Teopedia/Misticismo

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Misticismo

Col termine «misticismo» si fa riferimento a quell'atteggiamento spirituale che tende all'unione col divino attraverso il superamento dei limiti naturali o l'annullamento della personalità individuale. Si tratta di un tentativo volto ad assicurare una relazione col divino più o meno immediata, anche se per molti versi oscura, in quanto non facilmente comunicabile in termini razionali.

Tale religiosità sviluppa una tecnica più o meno elaborata che prescinde da ogni procedimento logico e s'oppone alla comprensione intellettuale della verità. Attraverso lo svuotamento o la sublimazione dell'io, si mira ad un'esperienza di estasi in cui l'io si dissolve e si perde in un infinito metafisico. Questa disciplina mira a liberare la vita da ogni legame temporale, materiale, esterno e sociale per spingere all'unione con l'Essere assoluto concepito in modo così astratto da essere difficilmente distinto dal non essere.

Origini e caratteristiche

 Le origini del misticismo possono essere collegate alla filosofia platonica. Il misticismo riemerse verso la fine dell'epoca patristica e si affermò ciclicamente nel corso del tempo.

Dal punto di vista filologico, il termine è di origine pagana. Il mistès era l'iniziato ai misteri greci, di qui l'idea della percezione di qualcosa che è nascosto e protetto dal silenzio. La prima applicazione di «mistica» al mondo cristiano risale solo al quinto secolo. La chiesa latina lo rese con «contemplazione». Nel medio evo, «mistico» divenne di uso corrente mentre il termine «misticismo» è assai più recente.

Il termine viene oggi applicato a situazioni molto varie. Può essere collegato alla teoria e alla pratica della vita contemplativa, ma può anche essere collegato allo teosofia, allo spiritualismo, alle situazioni in cui si ha la sensazione di una qualche misteriosa esperienza psichica con una coloritura religiosa, ad atteggiamenti idealistici, a opere d'arte un po' fuori dall'ordinario o indefinibili. In quanto tale ha un uso molto fluido.

Anche se è difficile trovare manifestazioni allo stato puro, volendo raggruppare certi elementi comuni, si potrebbe parlare di un misticismo antropocentrico e di uno sinergista. Si tratta ovviamente di una grande semplificazione che può forse servire ad un primo inquadramento.
Il misticismo antropocentrico propone all'uomo di scoprire e sviluppare i propri poteri nascosti considerandosi totalmente autonomo rispetto alla divinità. Tenta così di raggiungere ciò che vi sarebbe di permanente, essenziale e perfetto nel fondo della persona umana per giungere ad uno stato di fissità dell'attenzione e d'intensa polarizzazione.

Tecniche di questo tipo sono presenti nell'occultismo, nella teosofia, nella «scienza cristiana» (miscuglio di concezioni buddiste e ottimismo americano) e molto prima, nello yoga indiano. Anche l'arte che crede di comunicare attraverso la magia dei suoni e dei simboli di tipo wagneriano, o il buddista per cui l'ideale più elevato e la realtà più vera è il nulla sublime, possono essere ricondotti a questi tipo di misticismo.

Un'altra serie di tecniche può essere considerata espressione di misticismo sinergista. In questo caso si tratta d'una tipologia più vicina all'ambito cristiano. Si crede per esempio nell'esistenza di un Dio personale, ma si ritiene che l'uomo possa collaborare con lui per la propria salvezza. Gli elementi precedenti sono così rivestiti di una dimensione affettiva per cui i due esseri sono come uniti dall'amore. Ci si sforza così di raggiungere l'essere divino decantando il proprio amore per lui fino a che tutto l'essere ne sia compenetrato. Tra l'uomo e l'oggetto della propria pietà si crea così un rapporto di intima passione, un vero romanzo amoroso con i suoi incontri, le sue estasi, le sue freddezze, i suoi ritorni, i suoi perdoni.

Anche questo tipo di misticismo ha origini remote e trova la sua culla nell'antica India con Krishna, Vishnou, e poi nell'antichità mediterranea con Adonide, Orfeo o Osiride, ma ha avuto ricadute considerevoli in ambito cristiano.

Le caratteristiche comuni tra il misticismo antropocentrico e quello sinergista sono numerose. In generale si possono evocare, per entrambi, vari livelli attraverso i quali si tende alla purificazione, all'illuminazione e quindi alla perfezione.

In ambito «cristiano» la dimensione mistica può essere collegata ad Origene, la cui interpretazione del testo biblico tende ad oltrepassare il testo scritto per svelare il volto del Verbo di Dio, e in genere alla scuola alessandrina. Verso il sesto secolo si trova Dionigi l'Areopagita autore di una Teologia mistica. I suoi scritti furono tradotti da Giovanni Scoto Eriugena ed ebbero ampia circolazione in Occidente durante il medioevo. In questo filone si può inserire Simeone il Nuovo Teologo (949-1022) per cui l'unico modo per celebrare la grazia divina è quella descritta negli Inni del divino amore. Poi si può citare Riccardo di San Vittore, Meister Eckhart (ca 1260-1327), Jan van Ruysbroeck (1293-1381). Meister Eckhart, insieme a Taulero (ca 1300-61), sempre della scuola domenicana tedesca, associava all'«immagine di Dio» nell'uomo il «terreno» dell'anima e la particella di divino che autorizzava il viaggio verso la somiglianza con Dio. Altri nomi sono Giovanni della Croce (1542-91), Jacob Böhme (1575-1624), William Law (1686-1721), mentre elementi «mistici» sono spesso associati ad Agostino, Tommaso d'Aquino, Ignazio di Loyola, Francesco d'Assisi, Caterina da Siena (1347-80), Teresa d'Avila (1515-82), ma anche alla teologia evolutiva di Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), Paul Tillich (1886-1965), ecc.

Osservazioni

E' possibile fare qualche osservazione sul fenomeno?

La prima osservazione che si può fare è la svalutazione della ragione e della rivelazione per quanto concerne la relazione con Dio. C'è infatti la convinzione che l'uomo, o meglio qualcuno in particolare, possegga la capacità d'avere relazione con la divinità a prescindere dai mezzi previsti e cioè il Signore Gesù e la rivelazione scritta. Come se l'uomo partecipasse all'essere di Dio e fosse una sua estensione. In altre parole, come se l'uomo diventasse ontologicamente uno con Dio e fosse in grado di dilatarne la rivelazione.

Ritenendo di poter aver avere una concezione più «elastica» della Parola di Dio, il misticismo si contrappone alla Scrittura secondo cui nessuno va al Padre senza la mediazione del Figlio (Gv 14,5-6; 1,18). Pretendere di andare al Padre passando a fianco del Figlio significa condannarsi all'insuccesso perché esiste un solo mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5).

Il misticismo sottovaluta le conseguenze del peccato e, pur essendo insoddisfatto della creaturalità umana, tenta di superare tale situazione per «diventare come Dio». Il tema del peccato in quanto disobbedienza a Dio è poco evidenziato e questo significa che non si prende abbastanza in considerazione il fatto che il peccato ha un risvolto di carattere morale che non può essere superato con una semplice tecnica meditativa.

Sottovalutando questo aspetto del peccato, il misticismo respinge la differenza tra Creatore e creatura con tutte le relative conseguenze.
Il misticismo sottovaluta la storia per accentuare la dimensione esistenziale ed emotiva della vita umana. Per il mistico la storia non ha, nel migliore dei casi, alcuna importanza; nel peggiore è un pericoloso ostacolo all'ascesa dell'anima verso l'Assoluto. La storia è fortemente legata al tempo mentre il mistico aspira all'eterno.

Si delinea così una forma di religiosità spuria e incapace di rapportarsi alla realtà circostante in termini rilevanti. Siccome quel che è primario è il singolo rispetto alla comunità, l'esperienza rispetto alla ubbidienza, lo spettacolare rispetto all'usuale, non si ha vera presa sulla cultura e dinanzi ad essa si è come inibiti.

L'esperienza può avere contorni modesti o spettacolari, ma quel che conta è che essa sia sperimentata. Si registra così una religiosità tutta protesa verso l'esperienza sensibile che si può nutrire anche di visioni, sogni, aspirando ad una situazione in cui l'uomo finirebbe per essere parte del Tutto. Nello sfondo si scorge solo l'epidemia dell'egoismo umano che lascia l'individuo preda della propria povertà.
Talune accentuazioni si possono ritrovare anche in esponenti del mondo evangelico come Watchman Nee. Secondo lui lo Spirito dato alla conversione lotterebbe contro l'uomo naturale fino a quando alla vita del credente si applicherebbe la morte di Cristo. La funzione della croce sarebbe quella di ridurre al silenzio «l'istinto di conservazione» della vecchia natura per cui la vita cristiana si risolverebbe in una sorta di «scambio» anziché di cambiamento.

Ma forme di misticismo si possono reperire anche in quelle forme di spiritualità che tendono alla ripetizione stantia di formule e cori che sembrano promettere una sempre più elevata esperienza del divino.

La concezione cristiana dell'esperienza può talvolta prestare il fianco a certe somiglianze con l'esperienza mistica, ma possiede risvolti tali da apparire profondamente diversa da essa. Così se ad una prima osservazione si potrebbero trovare certi paralleli, ad un esame più rigoroso emergeranno grandi differenze.

Le strutture dell'esperienza cristiana contribuiscono alla sua desoggettivazione. Esse impediscono d'assimilare l'esperienza autenticamente cristiana con un'astrazione confondibile con l'estasi mistica in senso classico. L'esperienza cristiana rimane sempre nella sfera della fede ed è quindi collegabile alla riflessione. Essa lascia pertanto all'intelligenza quelle funzioni che consentono l'attività deduttiva, coordinatrice e valutativa. In questo senso non sono mai le esperienze dell'irrazionale con il relativo sacrificium intellectus.

L'esperienza cristiana si fonda sempre sulla rivelazione di Dio nella persona e nell'opera di Gesù Cristo. Ciò non esclude, ma semmai richiama l'esigenza della riflessione. L'invito cristiano alla meditazione e alla contemplazione, non è mai un invito alla fuga da se stessi, è semmai un invito a ritornare criticamente sulla propria esperienza per comprenderla e assimilarla. E' la ripresa dell'esperienza frammentaria e soggettiva in vista di una comprensione più oggettiva e globale. La storia di Cristo e i fatti della sua esistenza non vanno compresi per loro stessi, ma sempre nell'ambito di una storia.

Alla base della fede cristiana autentica non c'è una tecnica attraverso cui l'io finito verrebbe a perdersi e a dissolversi nell'infinito metafisico di Dio in quanto l'iniziativa della fede risale sempre a Dio. Il presupposto dell'esperienza cristiana autentica è sempre la coscienza del peccato e la totale incapacità all'azione da parte dell'uomo.

Fin dalle origini il cristianesimo dovette far fronte a tendenze mistiche di vario genere e rigettò questo tipo di «salvezza». La battaglia nei confronti dello gnosticismo ne è un notevole esempio.

La fede cristiana, pur sottolineando la dimensione esistenziale della rivelazione, sottolinea il suo radicamento nella storia e respinge l'idea d'una ricerca semplicemente speculativa. Essa è pertanto impegnata per l'estensione del regno di Dio in ogni possibile contesto senza perdere di vista la distinzione tra creatura e Creatore al quale solo va la gloria.
 

BIBLIOGRAFIA

  • Benjamin B. Warfield, Misticismo e cristianesimo
  • C. Butler, Il misticismo occidentale, Bologna, il Mulino 1970 (orig. 1922);
  • Francis Schaeffer, Il Dio che è là, Parma, Guanda 1970 (orig. 1968);
  • A. Schlemmer «Y a-t-il un mysticisme réformée?» La Revue Réformée XV (1974) pp. 79-95;
  • . Bouywer - J. Leclercq - F. Vandenbroucke -
  • L. Cognet, Storia della spiritualità cristiana, 6 voll, Bologna, EDB 1968-1974;
  •  Lossky, La teologia mistica della Chiesa d'Oriente, Bologna, EDB 1985.