Corsi/Essere cristiani/03: differenze tra le versioni

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La prima frase del Credo dice: "Io credo in Dio, Padre onnipotente". Come dobbiamo intendere quel "Padre onnipotente"?
La prima frase del Credo dice: "Io credo in Dio, Padre onnipotente". Come dobbiamo intendere quel "Padre onnipotente"?



Versione attuale delle 10:39, 31 ago 2020

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Indice generale

Essere cristiani (J. I. Packer)

00 - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 - 13 14 -15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 4748 49

Il Credo, o Simbolo apostolico. Credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, suo figlio unigenito, Signor nostro, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto. Discese nel soggiorno dei morti, il terzo giorno risuscitò, salì al cielo, siede alla destra di Dio, padre onnipotente.  Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa chiesa universale, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione dei corpi e la vita eterna. Amen.

Il Padre onnipotente

La prima frase del Credo dice: "Io credo in Dio, Padre onnipotente". Come dobbiamo intendere quel "Padre onnipotente"?

La creazione

E' chiaro che, quando il Credo afferma: "Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra", si intende che tutte le cose, per la loro esistenza, dipendono costantemente da Dio come Creatore.

Ora, chiamare il Creatore con il termine "Padre" è del tutto coerente con quanto afferma la Bibbia. E' un'eco di Malachia 2:10 che dice: "Non abbiamo tutti uno stesso Padre? Non ci ha creati uno stesso Dio? Perché dunque agiamo con perfidia l'uno verso l'altro, profanando il patto dei nostri padri?". Consideriamo anche Atti 17:28, dove Paolo, parlando ad Atene, cita, approvandola, un testo poetico greco che dice: "Poiché siamo anche sua progenie". Ciononostante, tutt'e due queste citazioni provengono da brani che minacciano il giudizio di Dio, e la predicazione evangelistica di Paolo ad Atene mette chiaramente in evidenza che, se è vero com'è vero che noi siamo progenie di Dio, abbiamo pure l'obbligo di cercarlo, rendergli culto ed ubbidirgli. Essere responsabili verso di Lui non implica che il Suo favore ed accettazione siano automatici, se noi non ci siamo ravveduti dai nostri peccati e non abbiamo riposto in Cristo la nostra fede (vedi l'intero discorso, vv. 22-31).

Alcuni, a cui sta a cuore sottolineare l'universale paternità di Dio, trattano questo concetto come se esso implicasse che ogni creatura umana fosse sempre in uno stato di salvezza: questo però non è ciò che la Bibbia afferma. Paolo dice: "il messaggio della croce è follia per quelli che periscono" (1Corinzi 1:18), affermando che vi sono coloro che "periscono", ed ammonisce: "Ma tu, per la tua durezza ed il cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d'ira, per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio" (Romani 2:5). Essere "progenie di Dio" non ci garantisce di per sé la salvezza finale!

 

Padre e figlio

Di fatto, quando il Nuovo Testamento parla della paternità di Dio, questo non si collega mai alla creazione, ma:

  1. alla vita della Trinità al Suo interno. Un rapporto familiare di Padre e Figlio sussiste all'interno dell'eterna Trinità. Sulla terra, il Figlio chiama "mio Padre" Colui che serve, e lo prega come "Abbà", che in italiano corrisponderebbe ad un rispettoso "papà". Gesù stesso dichiara che cosa significa questo rapporto. Da una parte, il Figlio ama il Padre (8:29). Egli non prende iniziativa alcuna, ma dipende in ogni momento dalla guida del Padre (5:19ss, 30). Egli tenacemente si attiene alla volontà del Padre: "E andato un poco in avanti, si gettò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice; tuttavia, non come io voglio, ma come vuoi tu". ... Si allontanò di nuovo per la seconda volta e pregò, dicendo: "Padre mio, se non è possibile che questo calice si allontani da me senza che io lo beva sia fatta la tua volontà!""(Mt. 6:39-42). "Gesù disse a Pietro: "Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?"(Giovanni 18:11). D'altro canto, il Padre ama il Figlio (Giovanni 3:35; 5:20), e Lo rende grande dandogli gloria ed una grande missione da compiere (5:20-30; 10:17-19; 17:23-26). Dare vita ed eseguire giudizi sono compiti gemelli che sono stati ugualmente affidati a Lui, "affinché tutti possano onorare il Figlio" Giovanni 5:23). L'amorevole paternità del Suo eterno Figlio, è l'archetipo stesso del Suo rapporto di grazia col il Suo popolo redento, ed il modello da cui deriva la paternità che Dio ha creato nelle famiglie umane. Paolo parla de "il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo", e "il Padre, da cui ogni famiglia in cielo e sulla terra prende nome" (Efesini 1:3; 3:14-18). Le famiglie umane, per loro stessa costituzione, riflettono il rapporto Padre - Figlio che c'è in cielo, ed i rapporti genitori - figli dovrebbero esprimere un amore che corrisponda all'amore reciproco del Padre e del Figlio nella Trinità.
  2. Il secondo riferimento che il Nuovo Testamento fa quando parla di Dio come Padre ha a che fare con l'adozione del peccatore credente nella vita della famiglia di Dio. Questo è un dono sovrannaturale della grazia, connesso alla giustificazione ed alla nuova nascita, che Dio dona e che si riceve umilmente per fede in Gesù Cristo come Signore e Salvatore. "a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l'autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma sono nati da Dio"(Giovanni 1:12,13). Il messaggio che Gesù manda ai Suoi discepoli, quando risorge dai morti, è: "Non toccarmi, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma va' dai miei fratelli e di' loro che io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"(Giovanni 20:17). Come discepoli, essi appartenevano alla famiglia. In quella stessa frase Gesù li chiama "i miei fratelli". Tutti coloro che Gesù salva sono Suoi fratelli.

Quando il cristiano pronuncia la prima frase del Credo, egli pone tutto questo insieme e confessa il suo Creatore sia come il Padre del suo Salvatore, che come suo proprio Padre mediante l'unigenito Figlio - un Padre che ora lo ama non meno di quanto ami il Suo amatissimo Figlio. E' indubbiamente questa una meravigliosa confessione da farsi!

Onnipotente

Dio il Padre, infine, è "onnipotente" - il che significa che Egli può fare e farà tutto ciò che intende fare. Che intende fare con i Suoi figli? Risposta: che essi condividano un'eredità. Paolo dice: "E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pure soffriamo con lui per essere anche con lui glorificati" (Romani 8:17). Dovremo soffrire, ma non mancheremo di giungere alla gloria: il Padre onnipotente lo garantisce. Sia lode al Suo nome!

Per lo studio ulteriore

Efesini 1:13,14; Galati 4:1-7.

Domande per la riflessione e la discussione

  • Che significa l'affermazione "noi siamo Sua progenie" in riferimento alla paternità di Dio?
  • Che cosa essa lascia fuori?
  • Com'è vista la paternità di Dio nel contesto della Trinità?
  • Come può Gesù chiamare i cristiani "fratelli"?


Scrivete i vostri commenti, risposte, e domande all'indirizzo di EMail: paolocastellina@hotmail.it Vi risponderò volentieri!

(3, continua)