Letteratura/Istituzione/4-14

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO 14

DEI SACRAMENTI

1. Esiste, a nostra disposizione, un altro ausilio a sostegno e conferma della fede, simile e collaterale alla predicazione dell'evangelo: i sacramenti; riguardo ai quali ci è sommamente utile ricevere chiari insegnamenti per conoscere quale scopo abbia presieduto alla loro istituzione e quale ne sia l'uso

Occorre, in primo luogo, sapere che cosa sia un sacramento. Semplice e rispondente mi pare essere la definizione seguente: sacramento e un segno esteriore mediante cui Dio suggella nella coscienza nostra le promesse della sua volontà di bene nei nostri riguardi, per fortificare la debolezza della nostra fede, e mediante il quale, dal canto nostro, rendiamo testimonianza, sia dinanzi a lui e agli angeli, sia davanti agli uomini, che lo consideriamo nostro Dio.

In modo più sintetico ancora si potrà definire un sacramento affermando che si tratta di una testimonianza della grazia di Dio nei nostri riguardi, confermata da segni esteriori, unita alla dichiarazione da parte nostra dell'onore che gli dobbiamo

Si scelga quale delle due definizioni suddette si preferisce, essa concorderà nel significato con quanto sant'Agostino afferma dicendo che il sacramento è il segno visibile di una realtà sacra, oppure una forma visibile della grazia invisibile. Ho cercato di dare una comprensione più chiara ricorrendo ad una formulazione più esplicita di quanto sant'Agostino aveva detto in modo più oscuro a causa della concisione.

2. Risulta facile intendere per quale motivo gli antichi Padri abbiano adoperato questo termine, in questo preciso significato. Ovunque infatti la traduzione del Nuovo Testamento ha voluto esprimere in latino il termine greco "mistero "ha adoperato il termine "sacramento "; come nell'epistola agli Efesini: "Cl. Farci conoscere il sacramento della sua volontà ", parimenti: "se avete udito di quale grazia Dio vi abbia fatto dispensatore per voi; come per rivelazione mi sia stato fatto conoscere il sacramento " (Ef. 1.9; 3.2-3). Parimenti ai Colossesi: "Il sacramento che è stato occulto da tutti i secoli ma che ora è stato manifestato ai santi, ai quali Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezza di questo sacramento " (Cl. 1.26-27). Parimenti a Timoteo: "Grande è il sacramento della pietà: che Dio è stato manifestato in carne " (1 Ti. 3.16). Il traduttore ha dunque adoperato il termine nel senso di cosa sacra, divina, segreta. In questo stesso significato è stata adoperata dagli antichi dottori della Chiesa.

È notorio che il battesimo e la Cena sono detti "misteri "in greco cosicché non v'è dubbio che i due termini: sacramento e mistero, abbiano un medesimo significato. Da qui l'abitudine di ricorrere a questo termine per indicare i segni e le cerimonie che contenevano figura di realtà spirituale. È quanto attesta anche sant'Agostino, in alcuni testi, quando afferma: "lungo sarebbe esaminare la diversità dei segni che si dicono sacramenti, quando si riferiscono alle realtà celesti".

3. Da questo risulta che il sacramento non esiste se non viene preceduto dalla Parola di Dio, anzi si aggiunge ad essa quasi appendice per significarla, attestarla, certificarla a noi in modo più pieno, come nostro Signore constata essere necessario, a causa dell'ignoranza dei nostri sensi, della lentezza e debolezza della nostra carne.

Questo non perché la Parola sia insufficientemente garantita di per se o possa ricevere conferma (poiché la verità di Dio è di per se sola così certa e sicura che non può ricevere conferma adeguata se non da se stessa ) ma è per confermare noi in essa. Poiché sì piccola e debole e rachitica è la nostra fede che può essere all'improvviso scossa, agitata e vacillante, qualora non sia puntellata da ogni lato e sostenuta in tutti i modi.

Ed essendo noi così ignoranti e radicati nelle realtà terrestri, e carnali da non essere in grado da intendere né di concepire alcunché di spirituale, il Signore misericordioso si adegua in questo alla ignoranza della nostra natura, conducendoci a se per mezzo di questi elementi terreni, e ci fa contemplare anche nella carne, come in uno specchio, i suoi doni spirituali. Non fossimo così legati ai sensi e, come dice Crisostomo, avvolti dal nostro corpo, queste realtà ci sarebbero date senza forma corporea; ma poiché abitiamo nei nostri corpi, Dio ci porge le realtà spirituali sotto forma di segni visibili; non perché le cose offerteci quali sacramenti abbiano, in virtù della propria natura, tale forza e tale qualità, ma perché sono segnate da Dio, per ricevere questo significato.

4. È quanto si afferma comunemente dicendo che il sacramento consiste nella Parola e nel segno esteriore. Cl. Termine Parola non deve intendersi un mormorio privo di senso o di intelligenza, un biascicare parole come incantesimi, quasi si compisse in tal modo la consacrazione; occorre invece intendere la parola che ci viene predicata, per illustrarci e renderci comprensibile il segno visibile.

Quanto avviene sotto la tirannia del Papa risulta essere pertanto una grave profanazione dei sacramenti. Pensano infatti che il prete faccia la consacrazione mormorando suoni senza senso mentre il popolino se ne sta a bocca aperta e pieno di meraviglia. Anzi fanno di questo un mistero affinché il popolo non intenda ciò che si dice: perciò hanno redatto in latino tutto il testo della loro consacrazione. In seguito la superstizione è stata spinta innanzi sino al punto da considerare valida la consacrazione solo se effettuata in mormorii inintelligibili, in modo che non se ne oda neppure il suono.

Ben diversamente si esprime sant'Agostino riguardo alle parole sacramentali: "La Parola "dice "sia congiunta al segno terreno e questi diventerà sacramento. Donde viene all'acqua tale potere da lavare il cuore toccando il corpo se non dalla Parola? Non in quanto è pronunciata ma in quanto viene creduta. Due cose diverse sono il suono che passa e la potenza che rimane. La parola di fede viene annunciata, dice l'apostolo (Ro 10.8). Perciò vien detto negli Atti che Dio purifica i cuori mediante la fede (At. 15.9); e san Pietro che il battesimo ci salva, non cancellando le impurità della carne, ma in quanto abbiamo coscienza di rispondere a Dio (1 Pi. 3.21). Predichiamo dunque la parola della fede, mediante la quale il battesimo è consacrato a diventar purificazione ". Queste sono parole di sant'Agostino.

Vediamo che egli richiede nei sacramenti predicazione, da cui la fede deriva. Non bisogna a questo punto ricorrere a più lunghe dimostrazioni, visto che è chiaro ciò che Gesù Cristo ha fatto, ciò che ha ordinato di fare, ciò che gli apostoli hanno eseguito e la Chiesa antica predicato. Anzi sappiamo che dalla fondazione del mondo, quando Dio ha dato ai Padri qualche segno, lo ha congiunto alla dottrina con un vincolo indissolubile, poiché senza questa lo sguardo nostro non può che lasciare stupiti i nostri sensi. Per parole sacramentali si deve intendere la promessa che deve essere predicata in modo forte e chiaro dal ministro per condurre il popolo ad intendere il significato del segno .

5. Non sono da prendersi in considerazione coloro che intervengono, con ragionamento specioso, in questi termini; ovvero sappiamo che la parola di Dio, che precede il sacramento, è autentica volontà di Dio, ovvero non lo sappiamo. A chi ne è certo il sacramento, che viene appresso, non reca nulla di nuovo. A chi non lo sa, il sacramento non sarà in grado di insegnarlo, in quanto tutta la sua efficacia e il suo significato consistono appunto nella Parola soltanto.

Rispondiamo brevemente che neppure i sigilli apposti alle lettere o ai documenti pubblici, non sono nulla in se stessi; non avrebbero alcuna utilità, e si apporrebbero inutilmente se la pergamena dovesse risultare non scritta. Nondimeno quando sigillano uno scritto non mancano di dargli conferma, validità e autenticità.

Né possono replicare che questo paragone è stato da noi inventato di recente per nostro piacere; san Paolo infatti l'ha adoperato definendo il sacramento della circoncisione col termine greco sfragis cioè "sigillo " (Ro 4.2). In questo testo egli dimostra che la circoncisione non è stata per Abramo un segno della propria giustizia, ma un sigillo del Patto avendo fiducia nel quale egli era stato giustificato. Perché mai dovrebbe urtarci il fatto che la promessa sia suggellata dal sacramento, quando risulta chiaro che nelle promesse, una è confermata dall'altro? Infatti quella che è più evidente è altresì più idonea a confermare la fede. Ora i sacramenti ci recano promesse evidenti e hanno, oltre la Parola, il fatto peculiare di raffigurare queste promesse visibilmente.

Non ci deve turbare la diversità riscontrabile tra i sacramenti e sigilli di lettere patenti, secondo cui, essendo gli uni e gli altri realtà carnali, appartenenti a questo mondo, i sacramenti non possono aver valore di sigillo delle promesse di Dio, che sono spirituali; in modo analogo ai suggelli adoperati dai prìncipi per i loro scritti, che riguardano problemi contingenti e caduchi; poiché il credente, vedendo i sacramenti, non si ferma all'aspetto esteriore ma si innalza a contemplare gli alti misteri che vi sono nascosti, secondo l'accordo della figura carnale con la realtà spirituale.

6. E poiché nostro Signore definisce le sue promesse patti e accordi (Ge 6.18; 9.9; 17.2) e i sacramenti segni e attestati di contratti è lecito trarre una similitudine dai patti e accordi stipulati fra gli uomini.

Gli antichi avevano l'abitudine di suggellare la firma di un contratto con l'uccisione di una scrofa. Che avrebbe potuto fare quella scrofa morta se i termini del contratto non fossero stati insieme fissati, anzi precedentemente stipulati? Si uccidono spesso scrofe e senza alcuna allusione ad un mistero. Parimenti che significato può avere una stretta di mano, visto che molto spesso alcuni toccano la mano dei loro nemici con l'intenzione di recare loro danno? E tuttavia, quando siano state premesse parole di amicizia e di intesa, esse ricevono conferma da questo gesto, quantunque già in precedenza siano state pronunciate e dichiarate pubblicamente.

I sacramenti hanno dunque, per noi, il significato di gesti che debbono accrescere la nostra fiducia nella Parola e nelle promesse di Dio. Ci sono presentati sotto forma di oggetti carnali, in quanto siano carnali, affinché ci possano educare secondo le capacità della nostra ignoranza e, quali pedagoghi, condurci e dirigerci come bambini. Per questa ragione il sacramento è detto da sant'Agostino: parola visibile, in quanto ci raffigura plasticamente le promesse di Dio e ce le presenta in forma visibile.

Possiamo ricorrere ad altre similitudini per dare una definizione completa dei sacramenti, dicendoli, ad esempio, "pilastri della nostra fede "; come un edificio infatti che poggia sulle sue fondamenta è reso più stabile e sicuro da pilastri aggiuntivi, così la nostra fede si fonda sulla parola di Dio e su di essa riposa come sulle sue fondamenta, ma quando i sacramenti vengono aggiunti essi fungono da pilastri su cui appoggiarsi e riposare più stabilmente. Possiamo altresì definirli "specchio "in cui contemplare le ricchezze della grazia che Dio ci dona.

Mediante questi sacramenti come è già stato detto Dio si manifesta a noi nella misura in cui è dato al nostro ottuso intendimento conoscerlo, e attesta la sua buona volontà nei nostri riguardi, in modo più esplicito che nella parola.

7. Infondata risulta altresì l'argomentazione di coloro che sostengono i sacramenti non essere testimonianze della grazia di Dio, in quanto spesso ricevuti da malvagi; i quali, nel sacramento, non avvertono affatto l'amore di Dio in modo più chiaro ma anzi ne ricavano una condanna sempre maggiore. Analogamente si potrebbe infatti dire che neppure l'Evangelo è testimonianza della grazia divina in quanto esso è udito da molti che lo disprezzano e Gesù Cristo stesso non sarebbe ciò che è perché, pur essendo stato visto e udito da molti, è stato accolto da pochi.

Considerazioni analoghe possono farsi per le lettere patenti dei prìncipi. Gran parte del popolo, pur sapendo che il sigillo appostovi è autentico e risulta essere quello del principe, non si fa scrupolo di disprezzarlo. Gli uni lasciandolo da parte, quasi si trattasse di una cosa priva di significato, gli altri giungendo sino a rifiutarlo: cosicché non possiamo che considerare valida la similitudine posta sopra.

Risulta evidente dunque che nostro Signore, nella sua parola e nei suoi sacramenti, presenta a tutti noi la sua misericordia e la grazia del suo buon volere ma questa viene però ricevuta solo da coloro che accolgono e la parola e i sacramenti con fede certa; così come nostro Signore Gesù Cristo è stato a tutti offerto e presentato dal Padre per la salvezza, ma non da tutti è stato riconosciuto e accolto.

Sant'Agostino, in un suo testo, volendo alludere a questo fatto ha detto che nel sacramento la forza della Parola non deriva dall'essere questa pronunciata, ma dall'essere creduta e accolta. Perciò san Paolo valutando il significato dei sacramenti fra i credenti vi include la comunione di Gesù Cristo e afferma: "voi tutti che siete stati battezzati vi siete rivestiti di Cristo " (Ga 3.27). Parimenti: "siamo un corpo unico e uno spirito in quanto siamo stati battezzati in Cristo " (1 Co. 12.12-13). Al contrario, quando condanna il perverso e cattivo uso dei sacramenti, non attribuisce loro alcun valore più di quanto si possa attribuire a vane e inutili figure; egli intende così affermare che, quantunque i malvagi e gli ipocriti annullino il potere e l'effetto della grazia di Dio nei sacramenti o la contrastino, questo non impedisce tuttavia che essi rechino, ogni qual volta piace a Dio, una testimonianza autentica della comunione con Gesù Cristo e lo Spirito Santo offra ciò che essi promettono.

Concludendo, affermiamo che giustamente i sacramenti sono detti testimonianze della grazia divina e suggelli della sua benevolenza, in quanto garantendola a noi recano consolazione, nutrimento, conferma e accrescimento alla nostra fede.

Prive di fondamento e assolutamente frivole risultano le motivazioni addotte per contestare questa verità. Gli uni affermano che la nostra fede, quando risulti autentica, non è suscettibile di miglioramento, in quanto non potrebbe dirsi fede se non fosse fondata e radicata nella misericordia divina in modo così stabile da non poterne essere smossa o distolta. Sarebbe stato più conveniente per costoro pregare con gli apostoli che il Signore aumentasse loro la fede (Lu 17.5) , anziché vantarsi di possedere la fede in misura tale che mai si ebbe né si avrà in questa vita. Che fede, a loro avviso, era mai in quell'uomo che disse: "Credo, Signore, sovvieni alla mia incredulità " (Mr. 9.24) ? Pure essa risulta valida in questa forma embrionale ed era suscettibile di miglioramento, con una diminuzione della incredulità. La loro coscienza rappresenta però la migliore refutazione dei loro argomenti. Nella misura in cui si riconoscono peccatori (né possono negare di esserlo, lo vogliano o no ) necessariamente dovranno attribuire la causa all'imperfezione della loro fede.

8. Replicano però: Filippo disse all'eunuco che gli era lecito ricevere il battesimo se credeva con tutto il cuore (At. 8.37); che significato può avere in questo caso la conferma del battesimo quando già la fede occupa e riempie interamente il cuore?

Prima di rispondere domanderò dal canto mio: non sentono forse gran parte del cuore loro vuota e priva di fede? Non avvertono forse in se stessi ogni giorno un qualche accrescimento di fede? Un pagano si gloriava di invecchiare imparando . Ben più miserabili saremmo noi cristiani se invecchiassimo senza alcun profitto, noi, la cui fede deve essere costituita da un susseguirsi di età attraverso le quali procedere innanzi sino a raggiungere la statura di uomo perfetto (Ef. 4.13).

"Credere di tutto cuore ", in questo contesto, non significa essere radicati in Cristo in modo perfetto, ma solo accoglierlo con buona volontà e zelo non finto, non significa essere sazi di lui ma averne fame e sete con brama ardente e desiderarlo. Trattasi di una espressione frequente nella Scrittura; "tutto il cuore "ricorre laddove si vuole alludere ad un'azione fatta con impegno e senza finzione. Tale è il significato di testi quali: "Io ti ho cercato con tutto il mio cuore " (Sl. 119.10) : "Ti loderò con tutto il cuore ", (Sl. 111.1; 138.1) , e altri simili. Così, all'opposto, denunciando ipocriti ed ingannatori, ha l'abitudine di dire che hanno "il cuore doppio ".

Replicano ancora che se la fede può essere accresciuta dai sacramenti, risulta inutile il dono dello Spirito Santo, la cui opera e la cui potenza consistono nell'iniziare, confermare e perfezionare la fede. Riconosco che la fede è opera peculiare e assoluta dello Spirito Santo illuminati dal quale riconosciamo Dio e i grandi tesori della sua bontà e senza la luce del quale il nostro spirito rimane accecato al punto da non essere in grado di vedere, privo di sensibilità al punto da non gustare alcunché delle realtà spirituali. All'unica prospettiva in cui la grazia di Dio è da costoro presa in considerazione, ne contrapponiamo tre. Poiché affermiamo che, in primo luogo, nostro Signore ci ammaestra mediante la sua parola. In secondo luogo ci conferma mediante i suoi sacramenti. Infine mediante la luce del suo Spirito Santo illumina il nostro intendimento e apre nei nostri cuori una via, sia alla Parola che ai sacramenti i quali altrimenti colpirebbero soltanto le nostre orecchie e i nostri occhi senza penetrare nell'intimo nostro e toccarlo.

9. Voglio però risulti chiaro ai lettori che, attribuendo ai sacramenti il compito di confermare e accrescere la fede, non intendo affermare che abbiano in se stessi questa facoltà ma la possiedono unicamente in quanto sono stati istituiti da Dio a tale scopo. Del resto esplicano la loro efficacia quando il maestro interiore delle anime, lo Spirito, vi aggiunge la sua potenza, la sola in grado di raggiungere i cuori e toccare i sentimenti per dare accesso ai sacramenti. In assenza dello Spirito non sono in grado di recare allo spirito più di quanto dia la luce del sole ad un cieco e una voce alle orecchie di un sordo. Stabilisco pertanto questa differenza tra lo Spirito e i sacramenti: riconosco che la potenza risiede nel primo non attribuendo ai sacramenti se non la funzione di strumenti di cui il Signore si serve nei nostri confronti e strumenti infatti che risulterebbero assolutamente inutili senza l'opera dello Spirito mentre risultano pienamente efficaci quando lo Spirito opera in essi . È dunque chiaro in che modo la fede, secondo il mio pensiero, riceve conferma dai sacramenti: nello stesso modo che gli occhi vedono e le orecchie odono in virtù della luce solare e del suono di una voce. Certo la luce non sarebbe in grado di fare nulla negli occhi se questi non possedessero la facoltà visiva, né la voce in orecchie per natura prive di udito. Se è dunque vero (e così deve essere ritenuto fra noi ) che l'opera dello Spirito Santo nel generare, mantenere, stabilire la fede è simile alla vista dell'occhio e l'udito dell'orecchio, ne derivano chiaramente le due affermazioni: i sacramenti non hanno alcuna efficacia senza la potenza dello Spirito e nondimeno nei cuori da esso ammaestrati essi sono in grado di sostenere e accrescere la fede. L'unica differenza consiste in questo: i nostri occhi e le nostre orecchie possiedono in modo naturale la facoltà di vedere e di udire; ma lo Spirito Santo ha nelle anime nostre la funzione di una grazia particolare oltre la natura.

10. Questa considerazione confuta altresì le obiezioni che alcuni sono soliti fare: attribuendo l'accrescimento e la conferma della fede a realtà create recheremmo offesa allo Spirito di Dio il quale deve essere riconosciuto unico artefice della fede. Non intendiamo infatti sottrargli, così facendo, la lode che gli è dovuta in quanto i termini "confermare "e "accrescere "non significano se non apprestare lo spirito nostro ad accogliere la convalida contenuta nei sacramenti. Se questo risultasse espresso in termini ancora troppo oscuri, ecco una similitudine atta a chiarire il problema: Dovendosi convincere qualcuno a compiere una determinata azione, si esaminano anzitutto gli argomenti atti ad influenzarlo in quel senso, quasi a costringerlo all'obbedienza, così facendo non si è però ancora ottenuto nulla se la persona in questione non possiede una intelligenza perspicace e acuta, in grado di valutare il peso delle argomentazioni, e altresì un temperamento docile e pronto ad obbedire ai buoni insegnamenti, e se infine non è convinto della lealtà e della serietà di colui che gli si rivolge, cosicché il suo giudizio sia già parzialmente incline ad accogliere quanto gli viene suggerito. Si trovano infatti zucconi che non si lasciano convincere da nessun argomento. Quando è sospetta l'onestà delle intenzioni o l'autorità è discutibile, non si ottiene alcun risultato anche con coloro che sono facili da convincere; si trovino al contrario riunite tutte queste condizioni ed ecco il consiglio che si porge, liberamente accolto, laddove sarebbe stato invece oggetto di scherno.

L'azione dello Spirito Santo in noi è di tale sorta, affinché la Parola non colpisca invano le nostre orecchie e i sacramenti non siano presentati ai nostri occhi senza risultato. Egli dichiara che Dio parla quivi e tocca la durezza del cuore nostro predisponendolo all'obbedienza dovuta alla Parola. Infine trasmette all'intendimento spirituale sia le parole che i sacramenti.

Risulta dunque indubbio che la funzione della Parola e dei sacramenti sia quella di confermare la nostra fede presentandoci in modo visibile la volontà misericordiosa del Padre nostro celeste, comprensione in cui sta il fondamento della nostra fede e la garanzia della sua forza. Lo Spirito conferma la fede in quanto imprime nei nostri cuori questa certezza dandole forza.

Il Padre degli astri tuttavia, ha la possibilità di illuminare le anime nostre mediante i sacramenti, così come illumina gli occhi del corpo con i raggi del sole.

11. Il Signore Gesù ci dimostra che questa proprietà risiede nella parola esteriore, quando la definisce "semenza " (Mt. 13.4; Lu 8.15). Come infatti la semenza, quando cade in un luogo deserto o non arato, si perde senza produrre frutto, e fruttifica invece abbondantemente quando è seminata in un campo ben arato, così la parola di Dio rimane sterile se cade in una mente dura e ribelle, come semenza nella ghiaia del mare; diventa invece feconda e fruttuosa in un'anima ben disposta dall'opera dello Spirito Santo. Se risulta dunque pertinente il parallelismo tra la semenza e la Parola, perché non dire che la fede trae la sua origine, il suo accrescimento e il suo perfezionamento dalla Parola come affermiamo che il grano nasce, cresce e giunge a maturità dal seme?

San Paolo esprime molto chiaramente entrambi i concetti in parecchie occasioni. Ricordando ai Corinzi con quanta efficacia Dio si è servito della sua predicazione (1 Co. 2.4) si gloria del fatto che il suo ministero è stato spirituale, quasi la potenza dello Spirito Santo fosse stata unita alla sua predicazione per illuminare la loro intelligenza e toccare i loro cuori. In un altro testo però, volendo ricordare loro la portata della parola di Dio predicata da un uomo, paragona i predicatori a contadini che dopo aver lavorato ed essersi affaticati a coltivare la terra non possono che aspettare. Se Dio non comunicasse la sua forza dall'alto che senso e che risultato avrebbe l'aver coltivato il campo, seminato, annaffiato? Egli conclude pertanto che chi pianta non è nulla né chi annaffia, ma il merito spetta a Dio solo che fa crescere (1 Co. 3.6-9).

Gli apostoli dunque predicano con efficacia di Spirito Santo in quanto Dio si serve di loro come di strumenti; occorre però tenere sempre presente la distinzione tra ciò che l'uomo può compiere da se e ciò che spetta a Dio solo.

12. L'affermazione che i sacramenti sono garanzia della nostra fede è convalidata dal fatto che, quando Dio vuole annullare la certezza delle realtà promesse nei sacramenti, elimina i sacramenti stessi. Allorquando priva Adamo del dono dell'immortalità dice: Adamo non abbia a prendere il frutto dell'albero della vita per vivere eternamente (Ge 3.22). Che significa questo? Poteva quel fatto dare o restituire ad Adamo l'incorruttibilità che già aveva perduto? Affatto. Questa affermazione equivale a dire: gli sia tolto il segno della mia promessa, che potrebbe dargli qualche speranza di immortalità, affinché non nutra più vane speranze. Per lo stesso motivo quando l'Apostolo esorta gli Efesini a ricordare il tempo in cui erano estranei alle promesse, esclusi dalla cittadinanza di Israele, senza Dio, senza Cristo (Ef. 2.12) , afferma che non erano partecipi della circoncisione intendendo dire con ciò che erano esclusi dalla promessa poiché non ne avevano ricevuto il segno. Si muove un'altra obiezione ancora: La gloria di Dio, così facendo, viene sminuita in quanto è trasferita alle realtà create cui si attribuisce eccessivo potere. La risposta è facile: non conferiamo affatto potere alle realtà create, affermiamo solo che Dio fa uso dei mezzi e degli strumenti che ritiene opportuni affinché ogni cosa serva alla sua gloria poiché di ogni cosa è Signore e padrone.

Così come nutre i nostri corpi Cl. Pane e altri cibi, illumina il mondo Cl. Sole e lo riscalda Cl. Fuoco e nondimeno né il pane, né il sole, né il fuoco sono nulla in se ma solo strumenti in cui dispensa le sue benedizioni, parimenti nutre e sazia spiritualmente la fede mediante i sacramenti la cui funzione è unicamente quella di raffigurare innanzi ai nostri occhi le promesse sue ed esserne pegno.

Non dobbiamo porre la nostra fiducia in alcuna realtà creata, dataci in uso dalla volontà divina e mediante le quali egli ci elargisce i suoi doni, né dobbiamo attribuire loro gloria, quasi fossero cause del nostro bene, analogamente non deve la nostra fede arrestarsi ai sacramenti né deve essere trasferita su di loro la gloria di Dio; ma tralasciando e dimenticando ogni realtà terrena la nostra fede e il nostro impegno debbono innalzarsi e rivolgersi a colui che è autore dei sacramenti e di ogni bene.

13. Deboli assai risultano infine le argomentazioni che ricavano dal significato letterale del termine "sacramento "per mascherare i loro errori. Costoro affermano infatti che, quantunque il termine abbia presso gli autori latini parecchi significati, uno solo può riferirsi in modo conveniente al segno; quando cioè indichi il giuramento solenne che un soldato fa al suo principe o al suo capitano quando viene arruolato e accolto nell'esercito. Come i nuovi soldati impegnano, con quell'atto, la propria vita al servizio del principe o del capitano e, dichiarandosi membri del suo esercito, gli offrono la propria vita, così noi pure confessiamo mediante i nostri segni che Gesù Cristo è nostro capitano e dichiariamo di combattere sotto la sua bandiera . Aggiungono esempi per rendere più chiaro ed evidente il loro pensiero. Come in guerra si distinguono Francesi e Inglesi in quanto gli uni portano la croce bianca e gli altri la rossa, come i Romani si distinguevano dai Greci nell'acconciatura dei vestiti, e in modo ancora più evidente, si distinguevano in Roma le diverse classi sociali in base a segni caratteristici: i senatori dal vestito di porpora e i sandali, i cavalieri dall'anello, così possediamo dei segni peculiari con cui differenziarci dagli infedeli e dai non cristiani.

Risulta però, da quanto detto più sopra che gli antichi, dando ai nostri segni il nome di "sacramenti ", non hanno preso in considerazione i significati che precedentemente il termine aveva presso gli autori latini, ma ne hanno per loro uso creato uno nuovo, nell'indicare semplicemente un segno sacro.

Volendo approfondire l'argomento, sotto questo punto di vista, è lecito supporre che essi abbiano adoperato il termine in questo nuovo significato, analogamente a quanto hanno fatto con il termine "fede ". Quantunque infatti fede significhi, nella sua accezione letterale, impegno nel mantenere una promessa, essi gli hanno attribuito il significato di certezza o convinzione di verità. In modo analogo, quantunque sacramento indichi il giuramento del soldato al suo capitano, l'hanno adoperato per indicare il segno di cui si vale il capitano per accogliere nella sua schiera e al suo servizio i soldati. Il Signore infatti ci promette nei suoi sacramenti di essere nostro Dio e di considerarci popolo suo.

Tralascio queste sottigliezze perché penso aver dimostrato con argomenti probanti che gli antichi, nel definire i nostri segni "sacramenti ", hanno inteso significare che sono da considerarsi segni di realtà sante e spirituali. Accettiamo la similitudine che ci propongono tratta dall'uniforme e dagli usi militari certo, ma non possiamo accettare che un elemento secondario del sacramento assuma valore fondamentale, anzi esclusivo. Elemento primario nei sacramenti è il loro carattere di ausilio per la nostra fede in Dio, secondario è il loro aspetto di testimonianza nei confronti degli uomini. In questo secondo significato risultano adeguate e pertinenti le similitudini summenzionate a condizione che il punto fondamentale permanga chiaro; in caso contrario i sacramenti hanno scarsa efficacia non servendo a sostenere la nostra fede e non essendo elemento complementare della dottrina.

14. Dobbiamo d'altra parte ricordare che se costoro annullano l'efficacia e aboliscono l'uso dei sacramenti, ve ne sono che attribuiscono loro non so quale potere nascosto, che non risulta essere mai stato dato da Dio. Errore con cui sono ingannati i semplici e gli ignoranti che, abituandosi a cercare i doni e le grazie di Dio ove non si possono trovare, si allontanano a poco a

Poco da lui al seguito di vanità, anziché del vero. Le varie scuole dei sofisti infatti hanno decretato di comune accordo che i sacramenti della nuova Legge, quelli cioè che sono in uso attualmente nella Chiesa cristiana, giustificano e conferiscono la grazia se non poniamo loro l'ostacolo di peccati mortali .

Quanto sia perniciosa questa opinione non si dirà mai abbastanza, tanto più che è stata accolta con grave danno della Chiesa per così lunghi anni e si mantiene tuttora in gran parte del mondo. Trattasi, non c'è dubbio, di una opinione realmente diabolica poiché, Cl. Promettere giustizia senza la fede, getta le coscienze in confusione e dannazione. Anzi, facendo del sacramento la causa della giustizia, vincola le intelligenze alla concezione superstiziosa che consiste nel porre la propria fiducia in una realtà corporea anziché in Dio, concezione cui già, di per noi stessi, siamo naturalmente inclini, data la nostra tendenza a considerare la terra più di quanto occorrerebbe. Due errori codesti di cui sarebbe preferibile avessimo meno esperienza e di cui non è necessario dare ampia illustrazione.

Che cosa è il sacramento preso senza fede se non la rovina della Chiesa? Grandemente si inganna infatti colui che pensa poter ricevere dal sacramento altro bene che quello ricevuto accettando per fede quanto gli viene offerto dalla Parola poiché non se ne deve sperare nulla se non in virtù della promessa che annuncia l'ira di Dio agli increduli non meno che la sua grazia ai credenti. Onde si può dedurne altresì che la fiducia della salvezza non dipende dalla partecipazione ai sacramenti quasi vi fosse rinchiusa la giustizia che sappiamo invece risiedere in Gesù Cristo solo ed esserci data dalla predicazione dell'evangelo non meno che dalla attestazione dei sacramenti, giustizia che sussiste nella sua integrità anche senza i sacramenti, tant'è vero che, come giustamente afferma sant'Agostino, può trovarsi a volte il segno visibile senza la santificazione invisibile e, viceversa, la santificazione senza il segno visibile. Poiché lui stesso dice in un altro testo: gli uomini accolgono Gesù Cristo a volte fino a ricevere il sacramento a volte fino alla santificazione della vita.

Il primo caso è comune a buoni e cattivi, il secondo è caratteristico dei credenti.

15. A questo si riferisce la distinzione che lo stesso dottore pone fra il sacramento e l'oggetto. Poiché egli non insegna solo che la verità e la figura sono incluse nel sacramento ma che non sono connesse al punto da non poter essere una senza l'altra. E anche quando si trovano congiunte occorre fare distinzione fra la realtà e il segno in modo da non trasferire all'una ciò che è peculiare dell'altra.

Riguardo alla distinzione egli ne parla affermando che i sacramenti non hanno efficacia se non per gli eletti.

Parimenti in un altro testo parlando dei Giudei dice: "Quantunque i sacramenti fossero comuni a tutti, non lo era la grazia che costituisce la forza dei sacramenti. Così ora il sacramento della rigenerazione è comune a tutti, ma la grazia da cui siamo fatti membra di Cristo per essere rigenerati, non è comune a tutti ". Parimenti parlando della cena del Signore: "Abbiamo bensì ricevuto tutti il cibo visibile oggi, ma due cose distinte sono il sacramento e la sua efficacia. Donde viene il fatto che molti vengano all'altare e prendono a loro condanna quanto ricevono? Poiché il pezzo di pane che nostro Signore diede a Giuda risultò per lui veleno non per il fatto che fosse cattivo in se ma perché l'uomo che lo prendeva, essendo cattivo, lo prese male ". Poco appresso: "Il sacramento della unità spirituale che abbiamo con Cristo viene presentato alla tavola del Signore per essere vita agli uni e morte agli altri, ma la realtà di cui è figura è vita per tutti e non può essere morte ". Ed aveva affermato poco prima: "Colui che ne avrà mangiato non morirà; intendo però la verità del sacramento non il sacramento visibile, chi l'avrà mangiato interiormente e non esteriormente, che l'avrà preso col cuore e non masticato con i denti ".

Da tutte queste citazioni risulta che la verità del sacramento e la figura sono due realtà distinte a causa dell'indegnità di coloro

Che lo ricevono male cosicché non ne rimane che figura vuota e inutile. Colui dunque che vuole ricevere la figura con la realtà e non priva di verità deve scoprire per fede la Parola inclusa in esso. E così l'uomo trarrà profitto dai sacramenti in quanto ricaverà da essi comunicazione di Cristo.

16. Questi concetti risulteranno forse oscuri a causa della concisione dell'enunciato, svilupperò perciò il tema in modo più ampio. Gesù Cristo è la sostanza e il fondamento di tutti i sacramenti in quanto ne rappresenta la forza e non annunziano nulla all'infuori di lui. Non è dunque tollerabile l'errore del Maestro delle Sentenze che li considera espressamente causa della giustizia e della salvezza; i sacramenti infatti non hanno altro scopo se non quello di mantenerci in Gesù Cristo annullando tutte le altre cause, frutto dell'intendimento umano. Nella misura in cui sono di ausilio per alimentare, confermare, accrescere in noi la conoscenza di Gesù Cristo o farcelo possedere in maniera più completa e godere dei suoi beni, risultano efficaci e ciò accade quando riceviamo quanto ci viene offerto in essi con fede autentica.

Domanderà qualcuno: come possono i malvagi rendere vana con la loro ingratitudine, e inefficaci, le disposizioni di Dio? Non ho inteso affermare che la forza e la realtà del sacramento dipendano dai requisiti e dalla natura di colui che li riceve; ciò che Dio ha una volta istituito permane valido e conserva perennemente la sua proprietà anche se gli uomini mutano. Ma l'offrire e il ricevere sono cose diverse; non vi è alcuna contraddizione nel fatto che un sacramento di nostro Signore sia realmente ciò che è detto essere, e conservi perciò la sua efficacia, e d'altra parte un uomo malvagio non ne ricavi alcun beneficio. Sant'Agostino, però, risolve molto bene questo problema, in poche parole: "Se lo ricevi, carnalmente "dice "non per questo cessa di essere spirituale, non lo sarà per te ". Come ha dimostrato questo santo dottore, nel testo menzionato, il sacramento non è nulla quando sia scisso dalla sua verità; d'altra parte, congiungendoli l'uno all'altro, ci ammonisce a non soffermarci troppo al segno esteriore; "Errore di debolezza "afferma "l'attenersi alla lettera e scambiare i segni con la realtà, altrettanto erroneo prendere i segni senza ricavarne utilità ". Egli fa così menzione di due errori da evitare: prendere i segni come se fossero stati dati invano, e, privandoli della loro forza, con la nostra falsa interpretazione, annullarne il vantaggio che ce ne potrebbe derivare; d'altra parte quando non innalziamo il nostro intendimento oltre il segno visibile, gli attribuiamo la gloria della grazia di Gesù Cristo, che ci è data mediante il suo Spirito, il quale ci rende partecipi di lui mediante i segni esteriori, che perdono ogni loro utilità se si volgono ad altro scopo che attrarci a Gesù Cristo.

17. Manteniamo perciò questo assunto: i sacramenti non hanno funzione diversa da quella della parola di Dio, cioè offrirci e presentarci Gesù Cristo e in lui i tesori della grazia celeste. E non recano alcun profitto se non a coloro che li prendono con fede così come il vino, l'olio o altro liquido si spanderebbe in terra qualora lo si versasse in un recipiente la cui apertura risultasse chiusa, e il recipiente, pur essendo bagnato esteriormente, rimarrebbe secco e vuoto all'interno.

Dobbiamo inoltre evitare di cadere in un facile errore leggendo quanto gli antichi hanno scritto, con l'intenzione di accrescere la dignità dei sacramenti, e lasciarci indurre a pensare che qualche virtù segreta vi sia annessa e che la grazia dello Spirito Santo sia in essi distribuita e amministrata come il vino è contenuto in una coppa o in un bicchiere, laddove la loro funzione consiste unicamente nel dichiararci e confermarci la benevolenza e il favore di Dio nei nostri riguardi, e non hanno significato alcuno se lo Spirito Santo non viene ad aprire il nostro intendimento e i nostri cuori, rendendoci capaci di intendere tale testimonianza.

In ciò appaiono anche, chiaramente, diverse grazie di Dio. Poiché i sacramenti, come abbiamo detto sopra, hanno da parte di Dio la stessa funzione di messaggero di buone notizie da parte degli uomini: cioè non di conferirci il bene ma solamente annunciare e dimostrare le cose che ci sono date dalla liberalità di Dio e hanno funzione di primizie per ratificarle.

Lo Spirito Santo che non è dato indifferentemente a tutti dai sacramenti ma che Dio dà in modo particolare ai suoi, è colui che reca le grazie di Dio con se, che crea in noi l'accoglienza ai sacramenti e li fa fruttificare.

Quantunque non intendiamo negare che il Signore sia presente mediante l'efficacia del suo Spirito nella sua istituzione, affinché l'amministrazione dei sacramenti da lui istituiti non risulti vana ed infruttuosa, tuttavia affermiamo che la grazia interiore dello Spirito, in quanto è distribuita dal ministro esterno, deve essere considerata indipendentemente da esso.

Dio compie dunque quanto promette nella figura e i segni non sono senza effetto mostrando, come è necessario, che il loro autore è veritiero e fedele. Il punto che deve chiarirsi è quello di sapere se Dio opera direttamente per sua forza propria, intrinseca come si dice, o se affida il suo compito a segni esterni. Ora questo punto è chiaro: qualsiasi strumento egli adoperi per la sua opera non è mai per derogare in qualche modo alla sua autorità sovrana.

Quando questa dottrina dei sacramenti sia chiara, la loro dignità risulterà sufficientemente illustrata, il loro uso dimostrato e la loro utilità raccomandata. Nello stesso tempo, però, si mantiene in tutto e per tutto una saggia moderazione sì da non conferire loro più di quanto si debba né sottrarre quanto conviene.

Viene così distrutta la falsa teoria che inchiude nei sacramenti il potere di giustificarci, e le grazie dello Spirito Santo, quasi fossero il recipiente ed è invece messa in evidenza quello che viene omesso dagli altri, che cioè si tratta di strumenti mediante cui Dio opera come gli piace. Conviene notare altresì che Dio solo compie nell'interiore ciò che il ministro raffigura e dichiara con atto esteriore, acciocché non attribuiamo a un uomo mortale quanto Dio riserva a se stesso. Sant'Agostino fornisce un saggio ammonimento al riguardo: "Come consacrano contemporaneamente Dio e Mosè? Mosè non consacra affatto al posto di Dio ma solo mediante segni visibili secondo il suo ministero. Ma Dio consacra con grazie invisibili mediante lo Spirito. In questo consiste la forza del sacramento visibile. Poiché quale ne sarebbe il vantaggio non vi fosse questa santificazione invisibile?

18. Il termine sacramento, come l'abbiamo sin qui adoperato, include genericamente tutti i segni che Dio ha dato agli uomini per garantire e attestare la verità delle sue promesse. Egli ha voluto farli consistere a volte in realtà di ordine materiale altre volte in miracoli.

Esempi del primo tipo sono: l'albero della vita che Dio diede ad Adamo ed Eva, qual pegno dell'immortalità, affinché fossero certi di riceverla mangiandone il frutto (Ge 2.9; 3.22). L'arcobaleno dato a Noè qual segno per lui e la sua progenie che mai più la terra sarebbe distrutta da un diluvio (Ge 9.13). Adamo e Noè hanno ricevuto queste cose quali sacramenti non che l'albero conferisse l'immortalità, che non era in grado di dare neppure a se stesso, né che l'arcobaleno, semplice riverbero dei raggi solari nelle nuvole, avesse potere di trattenere e controllare le acque; ma in quanto la parola di Dio li aveva segnati per essere segno e sigillo delle sue promesse. In precedenza l'albero e l'arcobaleno erano solo albero e arcobaleno, segnati dalla parola di Dio è stata data loro una nuova realtà, per diventare ciò che per l'innanzi non erano. E l'arcobaleno è per noi oggi ancora testimone di quella promessa e di quel patto, che Dio stipulò con Noè; ogniqualvolta lo vediamo, ritroviamo in esso la promessa di Dio, che la terra non sarà mai più distrutta dal diluvio.

Se qualche filosofo da strapazzo, per beffarsi della nostra fede semplicistica, obietta che la varietà di colori che costituisce l'arcobaleno è provocata in modo naturale dal riverbero dei raggi solari sulle nuvole, dobbiamo accogliere come valide le sue ragioni, ma possiamo denunciare la sua ignoranza in quanto non riconosce in Dio il Signore della natura, che si serve per sua gloria, a suo piacimento, di tutti gli elementi. E qualora avesse conferito questo carattere di segno e di testimonianza al sole, alle stelle, alla terra, alle pietre, sarebbero tutti sacramenti. Per qual motivo il valore dell'argento in commercio e di quello coniato risulta diverso pur essendo lo stesso metallo? In quanto il primo non ha nulla all'infuori della sua natura e l'altro, coniato dalla zecca, è diventato moneta ricevendo un nuovo valore. Perché Dio non potrebbe dunque dare un segno e una impronta alle cose create sì da renderle sacramento mentre precedentemente erano elementi semplici e comuni?

Esempi del secondo tipo sono stati: la visione di Abramo del fuoco ardente in mezzo alla fornace (Ge 15.17); il vello di Gedeone bagnato di rugiada sulla terra asciutta e, viceversa, asciutto sulla terra rugiadosa con cui veniva promessa la vittoria (Gd. 6.37); l'orologio su cui furono ritardati dieci gradi per annunciare la guarigione ad Ez.chia (4 Re 20.9-11; Is. 38.7). Tutte queste cose ebbero valore di sacramento in quanto vennero date per sostenere, confortare, confermare la debolezza della fede di questi uomini.

19. La nostra intenzione è però di dare ora una trattazione particolare dei sacramenti che nostro Signore ha istituito e voluto nella sua Chiesa quale mezzo per nutrire e sostenere i suoi nella comune professione di fede. Poiché, come afferma sant'Agostino, gli uomini non si possono unire in una qualche forma di associazione religiosa vera o falsa se non per mezzo di sacramenti. Dio dunque, constatando sin dall'inizio questa necessità, aveva ordinato ai suoi servi delle cerimonie quali esercizi della loro religione, che Satana ha in seguito corrotto e depravato in molti modi dando loro la forma di pessime superstizioni. Da questa corruzione ha preso origine tutta l'idolatria pagana. Quantunque non vi sia in essa che errori e contaminazioni, ci dimostra tuttavia che gli uomini non possono fare a meno di segni esteriori quando vogliono manifestare di possedere una qualche religione.

Tutti i segni dei pagani, non essendo fondati sulla parola del Signore e non riferentisi alla sua verità, come dovrebbe essere, secondo il fine di ogni sacramento, non meritano perciò di essere tenuti in alcuna considerazione quando si esaminano i sacramenti che nostro Signore ha ordinato e sono stati mantenuti nella purezza originaria, sì da essere ausilio di pietà e di fede non essendosi allontanati dal proprio fondamento. Ora questi sacramenti consistono non solo in segni ma anche in cerimonie, o se si preferisce sono segni sotto forma di cerimonie. Come è stato detto più sopra ci sono dati da Dio per testimoniare della sua grazia per la salvezza nostra; d'altra parte però sono dimostrazione della nostra professione di fede in quanto dichiariamo, in tal modo, la nostra appartenenza a Dio, pubblicamente, e ci impegniamo nei suoi riguardi.

Perciò Crisostomo si esprime in modo appropriato definendoli "contratti ", con cui viene annullato l'atto del nostro debito e in un altro testo "obbligazione "con cui ci impegnano a vivere puramente e santamente in modo che esista reciprocità contrattuale fra Dio e noi. Perché, come nostro Signore annulla in essi l'intero debito delle colpe e delle offese da noi commesse e ci riconcilia con se nel suo figlio unico, così reciprocamente ci impegnano nei suoi riguardi a servirlo in santità e purezza di vita Cosicché i sacramenti si possono definire cerimonie con cui il Signore vuole allenare il suo popolo in primo luogo nel mantenimento, esercizio, conferma della fede nell'intimo del proprio cuore; in secondo luogo nella professione della fede innanzi agli uomini.

20. I sacramenti sono perciò stati diversi a seconda delle modalità scelte dal Signore per rivelarsi e manifestarsi agli uomini seguendo le opportunità del momento.

Ad Abramo e alla sua posterità fu ordinata infatti la circoncisione (Ge 17.10) cui furono aggiunte, dalla legge mosaica, le abluzioni e i sacrifici e altri riti (nel Le ). Questi sono stati i sacramenti dei Giudei sino all'avvento di nostro Signore Gesù Cristo, da cui sono stati aboliti e sostituiti con altri due, di cui la Chiesa cristiana fa attualmente uso: cioè il battesimo e la Cena del Signore (Mt. 28.19; 26.26). Mi riferisco qui ai sacramenti dati per l'uso comune della Chiesa tutta, poiché non includo fra questi l'impostazione delle mani mediante cui i ministri o pastori sono ricevuti nel loro incarico, pur non avendo difficoltà ad accettare che la si dica sacramento. Riguardo agli altri riti che comunemente sono considerati tali, faranno oggetto di trattazione a parte.

Anche gli antichi sacramenti dei Giudei tendevano però al medesimo fine dei due nostri attuali: orientare verso Gesù Cristo e condurre a lui, o più esattamente, quasi fossero immagini sue, presentarcelo e farcelo conoscere. Poiché, come già abbiamo dimostrato, i sacramenti sono come sigilli con cui sono autenticate le promesse di Dio, ed è indubbio che nessuna promessa di Dio è stata fatta se non in Gesù Cristo (2 Co. 1.20); necessariamente dunque i sacramenti, dovendoci illustrare e rammentare le promesse di Dio, ci dovranno mostrare Gesù Cristo. Come fu significato dal modello del tabernacolo con i suoi ornamenti, che fu mostrato a Mosè sul monte. Una sola differenza sussiste tra quei sacramenti antichi e i nuovi: i primi sono stati prefigurazioni del Cristo promesso, quando ancora lo si attendeva; i nostri, nuovi, testimoniano e insegnano che è già stato dato e manifestato.

 

21. Tutte queste verità, quando siano illustrate in ordine e singolarmente, risulteranno molto più chiare.

In primo luogo la circoncisione aveva per i Giudei la funzione di un segno per ricordare loro che tutto ciò che procede dal seno dell'uomo, la sua natura cioè, è corrotta e ha bisogno di essere circoncisi e recisi. Doveva inoltre avere per loro il significato di una attestazione e un ricordo, confermandoli nella fede delle promesse fatte ad Abramo circa quella discendenza in cui sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra (Ge 22.18) , e da cui dovevano altresì ricevere la propria benedizione. Ora questa discendenza salvifica, ci insegna san Paolo, era Gesù Cristo (Ga 3.16) , dal quale soltanto essi potevano sperare riottenere quanto avevano perduto in Adamo. La circoncisione risultava essere perciò ciò che era stata per Abramo, secondo quanto afferma san Paolo, un sigillo cioè della giustizia della fede (Ro 4.2) da cui essere vieppiù confermati che la fede, in cui attendevano questa discendenza benedetta, era

E sarebbe sempre stata imputata da Dio a giustizia. Svilupperemo in un altro capitolo il parallelismo della circoncisione e del battesimo.

Le abluzioni e i riti di purificazione mostravano loro l'impurità, la corruzione, la sozzura da cui erano, per natura corrotti, infetti, macchiati e altresì promettevano loro un'altra purificazione da cui sarebbero state nettate le loro colpe e le loro impurità (Eb. 9.10-14). Questa purificazione era Gesù Cristo dal cui sangue siamo mondati e purificati (1 Gv. 1.7 Re 1.5) dalle cui piaghe siamo guariti (1 Pi. 2.24) , Cosicché le nostre colpe sono nascoste e rechiamo a Dio una purezza autentica, la purezza di Cristo.

I sacrifici avevano il significato di un atto di accusa e di rimprovero contro i loro peccati e le loro iniquità e, nello stesso tempo, mostravano loro la necessità di soddisfare la giustizia divina e di avere un sommo sacerdote e vescovo, mediatore fra Dio e gli uomini, capace di placare questa giustizia di Dio, mediante l'effusione del sangue e un sacrificio accettevole per la remissione dei peccati. Gesù Cristo è stato questo sommo sacerdote, lui stesso vittima del sacrificio (Eb. 4.14; 5.5; 9.2). Poiché si è offerto al Padre obbediente sino alla morte (Fl. 2.8) e con la sua obbedienza ha cancellato la disobbedienza dell'uomo, che aveva provocato l'indignazione di Dio (Ro 5.19).

22. I nostri due sacramenti ci presentano Gesù Cristo molto più chiaramente, egli infatti si è manifestato più vicino agli uomini da quando è stato dato e rivelato quale era stato promesso dal Padre. Il battesimo ci attesta che siano lavati e la Cena eucaristica che siano riscattati. Nell'acqua ci è offerta la figura della purificazione, nel sangue della soddisfazione. Queste due realtà sono in Gesù Cristo, che è venuto, come dice san Giovanni, in acqua e sangue (1 Gv. 5.6) , cioè per purificare e riscattare. Di questo è testimone lo Spirito di Dio, anzi tre sono i testimoni congiuntamente: l'acqua, il sangue, lo Spirito. Nell'acqua e nel sangue abbiamo la testimonianza del nostro perdono e della nostra redenzione, e lo Spirito Santo, principale testimone, ci garantisce in modo sicuro questa testimonianza, ce la fa credere, intendere, riconoscere; poiché non la potremmo altrimenti comprendere. Questo profondo mistero ci è stato presentato chiaramente quando dal costato di Gesù Cristo in croce è sgorgato sangue e acqua (Gv. 19.34). Costato che, a ragione, sant'Agostino definì fonte e sorgente da cui sono venuti i nostri sacramenti di cui è necessario parlare ancora brevemente.

Non v'è dubbio, se si stabilisce un paragone fra le due età, che la grazia dello Spirito Santo si riveli ora in modo più esplicito. Questo è infatti necessario affinché sia magnificata la gloria del regno di Cristo, come risulta da molti testi, in particolare dal capitolo 7di san Giovanni. In questo senso deve essere inteso il detto di san Paolo secondo cui non ci fu che ombra sotto la Legge e la realtà è in Cristo (Cl. 2.17). Non è sua intenzione annullare l'efficacia dei segni antichi, in cui Dio si è rivelato veritiero verso i padri come oggi verso di noi nel battesimo e nella Cena, ma solo magnificare con questo paragone quanto ci è dato ora affinché nessuno si stupisca del fatto che le cerimonie della Legge sono state abolite all'avvento di Cristo.

23. Da respingersi in modo assoluto è la tesi scolastica di una sostanziale diversità tra i sacramenti dell'antica e della nuova Legge, quasi i primi non avessero contenuto altro che figura della grazia di Dio, priva di realtà, e i secondi la conferissero attualmente. L'Apostolo infatti non parla degli uni in modo più eccelso che degli altri, insegnando che i nostri padri dell'antico Patto hanno mangiato lo stesso cibo spirituale nostro, ed afferma che si tratta di Cristo (1 Co. 10.3). Chi oserà definire vuoto e privo di sostanza il segno che dimostrava ai Giudei la reale comunione di Gesù Cristo? All'intelligenza di tali affermazioni giova il contesto in cui sono formulate. Per evitare che alcuni, Cl. Pretesto delle grazie di Dio, tengano in poco conto la giustizia di lui, l'Apostolo cita esempi della severità divina quale è stata manifestata nei confronti dei Giudei. Affinché nessuno si vanti, quasi fosse in possesso di particolari privilegi, mostra che furono del tutto simili a noi. In particolare dimostra questa identità riguardo ai sacramenti, comuni ad entrambi. In realtà non è lecito conferire al battesimo maggiore importanza di quanto l'Apostolo attribuisca in un altro testo alla circoncisione, definendola sigillo nella fede (Ro 4.2).

Pertanto i Giudei trovavano anticamente, nei loro sacramenti, quanto abbiamo oggi nei nostri: cioè Gesù Cristo e le sue ricchezze spirituali. E l'efficacia dei nostri sacramenti era già in quelli antichi: essere segni e conferma della buona volontà di Dio per la salvezza degli uomini.

Non sarebbero incorsi in questo errore se avessero inteso la questione dibattuta nella lettera agli Ebrei. Leggendovi che i peccati non sono stati cancellati in virtù di cerimonie legali, anzi che le ombre antiche sono del tutto prive di efficacia per recare giustizia (Eb. 10.1) , e tralasciando questo rapporto, di per se pur evidente, si sono fermati sul concetto che la Legge non è stata di alcun giovamento ai suoi osservatori, deducendo che vi fossero in essa solo figure vane e prive di contenuti. L'intenzione dell'apostolo era invece solo di annullare la Legge cerimoniale in quanto essa ha in Cristo la sua realtà e da lui trae tutta la sua efficacia.

24. Si potrebbe però citare il testo dei Romani, dove Paolo afferma che la circoncisione non ha in se alcun significato e non giova a nulla dinanzi a Dio (Ro 2.25); testo di cui si può ricavare l'impressione che egli la consideri molto inferiore al battesimo. Impressione errata perché tutte le affermazioni, quivi espresse e riferite alla circoncisione si potrebbero a diritto riferire al battesimo; anzi son riferite da Paolo stesso quando insegna che Dio non si cura dell'abluzione esteriore (1 Co. 10.5) , quando il cuore non sia interiormente purificato, e non perseveri in tale purezza sino alla fine, e da san Pietro, quando attesta che la realtà del battesimo non consiste nella purificazione esteriore ma nella buona coscienza (1 Pi. 3.21).

Si risponderà che risulta invece evidente da un altro testo il suo profondo disprezzo per la circoncisione fatta di mano d'uomo, quando la paragona con la circoncisione spirituale di Cristo (Cl. 2.2). Risponderò che in questo testo non viene smentita la sua dignità. San Paolo polemizza, in quella circostanza, contro coloro che costringevano i credenti a circoncidersi, quasi si trattasse di una necessità, quantunque la circoncisione fosse già stata abolita. Ammonisce dunque i credenti a non trastullarsi più a lungo con queste ombre antiche ma a volgersi alla verità; questi dottori, dice l'Apostolo, insistono perché i vostri corpi siano circoncisi, ora voi siete circoncisi spiritualmente sia nel corpo che nell'anima, avete dunque una certezza di gran lunga più valida dell'ombra della circoncisione.

Si potrebbe replicare che non era però il caso di disprezzare la forma avendo la realtà, in quanto i padri dell'antico Patto erano stati circoncisi i spirito e di cuore e tuttavia i sacramento risultava superfluo per loro; Paolo previene tale obiezione affermando che siano sepolti con Cristo mediante il battesimo. Egli dimostra con questo che il battesimo rappresenta per i credenti ciò che la circoncisione rappresentava per gli Antichi, e non si può imporre ai cristiani la circoncisione senza il battesimo.

25. Si solleverà un'altra obiezione osservando che, in seguito, l'Apostolo dichiara che tutte le cerimonie giudaiche sono ombre di realtà future e la realtà è in Cristo solo. Il problema affrontato nei capitoli 7e 10 della epistola agli Ebrei è ancora più eloquente al riguardo, visto che vi si dice il sangue degli animali non avere alcuna influenza sulla coscienza, la Legge non aver avuto che l'ombra dei beni futuri e non la realtà. Parimenti che i praticanti della legge mosaica non potevano ottenere perfezione in essa.

Rispondo, come ho già fatto sopra, che san Paolo non definisce ombra le cerimonie, nel senso che fossero prive di contenuto o di forza, ma in quanto il loro compimento era rinviato alla manifestazione di Cristo. Anzi non affronta neppure il problema dell'efficacia e del valore di dette cerimonie ma del loro significato. Finché Cristo non fu manifestato in carne i sacramenti dell'antico Patto lo hanno raffigurato come assente, quantunque non mancasse di fare sentire in essi la presenza della sua grazia e della sua persona ai credenti.

Essenziale è però rilevare il fatto che san Paolo non tratta semplicemente del problema dei sacramenti, ma ha in mente le persone contro cui polemizza. Dovendo egli combattere contro falsi apostoli, che facevano consistere la fede cristiana nelle cerimonie soltanto, senza considerare Cristo, era sufficiente per refutarli illustrare il significato di tali cerimonie prese in se stesse. Questa è altresì l'intenzione dell'autore della lettera agli Ebrei. Ci si ricordi dunque che non è in questo caso questione di cerimonie considerate nel loro autentico e naturale significato, ma di cerimonie fuorviate in senso perverso e falso; la polemica non concerne l'uso legittimo di cerimonie ma l'uso di forme superstiziose. Non stupisce dunque il fatto che le cerimonie, così separate da Cristo, fossero private del loro significato, poiché ogni segno è svuotato di forza quando la realtà significata venga meno. In tal modo Gesù Cristo, affrontando persone che consideravano la manna esclusivamente un nutrimento per il corpo, si adegua alla loro ignoranza affermando che darà loro un nutrimento migliore per nutrirli nella speranza dell'immortalità (Gv. 6.27).

Qualcuno desidera avere più chiara la soluzione del problema? Eccone la sostanza. In primo luogo tutte le cerimonie della legge mosaica non sono altro che fumo e vanità, qualora non siano riferite a Gesù Cristo. Secondo: Cristo ne è stato fine e meta cosicché quando egli è stato rivelato in carne, queste hanno cessato. Infine dovevano essere abolite alla venuta di Cristo così come l'ombra svanisce in presenza della luce solare.

Tuttavia, avendo intenzione di trattare più ampiamente questo tema laddove stabilirò il parallelismo fra battesimo e circoncisione, mi limito a questi accenni.

26. Questi poveri sofisti sono forse stati indotti in errore e ingannati dalle eccessive lodi dei sacramenti che hanno lette nei testi dei dottori antichi; come nel caso di sant'Agostino che afferma: i sacramenti dell'antica Legge promettono solo la salvezza ma i nostri la conferiscono. Non accorgendosi che questo linguaggio era iperbolico, cioè eccessivo, hanno per parte loro seminato e divulgato conclusioni iperboliche ma in tutt'altro senso da quello usato dagli Antichi nei loro scritti. Nel testo in questione sant'Agostino non ha inteso fare una affermazione diversa da quanto aveva detto in un altro testo: i sacramenti della legge mosaica aver preannunciato Gesù Cristo e i nostri annunciarlo. Parimenti nel libro contro Fausto Manicheo: quelli contenere le promesse delle cose a venire, questi sono segni di cose compiute. Affermazione equivalente a dire quelli hanno prefigurato Gesù Cristo quando ancora si attendeva la sua venuta, ma i nostri ne indicano la presenza quando già è venuto e ci è stato dato. Si riferisce in questo caso alla significanza del sacramento, come si può notare in un altro testo quando afferma: "la Legge e i Profeti hanno avuto dei sacramenti in vista di preannunciare ciò che doveva venire. I nostri sacramenti annunciano il compimento di ciò che allora era stato solo promesso ".

Riguardo all'efficacia e alla verità egli illustra in molti testi il suo pensiero; ad esempio quando dice i sacramenti dei Giudei furono diversi nella forma ma identici nella realtà significativa, diversi nell'apparenza visibile, simili e identici nella realtà e nell'efficacia spirituale; e ancora: "La nostra fede e quella dei padri è unica in forme diverse, anzi in forme diverse come in parole diverse, poiché le parole mutano suono secondo le diversità dei tempi e le parole non raggiungono altro effetto che quello ottenuto dai segni. I padri antichi dunque hanno bevuto la stessa bevanda spirituale di noi, quantunque fosse diversa la bevanda del corpo. I segni sono stati mutati senza che lo fosse la fede. La pietra era dunque per loro Gesù Cristo ed è Gesù Cristo che ci è presentato all'altare. È stato per loro un grande mistero il fatto che l'acqua da essi bevuta sgorgasse dalla pietra; i credenti sanno ciò che bevono: se si considera l'apparenza si nota una differenza, se si considera il significato interiore la realtà è la stessa ". Ancora: "Il nostro cibo e la nostra bevanda sono unici con i padri antichi, per quanto riguarda il mistero, cioè riguardo al significato, non riguardo ai segni apparenti. È lo stesso Gesù Cristo che fu rappresentato nella pietra per loro e che è stato manifestato in carne per noi ". Sin qui le citazioni di sant'Agostino.

Del resto riconosco che c'è una differenza tra i sacramenti antichi e i nostri su questo punto; poiché, quantunque gli uni e gli altri attestino che in Cristo l'amore paterno di Dio ci è offerto, unitamente alle grazie dello Spirito Santo, i nostri offrono di questo una testimonianza più chiara ed evidente. Similmente Gesù Cristo si è offerto ai padri nei segni antichi ma in modo più pieno nei segni che ci offre, corrispondenti alla natura del nuovo Patto. È quello che ha inteso dire lo stesso dottore che cito volentieri fra gli altri come il più fedele e il più attendibile, che cioè dopo la rivelazione di Gesù Cristo Dio ci ha dato sacramenti minori in numero ma di significato più profondo e di maggior valore dì quanto non avesse fatto con il popolo d'Israele.

È opportuno che i lettori siano ammoniti ancora riguardo ad un punto; ciò che i Sofisti hanno blaterato nell'opus operatum come dicono nel loro gergo, non risulta solo falso ma contrastante con la natura dei sacramenti quali Dio li ha istituiti affinché, essendo sprovvisti di ogni bene, ci rivolgessimo a lui come mendicanti, non recando nulla di nostro fuorché una umile confessione della nostra miseria. Ne consegue che ricevendo i sacramenti non meritiamo lode alcuna, anzi trattandosi di un atto passivo da parte nostra, non è lecito attribuirci alcun merito. Lo definisco atto passivo poiché Dio compie ogni cosa e noi lo riceviamo soltanto, mentre i sorboniti vogliono che per parte nostra collaboriamo per non essere in qualche modo senza merito.