Confessioni di fede/Augustana/21

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Indice generale

Confessione augustana (1530)

Prefazione - Confessioni_di_fede/Augustana/01/I Dio - Il. Il peccato originale - III. Il Figlio di Dio - IV. La giustificazione- V. Il ministero della chiesa - VI. La nuova obbedienza - VII. La chiesa - VIII. Che cos’è la chiesa? - IX. Il battesimo - X. La cena del Signore - XI. La confessione - XII. La penitenza o conversione - XIII. Funzione dei sacramenti - XIV. L’ordine ecclesiastico - XV. I riti della chiesa - XVI. La vita nella società civile XVII. Il ritorno di Cristo per il giudizio - XVIII. Il libero arbitrio - XIX. La causa del peccato - XX. Fede e buone opere - XXI. Il culto dei santi - XXII. La cena del Signore con ambedue le specie - XXIII. Il matrimonio dei preti - XXIV. La messa - XXV. La confessione - XXVI. La distinzione degli alimenti - XXVII. I voti monastici - XXVIII. Il potere ecclesiastico - Conclusione

XXI. Il culto dei santi

Sul culto dei santi insegnano che il ricordo dei santi può essere proposto al fine di imitare la loro fede e le loro buone opere, ciascuno secondo la propria vocazione; così l’imperatore può imitare l’esempio di Davide nel condurre la guerra per scacciare i turchi dalla patria, poiché ambedue sono re. Ma la Scrittura non insegna ad invocare i santi o a chiedere l’aiuto dei santi, perché ci presenta soltanto Cristo come mediatore, riconciliatore, sommo sacerdote e intercessore. È lui che deve essere invocato, ed egli promise che avrebbe esaudite le nostre preghiere; egli approva pienamente questo culto, cioè che lo si invochi in ogni afflizione: «Se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre...» (1 Gv 2:1).

Questa è pressappoco la sostanza della dottrina che si insegna da noi; è facile notare che in essa non vi è nulla che si discosti dalle Scritture, o dalla chiesa cattolica o dalla chiesa romana[1], per quanto ci è nota dagli scritti dei padri. Stando così le cose, costoro che pretendono che i nostri siano considerati eretici, giudicano senza alcuna umanità e carità. Tutto il disaccordo verte su alcuni pochi abusi[2] che, senza un fondamento sicuro, si sono insinuati nelle chiese; a proposito dei quali, anche se vi fosse stata qualche divergenza, tuttavia sarebbe stato confacente ai vescovi un atteggiamento di tolleranza per cui, a motivo della confessione di fede che ora abbiamo esposto, sopportassero i nostri, dal momento che neppure i canoni sono così rigidi da esigere che i riti delle chiese siano i medesimi ovunque, né i riti di tutte le chiese furono simili in ogni tempo.

Comunque, presso di noi, gli antichi riti, per la maggior parte, sono stati diligentemente conservati. È falsa infatti la calunnia secondo la quale nelle nostre chiese sarebbero state abolite tutte le cerimonie e tutte le antiche istituzioni. In realtà ci fu una pubblica protesta perché in certe pratiche e consuetudini popolari si erano introdotti alcuni abusi. E questi, poiché non si poteva approvarli in buona coscienza, sono stati corretti in qualche aspetto.

Note

  1. La Confessione di Augusta distingue due livelli nella chiesa: la chiesa uni versale, cioè la cristianità nel suo complesso, e la chiesa romana, che viene consi derata parte della chiesa universale.
  2. L’espressione «pochi abusi» esprime bene l’irenismo tipico dell’ispirazione melantoniana. Ben altro sarà il tono, per esempio, degli Articoli di Smalcalda, redatti da Lutero nel 1537.