Predicazioni/1Timoteo/Le ampie prospettive della preghiera cristiana

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Le ampie prospettive della preghiera cristiana

Sintesi. La preghiera è il necessario e naturale dialogo dell'anima riconciliata con Dio. La preghiera, però, non è solo introspezione, non riguarda solo il mio rapporto personale con Dio, ma mi mette in sintonia con i propositi complessivi di Dio per questo mondo. Di più, è uno degli strumenti che Dio si compiace di usare per operare in questo mondo. Le ampie prospettive della preghiera cristiana è quanto mette in evidenza il testo biblico che esaminiamo oggi, 1 Timoteo 2:1-7.

La preghiera, per il discepolo del Signore e Salvatore Gesù Cristo, è, come insegnava e praticava Lui stesso durante il Suo ministero terreno, l’importante e necessario dialogo della nostra anima con Dio. Spesso trascurata, presa per scontata, e persino talvolta abusata, la preghiera è una delle espressioni del nostro rapporto con Dio, di quella “linea di comunicazione” fra noi e Lui che è stata riattivata grazie all’opera di Cristo in noi. Come Sue creature, infatti, noi tutti abbiamo di fatto questo “telefono debitamente collegato alla linea”, ma esso era muto: avevamo bisogno che “un tecnico ci riattivasse la linea” - ammesso che tale “telefono” volessimo usarlo... Il Salvatore Gesù Cristo è come quel “tecnico”. Arriva a casa nostra, si dà da fare nella centralina locale e, “miracolo”: portando noi la cornetta all’orecchio, finalmente sentiamo il segnale di libero! Ora funziona! Il tecnico ci insegna persino a usarlo, il telefono, soprattutto se si tratta di uno di quelli moderni un po’ complicati… Con la Sua Parola il Signore Gesù non solo ci insegna a far uso di questa linea di comunicazione fra noi e Dio, ma soprattutto ci insegna a conoscere Dio. Allora il dialogo può partire e stabilirsi regolarmente perché Egli vuole esserci sempre disponibile.

La preghiera è il dialogo interiore dell’anima con Dio. Essa, però, non è fatta di sola introspezione come se riguardasse solo il nostro cuore e Dio. Essa è uno strumento che “ci apre al mondo”, il mondo che a Dio appartiene. La preghiera cristiana è infatti come una sorta di telefono multifunzione, uno “smartphone” con il quale possiamo fare molti tipi di attività. Qualcuno ne rimane magari intimidito, tanto è versatile, eppure, apprendendo a usarlo con una sana pratica, tale “telefono” risulta molto “produttivo”!

Il Testo biblico

La preghiera cristiana ha prospettive molto ampie. Conoscerle e praticarle vuol dire, secondo un’efficace espressione biblica, essere resi capaci di abbracciare tutte le dimensioni di Cristo, com’è scritto: “... così voi, insieme con tutto il popolo di Dio, potrete conoscere l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo, che è più grande di ogni conoscenza, e sarete pieni di tutta la ricchezza di Dio” (Efesini 3:18-19 TILC). Questo ci insegna il testo biblico che esaminiamo oggi, che proviene dalla prima lettera dell'apostolo Paolo a Timoteo, capitolo 2, dal versetto 1 al versetto 7. Ascoltiamolo:

“Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità. Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo, e della quale io fui costituito predicatore e apostolo (io dico il vero, non mento), per istruire gli stranieri nella fede e nella verità” (1 Timoteo 2:1-7).

In questa sezione della sua lettera, Paolo ci dà una serie d'istruzioni sulla preghiera e sul culto, in risposta a diversi tipi di abusi che, al riguardo, erano allora incorsi i cristiani e che ancora oggi non sono scomparsi. Egli esorta che si facciano preghiere per ogni sorta di persone. In evidenza in questo brano è l'aggettivo “tutti”. Paolo, infatti, qui controbatte l'esclusivismo giudaico che non solo limitava l'interessamento e l'azione di Dio a Israele, ma che, “privatizzando” la fede, spingeva molti a dire: “Il mondo non mi interessa... gli altri non mi interessano né mi riguardano... e tanto meno mi interessa la politica”. A Paolo sta a cuore che i cristiani comprendano come “ogni centimetro quadrato della realtà” appartenga a Dio e come Egli lo voglia raggiungere e ritornare a farlo Suo.

Una preghiera “ad ampio raggio”

Per un cristiano la preghiera è molto importante. Essa non solo è buona e gradita a Dio ma è pure comandata perché Dio ha scelto di fare del bene alle creature umane avvalendosi anche della strumentalità della preghiera. Difatti, “ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi” (Giacomo 1:17).

Notiamo in questo testo la varietà di termini che l’Apostolo qui usa. La preghiera prende l'aspetto di suppliche, cioè di richieste accorate che sorgono dal senso di un forte e urgente bisogno. Essa prende pure la forma d'intercessioni: quelle preghiere spontanee e familiari di chi esprime richieste in favore di altre persone. Essa è pure fatta di ringraziamento perché la richiesta di benedizioni deve sempre essere fatta esprimendo altresì riconoscenza per ciò che Dio compie costantemente e ha fatto nel passato.

La preghiera, però, è anche lotta. Paolo qui continua l'esortazione che già aveva fatto in precedenza a Timoteo di “combattere la buona battaglia” (1:18). Come cristiani, infatti, siamo ingaggiati in una guerra spirituale contro le forze spirituali della malvagità. Una delle armi principali di questa guerra è, infatti, la preghiera. Di un cristiano di nome Epafra, Paolo afferma: “Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi, come uomini fatti, completamente disposti a far la volontà di Dio” (Colossesi 4:12).

La preghiera però, come uno sgabello a tre gambe “non può stare in piedi” se non ha pure un terzo punto di appoggio: gli altri, qui indicato con “tutti gli uomini”. Per chi dobbiamo pregare? Per i familiari? Certamente. Per i fratelli e sorelle nella fede? Certamente. Devo, però, pregare anche per i miei vicini di casa, per la gente del mio quartiere, per la mia città, per la mia nazione, per il mondo? Devo pregare per gli increduli, per chi mi è ostile, e anche per chi mi è antipatico? Per i criminali e i terroristi? Si, il testo dice: “Per tutti gli uomini”. Qualcuno, però, direbbe, “Perché devo pregare per il mondo degli increduli? ...ma che vada in malora, anzi, ci andrà comunque!”. No, non posso dire così.

Perché Dio ha dimostrato e dimostra come sorprendentemente persino le persone “più inverosimili” siano venute e vengano a Lui con fede trovandovi perdono e salvezza. Allo stesso modo in cui l'Evangelo di Cristo accorda la grazia di Dio non secondo i meriti e la dignità di chi lo riceve, ma sulla base soltanto del Suo amore sovrano e della Sua insondabile misericordia, cosi le nostre preghiere non devono conoscere discriminazioni. Potremmo dire: “Che ne sai tu se Dio voglia usare la tua preghiera per convertire proprio quella persona che tu ora disdegni? Non credi o non vorresti che fosse salvata?”. 

Notate pure che io non potrò pregare per gli altri se quegli altri non li conosco ...e anche bene! È un'aberrazione del cristianesimo dire: “Io mi chiuderò per tutta la vita in un eremo e mi dedicherò alla preghiera per la salvezza del mondo!”. Come posso pregare per il mondo, se non lo conosco o solo “per sentito dire”? Ci sono anche cristiani che pregano “per gli altri” senza neanche conoscerli, senza essersi accuratamente interessati e informati della loro situazione e dei loro bisogni, senza aver offerto il loro aiuto e detto loro che pure per loro pregheranno. Questo testo estende la nostra preghiera e ci apre al mondo, ed è ben lungi dal farci chiudere in noi stessi! “Per tutti gli uomini” qui non significa “per ogni essere umano”, ma “per ogni sorta di persone”, chiunque siano, qualunque sia la loro condizione di vita. Il che presuppone il conoscerli!

Una preghiera che si estende anche alla politica!

Il versetto seguente ci esorta a estendere la nostra preghiera anche, in particolare, al mondo della politica! Paolo, infatti, specifica che le autorità che governano la nostra società debbano essere pure oggetto delle nostre preghiere, il che pure presuppone, da parte nostra il conoscere il mondo della politica. Il nostro testo dice: “[pregate] per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità” (2).

Qui non si intende che noi si debba pregare genericamente, come una fugace ed episodica citazione “per le autorità civili” ma presuppone che si sappia chi siano, di che discutono e che cosa decidono, che si conoscano i problemi che devono affrontare, che nelle nostre preghiere si menzionino specificatamente i temi all'ordine del giorno! Questo lo dobbiamo fare appoggiando in preghiera i politici onesti e le decisioni che rispecchiano la volontà di Dio, e si contrastino, anche in preghiera, i politici disonesti chiedendo a Dio di bloccare le decisioni ingiuste. Questa tipo di preghiera deve accompagnare la nostra azione diretta. 

L'Apostolo mette qui in evidenza le autorità, come oggetto del nostro interesse e preghiere per diversi motivi:

(1) Per contrastare la falsa opinione che l'ordinamento politico civile fosse profano e indegno del nostro interessamento e delle nostre preghiere. Come cristiani, pur senza farci illusioni sull’efficacia di una sana politica, abbiamo responsabilità civili. Anche nell'ambito politico dobbiamo testimoniare e promuovere ciò che è gradito a Dio.

(2) Per contrastare la falsa opinione che le autorità siano sempre ostili a Dio. Talvolta lo sono, ma le autorità non vanno disprezzate, anzi, sono necessarie e rispondono ai precisi piani di Dio per la società umana. Alcuni, infatti: “disprezzano l'autorità e parlano male delle dignità” (2 Pietro 2:10). Rammentate che dice Romani 13: “Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono, sono stabilite da Dio (...) infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l'autorità? Fa' il bene e avrai la sua approvazione” (Romani 13.1-4).

(3) Nei piani di Dio, anche ora le autorità servono a un proposito: devono essere lo strumento della provvidenza di Dio per tenere a freno la malvagità umana e permettere una vita ordinata e relativamente tranquilla, “...affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità”. Il testo citato prima da Romani, dice: “...perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza” (Romani 13:5). Quello è il loro dovere e preghiamo affinché lo siano.

Potremmo e dovremmo anche dire che la preghiera specifica d'intercessori fedeli per il pubblico bene sia anche una forza invisibile di contenimento sulle potenze delle tenebre e fornisca un sostegno alle autorità di governo oneste, “poiché al SIGNORE appartiene il regno, egli domina sulle nazioni” (Salmi 22:28). Si potrebbe persino aggiungere che la mancanza di preghiera sia una minaccia sia per il benessere nazionale che individuale! Ci abbiamo mai pensato al fatto che una società in cui sempre meno persone pregano per essa si riempie ineluttabilmente di demoni?

Le ampie prospettive di Dio 

Perché Dio amplia in questo modo le nostre prospettive? Perché anche la prospettiva di Dio sulla realtà è ampia e non ristretta, come qualcuno crede. Il nostro testo dice infatti: “[Dio]...il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (4).

I propositi di Dio si estendono a largo raggio. Questa espressione si riferisce alla benevolenza di Dio che non prende alcun piacere nella morte dell'empio, che non gode certo della sua perdizione, come pure che Dio desideri che ogni tipo di persona sia salvato. La perdizione, infatti, è un'inevitabile conseguenza del rifiuto di ravvedersi e di sottomettersi alla legittima autorità di Dio. La perdizione è conseguenza del nostro mal fare, dell’affidarsi non al Dio vero e vivente ma a ingannevoli idoli e diventare preda di malefici demoni.

Dio, però, ha fatto in modo che un grande numero di persone, di ogni tempo e paese, ricevesse la Sua grazia attraverso il ravvedimento e la fede nel Suo Figlio, Gesù Cristo. Egli aveva infatti comandato ai Suoi primi discepoli: “Andate ... e fate miei discepoli tutti i popoli” (Matteo 28:19). Questo Suo desiderio si realizza. Gente di ogni paese e condizione sociale ode l'Evangelo della salvezza in Gesù Cristo e a Lui è convertita accogliendolo con fede. Questo viene realizzato anche per la strumentalità della preghiera dei Suoi fedeli.

Certo, non tutti lo accolgono con fede. Molti lo ignorano, lo disprezzano, lo deridono, lo combattono... Non credono che senza Cristo i loro peccati meritino la condanna inappellabile della giustizia di Dio. Benché triste, per loro la giustizia avrà corso. La giustizia va rispettata e se Dio passasse semplicemente “un colpo di spugna” sui peccati di tutti, non sarebbe serio e, se facesse così, noi non prenderemmo la Sua legge abbastanza seriamente come dovremmo. Qualsiasi legge, se infranta, comporta giustamente una conseguenza penale. Questo è ineludibile. La grazia non minimizza la legge. Ecco così che, come dice la Scrittura “...tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero” (Atti 13:48). Essi sono coloro che, nella Sua misericordia, Iddio affida all'opera del Suo Figlio Gesù Cristo, affinché siano salvati. Essi non vengono scelti sulla base di eventuali loro meriti o dignità, ma per l'insondabile e indiscutibile decisione di Dio.

Come Dio è l'unico e vero Dio, Creatore e Signore dell'universo intero, così Egli ha provveduto a che l'opera di Cristo potesse abbracciare ogni creatura umana senza distinzione. Dice il testo: “Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (5). Il Signore e il Salvatore Gesù Cristo è un dono che Dio ha fatto all'intero genere umano e non solo a una razza o a certe nazioni. 

C'è “...un solo mediatore fra Dio e gli uomini”, perché ce n'è solo Uno che possa arbitrare fra Dio e l'umanità e riconciliarla a Lui. Solo quell'unico Mediatore poteva colmare il baratro che esiste fra l'Iddio santo e l'uomo peccatore. “Gesù disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14:6). Questa funzione unica appartiene a Cristo in virtù del fatto che Egli solo è sia Dio che uomo. Il testo presuppone la Sua divinità, ma la Sua umanità è mostra come Egli appartenga a tutti senza distinzione.

Che cosa ha compiuto quest'unico Mediatore? Lo ribadisce il testo. Tramite la Sua morte sulla croce, Cristo ha pagato il prezzo necessario per liberare dal peccato e dalle sue conseguenze gente di ogni tempo, paese e condizione, coloro che si sarebbero affidati a Lui ...e la cosa era stata annunciata dai profeti da tempi immemorabili! “Per tutti“ vuol dire per gente di ogni tipo, anche quelli che il mondo considerano i peggiori, solo se, ravvedendosi, si fossero affidati al Salvatore Gesù Cristo. Egli è l'efficace “medicina” per salvarci dal peccato, Egli è “l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29). L'estensione alla quale una medicina è offerta non è limitata. L'essere adatta alla malattia è l'unica considerazione che si ha nel farne uso e, di conseguenza, essa è offerta a tutti.

Conclusione

Come si vede chiaramente da questo testo, dunque, la preghiera, essenziale “linea di comunicazione” fra la creatura umana e Dio, non riguarda solo l’anima del credente e Dio. Essa non ha prospettive ristrette; ci insegna ad abbracciare il tutto della vita e i propositi complessivi di Dio per questo mondo. La Scrittura dice: “...il mondo, la vita, la morte, le cose presenti, le cose future, tutto è vostro! E voi siete di Cristo; e Cristo è di Dio” (1 Corinzi 3:22,23): il cristiano ha il diritto e il dovere di occuparsi di ogni cosa, affinché la Signoria di Cristo e di Dio si estenda, com'è giusto, su ogni cosa - e la preghiera stessa è finalizzata a questo. La preghiera ci mette in sintonia con la volontà e i propositi di Dio e ci dispone all’azione come Suoi volenterosi strumenti. È scritto: “...tu hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi. Avendogli sottoposto tutte le cose, Dio non ha lasciato nulla che non gli sia soggetto. Al presente però non vediamo ancora che tutte le cose gli siano sottoposte” (Ebrei 2:8). Anche per questo preghiamo e operiamo affinché diventi realtà. Gesù ci insegna infatti a pregare: “Venga il tuo regno”. Noi preghiamo e operiamo in vista di quel giorno di compimento finale, “...fino all'apparizione del nostro Signore Gesù Cristo, la quale sarà a suo tempo manifestata dal beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen” (1 Timoteo 6:14-16).

Paolo Castellina, 10-9-2022, riduzione di una mia predicazione del 11-05-2004.