Letteratura/Grazia che abbonda/08: differenze tra le versioni

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
 
Riga 2: Riga 2:
{{Grazia che abbonda}}
{{Grazia che abbonda}}


= Breve resoconto della vocazione dell'autore al ministero =
= La visione di Cristo e la certezza della elezione =


<br/> 265) Poiché sto parlando delle mie esperienze, spenderò alcune parole sulla mia predicazione della Parola di Dio e dei rapporti di Dio con me a questo proposito. Infatti, quando mi ero ormai risvegliato da cinque o sei anni, e mi ero abituato a riconoscere la necessità che avevamo di Gesù Cristo nostro Signore, nonché i suoi meriti, ed anche ad osare di appoggiare a lui la mia anima, alcuni devoti che erano fra di noi, i più esperti nel giudicare e i più capaci a condurre una vita santa, percepirono che Dio mi aveva considerato degno di comprendere la sua volontà espressa nella sua santa Parola, e mi aveva dato in una certa misura i mezzi per esprimere agli altri quello che provavo, a scopo edificatorio; perciò speravano, con molto fervore, che io fossi disposto, di tanto in tanto, a prendere la parola in qualche riunione di fedeli, per esortarli.<br/> <br/> 266) La qual cosa dapprima mi sconcertò profondamente, poi, cedendo alle loro continue pressioni, finii con l'acconsentire alla loro richiesta; e per due volte, in due numerose assemblee private, palesai ai partecipanti, sia pure con debolezza e insufficienza di mezzi, quello che avevo ricevuto; ed essi non solo sembrarono, ma solennemente dichiararono, come se fossero stati al cospetto di Dio, di essere stati commossi e confortati dalle mie parole, e resero grazie al Padre di misericordia per la grazia che mi era stata concessa.<br/> <br/> 267) Dopo di ciò, alcuni di loro quando andavano nelle campagne e predicare, mi chiedevano di accompagnarli; ed io, sebbene fino a quel momento non avessi osato far uso del mio dono in pubblico, ma solo in privato, quando arrivavo tra quella buona gente, rivolgevo loro una parola di ammonimento; ed anche essi, come gli altri, la accoglievano rallegrandosi della misericordia di Dio nei miei confronti, e dichiarando che le loro anime ne erano edificate.<br/> <br/> 268) In breve, essendo stato a lungo richiesto dalla Chiesa, dopo alcune solenni preghiere al Signore, accompagnate da digiuno, fui più specificatamente chiamato e destinato ad una organica e pubblica predicazione della Parola, non soltanto fra quelli che credevano, ma anche ad offrire il Vangelo a quelli che da esso non avevano ancora ricevuto la fede. A quel tempo riscontrai nella mia mente una segreta disposizione per quel tipo di attività (ma, grazie a Dio, non per desiderio di vana gloria, poiché a quel tempo ero duramente tormentato dagli strali ardenti del demonio a proposito della mia vita eterna).<br/> <br/> 269) Tuttavia non mi sentivo soddisfatto, se non nell'esercizio delle mie funzioni; verso le quali ero fortemente animato, non solo dal desiderio continuo del divino, ma anche a causa di queste parole di Paolo ai Corinti:&nbsp;''«Ora, fratelli, voi conoscete la famiglia di Stefana, sapete che è la primizia dell'Acaia, e che si è dedicata al servizio dei fratelli; vi esorto a sottomettervi anche voi a tali persone, e a chiunque lavora e fatica nell'opera comune»''&nbsp;(1 Cor. 16.15,16).<br/> <br/> 270) Da questa Scrittura fui indotto a pensare che lo Spirito Santo non ha mai inteso che le persone che hanno doti e abilità le sotterrino, ma piuttosto le ha istigate all'esercizio delle loro qualità, ed inoltre ha lodato quelli che si son dimostrati disposti a farlo, «che si sono dedicati al servizio dei fratelli»: questo passo pubblico a quel tempo mi percorreva di continuo la mente, per incoraggiarmi e rafforzarmi nel mio lavoro per Dio. Sono stato inoltre incoraggiato da numerose altre Scritture ed esempi dell'uomo pio, espressi nella Bibbia e in altre antiche storie (At. 8:4 ecc; 18:24,25; 1 Pi. 4.10; Ro. 12:6 - Fox:&nbsp;''Acts and Monuments'').<br/> <br/> 271) Perciò, sebbene io fossi tra tutti i santi uomini il più indegno, mi accinsi, sia pure con gran tremore e timore alla vista della mia debolezza, al mio lavoro, e, in conformità alle mie doti e alla misura della mia fede, mi misi a predicare quel santo Evangelo che Dio mi aveva palesato nella Parola di verità: e quando gli abitanti del luogo lo ebbero appreso, accorsero a centinaia per ascoltare, da tutte le parti, e di ogni condizione.<br/> <br/> 272) Ringrazio Dio per avermi dato una qualche capacità di compassione e pietà per le loro anime, che fra l'altro mi spinse a trovare, con gran diligenza e serietà, le parole adatte, con la benedizione di Dio, a prender possesso delle coscienze e a risvegliarle. Anche in questo il Signore rispettò il desiderio del suo servo: infatti non dovetti predicare a lungo prima che alcuni incominciassero ad essere toccati dalla Parola, e ad essere profondamente colpiti nell'apprendere la gravità dei loro peccati, e il loro bisogno di Gesù Cristo.<br/> <br/> 273) Ma in principio non potevo credere che Dio parlasse per mezzo mio al cuore di qualcuno, continuando a ritenermene indegno; tuttavia, quelli che venivano toccati dalle mie parole mi amavano, ed avevano un particolare rispetto per me; e sebbene cercassi di allontanare da me l'idea di essere l'autore del loro risveglio, essi lo dichiaravano e lo affermavano davanti ai santi di Dio, e per me (indegno miserabile che sono!) benedicevano Iddio, considerandomi un suo strumento che aveva mostrato loro la via della salvezza.<br/> <br/> 274) Perciò vedendoli così costanti sia a parole che con i fatti, e così ansiosi di conoscere Gesù Cristo, rallegrandosi che Dio mi avesse mandato sul loro cammino, incominciai a pensare che veramente Dio avesse ammesso ad operare per lui un povero sciocco come me; ed allora mi giunsero al cuore, recandomi un dolce sollievo, queste parole di Dio:&nbsp;''«Scendeva su di me la benedizione di chi stava per perire, facevo esultare il cuore della vedova»''&nbsp;(Gb. 29.13).<br/> <br/> 275) Ne fui enormemente rallegrato; e le lacrime di quelli che Dio aveva risvegliato con la mia predicazione costituirono per me conforto e incoraggiamento. Infatti pensavo a queste Scritture:&nbsp;''«Perché, se io vi rattristo, chi mi rallegrerà, se non colui che sarà stato da me rattristato?»''&nbsp;(2 Cor. 2.2); ed ancora:&nbsp;''«Se per altri non sono apostolo, lo sono almeno per voi; perché il sigillo del mio apostolato siete voi, nel Signore»''&nbsp;(1 Co. 9.2). Esse erano per me un'altra prova che Dio mi aveva chiamato a questa opera, ed in essa mi assisteva.<br/> <br/> 276) Durante la mia predicazione della Parola, io notai particolarmente che il Signore mi spingeva ad incominciare dove incomincia la Sua Parola con i peccatori, cioé, a condannare la carne, e a palesare che la maledizione di Dio, secondo la legge, è, a causa del peccato, di tutti gli uomini che vengono al mondo. Io eseguivo questa parte del mio compito con grande convinzione, poiché il terrore della Legge, e la colpa dei miei peccati, pesavano fortemente sulla mia coscienza. Io predicavo quello che sentivo, quello che dolorosamente provavo, quello per il quale la mia povera anima gemeva e tremava terribilmente.<br/> <br/> 277) In verità mi sentivo come se fossi stato mandato a loro dal regno dei morti; andavo, io stesso in catene, a predicare a loro in catene, recando nella mia coscienza quel fuoco dal quale cercavo di persuaderli a guardarsi. Posso onestamente dire, senza ipocrisia, che tutte le volte che mi sono accinto a predicare, sono andato pieno di colpa e di terrore fino alla porta del pulpito; e là ne sono stato riscattato, sentendomi spiritualmente libero sino al compimento della mia opera; e poi, immediatamente, ancor prima di scendere le scale del pulpito, sono ritornato quello di prima. Così Dio mi dirigeva, certamente con mano forte: infatti né la mia colpa né l'inferno potevano distrarmi dal mio compito.<br/> <br/> 278) Continuai così per due anni, denunciando i peccati degli uomini, e il terribile stato in cui si trovavano per colpa di essi. Dopo di che, il Signore visitò la mia anima conferendole pace e conforto attraverso Cristo: infatti, attraverso lui, mi concesse di fare molte dolci scoperte della sua santa grazia. Allora mutai il mio modo di predicare: fino a quel momento avevo predicato quello che vedevo e provavo, ora&nbsp;mi sforzavo di palesare al mondo Cristo in tutte le sue funzioni, relazioni e benefici; tentavo inoltre di scoprire, condannare e rimuovere quei falsi sostegni su cui il mondo si appoggia, con il risultato di cadere e andare in rovina. Su questo punto mi soffermai tanto a lungo che sull'altro.<br/> <br/> 279) Dopo di ciò, Dio mi guidò nel mistero dell'unione con Cristo: ed anche questo palesai ai fedeli. E quando ebbi percorso questi tre punti fondamentali della Parola di Dio, per la durata di quattro, cinque anni ed anche più,&nbsp;fui sorpreso nell'esercizio delle mie funzioni e gettato in prigione, dove rimasi altrettanto tempo, a confermare la verità per mezzo della sofferenza, così come prima l'avevo testimoniata, secondo le Scritture, per mezzo della predicazione.<br/> <br/> 280) Per grazia di Dio, durante il periodo della predicazione,&nbsp;spesso il mio cuore implorava da lui con grande serietà di voler rendere la Parola efficace per la salvezza dell'anima, e&nbsp;si affliggeva continuamente per timore che il nemico potesse estirparla dalla coscienza, e renderla così infeconda. Perciò mi sforzavo di predicare la Parola in modo tale che, per quanto possibile, si riferisse in particolare ad un peccato e alla persona colpevole di esso.<br/> <br/> 281)&nbsp;Alla fine della mia predicazione, mi veniva da pensare che la Parola sarebbe caduta come pioggia su un terreno pietroso; e desideravo con tutto il cuore che quelli che mi avevano appena udito parlare potessero vedere, come me, che cosa sono il peccato, la morte, l'inferno e la maledizione di Dio; ed inoltre, che cosa sono la grazia, l'amore e la misericordia di Dio attraverso Cristo, per quelli che, come loro, erano ancora lontani da lui. E veramente dicevo spesso dentro di me, al cospetto del Signore: «Se l'essere impiccato subito davanti ai loro occhi fosse un mezzo per risvegliarli, e rafforzarli nella verità, sarei lieto di sottopormici».<br/> <br/> 282) Durante la predicazione, specialmente quando ero impegnato nella dottrina della vita per mezzo di Cristo, indipendentemente dalle opere,&nbsp;era come se un Angelo del Signore stesse dietro alle mie spalle per incoraggiarmi; tutto era presente nella mia anima con tale potenza e celeste evidenza, mentre mi sforzavo di spiegarlo, di dimostrarlo, e di fissarlo nella coscienza degli altri, che non ero mai pago di parlare: mi sembrava di essere più sicuro, se mi è lecito esprimermi così, che quelle cose che allora asserivo erano assolutamente vere.<br/> <br/> 283)&nbsp;Quando la prima volta andai a predicare la Parola fuori, i Dottori e i preti del posto si schierarono apertamente contro di me; ma io ero deciso a non rendere ingiuria per ingiuria, bensì a vedere quanti dei loro adepti potevo convincere del loro infelice stato, secondo la legge del Signore, e della necessità che avevano di Cristo e dei suoi meriti; infatti pensavo :&nbsp;''«Così da ora innanzi la mia giustizia parlerà per me in tua presenza quando verrai ad accertare il mio salario: tutto ciò che non sarà macchiato o vaiolato fra le capre e nero tra gli agnelli, sarà rubato, se si troverà presso di me»''&nbsp;(Gen. 30.33).<br/> <br/> 284)&nbsp;Non mi ero mai curato di immischiarmi in controversie e dispute fra i Santi, specialmente quando si trattava di cose di poco conto; mentre mi piaceva molto combattere con gran serietà per la Parola della fede, e la remissione dei peccati per mezzo della morte e delle sofferenze di Gesù; però&nbsp;io decisi di lasciar perdere queste come altre cose, poiché sapevo che generavano dei conflitti, e poiché ero ben conscio che esse, fossero risolte o no, non ottenevano da Dio che ci facesse suoi; inoltre mi ero reso conto che la mia opera scorreva in un altro canale, cioè&nbsp;mirava a recare una parola di risveglio; perciò a questo mi dedicai tenacemente.<br/> <br/> 285) Io non ho mai tentato, né osato, servirmi delle esperienze di altri uomini (Ro. 15.18), pur non condannando tutti quelli che lo hanno fatto, poiché ho sempre pensato, per averlo esperimentato, che quello che mi era stato insegnato dalla Parola e dallo Spirito di Cristo poteva essere detto, asserito e sostenuto dalla coscienza più onesta e provata; ed anche se ora non voglio dire tutto quello che so a questo proposito, tuttavia la mia esperienza è legata al passo di Galati 1:11:12 [''"Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è opera d'uomo; perché io stesso non l'ho ricevuto né l'ho imparato da un uomo, ma l'ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo"''], più di quanto molti possano immaginare.<br/> <br/> 286) Se succedeva che qualcuno di quelli che erano stati risvegliati dal mio ministero ricadeva in errore (come troppi hanno fatto),&nbsp;posso dire in verità che la loro perdita mi era più gravosa che se uno dei miei figli, generato dal mio corpo, fosse andato a morte; penso veramente di poter dire che niente mi ha toccato più da vicino, eccetto il timore di perdere la salvezza della mia anima. Io facevo conto di avere bei palazzi e possedimenti nei luoghi dov'erano nati i miei figli, e il mio cuore era così pervaso della gloria di quest'opera eccellente, che mi consideravo più benedetto ed onorato da Dio per questo, che se, senza questo, mi avesse fatto Imperatore del mondo cristiano, o Signore di tutto lo splendore della terra! Oh, quelle parole :&nbsp;''«Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall'errore della sua via salverà l'anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati»''&nbsp;(Gm. 5:19,20);&nbsp;''«Il frutto del giusto è un albero di vita, e il saggio attira a sé le persone»''&nbsp;(Prov. 11.30);&nbsp;''«I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno»''&nbsp;(Dan. 12.3);&nbsp;''«Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand'egli verrà? Sì, certo, voi siete il nostro vanto e la nostra gioia»''&nbsp;(1 Ts. 2:19,20). Questi passi, insieme ad altri della stessa natura, mi sono stati di grande sollievo.<br/> <br/> 287)&nbsp;Ho osservato che, quando dovevo fare un lavoro per Dio, al principio era come se Dio stesso, scendendo sul mio spirito, mi indicasse il luogo in cui dovevo predicare; ho inoltre osservato che&nbsp;alcune anime in particolare si impadronivano fortemente<br/> del mio cuore, ed io mi sentivo particolarmente incitato a desiderare la loro salvezza; e quelle stesse anime, dopo la salvezza, sono state i frutti del mio ministero.&nbsp;Ho pure notato che una parola lasciata cadere qua e là ha avuto più efficacia in un sermone che tutte le altre parole pronunciate in esso; e talvolta,&nbsp;quando credevo di non aver fatto bene, avevo fatto benissimo, mentre altre volte, quando pensavo di aver afferrato l'attenzione degli ascoltatori, non concludevo niente.<br/> <br/> 288)&nbsp;Ho inoltre osservato che, quando c'era da agire sui peccatori, il Demonio incominciava a ruggire nei loro cuori, per bocca dei suoi servi.&nbsp;Sì, spesse volte quando il mondo infernale infuriava maggiormente, ci sono state più anime risvegliate dalla Parola: potrei citare i particolari, ma me ne astengo.<br/> <br/> 289) Il mio gran desiderio, nell'adempimento del mio ministero, era di penetrare nei luoghi più oscuri del paese, proprio in mezzo a quelli che erano più lontani dalla fede; e questo non perché non potessi sopportare la luce (poiché io non temevo di mostrare l'Evangelo a chicchessia), ma perché trovavo che il mio spirito era più incline ad un'opera di risveglio e conversione, e la Parola che io recavo propendeva soprattutto per questo:&nbsp;''«...avendo l'ambizione di predicare il vangelo là dove non era ancora stato portato il nome di Cristo, per non costruire sul fondamento altrui»''&nbsp;(Ro. 15:20).<br/> <br/> 290)&nbsp;Nella mia predicazione, sono stato veramente in travaglio, come se dovessi partorire figli a Dio; e non mi sentivo soddisfatto se non vedevo apparire qualche frutto del mio lavoro; se ero sterile, non mi importava chi mi encomiava; ma se ero fecondo, non mi curavo di chi mi condannava. Pensavo che&nbsp;''«Il saggio attira a sé le persone»''&nbsp;(Prov. 11.30); ed anche a questo: «''Ecco, i figli sono un dono che viene dal SIGNORE; il frutto del grembo materno è un premio. Come frecce nelle mani di un prode, così sono i figli della giovinezza. Beati coloro che ne hanno piena la faretra! Non saranno confusi quando discuteranno con i loro nemici alla porta»''&nbsp;(Sl. 127:3,4,5).<br/> <br/> 291)&nbsp;Non mi piaceva vedere le persone sorbirsi opinioni religiose, se sembravano ignoranti di Gesù Cristo, e del valore della loro salvezza, sicura condanna al peccato, specialmente di miscredenza; mentre&nbsp;un cuore che ardeva per essere salvato da Cristo, e anelava grandemente ad ottenere un'anima veramente santificata, era la cosa che mi faceva più piacere:&nbsp;infatti quelle erano le anime che consideravo benedette.<br/> <br/> 292) Ma anche in questo lavoro, come in tutti gli altri, io ebbi le mie tentazioni, e di genere diverso talvolta ero assalito da grande scoraggiamento, per il timore di non essere in grado di predicare la Parola con intento di edificazione, sì, di non essere capace di parlare con saggezza alla gente; ed in quelle occasioni il mio corpo veniva afferrato da una così straordinaria debolezza, che le gambe a stento mi portavano al luogo dove dovevo svolgere il mio compito.<br/> <br/> 293) Talvolta ancora, mentre predicavo, venivo violentemente assalito da pensieri blasfemi, ed ero fortemente tentato di pronunciarli ad alta voce davanti alla congregazione. Inoltre qualche volta, quando già avevo incominciato a predicare la Parola con chiarezza, evidenza, e facilità di espressione, prima della fine ero così accecato ed estraniato dalle cose che stavo dicendo, e così teso nel parlare e nell'esprimermi davanti alla gente, che era come se non sapessi o non ricordassi il mio argomento, o come se la mia testa fosse rinchiusa in un sacco per tutto il tempo del sermone.<br/> <br/> 294) Inoltre, quando talvolta predicavo su qualche punto scottante della Parola, trovavo il tentatore che mi suggeriva: «Come! Predichi questo? Questo ti condanna, di questo è colpevole la tua stessa anima; perciò non predicarlo, e se lo fai, mitigalo a tal punto da lasciarti una possibilità di scampo, altrimenti, invece di risvegliare gli altri, tu carichi la tua anima di quella colpa a tal punto che non te ne libererai più».<br/> <br/> 295) Ma ringrazio il Signore per essermi trattanuto dall'accondiscendere a questi orrendi suggerimenti, ed essermi, come Sansone, costretto con tutta la mia forza a condannare i peccati e le trasgressioni dovunque io li abbia incontrati, anche se così facendo ho caricato di colpe la mia coscienza:&nbsp;''«Che io muoia, pensavo, insieme ai Filistei»''&nbsp;(Gd. 16:29,30), piuttosto che trattare in maniera corrotta la Parola benedetta di Dio. «Tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso;&nbsp;è molto meglio che tu giudichi te stesso, predicando con franchezza agli altri, piuttosto che tu, per salvarti, imprigioni la verità disonestamente. Sia benedetto Iddio per l'aiuto che mi ha dato anche in questa occasione.<br/> <br/> 296) Mentre mi dedicavo a questa santa opera di Cristo, spesso sono stato anche tentato di cedere all'orgoglio e alla superbia; e, sebbene non osi dirlo, non ne sono stato contagiato, poiché il Signore, nella sua preziosa misericordia, ha condotto la cosa in modo che io, per la maggior parte dei casi, ho tratto pochissima soddisfazione dall'abbandonarmi a quei sentimenti. E' stato il mio destino quotidiano esser lasciato nel male del mio cuore, pur scorgendovi una tale moltitudine di corruzioni e di infermità da farmi chinare la testa sotto i miei doni e le mie realizzazioni: ho considerato questa spina nella mia carne (2 Co. 12:8.9) come vera misericordia di Dio nei miei confronti.<br/> <br/> 297) Oltre a questi, mi si sono presentati altri notevoli passi della Parola divina, contenenti delle acute e penetranti frasi che riguardano la distruzione dell'anima, nonostante i doni e le dotazioni personali; per esempio, questa mi è stata di grande utilità:&nbsp;''«Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla»''&nbsp;(1 Cor. 13.1,2).<br/> <br/> 298) Un cembalo squillante è uno strumento musicale con il quale un abile suonatore può produrre una musica così melodiosa che infiamma i cuori, e fa sì che tutti quelli che la sentono possono a stento trattenersi dal danzare; eppure, vedete che il cembalo non ha vita, e neppure produce musica, se non è per l'arte di quello che lo suona; cosicché lo strumento alla fine può perdere valore e andare in rovina, anche se in tempi passati ha prodotto una musica tanto bella.<br/> <br/> 299) Io sapevo che sarebbe stato esattamente così per quelli che hanno il dono, ma mancano della grazia salvatrice; essi sono nelle mani di Cristo, come il cembalo nelle mani di Davide; e come Davide poteva produrre con il cembalo tanta gioia al servizio di Dio, da elevare i cuori dei fedeli, così Cristo può servirsi di questi uomini dotati, e con essi toccare le anime alla sua gente in Chiesa, e poi, quando tutto è finito, lasciarli cadere senza vita, sebbene siano stati cembali squillanti.<br/> <br/> 300) Questa considerazione, insieme ad alcune altre, era come una mazza sul capo dell'orgoglio e del desiderio di vana gloria: «Come, pensavo, sono orgoglioso perché sono un bronzo che suona? È così importante essere un violino? Forse che la più bassa creatura dotata di vita non ha più Dio in sé che quegli strumenti?». Inoltre ben sapevo che l'amore non sarebbe mai morto, orgoglio e vanagloria erano destinati a finire e a svanire; cosicché concludevo che un po' di grazia,un po' d'amore, un po' di vero timor di Dio, erano meglio di tutti gli altri doni. Sono pienamente convinto che è possibile che un'anima, che a stento sa dare una risposta, e per di più in maniera abitualmente confusa, dicevo che è possibile che abbia mille volte più grazia, e godere di più dell'amore e del favore del Signore, che coloro i quali, in virtù del dono del sapere, si esprimono come Angeli.<br/> <br/> 301) Perciò giunsi a rendermi conto che, sebbene i doni in se stessi siano buoni per la cosa per la quale sono destinati, cioè l'edificazione degli altri, sono tuttavia vuoti e privi del potere di salvare l'anima di chi li possiede, se essi sono soli; e come tali non sono il segno della felicità di un uomo, essendo soltanto una concessione di Dio ad alcuni, che dovranno, quando sarà trascorsa una parte di vita, rendere conto dell'uso che ne avranno fatto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti.<br/> <br/> 302) Mi fu anche dimostrato che se i doni sono soli, sono dannosi, non in se stessi, ma a causa dei mali in cui incorrono quelli che li possiedono, e cioè, orgoglio, desiderio di vana gloria, presunzione, ecc, che facilmente si gonfiano all'applauso e alla luce di un qualunque cristiano sprovveduto, con il rischio di cadere nella condanna del demonio.<br/> <br/> 303) Perciò comprendevo che era necessario che chi possedeva i doni tenesse ben presente la loro natura, cioè che essi evitano di porlo in una sicura condizione di salvezza, per timore che egli si riposi su di essi, e si privi così della grazia di Dio.<br/> <br/> 304) Egli ha inoltre motivo di procedere in umiltà con Dio, e di essere piccolo ai suoi occhi, ed insieme ricordare che i suoi doni non appartengono a lui, bensì alla Chiesa; e che per mezzo loro egli è diventato un servo della Chiesa, e che alla fine deve rendere conto della sua gestione al Signore Gesù; e poter rendere un buon conto, sarà una cosa santa!<br/> <br/> 305) Perciò tutti gli uomini siano moderati dal timor di Dio: i doni invero sono desiderabili, tuttavia una grande grazia accompagnata da piccoli doni è meglio di grandi doni con nessuna grazia. Non è detto che il Signore dispensi doni e gloria, bensì dispensa grazia e gloria! E sia benedetto colui al quale il Signore concede la grazia, la vera grazia, poiché essa è la vera messaggera della gloria.<br/> <br/> 306)&nbsp;Ma quando Satana si accorse che le sue tentazioni e i suoi assalti contro di me non rispondevano ai suoi disegni, cioè di demolire il mio ministero e renderlo vano agli scopi che si prefiggeva, tentò un altro modo: eccitare gli animi degli ignoranti e dei malevoli a coprirmi di calunnie e rimproveri: ora posso dire che quello che il Demonio potè escogitare, e i suoi strumenti poterono inventare, fu fatto turbinare su e giù per il paese contro di me, pensando, come ho già detto, che con quei mezzi sarebbero riusciti a farmi abbandonare il mio ministero.<br/> <br/> 307) Si cominciò allora a vociferare tra la gente che ero un mago, un gesuita, un bandito, e altre cose del genere.<br/> <br/> 308) In risposta a tutto ciò, dirò soltanto: Dio sa che sono innocente. E quanto ai miei accusatori, vedano di incontrarmi davanti al tribunale del Figlio di Dio, per rispondere di tutte queste cose, oltre alle altre loro iniquità, a meno che Dio non conceda loro il pentimento dei loro peccati; e per questo io prego con tutto il cuore.<br/> <br/> 309) Ma quello che veniva riferito con la più sfacciata sicurezza, era che io avevo delle amanti, delle sgualdrine, dei bastardi, sì, due mogli alla volta, e cose del genere. Ora di queste calunnie, come delle altre, io mi vanto, in quanto nient'altro che calunnie, stolte o malvage menzogne, e falsità gettate su di me dal Demonio e dal suo seme; e se non fossi stato trattato con tanta malvagità dal mondo, avrei chiesto un segno a un Santo e al Figlio di Dio:&nbsp;''«Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi»''&nbsp;(Mt. 5.11).<br/> <br/> 310) Perciò queste cose sul mio conto non mi turbano, sebbene esse siano state allora venti volte maggiori di quanto non siano ora. Ho la coscienza pulita, e poiché parlano male di me, come di un malfattore, si dovranno vergognare di aver falsamente accusato il mio discorso con Cristo.<br/> <br/> 311) Che mai dirò a quelli che mi hanno così insudiciato? Devo minacciarli? Devo rimproverarli? Devo adularli? Devo pregarli di trattenere le loro lingue? No, se non fosse che queste cose rendono maturi per la dannazione quelli che ne sono autori e complici, direi loro «Riferitele!» poiché questo aumenterebbe la mia gloria.<br/> <br/> 312) Consideravo queste menzogne e calunnie sul mio conto come un ornamento: fa parte della mia professione cristiana essere vilipeso, calunniato, rimproverato ed insultato; e poiché così mi testimoniano il mio Dio e la mia coscienza, gioisco dei biasimi che ricevo per amor di Dio.<br/> <br/> 313) Io chiamo stolti o malvagi quelli che si sono adoperati ad affermare le cose suddette sul mio conto, e precisamente che mi sono comportato male con altre donne, o cose del genere, perché quand'anche con ogni possibile sforzo indagassero per raccogliere prove sicure contro di me, non troverebbero una sola donna in Cielo, in terra o all'inferno, che possa dire che io, in un posto o in una occasione qualsiasi, di giorno o di notte, abbia mai tentato di comportarmi male con lei. Forse che parlo così per ottenere dai miei nemici che abbiano buona stima di me? No, assolutamente. Non chiedo riparazione alcuna: che mi crediate o no, per me è la stessa cosa.<br/> <br/> 314) I miei nemici hanno mancato l'obbiettivo sparando contro di me. Non sono io quell'uomo, ed auguro a loro di essere innocenti. Se tutti i fornicatori e gli adulteri d'Inghilterra dovessero essere appesi al collo fino a morire, John Bunyan, l'oggetto della loro invidia, continuerebbe a star bene e a vivere. Non so neppure se esista sotto la volta del Cielo, oltre a mia moglie, un'altra donna, se non per suoi abiti, i suoi figli, o per reputazione comune.<br/> <br/> 315) In questo ammiro la saggezza di Dio, che mi ha reso schivo verso le donne fin dall'inizio della mia conversione. Quelli che sono stati in stretta familiarità con me, sanno bene, e me ne possono rendere testimonianza, che è molto raro vedermi comportare galantemente con una donna; io aborro l'uso comune di baciare una donna per salutarla, mi è odioso, chiunque lo pratichi. Solo della loro compagnia non posso fare a meno. Raramente tocco la mano di una donna, poiché penso che questo genere di cose non mi si addica. Quando ho visto degli uomini pii salutare in quel modo le donne che avevano visitato, o che li avevano visitati, spesso ho sollevato le mie obbiezioni; e quando hanno risposto che era solo un tratto di cortesia, ho detto loro che non è comunque un comportamento conveniente; altri invero hanno addotto il motivo del bacio religioso, ed allora io ho chiesto loro perché facevano delle eccezioni, perché salutavano le più belle e trascuravano le meno dotate. Così, quanto sembravano lodevoli agli occhi degli altri tali abitudini, tanto sembravano sconvenienti ai miei.<br/> <br/> 316) Ed ora, per concludere questo argomento, invito non solo gli uomini, ma anche gli Angeli, a provare che sono colpevole di aver rapporti carnali con altre donne, oltre a mia moglie; ed inoltre, non temo neppure, sapendo che non posso offendere il Signore, di chiedere a Dio di testimoniare sull'innocenza della mia anima a questo riguardo. Non che io mi sia trattenuto da tale peccato perché la mia natura è migliore di quella di qualcun'altro, ma perché Dio è stato misericordioso con me, e mi ha trattenuto lui; ed io lo prego di continuare a tenermi lontano non solo da questa, ma da ogni altra cattiva abitudine o azione, e di conservarmi per il suo regno celeste. Amen.<br/> <br/> 317) Ed oltre al fatto che Satana cercò con biasimi e calunnie di rendermi abbietto presso i miei compaesani, per fare in modo, se possibile, di rendere la mia predicazione inefficace, si aggiunse una lunga e fastidiosa reclusione, per scoraggiarmi dal mio servizio di Cristo, e per spaventare il mondo, e renderlo timoroso di ascoltarmi; su tutto questo riferirò brevemente nel prossimo capitolo.&nbsp; &nbsp; &nbsp;
<br/> 229) Ma un giorno, mentre camminavo in un campo, con la coscienza oppressa dal timore che non tutto fosse giusto, improvvisamente la mia anima fu colpita da questa frase: «La tua giustizia è nei Cieli»; e contemporaneamente, mi parve di vedere con gli occhi dell'anima Gesù Cristo alla destra di Dio, che rappresentava la mia giustizia; cosicché, qualunque cosa io fossi o facessi, Dio non poteva dire di me: «Gli manca la mia giustizia», poiché essa gli stava accanto. Inoltre io vidi che non era la buona natura del mio cuore che rendeva migliore la mia rettitudine e neppure la mia cattiva natura che peggiorava la mia rettitudine; poiché la mia giustizia era lo stesso Gesù Cristo che:&nbsp;''«è lo stesso ieri, oggi e in eterno»''&nbsp;(Eb. 13:8).<br/> <br/> 230) Ora le mie gambe erano sciolte dalle catene, ed io ero liberato dai miei tormenti e dai miei ceppi; e anche le tentazioni si allontanavano; cosicché da quel momento, quelle terribili Scritture di Dio smisero di tormentarmi; ed io mi diressi verso casa rallegrandomi per la grazia e l'amore di Dio. Quando giunsi a casa, guardai se potevo trovare quella frase « la giustizia è nei Cieli »; ma non riuscii a trovarla, ed allora il mio cuore ricominciò ad abbattersi; mi venne solo alla mente quest'altra frase:&nbsp;''«Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione»''&nbsp;(1 Cor. 1:30). Da queste parole io dedussi che anche l'altra frase era autentica.<br/> <br/> 231) Da quest'ultima citazione biblica appresi che l'Uomo Gesù Cristo, come è distinto da noi per quanto riguarda la sua presenza fisica, così è la nostra giustizia e santificazione davanti a Dio; perciò io vissi per un po' di tempo in dolce pace con Dio, per mezzo di Cristo. Oh, Cristo. Cristo! Mi sembrava che non ci fosse altri che Lui ai miei occhi: e non mi limitavo a considerare separatamente questo e quell'altro beneficio di Cristo, come quello del suo sangue e risurrezione, ma lo consideravo in tutta la sua pienezza! Come colui nel quale si incontravano queste e tutte le altre virtù, funzioni e attività, e come colui che sedeva alla destra di Dio nei Cieli.<br/> <br/> 232) Era meraviglioso per me vedere la sua esaltazione, e il valore e la supremazia di tutti i suoi benefici, e per questa ragione: che ora io potevo guardare da me a lui, e consideravo tutte quelle grazie di Dio che ora erano acerbe in me, come quegli spiccioli che i ricchi portano nella borsa, mentre il loro oro è a casa negli scrigni. Oh, comprendevo che il mio oro era a casa nello scrigno, in Cristo mio Signore e Salvatore! Ora Cristo era tutto: tutta la mia sapienza, la mia giustizia, la mia santificazione, la mia redenzione.<br/> <br/> 233) Inoltre, il Signore mi condusse anche a penetrare il mistero della unione con il Figlio di Dio: io ero legato a lui, ero carne della sua carne, ossa delle sue ossa; ed ora mi suonavano dolci quelle parole del passo di Efesini 5:30. In esse trovò maggior conferma in me la mia fede in lui, così come la mia rettitudine; poiché se lui ed io eravamo una cosa sola, allora la sua rettitudine era la mia, i suoi meriti erano i miei, ed anche la sua vittoria era la mia. Ora potevo vedermi contemporaneamente in Cielo e in terra: in Cielo per mezzo del mio Cristo, del mio capo, della mia giustizia e della mia vita; sulla terra per mezzo del mio corpo e della mia persona.<br/> <br/> 234) A questo punto io constatavo che Gesù Cristo era considerato da Dio, e doveva essere considerato anche da noi, come quella persona comune o pubblica, nella quale doveva essere riconosciuto tutto il corpo dei suoi eletti, poiché per mezzo suo noi abbiamo adempiuto alla legge, siamo risuscitati da morte, abbiamo ottenuto la vittoria sul peccato, sulla morte, sul demonio, sull'inferno. Quando egli è morto, noi siamo morti; e la stessa cosa è accaduta con la sua resurrezione :&nbsp;''«Rivivano i tuoi morti! Risorgano i miei cadaveri! Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere! Poiché la tua rugiada è rugiada di luce, e la terra ridarà alla vita le ombre»''&nbsp;(Is 26:19); ed ancora:&nbsp;''«In due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza»''&nbsp;(Os. 6:2); e questo è realizzato dal fatto che il Figlio dell'Uomo siede alla destra della Maestà che sta nei Cieli. Ed ancora, secondo Efesini 2:6:&nbsp;''«ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù»''.<br/> <br/> 235) Tutte queste benedette Scritture, insieme a molte altre di natura simile, in quei giorni furono fatte risplendere davanti ai miei occhi, cosicché io ho motivo di esclamare:&nbsp;''«Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nella distesa dove risplende la sua potenza. Lodatelo per le sue gesta, lodatelo secondo la sua somma grandezza»''&nbsp;(Sl. 150:1,2).<br/> <br/> 236) Dopo avervi così dato, in poche parole, un assaggio del dolore e del tormento a cui fu sottoposta la mia anima per la colpa e il terrore che mi infliggeva quel mio empio pensiero; e dopo avervi anche dato un cenno della mia liberazione da esso, e del dolce e benedetto conforto che ne derivò (questo conforto dimorò nel mio cuore per dodici mesi, con mio ineffabile stupore), voglio ora, a Dio piacendo, prima di procedere, dirvi in poche parole quale, secondo me, fu la causa di quella tentazione; e, dopo di essa, quale vantaggio derivò infine alla mia anima.<br/> <br/> 237) Quanto alle cause, io ritenevo che fossero principalmente due, e per tutto il tempo fui profondamente convinto che per colpa di esse io ero afflitto e tormentato. La prima era che, quado ero stato liberato dalla prima tentazione, non avevo pregato incessantemente Dio di tenermi lontano dalle tentazioni successive: infatti, sebbene io possa dire in verità che la mia anima si dedicava molto alla preghiera prima che fossi sottoposto a quella prova, tuttavia pregavo soltanto, o per lo più, per l'allontanamento dei tormenti presenti, e pe fare nuove scoperte dell'amore di Cristo : il che, come scoprii in seguito, non era sufficiente. Avrei dovuto anche pregare perché il gran Dio mi tenesse lontano dal male che doveva venire.<br/> <br/> 238) Di ciò io fui fatto consapevole dalla preghiera del santo Davide, il quale, anche quando si trovava in stato di misericordia, continuava a pregare Dio di tenerlo lontano dal peccato e dalla tentazione a venire:&nbsp;''"Trattieni inoltre il tuo servo dai peccati volontari, e fa' che non prendano il sopravvento su di me; allora sarò integro e puro da grandi trasgressioni"''&nbsp;(Salmo 19.13). Proprio da queste parole sono stato accusato e condannato, attraverso la mia lunga tentazione.<br/> <br/> 239) C'erano anche altre parole che mi condannavano per essere stato così folle da aver trascurato questo dovere:&nbsp;''«Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno»''&nbsp;(Eb. 4:16) la qual cosa io non avevo fatto, e perciò mi era toccato di peccare e di cadere, secondo quanto è scritto «Prega di non essere indotto in tentazione». E in verità questa cosa mi è di tal peso e preoccupazione, che non oso, quando mi presento davanti al Signore, cadere in ginocchio, finché non ho implorato da lui aiuto e misericordia contro le tentazioni a venire; e ti supplico, o lettore, di imparare a guardarti da una negligenza come la mia, per il tormento che io, a causa di essa, dolorosamente subii per giorni, mesi ed anni.<br/> <br/> 240) Un'altra causa di quella tentazione era che io avevo sfidato Dio, e precisamente in questo modo: mia moglie attendeva un figlio, e prima che fosse compiuto il tempo, le accadde di avere dei dolori acuti e terribili, come se fosse stata in travaglio, e stesse per avere un parto prematuro; ora, proprio a quel tempo, io ero stato fortemente tentato a mettere in discussione l'esistenza di Dio; perciò, mentre mia moglie giaceva gemendo accanto a me, io dissi con tutta la segretezza immaginabile, dentro di me: «Signore, se tu non libererai mia moglie da questo triste tormento, e non farai sì che non ne sia più afflitta questa notte [in quel momento i dolori l'avevano di nuovo aggredita], allora saprò che tu non puoi percepire i più segreti pensieri del cuore».<br/> <br/> 241) Avevo appena pronunciato queste parole fra di me, che mia moglie fu liberata dal dolore, e cadde in un sonno profondo che durò fino al mattino; e di ciò io mi meravigliai grandemente, non sapendo che cosa pensare. Ma dopo esser stato sveglio per un po', e aver sentito che mia moglie non si lamentava più, anch'io mi addormentai; e quando al mattino mi svegliai, mi ritornò tutto alla mente, anche quello che avevo detto dentro di me la notte precedente, e come il Signore mi aveva dimostrato che conosceva i miei segreti pensieri: e questo fu per me oggetto di grande stupore per molte settimane.<br/> <br/> 242) Ebbene, dopo circa un anno e mezzo, quell'empio e peccaminoso pensiero, di cui ho già parlato, attraversò il mio empio cuore: «Lascia che Cristo vada, se vuole»; cosicché, quando fui caduto in colpa per questo, il ricordo dell'altro mio pensiero, e del suo effetto, mi afferrò con questa risposta di rimando, che recava biasimo con sé: «Ora puoi vedere che Dio conosce i più segreti pensieri del cuore! ».<br/> <br/> 243) Ed inoltre, fui afferrato anche da quel passo che parla di quanto accadde fra il Signore e il suo servo Gedeone; come Gedeone sfidò Dio con il suo vello, bagnato ed asciutto, quando avrebbe dovuto credere e fidarsi della sua parola; perciò il Signore in seguito lo mise alla prova, tanto da mandare contro di lui una numerosissima schiera di nemici e, apparentemente, senza conferirgli forza o aiuto. (Giudici 6 e 7). Così egli mi punì, e giustamente, poiché io avrei dovuto prestar fede alla sua parola, e non porre un «se» alla onniveggenza di Dio.<br/> <br/> 244) Ed ora voglio esporvi qualcuno dei vantaggi che io ottenni da questa tentazione: primo, per mezzo suo io giunsi a possedere continuamente nell'anima un meraviglioso senso dell'esistenza e della gloria di Dio, e del suo diletto Figlio. Nella tentazione precedente, la mia anima era confusamente in preda a scetticismo, empietà, durezza di sentimenti, dubbi sull'esistenza di Dio, di Cristo, sulla verità del Verbo, e sulla certezza del mondo a venire; intendo dire che allora ero fortemente assalito e tormentato dall'ateismo; ma ora il caso era diverso, ora Dio e Cristo erano continuamente davanti a me, sebbene non a titolo di conforto, ma di smisurato terrore. La gloria della santità di Dio mi straziava, le viscere e la compassione di Cristo mi dilaniavano come se fossi stato sulla ruota: infatti non potevo considerarlo se non come un Cristo perduto e respinto, il ricordo del quale mi straziava continuamente le ossa.<br/> <br/> 245) Ora anche le Scritture erano cose meravigliose per me; mi rendevo conto che la loro verità e la loro realtà erano le chiavi del regno dei Cieli: quelli che sono preferiti dalle Scritture, erediteranno il regno dei Cieli; ma quelli che da esse sono opposti e condannati devono morire per sempre. Oh, le parole «Poiché le Scritture non possono essere infrante» mi straziavano il cuore, come quelle altre «Saranno rimessi i peccati di coloro i cui peccati rimetterai, e conservati i peccati di coloro i cui peccati conserverai». Ora io vedevo che gli Apostoli erano gli anziani della città del rifugio (Gs. 20:4): quelli che vi fossero ricevuti, sarebbero stati restituiti alla vita; ma quelli che fossero chiusi fuori, sarebbero stati uccisi dal vindice di sangue.<br/> <br/> 246) Una frase delle Scritture tormentava ed atterriva maggiormente il mio spirito, intendo fra quelle che stavano contro di me (come talvolta mi sembrava che ciascuna di loro facesse), più, in verità, di un esercito di 40.000 uomini che avesse potuto venirmi contro. Guai a colui contro il quale si volgono le Scritture.<br/> <br/> 247) Dalla mia tentazione io ero condotto a penetrare più profondamente che mai dentro la natura della promessa: infatti, ora che giacevo tremante sotto la possente mano di Dio, continuamente straziato dai tuoni della sua giustizia, scorrevo ogni pagina della Bibbia con estrema cura ed attenzione, e con grande serietà; e con molta diligenza mista a tremore ne consideravo ogni frase in tutta la sua forza ed ampiezza.<br/> <br/> 248) A causa di questa tentazione, inoltre, perdetti la mia sciocca abitudine di allontanare da me la Parola della promessa quando mi veniva alla mente. Infatti ora, sebbene non potessi succhiare dalla promessa dolcezza e conforto, come avevo fatto in altre occasioni, tuttavia, come chi sta per affogare, mi aggrappavo a tutto quello che vedevo; prima pensavo di non poter avere a che fare con la promessa, a meno che non ne sentissi il conforto; ma ora non c'era tempo per questo, il vindice di sangue mi stava incalzando troppo.<br/> <br/> 249) Perciò ora ero lieto di aggrapparmi a quelle parole, che finora avevo temuto di non aver il diritto di possedere; ed anche di penetrare nel profondo di quella promessa, che finora avevo temuto che sbarrasse la strada al mio cuore. Inoltre mi sforzavo di accettare la Parola così come Dio lo aveva esposto, senza limitarne la naturale forza neppure di una sillaba. Oh, quante cose vedevo ora in quel benedetto sesto passo di Giovanni:&nbsp;''«Colui che viene a me, non lo caccerò fuori»!''&nbsp;(Gv. 6:37). Ora incominciavo a pensare fra di me che Dio aveva una bocca con cui parlare più grande di quanto non fosse la mente con cui ragionavo; ed inoltre mi rendevo conto che egli non pronunciava le sue parole in fretta o con irriflessivo entusiasmo, ma con infinita giustizia, e in assoluta verità (2 Sa. 7:28).<br/> <br/> 250) In quei giorni, anche fra i più grandi tormenti, mi muovevo faticosamente verso la promessa (come fanno i cavalli su un terreno pesante, trascinandosi nel fango), concludendo, sia pure come uno privato del senno per la paura, che su questo brano mi sarei fermato, ed avrei lasciato la conclusione al Dio del Cielo che ne era l'autore. Oh, quanti attacchi dovette subire il mio cuore da parte di Satana per quel benedetto sesto capitolo di Giovanni; ora io non cercavo principalmente conforto, come avevo fatto altre volte (per quanto lo avrei accolto con immenso piacere), ma cercavo affannosamente una parola soprattutto, una parola su cui appoggiare un'anima stanca, per non sprofondare per sempre.<br/> <br/> 251) Spesso, quando mi rivolgevo alla promessa, mi sembrava che il Signore respingesse la mia anima per sempre: mi sentivo sovente come se fossi caduto sulle spine, e come se il Signore si fosse lanciato su di me con una spada fiammeggiante, per tenermi lontano da lui. Allora pensavo ad Esther, che era andata a supplicare il re in contrasto con la legge (Ester 16). Pensavo anche ai servi di Ben-Adad, che andarono dai loro nemici per implorare misericordia con il collo recinto di corde (1 Re 20:31); ed inoltre, la donna di Canaan, che non fu scoraggiata nemmeno dopo essere stata chiamata «cane» da Cristo (Mt. 15:22 ecc.), e l'uomo che andò a chiedere in prestito il pane a mezzanotte (Lu. 11:5,6,7,8, ecc.) costituivano per me motivo di grande incoraggiamento.<br/> <br/> 252) Non conobbi mai tanti alti e bassi nella grazia, nell'amore e nella misericordia, come dopo questa tentazione: i grandi peccati provocano grande misericordia; e dove la colpa è più terribile e feroce, là appare più alta e possente la misericordia di Dio in Cristo, quando si palesa all'anima. Quando Giobbe fu riscattato dalla cattività,&nbsp;''"gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto"''&nbsp;(Gb. 42:10 ). Sia benedetto Dio per Gesù Cristo, nostro Signore. Potrei mettere in evidenza molte altre cose, ma, per essere breve, per questa volta le ometterò; e prego Iddio che i miei mali incutano in altri il timore di peccare, se non vogliono essere costretti a subire, come me, il giogo di ferro. Due o tre volte, in prossimità di essere liberato dalla mia tentazione, ebbi delle percezioni della grazia di Dio talmente singolari, che a stento riuscii a sopportarne il peso : era una sensazione così straordinaria e sorprendente, quando stava per raggiungermi, che, se fosse durata a lungo, credo che mi avrebbe reso incapace di lavorare.<br/> <br/> 253) Ora continuerò, riferendovi gli altri rapporti che il Signore ebbe con me in diverse altre occasioni, ed inoltre le tentazioni in cui mi imbattei. Incomincerò con quella che ebbi quando per la prima volta presi parte alle riunioni della gente di Bedford. Dopo che io ebbi esposto alla comunità di fedeli il mio desiderio di procedere con loro secondo i sistemi e i riti di Cristo, e dopo che fui ammesso fra di loro, mentre pensavo a quel santo rito di Cristo che fu l'ultima cena con i suoi discepoli prima della morte, il passo 22:19 di Luca «Fate questo in memoria di me » mi diventò enormemente prezioso; infatti per mezzo suo il Signore entrò nella mia coscienza con la scoperta della sua morte per i miei peccati, e fu, come allora mi sembrò, come se mi immergesse nel merito di essa. Ma badate, non ero da molto partecipe di quel rito, che fui assalito da certe feroci e tristi tentazioni, sia di bestemmiare quel rito, che di augurare del male e quelli che se ne nutrivano; tanto che, per non essere in ogni momento colpevole di acconsentire a questi empi e terribili pensieri, ero costretto ad implorare continuamente da Dio di tenermi lontano da tale empietà; ed inoltre a scongiurare Dio di benedire il pane e il vino mentre passavano di bocca in bocca; da allora penso che la ragione di questa tentazione sia che io non mi accinsi subito, con la dovuta riverenza, a partecipare a questo rito.<br/> <br/> 254) Continuai così per tre quarti di un anno, senza poter avere mai riposo e sollievo. Ma alla fine il Signore scese sulla mia anima con quella stessa Scrittura dalla quale ero già stato visitato; ed in seguito fui felicemente partecipe di quel benedetto rito, e vi percepii che il corpo del Signore era stato torturato per i miei peccati, e che il suo prezioso sangue era stato versato per le mie trasgressioni.<br/> <br/> 255) Un tempo io avevo una certa disposizione verso la tisi, tanto che, intorno ad una primavera, fui colto all'improvviso da una gran debolezza fisica, a tal punto che pensavo che non sarei sopravvissuto. Allora presi a fare un serio esame del mio stato e della mia condizione futura, e delle prove che possedevo per quel benedetto mondo a venire: infatti, e sia lodato il nome di Dio, mi è stato abituale sempre, ma specialmente nei periodi tormentati, sforzarmi di tener ben presente il mio interesse per la vita futura.<br/> <br/> 256) Ma avevo appena incominciato a richiamare alla memoria le mie precedenti esperienze della bontà di Dio nei confronti della mia anima, che mi si affollò alla mente una innumerevole serie di peccati e trasgressioni, fra i quali, quelli che a quel tempo mi tormentavano di più erano: la mia indifferenza, la mia lentezza e freddezza nei confronti dei doveri religiosi, le mie distrazioni, la mia insofferenza verso tutte le cose buone, la mia mancanza d'amore verso Dio, le sue vie, la sua gente; e, alla fine di tutto, questo pensiero: «Sono questi i frutti del Cristianesimo? Sono questi i segni di un uomo santo.<br/> <br/> 257) Alla percezione di tutte queste cose, il mio malessere raddoppiò, poiché ora ero anche ammalato interiormente, e la mia anima era nelle pastoie della colpa; ora anche la mia precedente esperienza della bontà di Dio mi era sottratta dalla mente, e nascosta come se non fosse mai esistita e non l'avessi mai provata. La mia anima era premuta fra queste due considerazioni : «Vivere non devo, morire non oso». Sentivo che il mio spirito precipitava, e mi sembrava che tutto fosse perduto; ma, mentre camminavo sù e giù per la casa, in uno stato miserando, queste parole di Dio presero possesso del mio cuore:&nbsp;''«Voi siete giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù»''&nbsp;(Ro. 3:24). E quale servizio mi resero!<br/> <br/> 258) Mi sembrava di essere stato svegliato da un sonno e da un sogno penosi, e, ascoltando questa frase celeste, mi pareva di sentirla interpretata per me in questo modo: «Peccatore, tu pensi che, a causa dei tuoi peccati e debolezze, io non possa salvare la tua anima; ma vedi, il mio figlio è presso di me, ed io guardo a lui, non a te, e tratterò con te in considerazione di lui». Questo mi illuminò molto la mente, e mi fece comprendere che Dio poteva perdonare un peccatore in ogni momento; si trattava solo di guardare a Cristo, ed attribuire a noi i suoi meriti, ed era tutto fatto.<br/> <br/> 259) E mentre stavo così meditando, quest'altra Scrittura si impadronì fortemente del mio spirito «Egli allora ci ha salvati, e non per merito delle opere di giustizia che potevamo aver fatto, ma per la sua misericordia» (2 Tim, 1.9 - Tito 3.5).<br/> <br/> Ora io mi sentivo un altro: mi vedevo tra le braccia della grazia e della misericordia; e sebbene prima temessi di pensare all'ora della morte, ora gridavo: «Fammi morire»; ora la morte era bella e piacevole ai miei occhi, poiché comprendevo che noi non vivremo veramente finché non saremo nell'altro mondo mi sembrava che questa vita non fosse altro che un dormiveglia in confronto all'altra. Inoltre, a quel tempo io riuscii a vedere nelle parole «eredi di Dio» (Ro. 8:17), più di quanto non potrò mai esprimere finché vivrò in questo mondo: «eredi di Dio!». Dio stesso è un'eredità dei santi: di questo mi rendevo conto con stupore, non so dirvi quanto.<br/> <br/> 260) Di nuovo, mentre in un'altra occasione mi trovavo ad essere molto malato e debole, il tentatore mi assalì duramente (io trovo che egli tende ad assalire un uomo quando sta per avvicinarsi alla morte : questa è la sua grande occasione), cercando con ogni mezzo di tenermi nascosta la mia precedente esperienza della bontà di Dio; ed inoltre, prospettandomi i terrori della morte e del giudizio di Dio: tanto che a quel tempo, per il timore di smarrirmi per sempre (se fossi morto in quel momento), mi sentivo morto prima ancora che sopraggiungesse la fine, e mi sembrava di stare già discendendo nell'abisso. Mi pareva che non ci fosse per me altra via che l'inferno; ma badate, proprio mentre mi trovavo nel mezzo di questi timori, piombarono su di me le parole degli Angeli che recavano Lazzaro in seno ad Abramo, come per dire: « Così sarà per te quando lascerai questo mondo ». Ciò rianimò dolcemente il mio spirito, e mi aiutò a sperare in Dio. E quando ebbi per un po' meditato su tutto questo, caddero su di me con gran possanza queste parole bibliche:&nbsp;''«O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?»''&nbsp;(1 Co. 15:55). Al che, io mi sentii subito bene nel corpo e nello spirito; infatti la mia malattia svanì di colpo, ed io procedetti confortevolmente nella mia opera per Dio.<br/> <br/> 261) Un'altra volta, sebbene io fossi stato fino a quel momento in condizioni di spirito buone e confortevoli, improvvisamente mi piombò addosso una gran nube di oscurità, che mi nascose a tal punto le cose di Dio e di Cristo, che mi sembrava di non averle mai viste né conosciute nella mia vita; ero così devastato, e in una disposizione di spirito così insensibile, che non riuscivo a sentire la mia anima muoversi o sollevarsi sotto l'impulso della grazia e della vita per mezzo di Cristo; mi sentivo come se le mie reni fossero spezzate, e le mie mani e i miei piedi fossero legati e costretti da catene. Allora sentii anche che la mia persona fisica cadeva in preda ad una grande debolezza, il che rese l'altro tormento ancor più pesante e spiacevole.<br/> <br/> 262) Dopo essere stato in questa condizione per tre o quattro giorni, improvvisamente, mentre sedevo accanto al fuoco, sentii risuonarmi nel cuore queste parole: «Devo accostarmi a Gesù». Al che la mia oscurità e il mio ateismo si dileguarono, e le sante cose del Cielo si palesarono ai miei occhi. Mentre ero sopraffatto dalla meraviglia, «Moglie, dissi, c'è una Scrittura che dice: «Devo accostarmi a Gesù». Ella mi rispose che non sapeva, perciò io mi misi a pensare se potevo ricordarmi quel passo; e non erano ancora passati due o tre minuti, che caddero su di me queste parole: «E alle miriadi degli Angeli», ed insieme il passo degli Ebrei che parla del monte Sion (Eb. 12:22,23,24).<br/> <br/> 263) Allora dissi a mia moglie, con gioia: «Ora so, ora so!»; e quella fu una buona sera per me, come ne avevo avuto poche. Incominciai a desiderare la compagnia di alcuni fedeli, per poter impartire loro quello che Dio mi aveva palesato. Cristo era prezioso alla mia anima quella sera: a mala pena potevo stare a letto per la gioia, la pace e il trionfo che avevo ottenuto attraverso Cristo; questo splendore non mi durò fino al mattino, tuttavia il dodicesimo capitolo di Ebrei mi confortò per molti giorni di seguito.<br/> <br/> 264) Le parole sono queste:&nbsp;''«Voi vi siete invece avvicinati al monte Sion, alla città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, alla festante riunione delle miriadi angeliche, all'assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, il mediatore del nuovo patto e al sangue dell'aspersione che parla meglio del sangue d'Abele»''&nbsp;(Eb. 12:22-24). Attraverso questa scrittura benedetta, il Signore mi condusse da una parola all'altra, e mi mostrò la gloria meravigliosa di ciascuna di esse. Da allora queste parole sono spesso state di grande sollievo per il mio spirito. Sia benedetto Iddio per aver avuto misericordia di me.&nbsp; &nbsp;&nbsp;


&nbsp;
&nbsp;

Versione attuale delle 22:41, 24 giu 2020


Indice generale

GRAZIA CHE ABBONDA AL PRIMO DEI PECCATORI (di John Bunyan, 1666)

Capitoli: 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12

 

La visione di Cristo e la certezza della elezione


229) Ma un giorno, mentre camminavo in un campo, con la coscienza oppressa dal timore che non tutto fosse giusto, improvvisamente la mia anima fu colpita da questa frase: «La tua giustizia è nei Cieli»; e contemporaneamente, mi parve di vedere con gli occhi dell'anima Gesù Cristo alla destra di Dio, che rappresentava la mia giustizia; cosicché, qualunque cosa io fossi o facessi, Dio non poteva dire di me: «Gli manca la mia giustizia», poiché essa gli stava accanto. Inoltre io vidi che non era la buona natura del mio cuore che rendeva migliore la mia rettitudine e neppure la mia cattiva natura che peggiorava la mia rettitudine; poiché la mia giustizia era lo stesso Gesù Cristo che: «è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Eb. 13:8).

230) Ora le mie gambe erano sciolte dalle catene, ed io ero liberato dai miei tormenti e dai miei ceppi; e anche le tentazioni si allontanavano; cosicché da quel momento, quelle terribili Scritture di Dio smisero di tormentarmi; ed io mi diressi verso casa rallegrandomi per la grazia e l'amore di Dio. Quando giunsi a casa, guardai se potevo trovare quella frase « la giustizia è nei Cieli »; ma non riuscii a trovarla, ed allora il mio cuore ricominciò ad abbattersi; mi venne solo alla mente quest'altra frase: «Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor. 1:30). Da queste parole io dedussi che anche l'altra frase era autentica.

231) Da quest'ultima citazione biblica appresi che l'Uomo Gesù Cristo, come è distinto da noi per quanto riguarda la sua presenza fisica, così è la nostra giustizia e santificazione davanti a Dio; perciò io vissi per un po' di tempo in dolce pace con Dio, per mezzo di Cristo. Oh, Cristo. Cristo! Mi sembrava che non ci fosse altri che Lui ai miei occhi: e non mi limitavo a considerare separatamente questo e quell'altro beneficio di Cristo, come quello del suo sangue e risurrezione, ma lo consideravo in tutta la sua pienezza! Come colui nel quale si incontravano queste e tutte le altre virtù, funzioni e attività, e come colui che sedeva alla destra di Dio nei Cieli.

232) Era meraviglioso per me vedere la sua esaltazione, e il valore e la supremazia di tutti i suoi benefici, e per questa ragione: che ora io potevo guardare da me a lui, e consideravo tutte quelle grazie di Dio che ora erano acerbe in me, come quegli spiccioli che i ricchi portano nella borsa, mentre il loro oro è a casa negli scrigni. Oh, comprendevo che il mio oro era a casa nello scrigno, in Cristo mio Signore e Salvatore! Ora Cristo era tutto: tutta la mia sapienza, la mia giustizia, la mia santificazione, la mia redenzione.

233) Inoltre, il Signore mi condusse anche a penetrare il mistero della unione con il Figlio di Dio: io ero legato a lui, ero carne della sua carne, ossa delle sue ossa; ed ora mi suonavano dolci quelle parole del passo di Efesini 5:30. In esse trovò maggior conferma in me la mia fede in lui, così come la mia rettitudine; poiché se lui ed io eravamo una cosa sola, allora la sua rettitudine era la mia, i suoi meriti erano i miei, ed anche la sua vittoria era la mia. Ora potevo vedermi contemporaneamente in Cielo e in terra: in Cielo per mezzo del mio Cristo, del mio capo, della mia giustizia e della mia vita; sulla terra per mezzo del mio corpo e della mia persona.

234) A questo punto io constatavo che Gesù Cristo era considerato da Dio, e doveva essere considerato anche da noi, come quella persona comune o pubblica, nella quale doveva essere riconosciuto tutto il corpo dei suoi eletti, poiché per mezzo suo noi abbiamo adempiuto alla legge, siamo risuscitati da morte, abbiamo ottenuto la vittoria sul peccato, sulla morte, sul demonio, sull'inferno. Quando egli è morto, noi siamo morti; e la stessa cosa è accaduta con la sua resurrezione : «Rivivano i tuoi morti! Risorgano i miei cadaveri! Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere! Poiché la tua rugiada è rugiada di luce, e la terra ridarà alla vita le ombre» (Is 26:19); ed ancora: «In due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza» (Os. 6:2); e questo è realizzato dal fatto che il Figlio dell'Uomo siede alla destra della Maestà che sta nei Cieli. Ed ancora, secondo Efesini 2:6: «ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù».

235) Tutte queste benedette Scritture, insieme a molte altre di natura simile, in quei giorni furono fatte risplendere davanti ai miei occhi, cosicché io ho motivo di esclamare: «Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nella distesa dove risplende la sua potenza. Lodatelo per le sue gesta, lodatelo secondo la sua somma grandezza» (Sl. 150:1,2).

236) Dopo avervi così dato, in poche parole, un assaggio del dolore e del tormento a cui fu sottoposta la mia anima per la colpa e il terrore che mi infliggeva quel mio empio pensiero; e dopo avervi anche dato un cenno della mia liberazione da esso, e del dolce e benedetto conforto che ne derivò (questo conforto dimorò nel mio cuore per dodici mesi, con mio ineffabile stupore), voglio ora, a Dio piacendo, prima di procedere, dirvi in poche parole quale, secondo me, fu la causa di quella tentazione; e, dopo di essa, quale vantaggio derivò infine alla mia anima.

237) Quanto alle cause, io ritenevo che fossero principalmente due, e per tutto il tempo fui profondamente convinto che per colpa di esse io ero afflitto e tormentato. La prima era che, quado ero stato liberato dalla prima tentazione, non avevo pregato incessantemente Dio di tenermi lontano dalle tentazioni successive: infatti, sebbene io possa dire in verità che la mia anima si dedicava molto alla preghiera prima che fossi sottoposto a quella prova, tuttavia pregavo soltanto, o per lo più, per l'allontanamento dei tormenti presenti, e pe fare nuove scoperte dell'amore di Cristo : il che, come scoprii in seguito, non era sufficiente. Avrei dovuto anche pregare perché il gran Dio mi tenesse lontano dal male che doveva venire.

238) Di ciò io fui fatto consapevole dalla preghiera del santo Davide, il quale, anche quando si trovava in stato di misericordia, continuava a pregare Dio di tenerlo lontano dal peccato e dalla tentazione a venire: "Trattieni inoltre il tuo servo dai peccati volontari, e fa' che non prendano il sopravvento su di me; allora sarò integro e puro da grandi trasgressioni" (Salmo 19.13). Proprio da queste parole sono stato accusato e condannato, attraverso la mia lunga tentazione.

239) C'erano anche altre parole che mi condannavano per essere stato così folle da aver trascurato questo dovere: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno» (Eb. 4:16) la qual cosa io non avevo fatto, e perciò mi era toccato di peccare e di cadere, secondo quanto è scritto «Prega di non essere indotto in tentazione». E in verità questa cosa mi è di tal peso e preoccupazione, che non oso, quando mi presento davanti al Signore, cadere in ginocchio, finché non ho implorato da lui aiuto e misericordia contro le tentazioni a venire; e ti supplico, o lettore, di imparare a guardarti da una negligenza come la mia, per il tormento che io, a causa di essa, dolorosamente subii per giorni, mesi ed anni.

240) Un'altra causa di quella tentazione era che io avevo sfidato Dio, e precisamente in questo modo: mia moglie attendeva un figlio, e prima che fosse compiuto il tempo, le accadde di avere dei dolori acuti e terribili, come se fosse stata in travaglio, e stesse per avere un parto prematuro; ora, proprio a quel tempo, io ero stato fortemente tentato a mettere in discussione l'esistenza di Dio; perciò, mentre mia moglie giaceva gemendo accanto a me, io dissi con tutta la segretezza immaginabile, dentro di me: «Signore, se tu non libererai mia moglie da questo triste tormento, e non farai sì che non ne sia più afflitta questa notte [in quel momento i dolori l'avevano di nuovo aggredita], allora saprò che tu non puoi percepire i più segreti pensieri del cuore».

241) Avevo appena pronunciato queste parole fra di me, che mia moglie fu liberata dal dolore, e cadde in un sonno profondo che durò fino al mattino; e di ciò io mi meravigliai grandemente, non sapendo che cosa pensare. Ma dopo esser stato sveglio per un po', e aver sentito che mia moglie non si lamentava più, anch'io mi addormentai; e quando al mattino mi svegliai, mi ritornò tutto alla mente, anche quello che avevo detto dentro di me la notte precedente, e come il Signore mi aveva dimostrato che conosceva i miei segreti pensieri: e questo fu per me oggetto di grande stupore per molte settimane.

242) Ebbene, dopo circa un anno e mezzo, quell'empio e peccaminoso pensiero, di cui ho già parlato, attraversò il mio empio cuore: «Lascia che Cristo vada, se vuole»; cosicché, quando fui caduto in colpa per questo, il ricordo dell'altro mio pensiero, e del suo effetto, mi afferrò con questa risposta di rimando, che recava biasimo con sé: «Ora puoi vedere che Dio conosce i più segreti pensieri del cuore! ».

243) Ed inoltre, fui afferrato anche da quel passo che parla di quanto accadde fra il Signore e il suo servo Gedeone; come Gedeone sfidò Dio con il suo vello, bagnato ed asciutto, quando avrebbe dovuto credere e fidarsi della sua parola; perciò il Signore in seguito lo mise alla prova, tanto da mandare contro di lui una numerosissima schiera di nemici e, apparentemente, senza conferirgli forza o aiuto. (Giudici 6 e 7). Così egli mi punì, e giustamente, poiché io avrei dovuto prestar fede alla sua parola, e non porre un «se» alla onniveggenza di Dio.

244) Ed ora voglio esporvi qualcuno dei vantaggi che io ottenni da questa tentazione: primo, per mezzo suo io giunsi a possedere continuamente nell'anima un meraviglioso senso dell'esistenza e della gloria di Dio, e del suo diletto Figlio. Nella tentazione precedente, la mia anima era confusamente in preda a scetticismo, empietà, durezza di sentimenti, dubbi sull'esistenza di Dio, di Cristo, sulla verità del Verbo, e sulla certezza del mondo a venire; intendo dire che allora ero fortemente assalito e tormentato dall'ateismo; ma ora il caso era diverso, ora Dio e Cristo erano continuamente davanti a me, sebbene non a titolo di conforto, ma di smisurato terrore. La gloria della santità di Dio mi straziava, le viscere e la compassione di Cristo mi dilaniavano come se fossi stato sulla ruota: infatti non potevo considerarlo se non come un Cristo perduto e respinto, il ricordo del quale mi straziava continuamente le ossa.

245) Ora anche le Scritture erano cose meravigliose per me; mi rendevo conto che la loro verità e la loro realtà erano le chiavi del regno dei Cieli: quelli che sono preferiti dalle Scritture, erediteranno il regno dei Cieli; ma quelli che da esse sono opposti e condannati devono morire per sempre. Oh, le parole «Poiché le Scritture non possono essere infrante» mi straziavano il cuore, come quelle altre «Saranno rimessi i peccati di coloro i cui peccati rimetterai, e conservati i peccati di coloro i cui peccati conserverai». Ora io vedevo che gli Apostoli erano gli anziani della città del rifugio (Gs. 20:4): quelli che vi fossero ricevuti, sarebbero stati restituiti alla vita; ma quelli che fossero chiusi fuori, sarebbero stati uccisi dal vindice di sangue.

246) Una frase delle Scritture tormentava ed atterriva maggiormente il mio spirito, intendo fra quelle che stavano contro di me (come talvolta mi sembrava che ciascuna di loro facesse), più, in verità, di un esercito di 40.000 uomini che avesse potuto venirmi contro. Guai a colui contro il quale si volgono le Scritture.

247) Dalla mia tentazione io ero condotto a penetrare più profondamente che mai dentro la natura della promessa: infatti, ora che giacevo tremante sotto la possente mano di Dio, continuamente straziato dai tuoni della sua giustizia, scorrevo ogni pagina della Bibbia con estrema cura ed attenzione, e con grande serietà; e con molta diligenza mista a tremore ne consideravo ogni frase in tutta la sua forza ed ampiezza.

248) A causa di questa tentazione, inoltre, perdetti la mia sciocca abitudine di allontanare da me la Parola della promessa quando mi veniva alla mente. Infatti ora, sebbene non potessi succhiare dalla promessa dolcezza e conforto, come avevo fatto in altre occasioni, tuttavia, come chi sta per affogare, mi aggrappavo a tutto quello che vedevo; prima pensavo di non poter avere a che fare con la promessa, a meno che non ne sentissi il conforto; ma ora non c'era tempo per questo, il vindice di sangue mi stava incalzando troppo.

249) Perciò ora ero lieto di aggrapparmi a quelle parole, che finora avevo temuto di non aver il diritto di possedere; ed anche di penetrare nel profondo di quella promessa, che finora avevo temuto che sbarrasse la strada al mio cuore. Inoltre mi sforzavo di accettare la Parola così come Dio lo aveva esposto, senza limitarne la naturale forza neppure di una sillaba. Oh, quante cose vedevo ora in quel benedetto sesto passo di Giovanni: «Colui che viene a me, non lo caccerò fuori»! (Gv. 6:37). Ora incominciavo a pensare fra di me che Dio aveva una bocca con cui parlare più grande di quanto non fosse la mente con cui ragionavo; ed inoltre mi rendevo conto che egli non pronunciava le sue parole in fretta o con irriflessivo entusiasmo, ma con infinita giustizia, e in assoluta verità (2 Sa. 7:28).

250) In quei giorni, anche fra i più grandi tormenti, mi muovevo faticosamente verso la promessa (come fanno i cavalli su un terreno pesante, trascinandosi nel fango), concludendo, sia pure come uno privato del senno per la paura, che su questo brano mi sarei fermato, ed avrei lasciato la conclusione al Dio del Cielo che ne era l'autore. Oh, quanti attacchi dovette subire il mio cuore da parte di Satana per quel benedetto sesto capitolo di Giovanni; ora io non cercavo principalmente conforto, come avevo fatto altre volte (per quanto lo avrei accolto con immenso piacere), ma cercavo affannosamente una parola soprattutto, una parola su cui appoggiare un'anima stanca, per non sprofondare per sempre.

251) Spesso, quando mi rivolgevo alla promessa, mi sembrava che il Signore respingesse la mia anima per sempre: mi sentivo sovente come se fossi caduto sulle spine, e come se il Signore si fosse lanciato su di me con una spada fiammeggiante, per tenermi lontano da lui. Allora pensavo ad Esther, che era andata a supplicare il re in contrasto con la legge (Ester 16). Pensavo anche ai servi di Ben-Adad, che andarono dai loro nemici per implorare misericordia con il collo recinto di corde (1 Re 20:31); ed inoltre, la donna di Canaan, che non fu scoraggiata nemmeno dopo essere stata chiamata «cane» da Cristo (Mt. 15:22 ecc.), e l'uomo che andò a chiedere in prestito il pane a mezzanotte (Lu. 11:5,6,7,8, ecc.) costituivano per me motivo di grande incoraggiamento.

252) Non conobbi mai tanti alti e bassi nella grazia, nell'amore e nella misericordia, come dopo questa tentazione: i grandi peccati provocano grande misericordia; e dove la colpa è più terribile e feroce, là appare più alta e possente la misericordia di Dio in Cristo, quando si palesa all'anima. Quando Giobbe fu riscattato dalla cattività, "gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto" (Gb. 42:10 ). Sia benedetto Dio per Gesù Cristo, nostro Signore. Potrei mettere in evidenza molte altre cose, ma, per essere breve, per questa volta le ometterò; e prego Iddio che i miei mali incutano in altri il timore di peccare, se non vogliono essere costretti a subire, come me, il giogo di ferro. Due o tre volte, in prossimità di essere liberato dalla mia tentazione, ebbi delle percezioni della grazia di Dio talmente singolari, che a stento riuscii a sopportarne il peso : era una sensazione così straordinaria e sorprendente, quando stava per raggiungermi, che, se fosse durata a lungo, credo che mi avrebbe reso incapace di lavorare.

253) Ora continuerò, riferendovi gli altri rapporti che il Signore ebbe con me in diverse altre occasioni, ed inoltre le tentazioni in cui mi imbattei. Incomincerò con quella che ebbi quando per la prima volta presi parte alle riunioni della gente di Bedford. Dopo che io ebbi esposto alla comunità di fedeli il mio desiderio di procedere con loro secondo i sistemi e i riti di Cristo, e dopo che fui ammesso fra di loro, mentre pensavo a quel santo rito di Cristo che fu l'ultima cena con i suoi discepoli prima della morte, il passo 22:19 di Luca «Fate questo in memoria di me » mi diventò enormemente prezioso; infatti per mezzo suo il Signore entrò nella mia coscienza con la scoperta della sua morte per i miei peccati, e fu, come allora mi sembrò, come se mi immergesse nel merito di essa. Ma badate, non ero da molto partecipe di quel rito, che fui assalito da certe feroci e tristi tentazioni, sia di bestemmiare quel rito, che di augurare del male e quelli che se ne nutrivano; tanto che, per non essere in ogni momento colpevole di acconsentire a questi empi e terribili pensieri, ero costretto ad implorare continuamente da Dio di tenermi lontano da tale empietà; ed inoltre a scongiurare Dio di benedire il pane e il vino mentre passavano di bocca in bocca; da allora penso che la ragione di questa tentazione sia che io non mi accinsi subito, con la dovuta riverenza, a partecipare a questo rito.

254) Continuai così per tre quarti di un anno, senza poter avere mai riposo e sollievo. Ma alla fine il Signore scese sulla mia anima con quella stessa Scrittura dalla quale ero già stato visitato; ed in seguito fui felicemente partecipe di quel benedetto rito, e vi percepii che il corpo del Signore era stato torturato per i miei peccati, e che il suo prezioso sangue era stato versato per le mie trasgressioni.

255) Un tempo io avevo una certa disposizione verso la tisi, tanto che, intorno ad una primavera, fui colto all'improvviso da una gran debolezza fisica, a tal punto che pensavo che non sarei sopravvissuto. Allora presi a fare un serio esame del mio stato e della mia condizione futura, e delle prove che possedevo per quel benedetto mondo a venire: infatti, e sia lodato il nome di Dio, mi è stato abituale sempre, ma specialmente nei periodi tormentati, sforzarmi di tener ben presente il mio interesse per la vita futura.

256) Ma avevo appena incominciato a richiamare alla memoria le mie precedenti esperienze della bontà di Dio nei confronti della mia anima, che mi si affollò alla mente una innumerevole serie di peccati e trasgressioni, fra i quali, quelli che a quel tempo mi tormentavano di più erano: la mia indifferenza, la mia lentezza e freddezza nei confronti dei doveri religiosi, le mie distrazioni, la mia insofferenza verso tutte le cose buone, la mia mancanza d'amore verso Dio, le sue vie, la sua gente; e, alla fine di tutto, questo pensiero: «Sono questi i frutti del Cristianesimo? Sono questi i segni di un uomo santo?».

257) Alla percezione di tutte queste cose, il mio malessere raddoppiò, poiché ora ero anche ammalato interiormente, e la mia anima era nelle pastoie della colpa; ora anche la mia precedente esperienza della bontà di Dio mi era sottratta dalla mente, e nascosta come se non fosse mai esistita e non l'avessi mai provata. La mia anima era premuta fra queste due considerazioni : «Vivere non devo, morire non oso». Sentivo che il mio spirito precipitava, e mi sembrava che tutto fosse perduto; ma, mentre camminavo sù e giù per la casa, in uno stato miserando, queste parole di Dio presero possesso del mio cuore: «Voi siete giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù» (Ro. 3:24). E quale servizio mi resero!

258) Mi sembrava di essere stato svegliato da un sonno e da un sogno penosi, e, ascoltando questa frase celeste, mi pareva di sentirla interpretata per me in questo modo: «Peccatore, tu pensi che, a causa dei tuoi peccati e debolezze, io non possa salvare la tua anima; ma vedi, il mio figlio è presso di me, ed io guardo a lui, non a te, e tratterò con te in considerazione di lui». Questo mi illuminò molto la mente, e mi fece comprendere che Dio poteva perdonare un peccatore in ogni momento; si trattava solo di guardare a Cristo, ed attribuire a noi i suoi meriti, ed era tutto fatto.

259) E mentre stavo così meditando, quest'altra Scrittura si impadronì fortemente del mio spirito «Egli allora ci ha salvati, e non per merito delle opere di giustizia che potevamo aver fatto, ma per la sua misericordia» (2 Tim, 1.9 - Tito 3.5).

Ora io mi sentivo un altro: mi vedevo tra le braccia della grazia e della misericordia; e sebbene prima temessi di pensare all'ora della morte, ora gridavo: «Fammi morire»; ora la morte era bella e piacevole ai miei occhi, poiché comprendevo che noi non vivremo veramente finché non saremo nell'altro mondo mi sembrava che questa vita non fosse altro che un dormiveglia in confronto all'altra. Inoltre, a quel tempo io riuscii a vedere nelle parole «eredi di Dio» (Ro. 8:17), più di quanto non potrò mai esprimere finché vivrò in questo mondo: «eredi di Dio!». Dio stesso è un'eredità dei santi: di questo mi rendevo conto con stupore, non so dirvi quanto.

260) Di nuovo, mentre in un'altra occasione mi trovavo ad essere molto malato e debole, il tentatore mi assalì duramente (io trovo che egli tende ad assalire un uomo quando sta per avvicinarsi alla morte : questa è la sua grande occasione), cercando con ogni mezzo di tenermi nascosta la mia precedente esperienza della bontà di Dio; ed inoltre, prospettandomi i terrori della morte e del giudizio di Dio: tanto che a quel tempo, per il timore di smarrirmi per sempre (se fossi morto in quel momento), mi sentivo morto prima ancora che sopraggiungesse la fine, e mi sembrava di stare già discendendo nell'abisso. Mi pareva che non ci fosse per me altra via che l'inferno; ma badate, proprio mentre mi trovavo nel mezzo di questi timori, piombarono su di me le parole degli Angeli che recavano Lazzaro in seno ad Abramo, come per dire: « Così sarà per te quando lascerai questo mondo ». Ciò rianimò dolcemente il mio spirito, e mi aiutò a sperare in Dio. E quando ebbi per un po' meditato su tutto questo, caddero su di me con gran possanza queste parole bibliche: «O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?» (1 Co. 15:55). Al che, io mi sentii subito bene nel corpo e nello spirito; infatti la mia malattia svanì di colpo, ed io procedetti confortevolmente nella mia opera per Dio.

261) Un'altra volta, sebbene io fossi stato fino a quel momento in condizioni di spirito buone e confortevoli, improvvisamente mi piombò addosso una gran nube di oscurità, che mi nascose a tal punto le cose di Dio e di Cristo, che mi sembrava di non averle mai viste né conosciute nella mia vita; ero così devastato, e in una disposizione di spirito così insensibile, che non riuscivo a sentire la mia anima muoversi o sollevarsi sotto l'impulso della grazia e della vita per mezzo di Cristo; mi sentivo come se le mie reni fossero spezzate, e le mie mani e i miei piedi fossero legati e costretti da catene. Allora sentii anche che la mia persona fisica cadeva in preda ad una grande debolezza, il che rese l'altro tormento ancor più pesante e spiacevole.

262) Dopo essere stato in questa condizione per tre o quattro giorni, improvvisamente, mentre sedevo accanto al fuoco, sentii risuonarmi nel cuore queste parole: «Devo accostarmi a Gesù». Al che la mia oscurità e il mio ateismo si dileguarono, e le sante cose del Cielo si palesarono ai miei occhi. Mentre ero sopraffatto dalla meraviglia, «Moglie, dissi, c'è una Scrittura che dice: «Devo accostarmi a Gesù». Ella mi rispose che non sapeva, perciò io mi misi a pensare se potevo ricordarmi quel passo; e non erano ancora passati due o tre minuti, che caddero su di me queste parole: «E alle miriadi degli Angeli», ed insieme il passo degli Ebrei che parla del monte Sion (Eb. 12:22,23,24).

263) Allora dissi a mia moglie, con gioia: «Ora so, ora so!»; e quella fu una buona sera per me, come ne avevo avuto poche. Incominciai a desiderare la compagnia di alcuni fedeli, per poter impartire loro quello che Dio mi aveva palesato. Cristo era prezioso alla mia anima quella sera: a mala pena potevo stare a letto per la gioia, la pace e il trionfo che avevo ottenuto attraverso Cristo; questo splendore non mi durò fino al mattino, tuttavia il dodicesimo capitolo di Ebrei mi confortò per molti giorni di seguito.

264) Le parole sono queste: «Voi vi siete invece avvicinati al monte Sion, alla città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, alla festante riunione delle miriadi angeliche, all'assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, il mediatore del nuovo patto e al sangue dell'aspersione che parla meglio del sangue d'Abele» (Eb. 12:22-24). Attraverso questa scrittura benedetta, il Signore mi condusse da una parola all'altra, e mi mostrò la gloria meravigliosa di ciascuna di esse. Da allora queste parole sono spesso state di grande sollievo per il mio spirito. Sia benedetto Iddio per aver avuto misericordia di me.