La perversione dell’idolatria

Una riflessione biblica (20′ in video) di Paolo Castellina

Il termine italiano “perversione” e il verbo da cui deriva: “pervertire” (dal quale si ottiene “pervertito”) di solito si applica alla sfera sessuale indicando con esso un comportamento morboso, patologico, innaturale, una devianza, un vizio che suscita orrore alla maggior parte delle persone. Deriva dal latino perversio, che significa inversione, stravolgimento, allontanamento da ciò che è ritenuto normale.

Oggi, però, il parlare della perversione in questi termini o ha il risultato di attrarre l’attenzione morbosa di coloro a cui piacciono “le trasgressioni”, oppure suscita la riprovazione di chi vorrebbe piuttosto riferirsi ad essa come a “una legittima preferenza” perché dovremmo, a suo dire, essere una società tollerante e liberale contro ogni “imposizione moralistica”. In quest’ultimo caso, “il normale” viene ritenuto un concetto relativo e mutevole, che dipende dalla “evoluzione” delle convenzioni e costumi sociali, dalla cultura.

Per quanto alcune regole di comportamento certo dipendono dal contesto di una determinata società e siano quindi relative alla sua condizione e sviluppo, in quanto cristiani rifiutiamo il relativismo e crediamo che esistano criteri oggettivi e immutabili di comportamento morale che valgono per ogni essere umano sempre e dovunque. Si tratta di quei criteri di comportamento che Dio ha stabilito per regolare la vita delle creature umane sin dai loro albori, che sono radicati nella coscienza umana e proclamati nella Sua Legge. Possiamo quindi chiamare perversione qualsiasi comportamento che devii da quello standard, da quelle norme, intese da Dio per il nostro bene. La perversione è dunque da considerarsi una corruzione, una degenerazione, una distorsione dell’ordinamento stabilito da Dio e risultato di ciò che la Bibbia chiama peccato. Si tratta, quindi, di qualcosa che Dio condanna, che comporta conseguenze negative e da cui siamo chiamati a ravvedercene.

Il termine “perversione” corrisponde precisamente a un aggettivo di cui fa uso il Nuovo Testamento derivato da “storto, curvo, tortuoso”. Esso compare metaforicamente in quanto dice Gesù: “O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò?” (Matteo 17:17). Compare poi nell’esortazione dell’apostolo Pietro alla folla nel primo giorno di Pentecoste: “E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: ‘Salvatevi da questa perversa generazione’” (Atti 2:40), come pure in quella dell’apostolo Paolo quando scrive: “Siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo” (Filippesi 2:15).  La perversione della volontà di Dio è dunque cosa molto grave ai Suoi occhi. Dobbiamo identificarla ed essere salvati da essa al fine di vivere in questo mondo, così come Dio ci chiama, retti, irreprensibili e integri.

Che cos’è “perversione” agli occhi di Dio? Questo concetto si potrebbe applicare a tutti i Suoi comandamenti quando li si trasgredisce. Riguarda, infatti, sia il nostro rapporto con Dio, che con il nostro prossimo. La perversione, infatti, non ha solo a che fare con l’immoralità sessuale, l’inganno e la menzogna, l’egoismo e la mancanza di amore, la violenza e l’ingiustizia (i comandamenti che riguardano la seconda tavola della Legge, ma anche con l’idolatria – che riguarda la prima tavola della Legge. L’idolatria è una perversione ed è pure un problema “moderno”, come vedremo. Anche cristiani professanti disavveduti ne potrebbero essere colpevoli – più o meno consapevolmente.

Il riformatore Giovanni Calvino scrive nelle sue “Istituzione della religione cristiana che “la mente dell’uomo è sempre stata una fabbrica di idoli” [1:11:8]. Uomini e donne indulgono nella perversione dell’idolatria quando, invece di adorare Dio “in spirito e verità” come insegna Gesù, vorrebbero rendere visibile e tangibile l’oggetto del proprio culto e venerazione con statue e dipinti religiosi di varia natura, oppure con santuari che si crede “contengano” in qualche modo la divinità. Vorrebbero così rendere Dio, a loro dire, “più accessibile” e magari anche manipolabile. Lo fanno quando invece di ricevere la rivelazione che Dio fa di Sé stesso nella Bibbia, concepiscono un Dio fatto a proprio uso, consumo e convenienza. Gesù disse alla Samaritana: “L’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è spirito e quelli che l’adorano bisogna che lo adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:23-24).

Che dire poi della perversione della verità di crearsi dei presunti “santi” mediatori o mediatrici fra loro e Dio? Essi contraddicono la Scrittura quando dice chiaramente: “C’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Timoteo 2:5). Se ci è detto: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16), che bisogno mai ci sarebbe di altre mediazioni? Immaginare e giustificare altri mediatori è perversione.

A questo va poi associata la perversione di rivolgersi in preghiera a persone umane come la madre di Gesù, Maria, esaltata indebitamente ad una posizione semi-divina e chiamata “Madonna”, cioè “mia signora”. Maria ha svolto e terminato il suo ruolo di dare alla luce Gesù e di prendersene cura fino alla maturità. L’insegnamento del Nuovo Testamento non le accorda alcun altro ruolo.

Idolatrica perversione, altresì, è assolutizzare un’organizzazione ecclesiastica  per quanto antica sia, per il grande numero dei suoi membri, per le sue ambizioni o pretese come se fuori di essa non vi fosse salvezza. La comunità cristiana assolve a funzioni importanti, ma la chiesa di Cristo è essenzialmente una realtà spirituale che trascende le forme particolari che può assumere nella storia. La chiesa è stata visibile a volte più, a volte meno, e le chiese particolari, che ne sono le membra, sono più o meno pure, a seconda della maggiore o minore purezza in cui vi è insegnata e accolta la dottrina dell’Evangelo, amministrate le ordinanze divine e celebrato il culto pubblico – che dev’essere secondo le prescrizioni e gli esempi del Nuovo Testamento.

Idolatrica perversione è attribuire un potere magico e superstizioso ai sacramenti e ai “sacerdoti” che li consacrano e distribuiscono. Nel Nuovo Testamento tutto questo è del tutto estraneo.

Lo stesso vale quando si assolutizza un leader cristiano o predicatore conferendogli autorità indiscutibile, o anche una tradizione denominazionale come se essa soltanto avesse garanzia di ortodossia o del monopolio dello Spirito Santo. Il biblico discernimento è cosa alla quale non si deve mai rinunciare. A Berea avevano ricevuto la parola dell’apostolo Paolo con attenzione, ma “… questi erano d’animo più nobile di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando tutti i giorni le Scritture per vedere se le cose stavano così” (Atti 17:11).

Si potrebbero fare altri esempi perché nella storia del cristianesimo sono purtroppo sorte molte perversioni idolatriche che hanno dato origine a superstizioni di vario genere che, per altro, sono spesso giustificate da autorità ecclesiastiche disavvedute o compiacenti. Il principio a cui attenersi ce lo insegna l’ammonizione dell’apostolo Paolo: “Ora, fratelli, queste cose, per amor vostro, le ho applicate a me stesso e ad Apollo, perché per nostro mezzo impariate a praticare il ‘non oltre quel che è scritto’, affinché non vi gonfiate d’orgoglio esaltando l’uno a danno dell’altro” (1 Corinzi 4:6).

Quelle che abbiamo menzionato riguardano “l’ambito religioso”, ma anche il mondo secolarizzato conosce e pratica molte forme di idolatria. Potremmo menzionarne in numero di sei. Chi sa trovarne altre?

  • Materialismo: l’ossessione per il possesso e l’accumulo di beni materiali, in particolare quando queste priorità soppiantano la devozione a Dio o la preoccupazione per il benessere spirituale.
  • Denaro e ricchezza: l’adorazione del denaro e la ricerca incessante di ricchezza, spesso a scapito di relazioni personali, integrità morale e valori spirituali, sono una forma di idolatria.
  • Potere e successo: la brama di potere, la ricerca del successo personale e la volontà di fare qualsiasi cosa pur di raggiungere una posizione di autorità o riconoscimento possono essere considerate forme di idolatria, specialmente quando si antepongono ai valori morali e all’amore per Dio.
  • Celebrità e personaggi famosi: l’ammirazione eccessiva e la devozione nei confronti di celebrità, atleti, musicisti e altre figure pubbliche possono essere considerate forme di idolatria se la venerazione di queste persone sostituisce l’adorazione e il rispetto dovuti a Dio.
  • Tecnologia e dipendenza da dispositivi: la dipendenza da smartphone, computer e altri dispositivi tecnologici, così come l’ossessione per i social media, può diventare una forma di idolatria se questi elementi oltre ad essere strumenti di comunicazione diventano il centro della nostra vita e ci distraggono dal nostro rapporto con Dio.
  • Nazionalismo e ideologie politiche: la devozione eccessiva a una nazione, a un partito politico o a un’ideologia, quando diventa una priorità assoluta e si sostituisce ai principi spirituali e morali, può essere considerata una forma di idolatria.

In sintesi, la perversione idolatra può manifestarsi in molteplici forme nella società contemporanea. Essa si verifica quando gli individui attribuiscono un valore assoluto e una devozione a qualcosa o qualcuno al posto di Dio, permettendo a questi “idoli” di dominare e influenzare le loro vite. Da tutto questo siamo chiamati a ravvederci e abbandonarlo senza ritardo.

Quali altre potreste identificarne di simili perversioni e, soprattutto, nella vostra vita, allorché la sottoponete ad un attento e necessario esame critico?

«Amen! Al nostro Dio la lode, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l’onore, la potenza e la forza, nei secoli dei secoli! Amen» (Apocalisse 7:12).

Paolo Castellina, 21 aprile 2023

Ulteriori osservazioni 

Le osservazioni di Jaques Ellul. Jacques Ellul (1912-1994) è stato un filosofo, teologo e sociologo francese conosciuto per le sue riflessioni su tecnologia, società e cristianesimo. Nel suo libro del 1967, “La parole humiliée” (“La parola umiliata”), Ellul affronta il tema dell’iconodulia, ovvero la venerazione delle immagini sacre, in relazione alla centralità della Parola di Dio nel cristianesimo.

Pur non essendo un’analisi completa del pensiero di Ellul sul tema, possiamo evidenziare alcune osservazioni principali dall’opera:

  • Ellul critica l’iconodulia per aver spostato l’attenzione dalla Parola di Dio alle immagini sacre. Secondo Ellul, il cristianesimo è fondamentalmente una religione della Parola, basata sulla rivelazione di Dio attraverso le Scritture e la predicazione. L’attenzione eccessiva alle immagini sacre può portare a trascurare questo aspetto fondamentale della fede cristiana.
  • L’iconodulia può contribuire all’umiliazione della Parola, in quanto riduce la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa e nella spiritualità individuale. Quando le immagini sacre diventano il principale punto di riferimento per la devozione e l’insegnamento religioso, la Parola di Dio può essere relegata a un ruolo secondario.
  • Ellul sostiene che l’iconodulia può incoraggiare una comprensione superficialmente emotiva della fede, in quanto le immagini sacre tendono a coinvolgere il credente a livello emotivo e sensoriale. In questo modo, la venerazione delle immagini può distogliere l’attenzione dalla Parola di Dio, che richiede un impegno più profondo e una riflessione più attenta.
  • Infine, Ellul afferma che l’iconodulia può portare a una forma di idolatria, in quanto le immagini sacre possono diventare oggetti di venerazione e devozione in sé, piuttosto che mezzi per avvicinarsi a Dio e meditare sui misteri della fede.

In sintesi, Jacques Ellul nel suo libro “La parole humiliée” critica l’iconodulia per aver spostato l’attenzione dalla Parola di Dio alle immagini sacre, portando a un indebolimento della centralità della Parola nella vita della Chiesa e nella spiritualità individuale. Ellul sostiene che questo fenomeno può portare a una comprensione emotiva e superficiale della fede e, in alcuni casi, a una forma di idolatria.