Teopedia/Canone della Bibbia

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Il canone della Bibbia

Testo tratto da: J. R. McRay, in Evangelical Dictionary of Theology, redatto da Walter A. Elwell. Grand Rapids, Michigan: Baker Book House, 1984, 1991, p. 140, 141.R. P. C. Hanson, in The Westminster Dictionary of Christian Theology, redatto da A. Richardson e J. Bowden. Philadelphia: Westminster Press, 1983, p. 82. Bruce M. Metzger, in Encyclopedia of the Reformed Faith, redatta da Donald K. McKim, Louisville, Kentucky: Westminster /John Knox Press, 1992, p. 56.

Nel cristianesimo il termine “canone” si riferisce ad un gruppo di libri riconosciuti dalla chiesa primitiva come regola di fede e di pratica. Il termine deriva dal greco, kanon, che originalmente stava a significare la canna che il falegname usava per misurare, termine forse preso a prestito dall’ebraico qaneh[i] (una canna per misurare lunga circa 6 cubiti). Questa parola è così giunta ad identificare quei libri considerati spiritualmente superlativi, mediante i quali tutti gli altri dovevano essere misurati e considerati di valore secondario nell’uso della chiesa. Sia gli israeliti che i cristiani contemplano un canone della Scrittura. Il canone israelita consiste di 39 libri, i cristiani di 66 per i protestanti e 80 per i cattolici romani (il cui canone include gli Apocrifi, considerati dai più di condizione deuterocanonica).
Libri sacri possono essere riscontrati in tutte le religioni letterarie. Il libro è generalmente secondario per la fede, essendo un deposito della fede. L’uso di un canone varia – liturgia, rinnovamento della fede, evangelizzazione o autorità di fede edi pra tica, ecc.

Il processo mediante il quale questi libri giunsero ad essere considerati esclusiv amente autorevoli non è conosciuto, né per gli israeliti, né per i cristiani. Generalmente fra i cristiani si accetta che questo sia giunto ad essere così sotto l’influsso dello Spirito di Dio. In ogni momento della storia la letteratura ispirata formava solo una parte del complesso della letteratura religiosa del popolo di Dio, e solo una porzione della letteratura ispirata emerge finalmente come canonica in ogni parte del mondo antico. Tutta la letteratura ispirata aveva il carattere di autorità, ma non era di uguale beneficio a tutti i gruppi locali, e quindi non raggiunse accettazione universale. Questo
vale a dire che liste locali di libri non erano necessariamente identiche con la lista generale, il canone, che consisteva dei libri riconosciuti comunemente da tutte le liste locali.

Il canone dell’Antico Testamento

Fra il tempo di Abraamo e quello di Mosè la fede di Israele perdurò per centinaia d’anni indipendentemente da un libro. Non risulta che al tempo d’alcuno dei Patriarchi vi fosse letteratura sacra scritta, sebbene al tempo di Abraamo l’arte della scrittura fosse bene sviluppata (come ha riconfermato la scoperta della biblioteca di Ebla risalente al tempo alla regione di Abraamo). I sumeri ed i babilonesi avevano codici di leggi altamente sviluppati, e nella loro letteratura appaiono resoconti del grande diluvio. Mosè, però, fu il primo israelita conosciuto ad affidare alla scrittura la storia sacra (Esodo 24:4-7). Dopo la composizione del Pentateuco, si rileva come fosse Giosuè a scrivere nel libro della Legge di Dio (Gs. 24:26). La Legge già era considerata provenire da Dio (De.31:24; Gs. 1:8). Le altre due divisioni del canone ebraico, i Profeti e gli altri Scritti, furono poi scelti da una letteratura più vasta, di cui l’Antico Testamento stesso fa parziale
menzione (ad es. “il libro delle guerre del SIGNORE” Nu. 21:14; “il libro del Giusto” Gs. 10:13; “il libro delle gesta di Salomone” 1 Re 11:41; “il libro di Samuele, il veggente, il libro di Natan, il profeta, e il libro di Gad, il veggente” 1 Cr. 29:29; quindici o più di tali libri vengono menzionati nell’A.T.).

La più antica lista a noi nota delle Scritture canoniche dell’A.T. risale al 170 d. C., il prodotto di uno studioso cristiano di nome Melito di Sardi, il quale aveva fatto unviaggio in Palestina per determinare sia l’ordine che il numero dei libri nella Bibbia ebraica. Né il suo ordine, né il suo contenuto concorda esattamente con quello in uso oggi. Non c’è concordanza per quanto riguarda l’ordine ed il contenuto dei manoscritti esistenti delle bibbie ebraica, greca e latina. La moderna Bibbia protestante italiana segue l’ordine della Vulgata latina ed il contenuto della Bibbia ebraica. E’ importante rammentarci come l’AT si trov asse in forma scritta da più di mille anni – essendo le
parti più antiche scritte da Mosè e le più recenti subito dopo l’esilio babilonese. Durante l’intero periodo della storia biblica, quindi, gli israeliti avevano vissuto la loro fede senza un canone chiuso delle Scritture: un tale canone, quindi, non era stato ritenuto
essenziale alla pratica della fede ebraica durante quel tempo.

La “Settanta” (traduzione greca delle Scritture ebraiche, redatta nei secoli precedenti l’era cristiana) include altri libri e parte di libri non presenti nella Bibbia ebraica. Essi sono Tobia, Giuditta, la Sapienza di Salomone, Ecclesiastico, Baruch (incluso il cap. 6 le lettere di Geremia), 1 e 2 Maccabei, come pure sei aggiunte ad Esther, e tre aggiunte a Daniele (Susanna, la preghiera di Azaria, e il Canto dei giovani; come pure Bel e il drago). Questi testi furono ampiamente usati nella chiesa primitiva e furono tradotti in latino, divenendo parte dell’A.T. accolto dal cattolicesimo romano. Nelle Bibbie protestanti questi libri,, insieme a 1 e 2 Esdra e la preghiera di Manasse, sono
stati posti fra l’Antico e il Nuovo Testamento come appendice detta “Apocrifi”, ma scompaiono del tutto nelle bibbie moderne.
Perché dunque i libri furono finalmente racchiusi in un canone? Evidentemente essi furono raccolti per la divina provvidenza per contrastare l’emergere di letteratura apocrifa e pseudoepigrafa durante il periodo fra i testamenti e il crescente bisogno di sapere quali fossero i limiti della rivelazione divina. Al tempo di Gesù, l’A.T. chiamato TANACH dal giudaismo moderno, consisteva della Legge, dei Profeti e degli altri scritti (il primo libro dei quali era quello dei Salmi, Luca 24:44). Un’opinione concorde sulla piena estensione del canone non sembra essere stata finalizzata che nel secondo secolo d. C.

La Riforma adottò il canone ebraico delle Scritture, piuttosto che il canone ampliato della Settanta greca e della Vulgata latina, perché: (1) né Gesù né gli altri scrittori del Nuovo Testamento citano direttamente da questi libri; (2) Alcuni fra gli Apocrifi contengono testi che (unici) appoggiano dottrine spurie come quella del Purgatorio (2 Ma. 12:43-45) e l’efficacia delle elemosine per fare ammenda per i propri peccati (To. 4:7-11; 121:8,9; 14:10,11; Si. 3:30; 35:2).

Il Canone del Nuovo Testamento

La più antica lista dei libri del Nuovo Testamento contenente solo i nostri 27, appare nell’anno 327 a. D. in una lettera di Atanasio, vescovo di Alessandria. L’ordine era: v angeli,. Atti, Epistole generali, Epistole paoline, ed Apocalisse. Nel primo secolo l’apostolo Pietro parla degli scritti di Paolo usando l’espressione “in tutte le sue lettere” (2 Pi. 3:16), e per la fine del secondo secolo si raccolgono le lettere di Ignazio. Evidenza della presenza di collezioni esclusive, appare nel secondo secolo negli scritti di Giustino Martire, il quale sostiene che debbano essere accettati solo quattro vangeli. Sempre nel secondo secolo, in diversi scrittori, appaiono discussioni su chi siano gli autori di varie lettere, ed una lista canonica, datata fra il secondo ed il quarto secolo, il Canone muratoriano, fa una differenza fra i libri adatti ad essere letti durante il culto, e quelli che dovrebbero essere letti solo nella devozione privata. Il fatto che altri libri formavano un vasto deposito, dal quale, a suo tempo, emergono i nostri 27, si nota in un riferimento ad una lettera precedente in 1 Corinzi 5:9,

una lettera ai Laodicesi in Colossesi 4:16, e l’inclusione di 1 e 2 Clemente nel manoscritto greco del Nuovo Testamento risalente al quinto secolo, come pure da Barnabaed Erma nel Codice sinaitico del quarto secolo. Eusebio cita una lettera del secondo
secolo del vescovo di Corinto Dionisio, la quale afferma che le lettere di Clemente erano lette in quella chiesa “di tempo in tempo per la nostra ammonizione” (Storia ecclesiastica, 4, 23, 11).

E’ probabile che un nucleo di quello che più tardi si definisce Nuovo Testamento fosse già ampiamente riconosciuto già fra il 120 ed il 130, consistendo forse dei vangeli sinottici, dieci lettere paoline, Ebrei e forse Atti. Il quarto vangelo cominciò ad essere ampiamente conosciuto fra il 140 e il 160, ma non fu riconosciuto come autorevole se non al tempo di Taziano (ca. nel 170), Teofilo di Antiochia ed il suo noto discepolo Ireneo (ca. 135-199). Il riconoscimento delle Lettere pastorali, di 1 Pietro e di Apocalisse fu raggiunto forse un poco prima del termine del secondo secolo. L’accettazione di altri libri (Giuda, 2 Pietro, e le lettere di Giovanni) avvenne solo lentamente
con un processo che si concluse solo nel quarto secolo. La Chiesa occidentale, durante il terzo secolo, aveva nutrito considerevoli dubbi su Ebrei, e la Chiesa orientale sull’Apocalisse fino alla fine del quarto secolo. La scoperta del Vangelo gnostico di Tommaso e de Il vangelo della verità (la cui forma originale risaliva a prima dell’attività di Marcione) ha messo in questione la teoria di A. Harnack (fino ad allora universalmente accettata) che il trattamento di Marcione dei Vangeli e delle epistole avesse costretto la chiesa a formare il canone della Scrittura. Fino al quarto secolo i limiti del canone vengono considerati fluidi. Il Codice alessandrino ed il Codice sinaitico
includono, nel loro Nuovo Testamento altre opere che noi non consideriamo canoniche, come Il pastore di Erma e l’Epistola di Barnaba. I primi padri della Chiesa, come Clemente di Alessandria, Tertulliano ed Origene, non considerano il canone del N.T. come qualcosa di fisso, ma citano liberamente anche da vangeli apocrifi e detti apocrifi attribuiti a Gesù. Durante la seconda metà del secondo secolo appaiono riferimenti alla natura ispirata dei libri nel Nuovo Testamento, e per il 250 la maggior parte di essi vengono considerati di ispirazione divina tanto quanto le Scritture dell’A.T.

La formazione del Canone del Nuovo Testamento non è stata una decisione conciliare. Il Concilio ecumenico più antico, Nicea, nel 325, non discute il canone. La prima decisione conciliare non disputata sul canone, sembra essere quella di Cartagine, nel 397, che decretava che nulla doveva essere letto nella chiesa sotto il nome di Sacre Scritture, se non gli scritti canonici; poi vengono elencati i 27 libri del Nuovo Testamento come canonici. Il concilio poteva solo elencare quei libri che erano generalmente considerati dal consenso generale come propriamente un canone. La formazione del canone del Nuovo Testamento, quindi, deve piuttosto essere considerata un processo più che un avvenimento, una questione storica, più che una questione biblica.

Come la Parola di Dio sia giunta ad essere stampata è passibile di spiegazione non molto di più di quella di come la Parola di Dio si sia incarnata. Non esiste,. Infatti, documentazione precisa al riguardo. La natura dei documenti stessi, come pure il modo in cui furono canonizzati, rende difficile, se non impossibile, descrivere ciascuno di questi documenti come possedenti qualità di ispirazione che mancano in altri. Non c’è, per esempio, ovvia qualità di ispirazione presente in 2 Pietro che manchi in 1 Clemente o nelle epistole di Ignazio, che risalgono esse stesse a prima de 2 Pietro. Se il Nuovo Testamento viene considerato come una collezione fatta per rendere testimonianza, questa difficoltà scompare. Come collezione essa è unica ed insostituibile, anche se alcune parti di questa collezione possono avere meno valore che altre. Per la stessa ragione non avrebbe senso tentare di aggiungere o sottrarre materiale dal canone
del N.T.

Il criterio di canonicità dei libri del Nuovo Testamento sembra essere stato quello dell’apostolicità dei suoi autori[ii], antichità, ortodossia, ed uso comune fra le chiese.Secondo le chiese non riformate, il canone è una collezione autorevole di libri, mentre per le chiese riformate è una collezione di libri autorevoli: questi libri avevano autorità prima ancora di essere raccolti. Nel senso più basilare, non furono né individui né concili a creare il canone; al contrario, si è giunti a percepire ed a riconoscere la qualità auto-autenticante di questi scritti, la quale si è imposta come canonica sulla Chiesa.

La Confessione di Fede di Westminster afferma: “Vi sono molti motivi per i quali possiamo essere mossi od indotti dalla testimonianza della Chiesa ad un’alta e riverente stima delle Sacre Scritture, per la sublimità della materia, l’efficacia della dottrina, la maestà dello stile, il consenso di tutte le sue parti, lo scopo dell’intera opera (quello cioè di dare gloria a Dio), la piena scoperta che esse fanno dell’unica via per la salvezza dell’uomo, le molte altre incomparabili eccellenze: questi sono argomenti che provano abbondantemente trattarsi della Parola di Dio. Ciononostante, la nostra piena persuasione e sicurezza dell’infallibile verità e della divina autorità della stessa, ci provengono dall’opera interiore dello Spirito Santo che ne rende testimonianza attraverso e con la Parola nei nostri cuori” (1:5).

Appendice

Come facciamo a sapere se ciò che ora abbiamo nella Bibbia è la collezione completa di ciò che abbiamo bisogno di sapere per avere un rapporto significativo con Dio? Potrebbero alcuni libri essere superflui? Potrebbe mancare qualche libro?
La lista dei libri ispirati, infallibili ed inerranti della Bibbia è chiamata “il canone della Scrittura”. Lo Spirito Santo non ha solo ispirato il canone della Scrittura e ha preservato i suoi autori da ogni errore, ma ha pure messo in grado le diverse generazioni del popolo di Dio a riconoscere i libri canonici quando essi apparivano. Quando questi libri furono riconosciuti come provenienti da Dio, essi furono aggiunti alla collezione (canone) che era già presente.

La Bibbia stessa ci dà vari esempi dell’accettazione delle sue parti da parte del popolo di Dio. A Mosè era stato detto di mettere per iscritto la rivelazione che Dio gli aveva data (Esodo 34:27; vedi Esodo 24:4). I libri della legge di Mosè (i cinque libri che ora vengono chiamati Pentateuco) furono affidati da Dio a Giosuè (Giosuè 1:7,8); Giosuè scrisse il resoconto delle sue conquiste nella terra di Canaan (Giosuè 24:26), e questa relazione venne aggiunta al canone crescente della Scrittura. Tutto attraverso l’Antico Testamento, mentre erano scritti libri sotto l’ispirazione dello Spirito Santo (vedi 2 Pietro 1:21), essi venivano aggiunti alla collezione dei libri ispirati, così che per il tempo di Gesù il canone era completo nei suoi 39 libri che oggi noi possediamo e che gli Ebrei hanno ora nella loro Bibbia. Nessuno mancava e nessuno era superfluo. Insieme tutti essi comprendono la rivelazione che Dio aveva data prima dell’avvento di Cristo.

Su che base è stato fatto questo riconoscimento? Il popolo di Dio durante 1.000 anni circa di storia ebraica accettò gli scritti di uomini chiamati profeti, od altri ispirati dallo Spirito Santo. Allo stesso modo, durante il periodo in cui fu scritto il Nuovo Testamento (circa 50 anni), Dio guidò il suo popolo a riconoscere ed accettare gli scritti di coloro che erano stati apostoli di Cristo (o i loro rappresentanti), cosicché per la fine del 1. secolo, si arrivò ai 27 libri inclusi nel Nuovo Testamento -nessuno in più e nessuno in meno. In questi 66 libri canonici non vi sono errori scientifici o storici, e tutto ciò che essi insegnano su Dio, Cristo, noi stessi e su come possiamo avere un rapporto significativo con Dio, insieme alla via della salvezza, è magnificamente coordinato. Nella sua totalità il canone ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere in merito a questo rapporto di salvezza, sia per il presente che per l’avvenire [Da: “Testimony” An introduction
to Christian Doctrine, di Morton H. Smith, Great Commission, 1986, cap. 1].

[i] Parola che, a sua volta deriva dall’Egiziano

[ii] Scritti o direttamente dagli apostoli di Cristo o da i loro immediati discepoli.