Un generico riferimento a Gesù di Nazareth non basta (Atti 19:1-7)

Domenica 10 gennaio 2021 – Prima domenica dopo l’Epifania

Letture bibliche: Salmo 29; Genesi 1:1-5; Atti 19:1-7; Marco 1:4-11

Il Salmo 29 – Introduzione, lettura e canto di Lucio Malan

C‘è sempre stato chi sfrutta la figura di Gesù di Nazareth per promuovere la propria agenda ideologica, religiosa o politica incongruente con l’insegnamento del Nuovo Testamento. C’è anche, però, chi, di Gesù, ha solo un’idea vaga e scarsamente informata. Oggi vorremmo occuparci di quest’ultima categoria di persone: persone che non hanno ricevuto, o hanno ricevuto solo in modo insufficiente, l’autorevole insegnamento apostolico contenuto nel Nuovo Testamento al riguardo della persona e dell’opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Essi credono, certo, che Gesù sia, di fatto, “una persona speciale”, un grande maestro. Lo ammirano e ne fanno un punto di riferimento ideale, benché in modo molto vago, di principi umanitari. Essi fanno in qualche modo riferimento a Lui, ma non hanno mai fatto esperienza nella loro vita di quel profondo rinnovamento che avviene quando l’intero insegnamento apostolico a suo riguardo è applicato alla loro vita. Non hanno mai avuto l’esperienza di essere sospinti a trasmettere con entusiasmo l’Evangelo nel loro ambiente. Non lo conoscono a fondo e non sentono la necessità di ritrasmetterlo!

Nel libro degli Atti degli Apostoli, al capitolo 19, leggiamo della prima volta in cui Paolo si reca per evangelizzare nella città di Efeso in Asia Minore. Era una città fiorente con una reputazione d’essere un curioso luogo di incontro di vecchie e nuove religioni, di superstizione e filosofia, tanto da Oriente che da Occidente. Li egli incontra un gruppo di persone, probabilmente di estrazione ebraica, che credono sì che Gesù sia l’atteso Messia, il Salvatore del mondo. Di Gesù, però, hanno solo una conoscenza vaga, imprecisa, quella che originalmente era stata comunicata loro da Giovanni Battista. Di Giovanni, infatti, erano discepoli: erano stati battezzati da lui dopo aver confessato a Dio i loro peccati come segno della loro purificazione. Erano “pronti” per il Cristo, ma nessuno gliene aveva ancora parlato in modo dettagliato. Ecco così che Dio, nella Sua provvidenza, li conduce ad incontrarsi con l’Apostolo Paolo che non solo li istruirà, ma sarà pure lo strumento affinché essi facciano pienamente in loro l’esperienza dell’opera dello Spirito Santo di Dio. Ascoltiamo il testo:

“Ora, mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le località più alte del paese, giunse ad Efeso e, trovati là alcuni discepoli, disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando avete creduto?». Quelli gli risposero: «Non abbiamo neppure udito che vi sia uno Spirito Santo». E disse loro: «Con quale battesimo dunque siete stati battezzati?». Essi risposero: «Col battesimo di Giovanni». Allora Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo che dovevano credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Cristo Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù. E, quando Paolo impose loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano. Or erano in tutto circa dodici uomini” (Atti 19:1-7).

Questo è il primo dei due episodi presi dal ministero di Paolo ad Efeso che racchiudono la descrizione di Luca del suo ministero generale in quel luogo[1]. È difficile determinare se i “discepoli” che Paolo trovò a Efeso fossero cristiani o no. Sembrano abbastanza simili ad Apollo, di cui è scritto: “Costui era ammaestrato nella via del Signore e, fervente di spirito, parlava e insegnava diligentemente le cose del Signore, ma conosceva soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Ma, quando Aquila e Priscilla l’udirono, lo presero con loro e gli esposero più a fondo la via di Dio” (18:25-26)

Altrove Luca ha usato la parola “discepolo” per descrivere i seguaci di Giovanni. Chiaramente questi uomini erano discepoli di Giovanni Battista, non espressamente di Gesù. L’influenza di Giovanni come precursore di Gesù era stata indubbiamente di vasta portata.

Paolo chiede a questi uomini se avessero ricevuto lo Spirito Santo, probabilmente perché vedeva qualche incongruenza nella loro affermazione di essere ammiratori di Giovanni e la loro evidente mancanza dello Spirito di Cristo. Alcuni credono che qui l’apostolo insegni “una seconda esperienza della grazia”. Di questa errata concezione, però, non c’è traccia nel testo originale. La domanda di Paolo presupponeva due cose: i cristiani autentici hanno lo Spirito di Cristo: “Se uno non ha lo Spirito di Cristo, non appartiene a lui” (Romani 8:9; cfr. 1 Corinzi 12:13). Inoltre, Giovanni di fatto aveva predetto il battesimo dello Spirito Santo[4]. Come potevano non averne neanche mai sentito parlare? Questo rileva come di fatto essi non fossero davvero cristiani: per esserlo non basta un generico riferimento a Cristo, per quanto bene intenzionato.

Questa scoperta porta Paolo a sollevare un’altra domanda per chiarire la sua seconda ipotesi. «Con quale battesimo dunque siete stati battezzati?». Quale battesimo avevano sperimentato o con chi si erano identificati nel battesimo? Risposero che avevano ricevuto il battesimo in acqua di Giovanni. Questa risposta fa capire a Paolo che essi non avevano fatto l’esperienza del battesimo dello Spirito e quindi erano evidentemente non fossero veramente dei salvati. Tutti coloro che credono in Gesù hanno di fatto ricevuto lo Spirito al momento della loro conversione, altrimenti non sarebbero neanche credenti perché è lo Spirito di Dio che produce la fede in Cristo. Come Apollo (18:25), erano stati battezzati solo come simbolo del loro pentimento. Apollo sembra essere diventato un cristiano quando incontra Priscilla e Aquila, mentre questi uomini non erano ancora diventati davvero cristiani.

Paolo spiega così a questi discepoli come Priscilla e Aquila avevano senza dubbio spiegato ad Apollo, che il battesimo di Giovanni era buono ma insufficiente. Giovanni aveva anche istruito i suoi discepoli a credere in Gesù che li avrebbe battezzati con lo Spirito Santo. Il battesimo dello Spirito normalmente accompagnava la fede in Gesù.

Quando questi discepoli di Giovanni odono che il Messia era venuto, e Paolo annuncia loro il contenuto dell’Evangelo, essi dichiarano la loro fede in Gesù negli autorevoli termini spiegati loro da Paolo e si sottomettono al battesimo in acqua nel Suo nome. Non si tratta di un secondo battesimo: il rito di purificazione in acqua – che per altro era comune nel Giudaismo – può assomigliarvi, ma è diverso dalla “immersione in Cristo” e nel Suo nome che rappresenta lo specifico battesimo cristiano. Come con i nuovi convertiti in Samaria, questi discepoli di Efeso ricevono lo Spirito Santo quando un apostolo, questa volta Paolo, impone loro le mani. Non è il battesimo che impartisce lo Spirito Santo, ma la mediazione degli apostoli di Cristo. Gli apostoli, testimoni oculari di Cristo e depositari del Suo insegnamento, sono gli strumenti scelti da Dio per trasmettere autorevolmente e con potenza la dottrina di e su Cristo. Paolo dice ai cristiani di Tessalonica: “Anche per questo non cessiamo di render grazie a Dio perché, avendo ricevuto da noi la parola di Dio, l’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete (1 Tessalonicesi 2:13).

In Samaria, questa identificazione della venuta dello Spirito con Pietro e Giovanni ha prima autenticato la donazione dello Spirito da parte di Dio in un contesto non ebraico. Qui l’identificazione della venuta dello Spirito con Paolo autenticava la donazione dello Spirito da parte di Dio in una città in cui fioriva l’attività religiosa pagana. Come avrebbero dimostrato gli eventi successivi, il Gesù predicato da Paolo possiede una potenza unica che nessuna falsa divinità pagana possiede. Questi discepoli di Giovanni ricevono lo Spirito Santo quando Paolo impone loro le mani, collegando così la loro investitura con il messaggio di Paolo e l’autorità apostolica. Oggi non vi sono altri apostoli di Cristo se non quelli che autorevolmente ci parlano attraverso il Nuovo Testamento. A renderci davvero cristiani è il ricevere con fede il loro intero insegnamento suggellato dal battesimo nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

L’esperienza dello Spirito Santo non dipende né dal Battesimo cristiano né dall’imposizione delle mani, ma dipende dall’abbeverarci alla dottrina apostolica del Nuovo testamento accompagnata, certo, dal suggello del Battesimo e confermata da legittimi e fedeli ministri di Cristo.

Qui sembra che Dio volesse evidenziare l’adempimento della promessa di Gesù che avrebbe mandato lo Spirito Santo per essere dentro e con i credenti[5] in una situazione insolita, unica e speciale. E questo fintanto che non fosse stato chiaro nelle chiese che il ricevere lo Spirito Santo è legato al ricevere l’intero insegnamento degli Apostoli attraverso il quale lo Spirito Santo opera la rigenerazione spirituale di coloro che così giungono alla fede in Cristo.

Qual è poi il segno che questi discepoli avessero effettivamente ricevuto lo Spirito Santo? Essi “parlavano in altre lingue e profetizzavano”. Questo non ha a che fare con le espressioni mistiche ed estatiche fatte passare oggi da alcuni raggruppamenti cristiani come “battesimo nello Spirito Santo”! Questi discepoli di Giovanni, avendo appreso dagli apostoli “tutto il consiglio di Dio”, sono sospinti da questo Spirito a ritrasmetterlo con forza e persuasione per tutta quella città. Efeso era una città poliglotta dell’Impero Romano. C’erano molte lingue parlate lì, proprio come a Gerusalemme il giorno di Pentecoste. Oriente e Occidente si incontravano lungo tutta quella costa. Miracolosamente essi vengono messi in grado di evangelizzare in modo comprensibile e rilevante per l’intera città. Questi uomini erano ora in grado di trasmettere la buona notizia di Cristo a tutti la città. Anche oggi il vero cristiano è sospinto a far conoscere a tutti e con entusiasmo la Buona Notizia di Cristo. Non ne può fare a meno! Dio evidentemente aveva dato il dono di profetizzare (cioè predicare l’Evangelo) a ciascuno di questi discepoli di Efeso (interessante come qui si specifica che essi fossero 12!) per consentire loro di assumere la guida della chiesa e della missione della chiesa. Questo dono implica il parlare autorevolmente della Parola di Dio e guidare l’adorazione di Dio.

Oggi, allo stesso modo, tanti si dicono cristiani, ma hanno un’idea piuttosto vaga dell’insegnamento del Nuovo Testamento. Sono stati magari battezzati, ma per loro quello vuol dire ben poco. Non hanno mai approfondito l’insegnamento biblico e non conoscono che cosa possa essere nella loro vita l’opera rigenerante dello Spirito Santo e l’entusiasmo che infonde il trasmettere l’Evangelo. Questo, però, è essenziale, necessario e sempre disponibile! Un generico riferimento a Gesù di Nazareth non basta: dobbiamo aspirare alla pienezza di ciò che l’Evangelo ci offre in Cristo. I discepoli di Efeso ricevono con entusiasmo l’insegnamento di Paolo, e, con un battesimo veramente significativo, fanno esperienza della potente opera in loro del Santo Spirito di Dio. Che così possa essere anche per tutti coloro che hanno seguito questa riflessione fino a questo punto.