Teopedia/Espiazione: la sua necessità

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Espiazione: la sua necessità

Di A. W. PINK

Nell'impiegare questa formulazione, la necessità dell'Espiazione, stiamo facendo uso di un'espressione che richiede un'attenta definizione e spiegazione. Sfortunatamente, molti scrittori non hanno adempiuto come avrebbero dovuto a questo dovere, con la conseguenza che opinioni larghe e disoneste su Dio sono state intrattenute su questo aspetto della nostra materia. Dire che Dio debba o non debba fare certe cose è il linguaggio di spaventosa empietà, a meno che non sia espressamente autorizzato dalle stesse parole delle Sacre Scritture. Viviamo in giorni fortemente segnati dall'irriverenza e le visioni più degradanti dell'Onnipotente sono ora intrattenute da alcuni che immaginano che le loro opinioni sull'Onnipotente siano persino "ortodosse". Sarebbe semplice per noi fornire illustrazioni e prove di ciò, ma ci asteniamo dal contaminare con esse i nostri lettori (I Corinzi 15:33). Basti ora sottolineare, ancora una volta, quanto mai sia importante, ora più che mai, fare ciò a cui ci esorta la parola che dice: "Vagliate ogni cosa" (1 Tessalonicesi 5:21).

"Anche questo proviene dal Signore degli eserciti: egli si mostra mirabile nei suoi disegni, grande nella sua sapienza" (Isaia 28:29). La sapienza infinita non agisce mai senza avere un obiettivo preciso, una meta ben chiara. Dio, che è perfetto nella conoscenza, non fa nulla senza una buona ragione. Tutte le sue opere sono proporzionate ai suoi disegni infallibili. Questo è vero sia nei suoi atti di creazione che di provvidenza e di grazia. Alla fine dei sei giorni della Creazione leggiamo: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buono" (Genesi 1:31). Riguardo al suo governo su di noi "sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8:28). E per quanto riguarda l'operazione della sua grazia, la fede afferma senza esitazione "Ha fatto bene ogni cosa" (Marco 7:37).

Ora, la più meravigliosa di tutte le opere di Dio è quella che è stata eseguita da Suo Figlio qui sulla terra. Quando tentiamo di contemplare ciò che quell'opera abbia implicato, siamo colti dallo stupore. Soprattutto rimaniamo sbalorditi e sconcertati quando ci sforziamo seriamente di considerare le profondità di indicibile vergogna e umiliazione a cui si è sottoposto l'Amato dal Padre. Che l'eterno Figlio di Dio dovesse mettere da parte le vesti della sua ineffabile gloria e assumere su di lui la forma di un servo; che il Sovrano del cielo e della terra dovesse essere "nato sotto la legge" (Galati 4: 4); che il Il Creatore dell'universo dovesse "piantare la sua tenda" in questo mondo e "non avere dove posare il capo" (Matteo 8:20), è qualcosa che nessuna mente finita potrebbe appieno comprendere; ma dove la ragione carnale ci manca, una fede data da Dio crede e adora.

Mentre tracciamo il sentiero che è stato percorso da Colui che era ricco ma per il nostro bene è diventato povero, non possiamo non sentire che stiamo entrando nel regno del mistero; tanto più quando apprendiamo che ogni passo nel suo cammino era stato ordinato nei consigli eterni del Dio Trino. Eppure, quando troviamo quel sentiero che per Colui del quale il Padre aveva espresso il suo compiacimento aveva implicato dolore incommensurabile, angoscia indicibile, ignominia incessante, l'odio più aspro, una persecuzione incessante, sia da parte di uomini che di Satana, siamo portati alla meraviglia. E quando troviamo quel sentiero che conduce al Calvario, dove vediamo il Santo inchiodato sulla Croce, il nostro stupore aumenta. Quando, però, la stessa Scrittura dichiara che Dio non solo ha consegnato Cristo nelle mani delle persone più abiette della terra per essere insultato e bestemmiato, troviamo pure che Dio stesso non era semplicemente uno spettatore di quella scena terribile,

Che l'incarnazione, l'umiliazione e la crocifissione del Figlio di Dio fossero necessarie, nessuno che (per grazia) si inchini implicitamente davanti alla Parola di Verità può dubitarne per solo un momento. Il linguaggio di Cristo stesso su questo punto è troppo semplice per essere frainteso. A Nicodemo disse: "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Giovanni 3: 14,15). Ai suoi discepoli dichiarava: "...che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno" (Matteo 16:21). Così anche nel giorno della sua risurrezione chiese: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (Luca 24:26). Tuttavia, chiaro e positivo come è il linguaggio di questi versetti, dobbiamo stare molto in guardia per non trarre da essi una conclusione che si scontrerebbe con altre testi biblici e ci condurrebbe a una concezione disonorevole di Dio.

Dai passaggi appena citati, e altri di carattere simile non pochi uomini pur in buona fede ne hanno dedotto che queste cose erano di una necessità assoluta, che la natura stessa di Dio le rendeva così indispensabili che senza di esse la salvezza dei peccatori sarebbe stata impossibile; sì, che nessun'altra alternativa possibile si presentava all'onniscienza di Dio. A tali affermazioni non possiamo essere d'accordo, poiché vanno oltre il linguaggio espresso dalle Sacre Scritture. Per quanto plausibile possa essere il ragionamento, per quanto logica ne sia la deduzione, dobbiamo, laddove la Scrittura tace, resistere a una conclusione di così tale importanza. Dire che il Dio sapiente stesso non potesse trovare altro modo di salvare i peccatori, coerentemente con la sua santità e giustizia, se non quello, è altamente presuntuoso. Dichiarare che l'Onniscienza non potesse fare altro, che Dio fosse stato obbligato ad adottare i mezzi che aveva scelto, è pericolosamente vicino alla blasfemia.

Affermare che Dio abbia scelto il miglior modo possibile e per magnificare tutte le Sue perfezioni nella redenzione del Suo popolo, è certo affermare ciò che onora Dio, ma affermare che questo fosse stato l'unico modo possibie, va oltre ciò che dichiara la Scrittura. Crediamo fermamente che la sapienza suprema e l'amore supremo cerchino i mezzi più nobili per raggiungere i fini più gloriosi; ma concludere che Dio non fosse stato in grado di escogitare nessun altro metodo è solo fatalismo e, potremmo aggiungere, semi-ateismo. Secondo le teorie di alcuni teologi dovremmo cambiare Efesini 1:11 in modo che si leggesse: "In lui siamo stati fatti anche eredi,

predestinati - secondo il progetto di colui che tutto opera secondo le necessità della sua stessa natura". Non è così Cristo aveva ragionato nel Getsemani: non accetta quella sua amara coppa di dolore a causa dell'inesorabilità della natura di Dio, ma per sottomissione alla Sua volontà.

Nel Getsemani Gesù "pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora" (Marco 14:35). Da queste parole ne è stato dedotto che non fosse di fatto possibile altrimenti: Dio aveva ordinato che il Cristo dovesse morire, i termini del Patto eterno lo esigevano, la volontà di Dio lo richiedeva, quindi doveva morire e proprio in quel modo. Questo, però, è cosa molto diversa dal dire che quando le Persone della Santa Trinità avevano tenuto consiglio, esse non avessero potuto escogitare altra alternativa, che la morte di Cristo fosse una necessità assoluta e inevitabile. È davvero sorprendente notare, e degno della nostra più riverente attenzione, che proprio nel momento in cui il nostro agonizzante Salvatore presenta la Sua petizione, dice: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu»(Marco 14:36).

Riassumendo questo punto, non dimentichiamo mai che l'Espiazione ha avuto origine dal mero beneplacito di Dio. Egli non era obbligato a salvare alcun peccatore; non aveva alcun obbligo di fornirci un Redentore. Che abbia fatto così, era puramente una questione di grazia e, nella natura stessa delle cose, il dispensatore della “grazia” era libero, assolutamente libero di elargire o di non elargire, altrimenti quella cesserebbe di essere “grazia” e diventerebbe un debito nei confronti del suo destinatario. Quanto al metodo con cui Dio ha scelto di manifestare la Sua grazia, possiamo solo dire che il Mediatore nominato ha risposto a ogni perfezione di Dio e superlativamente magnificato tutti i Suoi attributi; e che questo Salvatore è sia il dono del suo amore che Colui che per quello è stato consacrato dalla sua volontà.

Ancora una volta vorremmo ricordare a noi stessi che siamo nel regno del mistero, del mistero profondo e insolubile all'intelligenza finita. L'ingresso del peccato nel mondo, l'orrore infinito di Dio nei suoi confronti, i requisiti morali del suo governo riguardo alla sua punizione, il salvataggio del suo stesso popolo da esso, il magnificare del suo stesso nome per suo mezzo, sono alcuni degli elementi principali che entrano in questo mistero; e la relazione che l'intero schema mediatorio della grazia divina ha con questo è ciò che ora deve attirare la nostra attenzione. Consapevoli della nostra totale incapacità di affrontare anche, e tanto meno risolvere, un problema così profondo, consapevoli che il ragionamento su di esso è peggio che inutile, ci rivolgiamo devotamente, in umile dipendenza dallo Spirito di Verità, alle Sacre Scritture, per accertarci quale luce Dio si sia compiaciuto di gettare per noi su questo mistero dei misteri.

 1. L'Espiazione è stata necessaria per volontà di Dio 

A meno che questo non sia il nostro punto di partenza, siamo certi di sbagliare. La Parola di Dio dichiara implicitamente che Dio è "colui che tutto opera secondo la sua volontà" (Efesini 1:11). L'intera estensione del brano iniziale di Efesini 1 contiene una rivelazione dei consigli eterni di Dio riguardanti il suo stesso popolo. Ci riporta indietro prima della fondazione del mondo al tempo in cui li decise in Cristo. Nel contempo ci fa sapere che essi sono stati fatti "nella carità" (amore, 1:4). Egli ha predestinato coloro che avrebbero dovuto ricevere la graziadell'adozione con Gesù Cristo e aggiunge subito che questo scopo era "secondo il disegno d'amore della sua volontà" (v. 5). È in Cristo che abbiamo "abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia" (v. 7), eppure subito dopo ci viene detto: "...facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto” (v. 9).

Il brano sopra menzionato dovrebbe rendere chiaramente evidente a ogni mente imparziale che l'Espiazione o Redenzione che Dio ha così graziosamente fornito ai Suoi eletti, non deriva da obbligo alcuno che vi sia nella sua stessa natura o da qualsiasi pretesa che le sue creature possano avere su di Lui. Non sono stati pochi glin scrittori e I predicatori che hanno affermato in modo blasfemo che la caduta dell'uomo abbia "obbligato" Dio a provvedere un Redentore. Hanno avuto l'audacia di affermare che dal momento che il Creatore ha permesso ad Adamo di rovinare sé stesso e i suoi discendenti, il minimo che potesse fare era quello di suscitare uno che ristabilisse le cose. Dicono che le esigenze della situazione che il peccato ha introdotto nel mondo, richiedevano che fosse dato un rimedio che ne neutralizzasse gli effetti dannosi. In breve, questi traduttori dell'Altissimo hanno sostenuto che l'Espiazione fosse un imperativo, se Dio dovesse giustificare la sua creazione dell'uomo e rivendicare sé stesso per avergli permesso di perdere la sua originale giustizia. È a tali ribelli arroganti che Giuda 10 si riferisce quando dice che essi: "insultano tutto ciò che ignorano".

Altri, che hanno dato sfogo all'inimicizia della mente carnale contro Dio in una forma più moderata, hanno insistito sul fatto che la benevolenza di Dio gli imponesse di fornire un Salvatore per i peccatori. Sebbene ammettano che l'uomo stesso si assuma l'intera colpa della condizione in cui ora si trova, concedendo pure che Dio abbia giustamente punito la disobbedienza dei nostri progenitori nell'ordinare che tutti i loro discendenti assaggino quanto sia amaro il salario del peccato, essi immaginano che sia stata la compassione di Dio per i figli decaduti di Adamo l'avesse obbligato a fornire un Salvatore per i peccatori. Una confutazione sufficiente di questo errore ampiamente diffuso si trova nel trattamento del Creatore degli angeli che caddero: a loro non viene fornito alcun Salvatore! "Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio" (2 Pietro 2:4). La prova è chiara che la benevolenza di Dio non rese la Redenzione imperativa.

Qualunque sia la pretesa che una creatura non caduta possa avere su Dio, certamente un ribelle contro di Lui non ha diritto a nient'altro che a un giudizio sommario. Né i trasgressori contro il suo governo morale da qualsiasi cosa essi compiano, gli impongono l'obbligo di fornire loro una base legale di liberazione dal peccato. Dire che dei peccatori colpevoli abbiano il potere di controllare il Divino Legislatore priverebbe completamente la grazia di Dio del suo carattere di favore sovrano, libero e immeritato. No, non c'era nulla né nelle perfezioni del carattere di Dio né nelle rivendicazioni delle Sue creature, che avesse potuto rendere l'Espiazione una necessità assoluta. Lo scopo di Dio di salvare un residuo secondo l'elezione della grazia è sorto unicamente dalla sua volontà libera e sovrana.

 2. L'Espiazione è stata resa necessaria dalla Legge di Dio 

Nel dire che l'Espiazione sia stata resa necessaria in virtù della Legge, non stiamo contraddicendo ciò che è stato detto sopra, come apparirà chiaramente se si presta particolare attenzione alle frasi immediatamente seguenti. La volontà sovrana di Dio si esercitava in almeno due cose rispetto all'Espiazione: in primo luogo, nel suo scopo originale di salvare i peccatori, poiché quello era solo il suo semplice beneplacito; secondo, nel processo decretato che dovevano essere salvati, vale a dire, attraverso l'opera vicaria di un Redentore. Avendo deciso di salvare il suo popolo dall'ira a venire, Dio si è compiaciuto di stabilire che i suoi peccati fossero rimessi in modo tale da onorare e magnificare la Sua Legge. Ma si ricordi attentamente che anche in questo Dio ha agito del tutto liberamente, e non da alcuna necessità. La Legge stessa è stata stabilita da Lui e non è qualcosa di superiore a Sé stesso. E' stata stipulata l'Alleanza eterna e il Mediatore che aveva accettato liberamente i suoi termini e si era volontariamente posto sotto la Legge, da quel momento in poi tutto fu fatto in obbedienza alla Legge. Pertanto, gli Eterni Tre dopo aver stabilito che la redenzione dosse essere effettuata sotto la Legge, tutto è stato realizzato in perfetto accordo con la Legge.

È alla luce di questi fatti che devono essere interpretati brani citati in un paragrafo precedente rispetto alla relativa necessità dell'Espiazione . "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" (Giovanni 3:14). In entrambi quei casi non c'era necessità assoluta. Era la grazia sovrana, pura e semplice, che forniva uno stile di vita ai colpevoli israeliti che stavano morendo nel deserto. Fu per il decreto divino che sia il serpente di bronzo che l'Antitipo furono "innalzati". Lo stesso in Matteo 16:21: "Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno". Perché? Perché Dio aveva stabilito così, perché i termini dell'Alleanza eterna lo richiedevano. Quindi non era possibile che la "coppa di dolore" fosse evitata al Salvatore. Perché? Perché Dio aveva voluto che la salvezza venisse al suo popolo tramite il bere da quella coppa; quindi era stato determinato inalterabilmente. "Secondo la Legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue, e senza spargimento di sangue non esiste perdono" (Ebrei 9:22).

È stato ben detto che “L'opera di redenzione così come il corso della Natura procede secondo un piano predeterminato e secondo la legge assoluta e invariabile, la legge esattamente esatta come quella che governa l'universo materiale. Ogni fine contemplato dalla mente divina nel regno dello spirituale, e tutti i mezzi per la sua realizzazione sotto il regno della legge assoluta, sono stati determinati, con infinita esattezza, fin dall'inizio” (Dr. J. Armour).

Le analogie tra il regno della legge nella sfera naturale e quella morale sono sia vicine che numerose, la prima che serve per riassumere la seconda. Ad esempio, in primo luogo, ogni legge nel mondo naturale, come quella delle stagioni ricorrenti o della gravitazione, è stata ordinata e imposta dal Creatore secondo la sua volontà sovrana. Allo stesso modo ogni legge nel regno morale, come quella della semina e del raccolto, del peccato e della sua punizione, è stata stabilita da Dio. In secondo luogo, il regno della legge, in quanto tale, è invariabile e inesorabile: non conosce eccezioni. Se il bambino più caro sulla terra beve veleno per errore, produce esattamente gli stessi effetti di quelli ottenuti da un vile disgraziato che lo abbia deliberatamente preso per porre fine alla sua esistenza terrena. Terzo, tuttavia, sebbene la legge e le sue richieste non possano essere sfidate impunemente, una legge superiore può essere messa in moto invertendo l'azione di una legge inferiore. I veleni hanno i loro antidoti. La legge di gravità può essere superata sollevando un oggetto da terra. La legge non è mai sospesa, ma un potere superiore può intervenire e liberare dagli effetti di un inferiore magnificando una legge superiore. Questo è stato il caso dell'Espiazione.

La legge richiede la conformità ai suoi precetti. Più una legge è perfetta, maggiori sono gli obblighi a rispettarla. Data una legge che è "santa, giusta e buona" (Romani 7:12) l'obbedienza diventa imperativa. Per Dio, abrogare o perfino sospenderla equivarrebbe riconoscere che c'era qualche difetto in essa. Questo non potrebbe mai essere. Pertanto, le creature create ai sensi di tale legge devono, per necessità, rendere ad essa ubbidienza. Nel caso che non lo facciano, quindi, prima che sia possibile giustificarle, vale a dire pronunciarle giusti, secondo allo standard richiesto un altro deve rispettare quella legge a loro nome e la sua giustizia o obbedienza deve essere imputata sul loro conto. Questo è stato effettivamente compiuto. Cristo è "nato sotto la legge" (Galati 4: 4) ed è venuto per dare pieno compimento alla Legge (Matteo 5:17), come pure: "come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti [coloro che fanno parte del suo popolo eletto] saranno costituiti giusti" (Romani 5:19).

La legge non richiede solo l'obbedienza ai suoi precetti, ma esige la punizione dei suoi trasgressori. La sua frase invariabile è "chi pecca morirà" (Ezechiele 18:4). Nella misura in cui Dio stesso lo ha dichiarato, ed Egli "non può mentire", ne consegue inevitabilmente che dovunque si trovi il peccato, la morte con tutto ciò che include, deve certamente conseguire. Il Signore ha espressamente affermato che non lascerà senza punizione il trasgressore (Esodo 34:7). L'unico modo per i trasgressori della legge a sfuggire alla punizione loro dovuta è che un altro subisca la pena al posto loro. Sotto il regime che Dio ha istituito, se avesse perdonato senza che la sua legge infranta fosse soddisfatta, Dio non solo avrebbe calpestato la sua stessa legge, ma avrebbe ignorato la sua solenne minaccia e la Scrittura dice: "Egli non può rinnegare sé stesso” (2 Timoteo 2:13).

Per comprendere bene l'opera della Redenzione, è di fondamentale importanza avere una visione corretta della Legge di Dio in base alla quale l'uomo è diventato trasgressore e si è ribellato ad essa. La legge di Dio mette in rilievo il dovere dell'uomo, esigendo da lui ciò che è giusto e retto. Non può essere modificato nel minimo grado per esigere qualcosa di più o di meno. È quindi una regola inalterabile di giustizia. Questa legge implica necessariamente, in quanto essenziale, una sanzione, una pena - una pena esattamente corrispondente all'entità del crimine. Ogni creatura soggetta a questa legge è vincolata da infiniti obblighi a obbedirla, senza la minima deviazione da essa per tutta la sua vita. Ma trasgredendola, l'uomo ha giustamente subito la sua pena ed è caduto sotto la sua maledizione.

Ora la maledizione in base alla quale sono caduti i peccatori, non può essere rimossa né il trasgressore rilasciato fino a quando non vi sarà stata piena soddisfazione. Tale soddisfazione lo stesso peccatore non è assolutamente in grado di rendere: "Infatti in base alle opere della Legge nessun vivente sarà giustificato davanti a Dio" (Romani 3:20). Poiché la legge di Dio è un'espressione inalterabile della sua volontà e del suo carattere morale, le sue esigenze e le sue minacce possono essere attenuate. L'autorità della legge deve essere mantenuta. Scusare senza soddisfazione sarebbe agire in contrasto con la legge. Questa barriera insuperabile nella via della liberazione del peccatore è ciò che sta alla base della relativa necessità per il mediatore e il liberatore.

Affinché la maledizione della legge possa essere rimossa da colui che ha subito il suo anatema, essa deve ricadere su un altro che venga maledetto in sua vece. È a questo punto che sono state mostrate le incredibili ricchezze della grazia divina. Non solo il Cristo di Dio è stato "sottoposto alla legge", non solo ha reso perfetta l'obbedienza ai suoi precetti, ma anche - O meraviglia delle meraviglie - è "diventato lui stesso maledizione per noi" (Galati 3:13). "È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente, così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù” (Romani 3:25,26).

 3. L'Espiazione è stata resa necessaria dal peccato 

Affermando che l'Espiazione è stata resa necessaria dal peccato, non si supponga per un solo momento che l'entrata del peccato in questo mondo sia stata una calamità non prevista dal Creatore e che l'Espiazione sia il suo mezzo per rimediare a un difetto della sua opera. Lungi, lungi da esso. Lungi dal fatto che la caduta dell'uomo non sia stata trascurata da Dio, "l'agnello senza difetti e senza macchia. ... fu predestinato già prima della fondazione del mondo" (I Pietro 1:19,20). La tragedia di Eden non fu una catastrofe inattesa, ma conosciuta e permessa da Dio per le sue sagge ragioni. No, utilizziamo il termine usato in questa terza rubrica nel senso di una necessità condizionata. Come abbiamo cercato di mostrare nel capitolo precedente, la ragione ultima e il motivo di tutti gli atti di Dio si trovano in sé stesso, e quella ragione e motivo è sempre la sua stessa gloria. Ma la "gloria" si manifesta eccellenza, quindi Dio magnifica la sua gloria manifestativa attraverso l'esercizio e l'esibizione delle sue molteplici perfezioni.

Dio ha usato meravigliosamente il peccato come occasione per mostrare i propri attributi. Lo ha impiegato come sfondo oscuro da cui è emersa la luce più splendente delle bellezze della sua saggezza, della sua santità, della sua fedeltà, della sua grazia. Così pure "il furore degli uomini ritornerà a tua lode" (Salmo 76:10 NR). Dio è ineffabilmente santo. Come tale, è assolutamente libero da ogni residuo di inquinamento morale. Si diletta in tutto ciò che è puro, e quindi odia tutto ciò che è impuro: "Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l'oppressione" (Abacuc 1:13). Ora il peccato si oppone direttamente alla santità di Dio, poiché è essenzialmente impuro, sporco, abominevole; quindi è l'oggetto della sua incessante detestazione. In che modo allora l'orrore di Dio nei confronti del peccato potrebbe manifestarsi se non con la sua punizione?

L'Espiazione relativamente necessaria per il peccato è evidente da altre considerazioni. Se la creatura non fosse mai caduta, non avrebbe mai meritato il salario del peccato. Se non avesse mai trasgredito contro la legge di Dio, non sarebbe stata richiesta alcuna soddisfazione per l'oltraggio al suo onore. Il fatto che il peccato sia odioso sia per la natura che per la legge di Dio rende coloro che l'hanno commesso soggetto al Suo dispiacere. Ancora, il peccato è un grave disonore per la gloria manifestata di Dio (Romani 3:22), un insulto diretto offerto alla maestà celeste e se il peccato fosse perdonato senza un'adeguata soddisfazione, equivarrebbe a dire che Dio può essere insultato con impunità. Ma se la santità di Dio richiede che il peccato sia punito, se la legge di Dio richiede una soddisfazione, dovrebbe essere reso suo onore, come potrebbero eventualmente sfuggire i suoi trasgressori? Il peccato ha imposto un abisso tra il Santo tre volte e coloro che si sono ribellati a Lui (Isaia 59:2). L'uomo è assolutamente incapace di riempire quel abisso o di superarlo.

Bene Giobbe potrebbe esclamare: “Poiché non è uomo come me, al quale io possa replicare: »Presentiamoci alla pari in giudizio». Non c'è fra noi due un arbitro che ponga la mano su di noi" (Giobbe 9:32-33). Ah, un arbitro, un mediatore, in grado di venire "tra" Dio e l'uomo, è ciò che era così urgentemente richiesto. E ciò di cui aveva bisogno la terribile condizione dei peccatori decaduti, la grazia ineguagliabile di Dio fornita gratuitamente. Cristo è la risposta divina sovversione operata dal sui nostri progenitori. E in Cristo, e per Cristo, ogni attributo di Dio è stato glorificato e ogni esigenza della Sua legge soddisfatta. Attraverso l'incarnazione, la vita e la morte del suo Figlio benedetto, Dio ha mostrato a tutte le intelligenze create che cosa terribile sia il peccato, che terribile breccia tra lui e le sue creature, quanto imparziale sia la sua giustizia, quale oceano di amore sia nel suo cuore per promuovere la felicità del suo popolo e, soprattutto, ha assicurato e fatto avanzare la sua gloria manifestativa onorando tutti i suoi attributi. Attraverso l'Espiazione Dio è stato rivendicato.

Ma il pensiero finale del nostro capitolo sia questo: era il peccato che richiedeva l'Espiazione. Lascia che ogni lettore veramente cristiano lo renda personale: sono stati i miei peccati a far cadere l'eterno Figlio di Dio in questo mondo di oscurità e morte. Se non ci fosse stato nessun altro peccatore sulla terra tranne me, Cristo sarebbe sicuramente venuto qui. Sì, furono i miei peccati terribili e senza scuse che fecero diventare il Signore della gloria "l'uomo dei dolori". Era per me peccatore che era necessario che l'Amato del Padre scendesse in una profondità così insondabile di vergogna e sofferenza. Fu per me che l'ineffabilmente Santo fu “fatto maledizione”. Fu per me che sopportò la Croce, subì la separazione da Dio e assaggiò l'amarezza della morte. Possa la realizzazione di questo farmi odiare il peccato e piangere ogni giorno verso Dio per la completa liberazione da esso. Possa la realizzazione della grazia così sorprendente costringermi a vivere solo per Lui, come disse l'Apostolo "non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Galati 2:20).