Storia/Saluzzo e la Riforma protestante/Introduzione

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Arturo Pascal, “Il Marchesato di Saluzzo e la Riforma protestante durante il periodo della dominazione francese (1548-1588)”. Firenze: Sansoni Editore, 1960.

Introduzione

Gli ultimi marchesi di Saluzzo. - Il Marchesato passa alla Francia.

Il periodo, che segna il dominio francese sul Marchesato di Saluzzo, inizia effettivamente con l'anno 1548.

Ma già da più di un decennio innanzi la Francia, profittando della debolezza degli ultimi marchesi e delle loro lotte intestine, aveva esercitato sul Marchesato un indiretto e larvato dominio, sia legando i marchesi alla sua politica di usurpazioni e di conquiste a danno del ducato sabaudo, sia presidiando varie città del Saluzzese o tenendo sotto il suo controllo i marchesi e il popolo del Marchesato [1]. Nel 1536 era marchese di Saluzzo Francesco, terzogenito di Ludovico II e di Margherita di Foix. In quell'anno il re di Francia, Francesco I, invase il Piemonte con un poderoso esercito, al comando dell'ammiraglio Filippo Chabot, sig.r di Brion, sotto pretesto di vendicare l'affronto ricevuto dal duca Carlo III, che aveva osato opporsi al transito delle sue truppe dirette alla conquista del Milanese.

Il marchese di Saluzzo fu pronto ad accorrere con le sue milizie ed a prestare man forte alle truppe francesi, come già aveva fatto negli anni precedenti. Dopo la presa di Torino ed il richiamo in patria del Chabot, il marchese Francesco, appena trentenne, ebbe il comando generale delle truppe regie in Piemonte e continuò la guerra, volgendola a suo profitto e togliendo allo Stato sabaudo varie altre terre, che un tempo avevano appartenuto ai marchesi di Saluzzo. Ma quando ne chiese al re di Francia la regolare investitura e l'effettivo possesso, trovò a Parigi fredda accoglienza alle sue ambiziose pretese. Deluso, finì col prestare ascolto alle astute sobillazioni dei comandanti imperiali, i quali gli fecero balenare, come probabile, il favore imperiale nell'aspra lotta dei pretendenti alla successione del ramo estinto dei marchesi di Monferrato [2].

Francesco cedette alle lusinghe ed abbracciò apertamente il partito imperiale, ricevendo, come ricompensa, la carica di luogotenente generale dell'Imperatore in Italia e l'investitura del Marchesato di Saluzzo (21 giugno 1536), contro ogni diritto, che potesse vantare il fratello Giovanni-Ludovico, secondogenito di Ludovico II, ingiustamente escluso dal governo alla morte del fratello primogenito Michel-Antonio (1528) [3].

Al tradimento il re di Francia rispose liberando Giov. Ludovico [4], ch'egli teneva prigioniero alla Bastiglia per gli intrighi della madre e del fratello, e gli conferì l'investitura di tutte le terre del Saluzzese (21 luglio 1536), nella speranza che le lotte fraterne, logorando la famiglia marchionale, renderebbero più facile l'effettivo trapasso del Marchesato alla Corona di Francia.

Francesco riuscì con un inganno a far prigioniero il fratello ed a rinchiuderlo nel castello di Valfenera; ma godette per breve tempo della sua perfidia, perché il 28 marzo 1537 egli cadeva mortalmente ferito da un colpo di archibugio, sotto le mura di Carmagnola.

Gli imperiali allora, per avere anch'essi un pretesto, col quale mascherare le loro mire di conquista sul Marchesato, trassero Giov. Ludovico dalla prigione, in cui era rinchiuso, e lo dichiararono unico erede del possesso paterno, aiutandolo a rendersi padrone delle principali fortezze. Nello stesso tempo il re di Francia parava la mossa, obbligando Gabriele, quartogenito di Ludovico II, che seguiva la carriera ecclesiastica, a rinunciare al Vescovato di Ayres, in Guascogna, e ad assumere nominalmente il governo del Marchesato [5]. I due fratelli si trovarono pertanto di fronte, spalleggiati l'uno, Gabriele, dalle armi del re di Francia, l'altro, Giov. Ludovico, dalle truppe imperiali. Questi, con l'aiuto degli alleati, riuscì ad impadronirsi del fratello, chiusosi nel castello di Busca, ed a trasferirlo prigioniero in quello di Fossano, donde non poté uscire, se non sborsando 3.000 scudi d'oro al marchese del Vasto, comandante delle truppe imperiali. Reso pavido dal pericolo corso, Gabriele si ritirò nel turrito castello di Revello, lasciando il governo effettivo del Marchesato agli inviati del re di Francia. La rotta degli imperiali a Ceresole (14 apr. 1544), la pace di Crépy (18 sett. 1544) ed il matrimonio [6] con la figlia del maresciallo francese D'Annebaut (10 dic. 1544), sembravano dover dare ormai incontrastato prestigio al governo di Gabriele, quando, proprio dai francesi, suoi protettori, gli venne l'irreparabile rovina. Avendo i generali Caracciolo e Strozzi, che comandavano le truppe regie in Piemonte, preteso che anche il Marchesato di Saluzzo concorresse nelle forti spese, che causava la guerra, Gabriele oppose un reciso rifiuto, al- legando l'indipendenza del suo Stato ed ottenendo dal re l'esenzione del Marchesato da ogni contribuzione di guerra. Umiliati per lo smacco subito, i due generali accusarono il marchese di segreti accordi con gli spagnoli a danno del re di Francia [7], e, o di propria iniziativa o per ordine del re, assalirono di sorpresa (23 febbr. 1548) il castello di Revello [8], nel quale Gabriele si teneva sicuro, e trassero prigione a Pinerolo l'infelice marchese. Qui fu tenuto più mesi in carcere od in semilibertà, nonostante ch'egli protestasse la sua innocenza ed invocasse l'aiuto del Connestabile di Montmorency [9], offrendo a lui, in cambio della libertà, ogni diritto alla successione nel governo del Marchesato, se fosse senza figli legittimi. (18 marzo 1548). Ma i suoi accusatori rimasero implacabili a tal punto, che, temendo che il marchese riuscisse finalmente a provare la sua innocenza alla Corte di Francia ed a smascherare le loro mire segrete sul Marchesato, ritennero opportuno toglierlo di mezzo, propinandogli, a quanto si narra, il veleno in un melone, di cui il marchese era particolarmente ghiotto (29 luglio 1548) [10].

Con la scomparsa di Gabriele, rimaneva unico superstite dei figli di Ludovico II, il secondogenito Giov. Ludovico, passato come vedemmo dalla parte degli imperiali. Ma Giov. Ludovico non poté raccogliere l'eredità lasciatagli dal fratello, perché tenuto quasi prigioniero ed ostaggio al campo degli imperiali, i quali sostenevano i suoi diritti più per nascondere e legittimare le loro mire ambiziose sul Marchesato, che per interesse diretto del Marchese. Così il feudo, alla morte di Gabriele, rimase virtualmente senza erede e senza signore legittimo.

Di questo fatto approfittò il re di Francia per volgere a suo vantaggio il destino del Marchesato. Non sfuggiva, infatti, ad Enrico II quanta importanza rivestisse il sicuro possesso del Marchesato per la lotta di predominio, che combatteva in Italia contro Spagna ed Impero o per la conservazione stessa delle terre usurpate nel 1536 al duca di Savoia. Infatti, il Marchesato aveva salde fortezze e muniti castelli in Revello, Saluzzo, Carmagnola, Verzuolo, Dronero, Acceglio e Casteldelfino si insinuava profondamente nelle terre già soggette ai duchi di Savoia, frazionandole ed intercettandone le comunicazioni dirette, ed offriva comodo valico montano agli eserciti francesi per scendere in Piemonte dal Delfinato e dalla Provenza.

Per gli abili intrighi del Riez e degli altri ufficiali francesi, messi a sorvegliare il Marchesato, incontrò favore, in un momento di generale anarchia e di universale smarrimento, la proposta del podestà di Saluzzo, Agostino Della Chiesa, di fare «spontanea offerta » della città e del Marchesato di Saluzzo al re di Francia", come legittimo discendente dei Delfini di Francia, ai quali i marchesi di Saluzzo, a più riprese, avevano prestato atto di vassallaggio. Il Consiglio Generale del Marchesato, adunatosi in Saluzzo il 1º agosto (1548) ratificò la proposta di Agostino della Chiesa e nominò quattro deputati, i quali si recarono incontro al re in Aiguebelle, in Savoia [12], lo assicurarono della fedele devozione del popolo saluzzese alla Corona di Francia e gli fecero « offerta spontanea del Marchesato”, pregandolo di ricevere gli abitanti “sotto la sua paterna e regale protezione ». Il re accolse benevolmente i deputati e, a voce e per iscritto, promise di trattare i nuovi sudditi alla stessa stregua degli altri regnicoli di Francia [13].

Lo stesso mese Enrico II scese in Piemonte 14 e il 16 agosto, in Torino, ricevette personalmente il giuramento di fedeltà prestatogli dai deputati delle Comunità saluzzesi. Ai primi di settembre il re si portò a Revello, principale fortezza del Marchesato, e di là a Saluzzo, dove fu ricevuto festosamente dal popolo ed ebbe dai sindaci, come atto simbolico di vassallaggio, le chiavi della città.

Prima di partire, Enrico II conferì al Principe di Melfi, luogotenente generale del re al di qua delle Alpi, i pieni poteri per nominare un governatore regio nel Marchesato. Primo governatore, secondo alcuni, sarebbe stato il Caracciolo stesso; secondo altri, Lodovico Bolleri dei signori di Centallo e Demonte, conosciuto comunemente sotto il nome di Vescovo di Riez; secondo altri ancora, il nob. Grognetto di Vassé, barone di Roccamabiglia. Sta il fatto che davanti a quest'ultimo, in qualità di governatore, tutte le Comunità vennero successiva- mente a prestare il giuramento di fedeltà al re di Francia [15].

Il Marchesato, come feudo dei Delfini, fu incorporato nella provincia francese del Delfinato. Con le Patenti poi del settembre, datate da Pinerolo, e con quelle successive del 7 ot- tobre, datate da Saint-André [16], il re Enrico II, mentre con- fermava ai nuovi sudditi le franchigie ed i privilegi goduti sotto il governo dei marchesi, estendeva in pari tempo ad essi tutte le leggi, le franchigie e le libertà, delle quali godevano gli abitanti della provincia del Delfinato « comme à icelluy ioinct, unis et incorporé », sottoponendo per conseguenza i marchesani alla Corte del Parlamento ed alla Camera dei Conti del Delfinato, con sede a Grenoble, per quanto concerneva l'amministrazione delle finanze e della giustizia.

La stessa dipendenza veniva riconfermata con le Patenti del luglio 1549, le quali regolavano l'ordinamento superiore della giustizia 17, ed in tale stato il Marchesato rimase per tutto il tempo della dominazione francese, nonostante i tentativi fatti a più riprese per istituire a Saluzzo una Corte Presidiale, che risparmiasse i lunghi e dispendiosi viaggi al di là delle Alpi [18].

Più oscillante, e talora confusa, fu la dipendenza militare e politica del Marchesato. Dopo essere stato momentaneamente sottoposto all'ubbidienza dei luogotenenti generali del re al di qua delle Alpi: Giovanni Caracciolo, principe di Melfi (1548) e Carlo di Cossé, signore e maresciallo di Brissac (1550), esso fu successivamente messo alle dipendenze del governatore del Delfinato, Francesco di Lorena, duca di Guisa, e dei luogo- tenenti da lui deputati al governo del Marchesato, sebbene nello stesso periodo si notino inframmettenze nelle cose interne del Marchesato anche da parte dei Luogotenenti Generali del re al di qua dei monti o dei loro sostituti. Ma dopo la morte del duca di Guisa, il Marchesato, pur rimanendo incorporato alle Corti del Parlamento di Grenoble per l'amministrazione finanziaria e giudiziaria, passò definitivamente alle dipendenze politiche e militari dei Luogotenenti Generali del re in Piemonte. Da allora esso fu retto regolarmente da un governatore regio, alle dipendenze del Luogotenente Generale del re al di qua delle Alpi, con facoltà di sostituire il Luogotenente Generale durante la sua assenza.

Con la definitiva annessione del Saluzzese ai dominî francesi, tramontava per sempre l'indipendenza del Marchesato e si spegneva effettivamente la signoria marchionale, che per circa quattro secoli aveva governato le terre saluzzesi con alternative di gloria e di sfortuna, ma sempre sorretta dalla ferma devozione dei suoi sudditi.

Da allora il dominio della Francia durò incontrastato fino all'anno 1588, sebbene nel decennio 1550-1560, perdurando la guerra tra Francia e Impero [19], Ferrante Gonzaga, comandante delle truppe imperiali, tentasse di riporre sul trono marchionale il superstite Giov. Ludovico, lo proclamasse marchese ed a varie riprese invadesse e saccheggiasse quelle terre, non esclusa la stessa Saluzzo. Ma i successi furono effimeri e facilmente frustrati dal pronto accorrere del maresciallo di Brissac.

Il trattato di Castel-Cambresis (1559) lasciò immutate le condizioni del Marchesato, che il re Enrico II si arrogò come legittimo erede dei Delfini di Francia. Anzi, per meglio legittimare l'usurpazione, il re ricercò lo sventurato Giov. Ludovico, che viveva povero e sprezzato nell'esercito imperiale e con lui strinse segrete trattative per mezzo del maresciallo di Bourdillon, allo scopo d'indurlo a cedere a lui i suoi diritti sul Marchesato. Il marchese, che già nel novembre 1560, a Vignarello, aveva stipulato un analogo contratto con il duca E. Filiberto, non esitò, indotto dalla speranza di condizioni più vantaggiose, a cedere le sue ragioni, con un nuovo contratto, a Carlo IX, re di Francia, succeduto frattanto ad Enrico II. Ma le promesse non furono mantenute integralmente. Giov. Ludovico, passato in Francia, si spense in povertà nel 1563 a Benefort, nella Contea di Angiò, senza lasciare né figli né eredi legittimi [20]. Le guerre religiose e civili, scoppiate in tutta la Francia nel 1562 e durate, con brevi intervalli, sino all'avvento al trono di Enrico IV di Borbone (1594), trovarono fortunatamente una forte barriera nella catena delle Alpi e non ebbero pertanto troppo gravi conseguenze nelle terre del Marchesato, il quale, dal trattato di Castel-Cambresis all'ardita occupazione compiuta dal duca di Savoia Carlo Emanuele I, godette quasi un trentennio di pace e di benessere materiale e politico, tale da rendere inviso ai più, nei suoi primordi, il dominio sabaudo. Corse, è vero, il pericolo d'essere venduto o barattato per sopperire alle disastrose condizioni finanziarie del re di Francia [21] o per soddisfare le ambizioni di potenti, e fu talora agitato e diviso da lotte intestine, come al tempo della contesa Birago-Bellegarde (1579) o come quando, alla morte del maresciallo, rinate le rivalità fra giovane Cesare Bellegarde ed il D'Anselme, signore di Centallo, soffiarono nel fuoco, con i loro intrighi, il duca di Savoia, il Gonzaga di Mantova ed il marchese di Ayamonte, sperando ciascuno nel possesso integrale o parziale di quelle terre. Anzi poco mancò che fin d'allora il Marchesato non cadesse nelle mani del duca E. Filiberto (1580), intromessosi come abile paciere fra i contendenti. Ma la morte prematura del duca (30 agosto 1580) permise al Marchesato di conservare e di protrarre la sua autonomia sotto il debole dominio di Francia ancora per otto anni, fino al 1588, quando Carlo Emanuele I riuscì finalmente, con un ardito colpo di mano, a farsene padrone ed a conservarne il possesso, attraverso lunghe guerre e spinose controversie, fino al trattato di Lione (1601), che legittimò l'usurpazione ed incorporò definitivamente il Marchesato nello Stato Sabaudo.

Note

[1] Per le vicende degli ultimi marchesi e per le guerre combattute in Piemonte tra Francia ed Impero nei primi decenni del sec. XVI, cfr. in modo speciale: G. A. SALUZZO-CASTELLAR, Memoriale dal 1482 al 1525, edito da V. Promis, in «Miscellanea Storia Italiana », I serie, vol. VIII (1869), pp. 411-625; G. CAMBIANO, Istorico discorso (sec. XVI), in «Monum. Histor. Patr., Scriptores », I (1840), pp. 932-1421; D. MULETTI, Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai Marchesi di Saluzzo, Saluzzo, 1831-33, voll. V e VI; E. RICOTTI, Storia della Monarchia Piemontese, Firenze, voll. I e II (1861); B. ADRIANI, Le guerre e la dominazione dei Francesi in Piemonte dall'anno 1536 al 1559, Memorie storiche, Torino, 1867; G. MANUEL DI SAN GIOVANNI, Memorie storiche di Dronero e della Val Macra, Torino, 1868, voll. I e II; A. TALLONE, Gli ultimi marchesi di Saluzzo dal 1504 al 1548, in « Studi Saluzzesi» (Bibliot. Stor. Subalp. vol. X), 1901, pp. 275-340; C. MANFRONI, Carlo Emanuele I e il Trattato di Lione, (1559-1601), con documenti inediti, Torino, 1891 (estr. dalla «Rivista Storica Italiana », VII, 2, a. 1890); A. SEGRE, Appunti di Storia Sabauda dal 1546 al 1553. in «Rendic, R. Accad. dei Lincei », XII, 5-6, serie V, 1903, pp. 200-227: IDEM, Appunti sul ducato di Carlo II di Savoia tra il 1546 e il 1550, in « Rendic. R. Accad. dei Lincei », serie V, vol. IX, 1-2, 1900, pp. 134-135: IDEM, Carlo di Savoia, le sue relazioni tra Francia e Spagna e le guerre piemontesi dal 1536 al 1545., in «Memor, Accad. delle Scienze di Torino », serie II, t. LII, 1902, pp. 135-222; IDEM, Il richiamo di Ferrante Gonzaga dal governo di Milano e sue conseguenze (1553-1555), in « Memor. Accad. delle Scienze di Torino», serie II, vol. LIV, 1904, pp. 185-260; F. SAVIO, Saluzzo e i suoi Vescovi (1475-1601), Saluzzo, 1911, vol. pass.; A. SEGRE e P. EGIDI, Emanuele Filiberto (Collana Sabauda), Torino, Paravia, 1928, vol.. I e II.

[2] Il 30 aprile 1533 era morto Giov. Giorgio, ultimo dei Paleologi. Accamparono diritti alla successione Federico Gonzaga, duca di Mantova; il duca di Savoia Carlo III ed il marchese di Saluzzo, Francesco. La causa fu rimessa all'imperatore, che nel 1536 pronunciò sentenza a favore del Gonzaga.

[3] Michel-Antonio (1495-1528) prese parte alla spedizione del Lautrec contro Napoli nel 1527, e, morto il Lautrec di peste, gli successe nel comando. Ferito mortalmente in una sortita durante l'assedio di Aversa e condotto prigioniero a Napoli, vi morì il 18 ottobre 1528, a trentatre anni. La sua salma fu trasportata con gran pompa in patria.

[4] Giovanni-Ludovico, secondogenito di Ludovico II, avrebbe dovuto succedere al fratello Michel-Antonio: ma la madre, volendo sostenere i diritti del terzogenito Francesco, accusò Giov. Ludovico presso la Corte di Francia come imbelle, inetto e ribelle al volere del re, Chiamato a scolparsi davanti al sovrano, fu proditoriamente arrestato e chiuso nella Bastiglia, mentre si iniziava un lungo processo contro di lui (13 ott. 1530-11 genn. 1532). La sentenza, inspirata dalle segrete mire del re di Francia, riconosceva Giov. Ludovico reo di disubbidienza e di fellonia, lo dichiarava decaduto da ogni diritto sul Marchesato di Saluzzo e devolveva questo al re di Francia come erede legittimo dei Delfini di Francia.

[5] Gabriele prestò omaggio al re di Francia il 21 luglio 1537. Cfr. MULETTI, op. cit., VI, 235; TALLONE, op. cit., p. 330. Una copia del- l'atto è in A. S. T., I, Archives Departementales de l'Isère, série B., n.º 3853. Il 3 nov. dello stesso anno Gabriele confermava le franchigie dei suoi sudditi.

[6] MULETTI, op. cit., VI, 259; TALLONE, loc. cit., pp. 334-35. Una copia del contratto di matrimonio, in data 17 marzo 1541, si trova in A. S. T., I, Arch. Departem. de l'Isère, loc. cit. Il matrimonio subi il rinvio di parecchi anni, dovendo avere l'approvazione del re.

[7] RICOTTI, op. cit., I, 282; TALLONE, op. cit., p. 338.

[8] Cfr. le lettere del re di Francia al Principe di Melfi, allo Strozzi (9 marzo 1548) ed al Marchese di Saluzzo (4 marzo 1548), in RIBIER, Lettres et Mémoires d'estat des Rois, Princes, Ambassadeurs et autres Ministres sous les règnes de François I, Henry II et François II. Paris, 1666, II, 121-23: MULETTI, op. cit., VI, 270-79; RICOTTI, op. cit., I, 281-82; MANUEL, op. cit., I, 283-84; L. ROMIER, Les origines politi- ques des guerres de religion, Paris, 1913, 1, 155 (lett. di Ludovico Birago al duca d'Aumale, 17 apr. 1548); TALLONE, op. cit., p. 338; SAVIO, op. cit., I, 228-29.

[9] Il Connestabile rifiutò garbatamente l'offerta (27 marzo 1548), esortando il marchese ad implorare il perdono del re. MULETTI, op. cit.,- VI, 276; DE CRUE, Anne de Montmorency, Paris, 1885, pp. 52-53: TALLONE, op. cit., p. 339.

[10] LUD. DELLA CHIESA, Dell' historia del Piemonte libri tre esatta- mente stampati secondo l'ultima edizione del 1608, Torino, 1608, pp. 149- 151; RIBIER, op. cit., II, 143 (lett. del Principe di Melfi al Connestabile Anna di Montmorency, 30 luglio 1548); MULETTI, op. cit., VI, 282-86; MANUEL, op. cit., I, 284; TALLONE, op. cit., pp. 338-339.

[11] LUD. DELLA CHIESA, op. cit., p. 208; MULETTI, op. cit., VI, 285-89; E. BOLLATI, Le Congregazioni dei Comuni del Marchesato di Saluzzo, in 3 voll., Torino, 1880, I, 10-25, 530-32; CHIATTONE, Della Podesteria in Saluzzo, in « Archivio dell'Antico Marchesato di Saluzzo », Saluzzo, 1901, I, 163-268, v. p. 185. [12] Le istruzioni ai deputati dicevano testualmente: «Ad significandum suae majestati mortem illustrissimi D. nostri Marchionis nu- perrime defuncti in loco Pinerolii, ac bonum animum et affectionem, quem et quam habent homines totius Marchionatus Salutiarum erga suam majestatem, et commendandum suae majestati, ut velit habere ipsos homines commendatos, et latius prout in instructione ad pre- sentem fienda ». MULETTI, op. cit., VI, 287-89; BOLLATI, op. cit., I, 10-12 530-32; R. MENOCCHIO, Memorie storiche della città di Carmagnola, Torino, 1879, pp. 122-23; TALLONE, op. cit., p. 340; SAVIO, op. cit., I, 229.

[13] La lettera del re porta la data del 6 agosto 1548. Cfr. MULETTI, op. cit., VI, 290; BOLLATI, op. cit., I, 532; CHIATTONE, Della Podesteria in Saluzzo, in loc. cit., p. 185.

[14] MULETTI, op. cit., VI, 291-92; ADRIANI, op. cit., p. 59; TALLONE, Viaggio di Enrico II in Piemonte nel 1548, in «B. S. B. S. », a. IV, 1-2, 1899, pp. 69-113; SAVIO, op. cit., I, 229.

[15] Così fecero le Comunità di Val Macra. Cfr. MANUEL DI SAN GIO- VANNI, op. cit., II, 6, e quella della Manta. Cfr. A. S. T., I. Arch. Departem. de l'Isère, série B, n.º 3854: «Omaggio prestato al re di Francia Enrico II in qualità di Marchese di Saluzzo rappresentato da Grognet de Vassé, governatore del Marchesato di Saluzzo e di Pinerolo, dagli abitanti de La Manta, ai quali sono confermati i loro privilegi».

[16] MANUEL, op. cit., II, 6; BOLLATI, op. cit., I, 10-12. Una copia del secondo documento è conservata nei «Capitula et Ordinamenta Vallis Meyranae », p. 94. Altra copia è in A. S. T., I, Archiv. Departem. de l'Isère, série B, n.º 3854, sotto il titolo seguente: «Lettres du Roy Henry II ratifiant toutes les réceptions d'hommages et confirmations de privilèges faictes à son nom dans le Marquisat de Saluces par Sire de Vassé et le Prince de Melphe ». Anche in questo doc. il Melfi è detto « gouverneur et notre lieutenent général en Piémont » ed il Vassé « gouverneur du Marquisat de Saluces».

[17] MANUEL, op. cit., II, 6; BOLLATI, op. cit., I, 37-40; CHIATTONE, Della Podesteria in Saluzzo, in loc. cit., pp. 186 e 245-47. Su questo punto ritorneremo più diffusamente nel cap. I.

[18] Carlo IX, in data 22 ott. 1563, rifiutò di staccare il Marchesato dal Parlamento di Grenoble. Per contro, Enrico III, nel 1578, con- cesse che in quel Parlamento sedesse un senatore a nomina dell'intera patria marchionale. Cfr. BOLLATI, op. cit., I, 595-96; CHIATTONE, op. cit. in loc. cit., pp. 203, 260-62.

[19] Per queste nuove campagne militari, oltre le opere citate in principio, cfr.: L. ROMIER, Les origines politiques des guerres de religion, già cit. e Les guerres d' Henry II et le traité de Câteau-Cambrésis (1554- 1559), in « Mélanges d'archéol. et d' hist. de l'École Française de Rome », 1910, XXX.

[20] MULETTI, op. cit., VI, 293-299; MENOCCHIO, op. cit., p. 123; SAVIO, op. cit., I, 263.

[21] Per questi fatti e per gli altri successivamente accennati, v. più oltre “ad annum”.