Articoli/Struttura portante per la nostra fede

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La "struttura portante" della nostra fede

La fede personale nel Signore Gesù deve essere necessariamente inquadrata in una "struttura portante" di carattere dogmatico: quella presupposta, ma non sistematicamente presentata, dalle Sacre Scritture.

Il compito di estrarre, sistematizzare ed esporre le verità della fede contenute nelle Scritture, è stato affidato da Dio al ministero dei "dottori" che, insieme agli evangelisti ed ai pastori, sono chiamati al "perfezionamento dei santi" (cioè tutti i cristiani), in vista dell'opera del servizio cristiano e dell'edificazione del corpo di Cristo (la chiesa), "fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo" (Efesini 4:13).

Riteniamo che questa "struttura dogmatica" delle Sacre Scritture trovi la sua migliore presentazione nelle sempre attuali Confessioni di fede della Riforma protestante. A nostro giudizio esse costituiscono di fatto il migliore "distillato", la migliore ed insuperata sistematizzazione teologica di un movimento, quello della Riforma del XVI e XVII secolo, che era stato espressamente inteso come un ritorno al genuino messaggio del Nuovo Testamento, depurato dalle incrostazioni e dalle scorie accumulate nella storia del Cristianesimo.

Lo studio e "l'assorbimento" personale del contenuto di queste Confessioni di fede fornisce al singolo cristiano ed alla comunità cristiana locale, non solo la base per la chiarezza e stabilità della sua fede, ma anche un sicuro quadro di riferimento per difendersi nel contraddittorio e per rispondere alle idee e concezioni difformi dalla verità della Parola di Dio oggi ampiamente propagandate e che mettono in questione la fede "che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre" (Giuda 3).

Una concezione oggi controversa

Sono consapevole che, nell'attuale clima culturale, parlare della necessità per il cristiano di operare nell'ambito di una chiara e coerente struttura dogmatica e che questa struttura dogmatica ci sia stata data dai nostri padri e madri nella fede con la teologia sintetizzata nelle confessioni di fede classiche della Riforma detta calvinista, è oggi una concezione decisamente avversata dai più fino a suscitare in molti ribrezzo ed indignazione. Non la comprendono e taluni la vedono come nulla di meno che "fumo negli occhi". Molti ne sono i motivi. L'attuale clima culturale, infatti, dal quale molti cristiani sono spesso inconsapevolmente condizionati, ispira ben altri concetti.

Il dogma

Il termine "dogma" appare oggi molto negativo, essendo generalmente considerato un'imposizione autoritaria inaccettabile sulla libertà del proprio rapporto con Dio. Dogma significa insegnamento, insegnamento chiaro, definito, accertato, e, in quanto tale, imprescindibile, non trattabile. E' quello della sapienza magistrale di uomini e donne di fede che, nel corso della storia, hanno chiarito ed evidenziato i presupposti dottrinali sui quali si fondano gli scritti (in gran parte circostanziali) dell'Antico e del Nuovo Testamento. In questo senso io considero (insieme a coloro che si pongono nella stessa linea) i principi espressi dalle confessioni di fede riformate classiche un punto fermo, un punto di arrivo dal quale non si torna più indietro, che non si mette più in questione e sul quale bisogna solo costruire. Questa posizione si fonda sul presupposto dell'unità e coerenza dottrinale dell'insegnamento biblico complessivo (pur tenendo conto del carattere progressivo della rivelazione) e dell'oggettività della verità rivelata.

L'esperienza soggettiva. Oggi, però, ci troviamo nel tempo in cui è messa in grande evidenza l'importanza dell'esperienza soggettiva, del sentimento religioso che trascenderebbe ogni possibilità di verbalizzare con formulazioni razionali, considerate esse stesse come soffocanti e castranti dell'esperienza stessa e che sfuggirebbero alla possibilità di definirle esattamente. Da qui quello che si considera il carattere relativo e discutibile delle definizioni dottrinali. Questa prospettiva, però, spiritualista ed irrazionale, non è quella espressa dagli scrittori del Nuovo Testamento, i quali parlano diintelligenza spirituale, della necessità di assumere "la mente di Cristo", del Logos rivelatore (sicuramente non irrazionale ed incoerente) che si esprime in proposizioni oggettive e non con un vago principio personale (oggi, per esempio, va di moda dire che "la verità è una persona, Cristo, e non delle proposizioni e tanto meno un libro"). Una simile astrazione ideale, però, pur apparendo affascinante, è del tutto priva di senso e di fatto diventa giustificazione di ogni opinione più contraddittoria). L'intelligenza della verità certo presuppone uomini e donne che siano stati rigenerati spiritualmente, seriamente sulla via del discepolato e in via di maturazione, ma implica la conoscibilità ed oggettività della Rivelazione.

L'epoca del sospetto. Ci troviamo, poi, nel tempo del "sospetto" ipercritico, dove per principio tutto dovrebbe essere messo in discussione. E' il tempo di una malintesa libertà dove si rifiuta e si sospetta indiscriminatamente di tutto e di tutti, ogni autorità, umana ma anche divina. Ecco così come il soggettivismo va di pari passo con l'anarchia, con il dispotismo del proprio io che si presume incontestabile in forza di un "sovrano diritto" che neppure Dio potrebbe pregiudicare. E' necessario discernimento: vi sono stati e vi sono abusi di autorità, ma questo non pregiudica l'esistenza di autorità legittime.

Definizioni relative. Viviamo in un tempo di grande confusione, dove parole e concetti perdono sempre più il loro significato oggettivo e sono relativizzate. Dalla prospettiva post-moderna oggi prevalente si nega che vi siano definizioni universali di una qualsiasi parola particolare rispondenti a criteri assoluti con i quali confrontarsi. Si crede che il significato delle parole sia essenzialmente un "costrutto sociale" variabile ed "elastico", che dipenda da come determinate parole siano generalmente usate da un individuo od un gruppo in un contesto specifico nell'ambito di una particolare storia in evoluzione. "Siamo noi", si dice, che determiniamo quale sia il significato da darsi ad un particolare concetto, in dipendenza da ciò che noi, o il contesto in viviamo, riteniamo importante o non importante, conveniente o non conveniente. Se poi a questo si aggiunge il corollario agnostico che non si possa conoscere la verità ultima e che noi si operi solo e sempre con le nostre percezioni o interpretazioni discutibili, il quadro che ne risulta è desolante: tutto questo rende il linguaggio e la comunicazione un processo complesso e talvolta quasi impossibile, generando costantemente conflitti fra coloro che, per una determinata parola, forniscono definizioni e interpretazioni diverse ed asseriscono il loro diritto a farlo. Per questo motivo, nel tentativo di evitare conflitti, molti si accontentano di attribuire a concetti e parole dei significati molto generali, vaghi, illudendosi, magari, che tutti quanti si intenda e si realizzi la stessa cosa.