La questione teologica più semplice del mondo (Marco 3:1-6)

Domenica 20 Agosto 2023 – Dodicesima domenica dopo Pentecoste

(Culto ridotto con predicazione, 34′ 29″)

Questioni dibattute 

Durante il tempo della Riforma protestante, nel XVI secolo, grandi discussioni su temi di teologia cristiana non avvenivano solo nelle aule delle facoltà di teologia delle università, ma in Germania anche nelle osterie dove la gente comune trovava i propri amici per bersi una buona birra. Le “questioni religiose” erano infatti sentite dalla maggior parte della popolazione, soprattutto quando, come allora, erano di attualità e la gente certo non se ne vergognava, anzi, venivano discusse animatamente! C’era chi si schierava apertamente con “la rivolta di Martin Lutero”, altri difendevano lo status quo, l’establishment dominato dal clero che appoggiava l’impero.

Qualcosa di simile avveniva al tempo di Gesù in Israele, dove diverse posizioni teologiche si contrapponevano e venivano discusse non solo fra i loro rispettivi rappresentanti, ma anche fra la gente. Gesù stesso poneva talvolta domande provocatorie di carattere religioso, e spesso apparentemente facili da rispondervi. A volte la risposta sembrava ovvia quando non lo era affatto. Ascoltiamo un episodio del vangelo secondo Marco.

“Poi entrò di nuovo in una sinagoga; là stava un uomo che aveva la mano secca. E l’osservavano per vedere se lo avrebbe guarito in giorno di sabato, per poterlo accusare. Ed egli disse all’uomo che aveva la mano secca: “Àlzati là nel mezzo!”. Poi disse loro: “È lecito, in giorno di sabato, fare del bene o fare del male? Salvare una persona o ucciderla?”. Ma quelli tacevano. Allora Gesù, guardatili tutt’intorno con indignazione e rattristato per la durezza del loro cuore, disse all’uomo: “Stendi la mano!”. Egli la stese e la sua mano tornò sana. I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli Erodiani contro di lui, con lo scopo di farlo morire” (Marco  3:1-6).

Le domande provocatorie di Gesù 

Una volta Gesù aveva chiesto a dei farisei: “Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?”. Per “Cristo” Egli intendeva naturalmente il Messia, il Salvatore, che il popolo di Israele secondo ciò che i profeti avevano annunciato. “Essi gli risposero: “Di Davide” (Matteo 22:42).

Domanda semplicissima per la cultura ebraica. O no? Si scopre, tuttavia, che non era affatto semplice. Gesù procede a sconcertarli: “Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?” (45). Il testo poi ci dice:  “E nessuno poteva replicargli parola; da quel giorno nessuno ardì più interrogarlo” (46).

Se non proprio nelle birrerie, discussioni teologiche spesso accese avvengono nei forum pubblici o privati di FaceBook, dove spesso si trovano persone che sembrano sempre avere la risposta pronta e che ritengono di conoscere la soluzione anche di questioni controverse, dibattute per secoli fra gli esperti. Di fatto noi non siamo spesso i grandi teologi che spesso pensiamo di essere. In qualsiasi momento, Gesù può portarci nelle profonde acque teologiche dove le correnti sono rapide e facciamo fatica a tenere la testa fuori dall’acqua!

Non ci sono risposte ovvie 

Anche così, a volte Gesù pone domande teologiche facili dove la risposta è ovvia. Spesso lo fa per sottolineare la durezza del cuore umano.  Una volta – lo abbiamo sentito – Egli aveva chiesto ai farisei quella che potrebbe essere la domanda teologica più semplice del mondo: “È lecito, in giorno di sabato, fare del bene o fare del male? Salvare una persona o ucciderla?” (Marco 3:4).

Nessuno che senta questa domanda pensa: “Hmm. È dura. La Bibbia è piuttosto vaga sul bene e sul il male. Non sono sicuro se Dio vuole che io salvi una vita oggi o uccida qualcuno…”. NO! Gesù sta deliberatamente ponendo ai farisei la domanda teologica più semplice del mondo. Una alla quale qualsiasi bambino potrebbe rispondere. Eppure come rispondono loro? Il testo ci dice: “Quelli tacevano”. Non è stupefacente? Non sorprendiamoci di quanto sia stupefacente questa scena. I farisei, i più importanti studiosi del tempo, insegnanti e teologi di Israele, non rispondono a una domanda se debbano compiere un’azione buona o cattiva! Che cosa succede in quella circostanza?

Il contesto più ampio del brano ne fornisce la risposta. Questo notevole dialogo avviene in una serie di testi su ciò che era o non era permesso fare nel giorno di sabato, sacro agli ebrei. I farisei avevano la reputazione di aggiungere alle prescrizioni bibliche, la Legge di Dio, ogni sorta di leggi fatte dall’uomo. Questo  permetteva loro di essere giudici e giuria al tempo stesso sul comportamento del popolo. In qualità di esecutori di queste regole, i farisei erano in una posizione di potere e controllo.

Domanda facile ma scomoda

In effetti, il brano ci dice che avevano rivolto lo sguardo a Gesù stesso. Un uomo con una mano paralizzata, “secca”, era entrato nella sinagoga e ci viene detto: “E l’osservavano per vedere se lo avrebbe guarito in giorno di sabato, per poterlo accusare” (Marco 3:2). Ma il loro intero piano è rovinato da Gesù che pone la “domanda teologica più semplice del mondo”. Quella domanda espone la loro ipocrisia e comportamento offensivo.

Se i farisei avessero risposto “fare del bene”, allora avrebbero dato a Gesù il via libera per guarire quell’uomo. Questo non solo avrebbe dimostrato che le loro leggi fatte dall’uomo sono una farsa, ma li avrebbe privati dell’opportunità di “accusare” Gesù – il che era loro obiettivo. Se i farisei avessero risposto: “fare del male”, allora avrebbero ammesso direttamente di essere sostenitori di un cattivo comportamento, della loro ipocrisia. E questa ovviamente non era per loro un’opzione. Quindi, intrappolati tra queste due opzioni, scelgono di non dire nulla!

Questa rimarchevole storia ha almeno due stupefacenti lezioni per le chiese moderne, ma non solo per le chiese, anche per i leader politici delle nazioni.

Difendere il proprio potere è più importante…

In primo luogo, le persone che ricoprono posizioni di autorità religiosa o politica a volte – ma direi spesso – possono essere più preoccupate di proteggere il loro potere che di prendersi cura veramente della gente in genere, delle “pecore”.

La parte più triste di questa storia è che c’era “una pecora” ferita proprio di fronte a questi farisei – l’uomo con la mano paralizzata – e loro non lo vedono nemmeno, non ci pensano – di fatto non importa loro poco o nulla. Gli prestano attenzione solo quando potrebbe diventare una possibile pedina nel loro tentativo di distruggere la reputazione di Gesù.

Gesù, invece, è molto preoccupato per questo pover’uomo, e alla fine lo guarisce. In effetti, lo sta salvando proprio dai pastori! Ciò che Ezechiele aveva detto dei cattivi pastori d’Israele era ancora vero ai giorni di Gesù:

“Figlio d’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele; profetizza, e di’ a quei pastori: Così parla il Signore, l’Eterno: ‘Guai ai pastori d’Israele, che non hanno fatto che pascere sé stessi! Non è forse il gregge quello che i pastori devono pascere? Voi mangiate il latte, vi vestite della lana, ammazzate ciò che è ingrassato, ma non pascete il gregge. Voi non avete fortificato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza. Esse, per mancanza di pastore, si sono disperse, sono diventate pasto di tutte le bestie dei campi e si sono disperse. Le mie pecore vanno errando per tutti i monti e per ogni alto colle; le mie pecore si disperdono su tutta la faccia del paese, e non c’è nessuno che se ne prenda cura, nessuno che le cerchi! Perciò, o pastori, ascoltate la parola dell’Eterno! Com’è vero che io vivo’, dice il Signore, l’Eterno, ‘poiché le mie pecore sono abbandonate alla rapina; poiché le mie pecore, essendo senza pastore, servono di pasto a tutte le bestie dei campi, e i miei pastori non cercano le mie pecore; poiché i pastori pascolano sé stessi e non pascolano le mie pecore, perciò, ascoltate, o pastori, la parola dell’Eterno! Così parla il Signore, l’Eterno: Eccomi contro i pastori; io domanderò le mie pecore alle loro mani; li farò cessare dal pascere le pecore; i pastori non pasceranno più sé stessi; io strapperò le mie pecore dalla loro bocca, ed esse non serviranno più loro di pasto’. Poiché, così dice il Signore, l’Eterno: ‘Eccomi! io stesso domanderò delle mie pecore, e andrò in cerca di loro” (Ezechiele 34:2-11).

Certo, questi cattivi pastori non sopportano questo discorso senza far nulla. Poiché il loro potere è stato sfidato da Gesù, lo proteggeranno a tutti i costi. Ci viene detto che “I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli Erodiani contro di lui, con lo scopo di farlo morire” (Marco 3:6).

Tenete presente, ovviamente, che i cattivi pastori (religiosi o politici che siano) non pensano di essere cattivi pastori. Senza dubbio, questi farisei probabilmente si consideravano i difensori dell’ortodossia teologica o di “grandi ideali”. Nelle loro menti, avrebbero potuto pensare di difendere la purezza del sabato contro questo nuovo maestro di Nazareth.

Difensori ipocriti di grandi ideali 

In secondo luogo, la lezione qui per la chiesa moderna è questa: a volte i cattivi pastori (religiosi o politici che siano) si nascondono dietro l’abito della verità teologica o di “grandi ideali” come la libertà e la democrazia. Nelle loro menti, stanno mantenendo pura la chiesa oppure, oggi, i politici occidentali dicono di difendere “la civiltà occidentale” contro “i nuovi barbari” e per questo sarebbero disposti a scatenare la terza guerra mondiale, anzi, prima, più semplicemente, a “sacrificare” nazioni e popolazioni, facendole combattere per loro come la classica “carne da cannone”. Idea non nuova…

Qualche giorno fa, su VisioneTV, nella rubrica quotidiana “La Rassegna”, Enrica Peruchetti intervistava Pino Cabras e la puntata era annunciata col titolo “Niger e Ucraina: tempi di ‘sacrifici umani’”. L’immagine rappresentava una statua di Moloch. Che cosa voleva dire? Che l’attuale amministrazione degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Europea, con il loro “braccio armato della NATO pur di schiacciare l’avversario della Federazione Russa, sono disposti a combattere “…fino all’ultimo ucraino”, e magari, “….fino all’ultimo europeo”.  Ora sarebbero disposti a “sacrificare” la popolazione ribelle del Niger per preservare il loro sfruttamento neo-coloniale dell’Africa. Chi altri sarebbero disposti a “sacrificare” per opporsi, poi, presto, alla Cina?

Che importa loro di questi “sacrifici”? Loro devono difendere “La libertà e la democrazia”. Davvero? Oppure devono preservare il loro potere iniquo e i profitti delle società multinazionali che li controllano – che fra l’altro erodono sempre di più la libertà e la democrazia occidentale con ogni possibile pretesto.

Agli ipocriti farisei del tempo di Gesù importava ben poco o nulla “l’uomo dalla mano paralizzata”. L’importante per loro era combattere Gesù di Nazareth e negare che Lui fosse il Messia, il Salvatore del mondo. Di fatto avrebbero ben presto trovato modo di ucciderlo.

Come dovremmo rispondere ai cattivi pastori? 

Quindi, come dovremmo rispondere ai cattivi pastori nel nostro tempo moderno? Lo stesso di Gesù. Il testo ci dice che: “Allora Gesù, guardatili tutt’intorno con indignazione e rattristato per la durezza del loro cuore … ” (Marco 3:5). Potremmo però seguire la guida di Gesù anche in un altro modo. Potremmo  distinguere tra buoni e cattivi pastori ponendo di nuovo la domanda teologica più semplice del mondo: “È lecito . . . fare del bene o fare del male?”.

Alla fine, i buoni pastori (religiosi o politici che siano) possono essere facilmente identificati in un modo semplice. Loro, come Gesù, non fanno del male alle pecore ma fanno loro del bene. Ai buoni pastori la gente, ogni essere umano, “importa”. Per loro non sono da considerare un mezzo per i loro fini. Il Buon Pastore non manda gli altri a morire per Lui, ma muore Egli stesso per salvarli!

Paolo Castellina, 11 agosto 2023

Predicazione ispirata da un articolo di Michael Kruger del 7-8-2023, in: https://www.michaeljkruger.com/the-worlds-easiest-theological-question-2/