo ha guadagnato un largo seguito un principio rivale, non solo fra i Cattolici-romani e i Luterani, ma anche fra molti che sostengono di seguire la fede riformata. Questa concezione suggerisce che il vero culto non abbia bisogno di essere solo quello che Dio ha comandato, ma che esso possa anche contenere ciò che Dio non ha comandato, basta che non sia espressamente proibito nella Parola.

La seconda posizione considera le cose che Dio ha comandato solo come una parte (spesso una piccola parte) del culto legittimo. Così, per esempio, nel culto cattolico-romano vengono permesse una grande massa di cerimonie, simboli ed attività, e possono essere cambiate o aggiunte sulla base di questo principio spurio. Un tale culto è vano (Mt. 15:9). E’ un falso culto perché non ha dietro di sé alcuna sanzione se non quella umana. “Queste cose hanno sì qualche apparenza di sapienza nella religiosità volontariamente scelta, nella falsa umiltà e nel trattamento duro del corpo, ma non hanno alcun valore contro le intemperanze carnali” (Cl. 2:23). Rendere culto a Dio nel modo che noi riteniamo opportuno, senza aver prova che si tratti della volontà di Dio, significa rendere culto alla nostra propria volontà, non a Dio. Inoltre, ciò che bisogna sottolineare con forza è che, quando questo principio viene abbandonato, non abbiamo più alcun altro guardiano della purezza del vero culto. Di fatto questo principio è stato abbandonato anche da molti che sostengono questa Confessione. Per esempio, quale comando del Signore richiede l’uso di candele nel culto, cosa sempre più comune fra i Protestanti. Come si può condannare le cerimonie della Chiesa di Roma se introduciamo nel nostro culto elementi spuri? Si deve adorare Dio solo nel modo che Egli ha stabilito. Il vero culto, quindi, è sia istituito (prescritto) che limitato. Vi sono solo due categorie: ciò che Dio ha comandato è legittimo, e ciò che Dio non ha comandato è escluso.

Forse che questo significa che nulla possa essere fatto in una Chiesa riformata se non quanto sia stato comandato nella Bibbia? Non esattamente. Vi sono “alcune circostanze al riguardo del culto di Dio . . . che devono essere ordinate secondo la luce della natura e la saggezza cristiana, secondo le regole generali della Parola (Cap. I,6). Queste “circostanze” sono quelle che sono “comuni alle azioni ed alle società umane”. dobbiamo però fare attenzione a distinguere bene fra le circostanze del culto ed il culto stesso. Per esempio: la Scrittura non prescrive a che ora debba essere celebrato un culto, né la forma, stile o grandezza del locale di culto. Nella natura del caso, tali circostanze varieranno da paese a paese, da stagione a stagione, da luogo a luogo. Vi è una regola generale, però, che richiede che il culto si celebri di domenica. La regola generale controlla la situazione particolare secondo le circostanze. Però, quando la comunità cristiana si è riunita nel luogo convenuto il culto dovrà essere solo costituito da ciò che Dio ha comandato.

Il vero culto viene rivolto solo a Dio, e Dio esiste in tre Persone - il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. ... Notiamo qui come il vero culto debba essere reso a Dio per la mediazione di Cristo. ... la Chiesa romana, per esempio, nega questo sia in teoria come in pratica. Roma insegna: (1) che la vergine Maria ed altri santi ed angeli devono ricevere un certo grado di culto religioso; (2) che essi debbono essere invocati ad aiutarci in tempo di necessità; (3) che essi siano in grado di intercedere presso Dio o presso cristo per noi; (4) che si possa chiedere a Dio di salvarci o di aiutarci sulla base dei meriti dei santi, e (5) che le pitture, immagini, statue e reliquie dei santi e martiri debbano essere conservate nelle chiese ed adorate. . . Per evitare l’accusa di idolatria ... essi distinguono fra (a) Latria, o il più alto culto religioso, che è dovuto a Dio soltanto e (b) Doulia, o culto inferiore che è dovuto in vari gradi a santi ed angeli secondo il loro grado. Alcuni usano pure il termine Hyperdoulia per il culto che sarebbe dovuto alla vergine Maria soltanto. Essi pure distinguono fra (a) culto diretto che è dovuto in vario modo a Dio, alla Vergine, o a santi ed angeli, e (b) il culto indiretto che termina sulla figura o immagine che rappresenta all’adoratore l’oggetto diretto del suo culto ... Come risposta all’insegnamento cattolico-romano, possono essere addotti parecchie sane argomentazioni. (1) Gesù disse: “poiché sta scritto: ‘Adora il Signore Dio tuo e servi a lui solo’” (Mt. 4:10; De. 6:13). Le ragioni per cui dobbiamo rendere culto a dio solo militano contro il culto reso a qualsiasi altro essere. Dio ci ha comandato di rendere culto a Lui soltanto. (2) La Scrittura proibisce espressamente il culto di uomini e di angeli (At. 14:14,15; Cl. 2:18; At. 10:25,26, ecc.). (3) Il secondo comandamento espressamente proibisce l’uso per il culto di rappresentazioni o immagini di Dio o di Cristo, come pure come sussidio per onorarlo meglio. (4) I santi non sono sovrumani semplicemente per il fatto di essere in cielo. Essi non sono comunque dotati di attributi divini tali da legittimare il culto o da renderli mediatori fra Dio e l’uomo. (5) La Scrittura afferma che: “Vi è infatti un solo Dio, ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo” (1 Ti. 2:5). L’idea stessa dell’esistenza di altri mediatori sminuisce l’esclusivo onore che a Lui solo appartiene.

Sottolineiamo così ancora questo punto: se accettiamo che il vero culto non sia limitato dalla volontà rivelata di Dio - se ammettiamo che l’uomo possa giustamente aggiungere al culto divino qualche altro elemento - diventerà molto difficile confutare gli argomenti insidiosi e le distinzioni di coloro che operano distinzioni fra latria, doulia, Hyperdoulia, come pure fra culto “diretto” ed “indiretto”. Una ragione per la quale il Protestantesimo sta gradualmente cedendo e ritornando a immagini, cerimonie e simili (spesso senza rendersene conto) è perché ha perduto la nozione stessa di Principio Regolatore del Culto. Non esiste salvaguardia alcuna alla purezza del culto se non con la aderenza consapevole e persistente al principio: “ciò che viene comandato è giusto, ciò che non è comandato è sbagliato”. (. . .)