Predicazioni/Romani/Certezze di vittoria

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Ritorno


Certezze di vittoria (Romani 8:26-39)

La storia di questo mondo può essere vista come una successione di malvagi aspiranti dominatori che vorrebbero controllarlo in maniera egemonica e totalitaria. Vi è però una storia parallela: la lotta di liberazione da tali dominatori, quella che porta avanti Dio in Cristo. Il mondo, infatti, appartiene solo a Dio. Abbiamo così una certezza che ci sostiene in questa lotta alla quale siamo stati chiamati a partecipare, il fatto che: “I dominatori di questo mondo ... stanno per essere annientati”. Questa certezza si accompagna ad altre, quelle che ci indica il testo biblico di Romani 8:26-39 che oggi esamineremo e che pure ci possono sostenere nelle nostre battaglie quotidiane contro il male.

Sfida ai dominatori di questo mondo

Questo mondo sempre, e a tutt’oggi, ha avuto potenti dominatori di vario tipo con l’ambizione di volerlo controllare in maniera egemonica e totalitaria.

La fede cristiana sfida questa pretesa ed ha una solida certezza: quella espressa dalla Parola di Dio quando dice: “I dominatori di questo mondo ... stanno per essere annientati” (1 Corinzi 2:6 NR). Perché? Perché “Il regno del mondo è passato al nostro Signore e al suo Cristo ed egli regnerà nei secoli dei secoli” (Apocalisse 11:15). Proclamando, così, che “Cristo è il Signore”, il movimento cristiano autentico non fa concordati e compromessi con i potentati di questo mondo, ma li sfida e li combatte, svuotandoli delle loro pretese.

Gli aspiranti dominatori di questo mondo avevano ed hanno ben presente la pericolosità (per loro) del movimento cristiano e si sono sempre studiati come reprimerlo e sopprimerlo. Installandosi poi, già anticamente, a Roma, il movimento cristiano aveva, per così dire, sferrato un attacco al cuore stesso dell’impero del male, il che aveva causato violente reazioni contro i cristiani. Essi, ciononostante, non si erano lasciati intimidire, forti di incrollabili certezze.

Queste incrollabili certezze sono espresse dalla lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma. Vorrei oggi proporvene un significativo estratto:

"Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proposito. Perché quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli, e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. Che diremo dunque a queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà egli anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come è scritto: “Per amor di te noi siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati considerati come pecore da macello”. Anzi in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Poiché io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:26-39).

Roma, caput mundi 

Quando l’apostolo Paolo scrive la lettera ai cristiani di Roma, egli si rendeva ben conto di rivolgersi a persone che abitavano nel cuore pulsante di un impero  che ambiva al controllo totalizzante dell’intero mondo allora conosciuto. Egli stesso era cittadino romano, il che gli dava molti privilegi. Roma si considerava “capitale del mondo” e la cosa era espressa dall’espressione latina "Roma caput mundi". L'Impero romano era uno dei più vasti e potenti della storia, estendendosi su gran parte dell'Europa, dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente. Roma è stata indubbiamente fondamentale per l'evoluzione della civiltà occidentale e ha avuto un ruolo cruciale nella diffusione di cultura,  diritto, infrastrutture e tecnologia avanzata. La sua ambizione di controllare il mondo era sottolineata dalla vastità delle sue conquiste e dalla visione dei romani stessi come civilizzazione superiore. L'uso dell'espressione "Roma caput mundi" enfatizzava, infatti, il concetto di supremazia e dominio su ogni altra cultura. Non era però solo limitato all'aspetto politico e militare. Roma svolgeva anche un ruolo importante nella religione romana e nel sistema di credenze. Per molti romani, la città era vista come un centro sacro e simbolico del loro mondo con una connessione profonda con gli dei e gli antenati.

Nel primo secolo d.C., il ruolo del suo imperatore, “il signore”, era pure di estrema importanza nell'amministrazione e nella governance dell'Impero. Egli deteneva un potere praticamente assoluto, anche se spesso il suo potere era bilanciato da strutture politiche e istituzionali come il Senato e altri funzionari governativi. L'imperatore era il capo assoluto dello Stato romano e il comandante supremo dell'esercito. L'imperatore regnante era considerato una figura di autorità suprema, poiché la sua posizione era giustificata attraverso diverse fonti di legittimità tra cui l'approvazione del Senato e la volontà degli dei. Egli aveva il ruolo di Sommo Pontefice, cioè sommo sacerdote del culto religioso. Questo gli conferiva un ruolo importante nella religione ufficiale dell'Impero e il controllo sulle pratiche religiose. Nell'Impero romano, l'imperatore riceveva il culto come figura divina o semi-divina, e in molte parti dell'Impero il suo culto era obbligatorio e considerato una manifestazione di lealtà e fedeltà verso lo Stato.

Un’inevitabile opposizione 

A disturbare e a mettere in questione tutto questo, però, era la diffusione dell’Evangelo di Gesù Cristo.  Essere cristiani militanti ha sempre comportato opposizione spesso violenta da parte del mondo incredulo. Succede ancora oggi in molti parti del mondo, e sempre di più in Occidente, dove la sia pur vantata libertà viene erosa e pregiudicata giorno per giorno, e chi non ubbidisce a chi sta al potere e non si conforma all’ideologia dominante viene represso in vario modo.

L’accento che pone l’apostolo Paolo in questo testo dell’epistola ai Romani mette in evidenza proprio questo fatto. Parla di chi è “contro di noi” (31): c’era, infatti opposizione al movimento cristiano. C’era chi rivolgeva loro “accuse” (33) infamanti. C’era chi li “condannava” (34) - autorità politiche e magistrati. L’apostolo, poi, si riferisce a “tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada” (35), come pure di cristiani “messi a morte” (36), come “pecore da macello” (36). Quello era stato il destino di molti cristiani che rifiutavano di piegarsi di fronte ad arroganti e crudeli imperatori, e che non avrebbero mai rinnegato la signoria suprema di Cristo nemmeno sotto le minacce, la tortura e la morte.

Le schiere di martiri cristiani lungo la storia sono innumerevoli. Il libro dell’Apocalisse le menziona quando scrive: “Quando aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che avevano resa; essi gridarono con gran voce, dicendo: “Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non giudicherai e non vendicherai il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?”. E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu detto loro che si riposassero ancora un po' di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro” (Apocalisse 6:9-11).

Coloro, però, che amano Dio (28) non sono destinati ad essere perdenti e sconfitti, ma, afferma sorprendentemente l’Apostolo, sono “più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (37) e  trionferanno nel tempo e nell’eternità su Satana e sui suoi empi servitori. Nemmeno il loro martirio avrebbe detto l’ultima parola.

Le nostre certezze 

L’apostolo, in questo testo, elenca così le certezze del cristiano. In primo luogo dice: Noi “sappiamo che tutte le cose cooperano al bene”, al bene ultimo del mondo e di loro stessi, nonostante le cose terribili che avrebbero colpito molti cristiani (28). Famosa e vera è la frase attribuita a Tertulliano (teologo ed apologeta del secondo secolo): "Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani". Essa riflette l'idea che il sacrificio e il martirio di coloro che hanno sofferto e dato la propria vita per la fede in Cristo sono in realtà un potente motore per la crescita e l'espansione della Chiesa. In altre parole, il sangue versato dai martiri non è visto come una perdita o una sconfitta, ma come un nutrimento che contribuisce a far fiorire e moltiplicare la comunità cristiana. Questo concetto è stato particolarmente rilevante nei primi secoli del cristianesimo, quando i cristiani affrontavano spesso persecuzioni e violenze a causa della loro fede. I martiri erano visti come esempi di dedizione e sacrificio, e la loro testimonianza di fede attraeva nuovi credenti e rafforzava la comunità cristiana nel suo insieme. Il movimento cristiano non potrà mai essere soppresso dai suoi avversari! 

In secondo luogo, Paolo mette in rilievo come ogni singolo discepolo di Cristo sia prezioso agli occhi di Dio. Non è solo “uno fra tanti”, “un vuoto a perdere”, uno strumento da sfruttare e poi abbandonare quando non serve più, come fa Satana con chi lo serve. Per i dominatori di questo mondo sono i loro soggetti a “dover morire” per loro e per le loro cause. Essi di fatto non amano la loro gente - anche se talvolta dicono di farlo. Per loro la gente è che un mezzo per giungere ai loro fini. La gente è “sacrificabile”, è “carne da cannone”. Per il regno di Dio è Dio stesso che, in Cristo, muore per i Suoi, per salvarli. L’apostolo Giovanni dice: “Noi abbiamo conosciuto l'amore da questo: egli ha dato la sua vita per noi” (1 Giovanni 3:16). Rispetto ai Suoi discepoli Gesù dice: “Io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giovanni 10:28). È Lui che ha sacrificato la Sua vita per noi.

Oggetto dell’opera salvifica di Dio 

L’Apostolo così qui è come se dicesse: “cristiani: prendete coscienza di chi siete agli occhi di Dio”. Voi siete stati singolarmente:

1) Preconosciuti e predestinati. “Perché quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli” (29). Ciascuno di voi singolarmente è stato prescelto da Dio dall’eternità affinché ricevesse la grazia della salvezza in Cristo. Ciascuno di voi è stato predestinato alla conformità morale e spirituale di Cristo e a ricevere la Sua eredità. La missione dell’apostolo Paolo, come di ogni evangelista, è quella di raccogliere gli eletti di Dio: “... per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità fra i santificati” (Atti 26:18).

2) Efficacemente chiamati. Difatti: “... e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati” (30a). Voi avete udito e ricevuto l’appello dell’Evangelo, vi è stato concesso il ravvedimento e vi è stato dato il dono della fede salvifica in Cristo, com’è scritto: “Dio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita” (Atti 11:18). “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio” (Efesini 2:8).

3) Giustificati: “... e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati” (30b). Ingiusti e peccatori com’eravate, di per sé non meritavate la grazia della salvezza, ma siete stati rivestiti della giustizia di Cristo per poter essere riconciliati e posti per sempre in comunione con Dio. Com’è scritto: “... poiché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, egli giusto per gl'ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18).

4) Glorificati “... e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” (30c). La glorificazione è il compimento finale dell’opera di salvezza che Dio sta operando in voi. Paolo dirà in un’altra lettera: “... avendo fiducia in questo: che colui che ha cominciato un'opera buona in voi, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Filippesi 1:6).

Il sicuro trionfo finale di Cristo e dei Suoi

C’è un combattimento in corso, dunque, contro tutti gli aspiranti dominatori di questo mondo - sempre nuove versioni delle ambizioni della malvagia volontà di dominio di Satana. Questo mondo, però, appartiene a Dio e il Suo regno si fa strada in Cristo con il movimento cristiano nella storia - e trionferà. Dobbiamo e possiamo avere la certezza che: “I dominatori di questo mondo ... stanno per essere annientati” (1 Corinzi 2:6 NR) e che “in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Romani 8:37). Se siamo fedeli al nostro mandato, ci impegnano piccole e grandi battaglie quotidiane contro il male. Potremmo scoraggiarci, ma dobbiamo fortificarci con le certezze che ci dà la Parola di Dio, sia a livello personale che prer quanto riguarda l’esito finale di questa guerra.

“Che diremo dunque a queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà egli anche tutte le cose con lui?” (Romani 8:31-32).

Paolo Castellina, 22 luglio 2023.