Letteratura/Legge/02

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Indice generale

Le istituzioni della Legge biblica, di R. J. Rushdoony

CapitoliPrefazione - Introduzione - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 -09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16

 

Il secondo Comandamento

1. Il legittimo approccio a Dio

Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l'Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisce l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano e uso benignità a migliaia, a quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti (Esodo 20: 4-6, cfr. Deuteronomio 5: 8-10).

Il primo comandamento proibisce l’idolatria in senso ampio. Non può esserci nessun altro dio che l’Eterno. Gli altri dèi sono sostituti per il vero Dio creati dall’uomo. Come ha notato Ingram: “Gli altri dèi dei quali ci dobbiamo preoccupare sono, come sono sempre stati, da ricercarsi negli scranni del governo temporale o umano<ref>Ingram, World Under God’s Law, p. 33.</ref>”.

La definizione biblica di idolatria è ovviamente una definizione ampia; così, san Paolo dichiara che “nessun fornicatore o immondo o avaro, il quale è un idolatra, ha alcuna eredità nel regno di Cristo e di Dio” (Ef. 5:5). Di nuovo, in Colossesi 3:5 si fa riferimento ad “avidità, che è idolatria”. Lensky ha notato: “Un sacerdote cattolico dichiara che durante i suoi lunghi anni di servizio gli sono stati confessati ogni sorta di peccati e di crimini nel confessionale ma mai il peccato di concupiscenza<ref>R. C. H. Lensky, The Interpretation of St. Paul Epistle to the Colossians, to the Thessalonian, to Timothy, to Titus and to Philemon; Columbus Ohio, Wartburg Press, 1937, 1946, p. 158.</ref>”.

Così, nell’analizzare il secondo comandamento, dobbiamo dire, primo, che è severamente proibito l’uso letterale di idoli e di immagini nel culto. Levitico 26:1, 2 lo rende molto chiaro:

Non vi farete idoli, non vi erigerete immagini scolpite o alcuna stele e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure, per prostrarvi davanti ad essa; poiché io sono l'Eterno, il vostro DIO. Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono l’Eterno.

Levitico 19:4 comanda inoltre:

Non rivolgetevi a idoli e non fatevi degli dèi di metallo fuso. Io sono l'Eterno, il vostro DIO (cfr. Esodo 34:17).

Altra legislazione dice:

Poi l'Eterno disse a Mosè: Dirai così ai figli d'Israele: "Voi stessi avete visto che ho parlato con voi dal cielo. Non farete altri dèi accanto a me; non vi farete dèi d'argento o dèi d’oro. Farai per me un altare di terra e su questo offrirai i tuoi olocausti, i tuoi sacrifici di ringraziamento, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo in cui farò si che il mio nome sia ricordato, verrò a te e ti benedirò. E se farai per me un altare di pietra, non lo costruirai con pietre tagliate; perché alzando su di esse lo scalpello le contamineresti. E non salirai al mio altare per mezzo di gradini, affinché su di esso non si scopra la tua nudità” (Esodo 20: 22-26). Poiché dunque non vedeste alcuna figura il giorno che l'Eterno vi parlò in Horeb dal mezzo del fuoco, vegliate diligentemente sulle anime vostre, perché non vi corrompiate e vi facciate qualche immagine scolpita, nella forma di qualche figura: la rappresentazione di un uomo o di una donna, la rappresentazione di un animale che è sulla terra, la rappresentazione di un uccello che vola nel cielo, la rappresentazione di ogni cosa che striscia sul suolo, la rappresentazione di un pesce che è nelle acque sotto la terra; perché alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto cioè l'esercito celeste, tu non sia attirato a prostrarti davanti a queste cose e a servirle, cose che l'Eterno, il tuo DIO, ha assegnato a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli, ma l'Eterno ha preso voi e vi ha fatto uscire dalla fornace di ferro, dall'Egitto, per essere suo popolo, sua eredità, come siete oggi. Or l'Eterno si adirò contro di me per causa vostra, e giurò che non avrei passato il Giordano e non sarei entrato nel buon paese che l'Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità. Così io morirò in questo paese, senza passare il Giordano; ma voi lo passerete e possederete quel buon paese. Guardatevi dal dimenticare il patto che l'Eterno, il vostro DIO, ha stabilito con voi, e dal farvi alcuna immagine scolpita nella forma di qualsiasi cosa che l'Eterno, il tuo DIO, ti abbia proibita.Poiché l'Eterno, il tuo DIO, è un fuoco consumante, un Dio geloso (Deuteronomio 4:15-24).

State in guardia affinché il vostro cuore non sia sedotto e non vi sviate, servendo altri dèi e prostrandovi davanti a loro; poiché allora si accenderebbe contro di voi l'ira dell'Eterno e chiuderebbe i cieli e non vi sarebbe più pioggia, e la terra non darebbe più i suoi prodotti e voi presto perireste nel buon paese che l'Eterno vi dà (De 11: 16-17).

Maledetto l'uomo che fa un'immagine scolpita o di metallo fuso, cosa abominevole per l'Eterno, opera delle mani di un artigiano, e la pone in luogo segreto. E tutto il popolo risponderà e dirà: “Amen” (Deuteronomio 27:15).

La legge non proibisce di fare sculture, di dipingere, o lavoro artistico in generale. Le vesti del sacerdote, per esempio, raffiguravano melegrane (Esodo 28:33-34; 39:24), e il santuario nel suo insieme era riccamente ornato. Non è l’uso religioso di tali cose ad essere proibito, poiché le melegrane e i cherubini avevano una funzione religiosa, ma è fortemente proibito, da un lato il loro uso non autorizzato, e dall’altro e il loro uso come mediazione o come via a Dio. Essi non possono “aiutare” ad adorare; l’uomo non ha bisogno di aiuto nell’adorazione oltre a ciò che Dio ha comandato.

Pertanto, l’idolatria è bandita in senso generale dal primo comandamento, mentre la seconda parola-legge la proibisce più specificamente con riferimento all’adorazione. L’uomo può avvicinarsi a Dio solo nei termini stabiliti da Dio; non può esserci mediazione tra Dio e l’uomo eccetto quella che è ordinata da Dio.

Il fondamento razionale dell’idolatria è assai logico. Come ha sottolineato uno scrittore, riferendosi agli idoli indù, lo scopo degli idoli è di veicolare concetti astratti alla mente semplice. Il dio raffigurato con molte mani simbolizza in quel modo l’onnipotenza dell’essere supremo, e il dio con molti occhi presenta la sua onniscienza, e così via. Questa è una tesi intelligente e logica ma è anche totalmente errata. È proibita da Dio e pertanto lo disonora e quindi non riceve benedizione. Ha anche prodotto decadenza sociale e depravazione individuale. Ovunque l’uomo cominci stabilendo il proprio approccio a Dio, finisce con lo stabilire la propria volontà, la propria concupiscenza, ed infine, se stesso come dio. Se i termini dell’approccio dell’uomo a Dio sono determinati dall’uomo, allora anche i termini della vita e della prosperità sono dettati dall’uomo piuttosto che da Dio. Ma l’iniziativa appartiene interamente a Dio, e perciò, il solo approccio legittimo a Dio è nei suoi termini ed interamente per la sua grazia. Questo è pertanto il secondo aspetto del secondo comandamento: l’approccio legittimo a Dio è istituito interamente da Dio. Per questo l’altare doveva essere di materiali naturali, non di fabbricazione umana; anche per questo il sacerdote non doveva rivelare la propria nudità: doveva essere coperto interamente da vesti che esprimevano l’ufficio di mediazione, il mediatore designato da Dio. Poiché l’ordine del culto esprimeva l’opera di mediazione di Cristo che è l’approccio a Dio da lui designato, non poteva esserci allontanamento da quell’ordine senza apostasia.

Un terzo aspetto di questa parola-legge è questo: proprio come è proibita un’idolatria molto concreta, così benedizioni e maledizioni molto concrete sono attaccate alla legge. Questo è enunciato chiaramente nella dichiarazione del comandamento. È nitidamente evidente in Levitico 26: i versi 1-3 proibiscono l’idolatria, ordinano l’osservanza del sabato, e riverenza per il santuario, e richiamano inoltre a camminare negli statuti e nei comandamenti di Dio in generale. Nei versi 4-46, sono descritte dettagliatamente le conseguenza concrete e materiali per la nazione. Una legge molto concreta ha conseguenze molto concrete. Obbedienza e disobbedienza hanno nevralgiche conseguenze e risultati storici.

In breve, la religione, la vera religione, non è una questione di scelta volontaria che è senza ripercussioni. È comandata da Dio, e mancare di soddisfare i suoi requisiti porta al suo giudizio. Assumere che gli uomini siano liberi di adorare o di non adorare senza radicali conseguenze per la società è negare il reale significato della fede biblica. La vita di una società è la sua religione, e se quella religione è falsa, allora la società è diretta verso la morte. Benedizioni materiali eccezionali e cospicue sono promesse per l’obbedienza, ma: “E se nonostante queste cose non vi correggete per tornare a me, ma con la vostra condotta vi comportate come miei nemici, anch'io diventerò nemico vostro, e vi colpirò sette volte di più per i vostri peccati” (Le. 26:23-24). L’obbedienza non è dunque una questione di gusto: è una questione di vita o di morte.

Quarto, la salute sociale richiede la proibizione dell’idolatria perché tollerarla significa suicidio sociale. L’idolatria pertanto non è solo punibile per legge in quanto socialmente nociva, è di fatto un crimine capitale. Costituisce tradimento del Re o Sovrano, di Dio onnipotente.

Se si trova in mezzo a te, in una delle città che l'Eterno, il tuo DIO, ti dà, un uomo o una donna che faccia ciò che è male agli occhi dell'Eterno, il tuo DIO, trasgredendo il suo patto, e che vada a servire altri dèi e si prostri davanti a loro, davanti al sole o alla luna o a tutto l'esercito celeste, cosa che io non ho comandato, e ti è stato riferito e ne hai sentito parlare, allora investiga diligentemente; e se è vero e certo che tale abominazione è stata commessa in Israele, farai condurre alle porte della tua città quell'uomo o quella donna che ha commesso quell'azione malvagia, e lapiderai con pietre quell'uomo o quella donna; così moriranno. Colui che deve morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni; ma non sarà messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire; poi seguirà la mano di tutto il popolo; così estirperai il male di mezzo a te (Deuteronomio 17: 2-7).

Per la mente moderna, il tradimento nei confronti dello stato è logicamente punibile con la morte, ma non il tradimento nei confronti di Dio. Ma nessun ordinamento giuridico può sopravvivere se non difende con sanzioni rigorose la fede che sta nel proprio nucleo. L’ordinamento giuridico dell’umanesimo porta all’anarchia. Privo di assoluti, un ordinamento giuridico umanista tollera qualsiasi cosa neghi gli assoluti mentre combatte contro la fede biblica. La sola legge dell’umanesimo in ultima analisi è questa: che non c’è legge eccetto l’affermazione di se stessi. È: “Fa ciò che vuoi”. Il risultato è l’arrogante disprezzo per la legge manifestato in una bordata sparata dalla commissione ‘Cleaver for President’ che promuoveva la candidatura di Eldridge Cleaver, pantera nera, a “ministro dell’informazione” e come candidato alla presidenza degli Stati Uniti del partito Peace and Freedom Party. La dichiarazione descrive Cleaver in parte così:

Si consideri ora Eldridge Cleaver. La sua “storia americana” si può dire molto in breve. Dapprima fu invisibile e irrilevante - un ragazzino della baraccopoli di Little Rock, un trascurabile ghetto di Watts. Poi fu un fastidio locale - nel 1954, quando fu arrestato per la prima volta, a 18 anni, per aver fumato droga. Poi divenne una Minaccia Bestiale - questo quando fu incarcerato per la seconda volta, nel 1958, per aver disturbato il sonno di bellezza di qualche dea bianca dei sobborghi di Los Angeles. Più tardi, quando nella sua meravigliosa maniera e contro ogni probabilità raggiunse la sua distinta mascolinità, cos’era in quel momento? Un prigioniero politico, in una nazione che pretende di non sapere nemmeno il significato di questo termine<ref>Peace and Freedom Party, Riverside County Cleaver for President Committee: Edridge Cleaver for President; Riverside, California, 1968. Per altro su Cleaver, si veda Peace and Freedom News, edizione speciale 6 maggio, 1968, Berkeley, California.</ref>.

I termini nei quali è descritta la documentazione di una violenza sessuale indica il totale disprezzo per l’ordinamento giuridico biblico da parte della commissione. Tollerare un ordinamento giuridico alieno equivale realmente a sussidiarlo: è una garanzia di vita per quell’ordinamento giuridico alieno, e una sentenza di morte contro l’ordine giuridico stabilito.

Sir Patrick Devlin ha additato il dilemma della legge oggi:

Penso sia chiaro che il diritto penale come lo conosciamo è basato su principi morali. In un numero di crimini la sua funzione è semplicemente di mettere in atto un principio morale e nient’altro. Il diritto, sia penale che civile, asserisce di essere in grado di parlare di moralità e di immoralità genericamente. Donde prende la sua autorità per farlo e come stabilisce i principi morali che mette in atto? Indubbiamente, per la storia, deriva entrambi dall’insegnamento cristiano. Ma io penso che il pensatore logico rigoroso abbia ragione quando dice che la legge non può più appoggiarsi a dottrine che i suoi cittadini hanno il diritto di non credere. È pertanto necessario cercare qualche altra fonte della legge<ref>Sir Patrick Devlin, The Enforcement of Morals, Maccabean Lecture in Jurisprudence of British Academy, 1959, London: Oxford University Press, 1959, 1962, p. 9.</ref>

La crisi del Diritto è dovuta al fatto che la legge dell’occidente è stata legge cristiana, ma la sua fede è sempre più l’umanesimo. La vecchia legge perciò non è né compresa, né obbedita, né imposta. Ma la nuova “legge” semplicemente fa di ogni uomo la sua propria legge e conduce sempre più all’anarchismo e al totalitarismo. La legge, dice Devlin, non può funzionare “In questioni di moralità riguardo alle quali la comunità nel suo insieme non è profondamente pervasa con un senso di peccato; la legge cede sotto un peso che non è congegnata per sopportare e potrebbe deformarsi in modo permanente.” Inoltre:

Un uomo che conceda che la moralità sia necessaria deve sostenere l’uso di quegli strumenti senza i quali la moralità non può essere mantenuta. I due strumenti sono quelli dell’insegnamento, che è dottrina, e dell’applicazione, che è la legge. Se i principi morali potessero essere insegnati semplicemente sulla base che sono necessari per la società, non ci sarebbe necessità sociale per la religione, potrebbe essere lasciata come affare puramente personale. Ma la moralità non può essere insegnata in quel modo. E nemmeno la fedele aderenza può esserlo. No, la società non ha ancora risolto il problema di come insegnare la moralità senza la religione. Perciò la legge deve basarsi su moralità cristiane e metterle in atto al massimo delle sue possibilità, non semplicemente perché sono la moralità della maggioranza, né semplicemente perché sono i principi morali insegnati dalla Chiesa — su questi punti la legge riconosce il diritto di dissentire — ma per la pressante ragione che senza l’aiuto dell’insegnamento cristiano la legge non raggiungerà i suoi propositi.<ref> Ibid., p. 25.</ref>

In breve, le leggi di una società non possono innalzare un popolo al di sopra del livello della fede e della moralità della gente e della società. Un popolo non può legiferare se stesso al di sopra del proprio livello. Se si attiene alla fede cristiana in verità e nei fatti, può stabilire e mantenere un ordinamento giuridico pio. Se la su fede sarà umanistica, le persone saranno traditori nei confronti di qualsiasi ordinamento giuridico che non condoni la loro auto-affermazione e la loro irresponsabilità.

La domanda è dunque molto basilare: cosa costituisce tradimento in una cultura? L’idolatria, cioè il tradimento di Dio, o il tradimento dello stato? Qual’è il principio fondamentale dell’ordine, l’imprescindibile ambito dell’esistenza e della salvezza dell’uomo, Dio o lo stato? Il tradimento nei confronti dello stato è un concetto che può essere usato per distruggere i pii, ed è messo in atto con questa finalità nei paesi marxisti. Il tradimento può essere definito accuratamente e cautamente, come lo definisce la Costituzione Americana, Articolo III Sezione 3<ref>La sezione 3 vieta al Congresso di cambiare o modificare la legge federale sul tradimento con lo statuto della maggioranza semplice. Questa sezione definisce anche il tradimento, come un atto palese di fare la guerra o aiutare materialmente coloro che sono in guerra con gli Stati Uniti. Le accuse devono essere confermate da almeno due testimoni. Il Congresso è un organo politico e le divergenze politiche incontrate abitualmente non dovrebbero mai essere considerate tradimento. Ciò consente una resistenza non violenta al governo perché l'opposizione non è una proposta di vita o di morte. Tuttavia, il Congresso prevede altri reati minori sovversivi come la cospirazione.</ref>, ma che succede se il nemico dei cittadini si scopre essere lo stato che è diventato traditore nei confronti della propria costituzione? Per il cristiano, è l’idolatria a costituire sopra ogni altra cosa tradimento contro l’ordinamento sociale.

Quinto, abbiamo visto che mentre l’idolatria è definita accuratamente, è definita anche in senso ampio, cioè come concupiscenza. Ma l’idolatria è presente in qualsiasi ed ogni tentativo dell’uomo di essere guidato dalla propria parola piuttosto che dalla parola-legge di Dio. Questo è spesso fatto in modi ritenuti devoti e pii. Molti genitori sono peccaminosamente pazienti o indulgenti coi loro sregolati figli, o mariti con le mogli, e mogli con mariti, nell’amorevole speranza che miracolosamente Dio cambi i capricciosi. “Sono in continua preghiera” asseriranno, aggiungendo che tutte le cose sono possibili con Dio. Ma questa è una terribile arroganza e peccato. Certamente, tutte le cose sono possibili con Dio, ma noi non possiamo vivere nei termini di ciò che Dio potrebbe fare ma solo nei termini di ciò che la sua parola-legge richiede. Attendere la conversione o muoversi in speranza è un sostituto peccaminoso, per quando possa essere piamente mascherato come obbedienza a Dio e di accettazione della realtà sotto Dio. Tale corso d’azione è fare della nostra speranza la parola-legge e la parola-legge di Dio di nessuna efficacia. Samuele lo disse in faccia a Saul, dichiarando: “Poiché la ribellione è come il peccato di divinazione, e l'ostinatezza è come il culto agli idoli e agli dèi domestici. Poiché hai rigettato la parola dell'Eterno anch'egli ti ha rigettato come re” (1 Sa. 15:23). Non ci è permesso chiamare la nostra ostinatezza e ribellione nient’altro che peccato.

Il solo legittimo approccio a Dio è perciò la via che egli provvede, e quella via è riassunta nella persona di Gesù Cristo. Qualsiasi altra via è idolatria, anche quando si presenta nel nome del Signore.

2. Il trono della Legge

In Esodo 25-31; 35:4-39:43, è data la legge riguardante la costruzione del tabernacolo, cioè della tenda di convegno: “Mi facciano un santuario, perché io abiti in mezzo a loro. Voi lo farete secondo tutto quello che io ti mostrerò, sia per il modello del tabernacolo che per il modello di tutti i suoi arredi” (Esodo 25:8, 9). Questa forma doveva essere seguita rigorosamente, senza variazioni. Quando il tempio ideale o simbolico del futuro, cioè il regno di Cristo, viene presentato per mezzo di Ezechiele, è nuovamente richiesta l’aderenza alla forma (Ezechiele 43:11 s.). Quest’enfasi sull’assolutezza della forma è rammentata anche in Ebrei 8:5; 9:23.

In Esodo 25-31; 35:4-39:43, è data la legge riguardante la costruzione del tabernacolo, cioè della tenda di convegno: “Mi facciano un santuario, perché io abiti in mezzo a loro. Voi lo farete secondo tutto quello che io ti mostrerò, sia per il modello del tabernacolo che per il modello di tutti i suoi arredi” (Esodo 25:8, 9). Questa forma doveva essere seguita rigorosamente, senza variazioni. Quando il tempio ideale o simbolico del futuro, cioè il regno di Cristo, viene presentato per mezzo di Ezechiele, è nuovamente richiesta l’aderenza alla forma (Ezechiele 43:11 s.). Quest’enfasi sull’assolutezza della forma è rammentata anche in Ebrei 8:5; 9:23.

Pertanto, la forma del tabernacolo è data da Dio ed è interamente opera sua. J. Edgar Park la vede come opera dell’uomo e “risposta dell’uomo a Dio”. “Come il Creatore ha fatto la terra perché l’uomo ci viva dentro, così l’uomo deve fare una dimora per il Creatore”. Park non lo intende né come resoconto storico né come rivelazione<ref>J.Edgar Park: Exodus in “The Interpreter’s Bible”, I, 1021.

</ref>  Questo può essere un pensiero carino ma non è vero. La forma e i materiali sono indicati da Dio che si aspetta che i suoi sudditi obbediscano. Quando i sudditi costruiscono un palazzo per il loro monarca, non lo fanno come “risposta” a lui ma in obbedienza al loro re.

Ciò, naturalmente, indica un secondo aspetto della legge del santuario: il santuario è più che una tenda di convegno: “È il palazzo reale in cui il popolo rende omaggio al suo sovrano”<ref>Vos, Teologia Biblica, p. 236.</ref>. A questo punto diventa evidente un’importante fallacia dell’approccio ecclesiale. Nonostante affermassero la propria fede nei fondamenti, sinceri studiosi biblici hanno lo stesso condiviso il moderno credere che la religione sia una questione di chiesa. Nella loro analisi della tipologia e del simbolismo del tabernacolo, essi sottolineano la sua correlazione col culto ecclesiale<ref>Vedi W. G. Moorhead: The Tabernacle; Grand Rapids, Kregel, 1895, 1957.</ref>. Ma la riduzione della religione alla chiesa è un’eresia moderna; l’ambito della religione è la vita intera, e l’interesse del santuario era la totalità della vita. Il tabernacolo era il palazzo di Dio il Re, Signore pattizio d’Israele, dal quale governava la nazione in modo assoluto. Israele si presentava a palazzo, non solo per adorare ma per ricevere ordini in ogni ambito e in ogni area di vita.

Terzo, di conseguenza, ci poteva essere solamente un santuario perché c’è solo un vero Dio: un Dio, un trono, un reame di governo. Poiché c’era una sola legge a governare il reame di Dio, c’era una sola fonte di legge: il palazzo. A motivo della prospettiva ecclesiale, è difficile per l’uomo vedere il tabernacolo principalmente ed essenzialmente come il palazzo o dimora di Dio, era principalmente ed essenzialmente un luogo di culto. Solo un attimo di riflessione chiarirà questo punto. La legge richiedeva che tutti i maschi comparissero a palazzo tre volte all’anno:

Tre volte all'anno mi celebrerai una festa (Esodo 23:14). Tre volte all'anno tutti i tuoi maschi compariranno davanti al Signore, l’Eterno (Esodo 23: 17). Tre volte all'anno comparirà ogni vostro maschio davanti al Signore, l'Eterno, il DIO d’Israele (Esodo 34: 23).

Qualcuno obbietterà che queste tre festività sono descritte come “sante” convocazioni (Le. 23:4) e che perciò sono chiaramente ed essenzialmente culto. Ma associare santità con culto è un serio errore; il culto in sé non è santo e può essere blasfemo; la santità non fa riferimento al culto ma a Dio in tutte le sue vie e in tutto il suo essere. Pertanto, tutte le attività pie, in casa, nel campo, in tribunale, in chiesa o a scuola sono attività sante. La prospettiva “medievale”, benché corrotta dal neo-platonismo, era era comunque più biblica del moderno concetto dello stato come un’agenzia profana e terrena, vale a dire fuori dal palazzo di Dio e separata da lui. Poiché il monarca rappresentava il ministero di giustizia di Dio, e poiché egli governava in qualità di vice reggente di Cristo il Re, l’ufficio del monarca era visto come una funzione santa.

Il re era, di fatto, un’immagine di Cristo. Il rito dell’incoronazione lo trasformava sacramentalmente in un Christus Domini, cioè non solo in una persona di rango episcopale, ma in un’immagine di Cristo stesso. Con questo rito, scrive il professor Kantorowicz: “Il nuovo governo veniva collegato col governo divino e con quello di Cristo, il vero governatore del mondo; e le immagini del re e di Cristo [erano] collocate il più vicino possibile”. Tali teatrali rappresentazioni del significato della monarchia non erano confinate all’incoronazione del re. Nelle grandi feste religiose dell’anno: “Il giorno d’esaltazione del re era fatto coincidere con …l’esaltazione del Signore” in modo da rendere “la regalità terrestre ancor più trasparente collocandola sullo sfondo della regalità di Cristo”. Nella Francia dei Capetingi come altrove, tali festività religiose erano fatte diventare occasioni per la festiva incoronazione del re e, poiché le assemblee politiche del reame erano similmente tenute durante queste feste, l’intrecciarsi delle due sfere veniva sottolineata da sfilate liturgiche che evidenziavano la dignità sacerdotale del ruolo del re. Ciò che a noi sembra nulla di più che una processione festiva era, di fatto, un atto di significato tanto sacramentale quanto costituzionale. Era precisamente la sua unzione come Christus Domini che innalzava il re al di sopra persino dei duchi più potenti. Nelle controversie politiche del primo 1200 si adduce continuamente questo fatto<ref>Otto von Simson: The Gothic Cathedral, Origins of Gothic Architecture and the Medieval concept of Order, Bollingen Series XLVIII, revised edition; New York: Pantheon Books, 1962, 1965, p. 138</ref>.

Purtroppo, a motivo nel neo-platonismo, il concetto di continuità produsse l’unità d’essenza tra Dio e il re che portò al culto del governante e ad un ordinamento anti-cristiano. La tipologia del re come vice-reggente deve essere mantenuta nei termini della biblica discontinuità di essenza tra Dio e l’uomo. La tipologia non può essere trasformata in un concetto di continuità<ref>Si vedano gli scritti di Ernst H. Kantorowicz, specialmente Laudes Regiae, A Study in Liturgical Acclamation and Medieval Ruler Worship; University of California Press, 1946; The King’s Two Bodies, A Study in Medieval Political Theology; Princeton University Press, 1957; Frederick the Second, 1194-1250; New York: Frederick Ungar, 1931, 1957.</ref>.

La santità, perciò, fa riferimento principalmente ed essenzialmente a Dio e, secondariamente, a tutte le cose fatte nel suo nome, secondo la sua parola e alla sua gloria. Tutte le cose sono state create da Dio completamente buone e perciò sante, separate e dedicate a lui. Gli uomini, per la loro caduta, sono diventati profani. L’obbiettivo della redenzione è la restaurazione dell’universo alla santità, la sua ri-creazione, e la separazione dei reprobi o canaaniti dalla “casa del Signore degli eserciti” (Za. 14:20-21).

Il tabernacolo era il palazzo di Dio; era santuario perché era il palazzo o dimora di Dio. Nel deserto, e nei primi anni, Dio faceva il suo palazzo come il popolo faceva dimora, in una tenda. Fu tardivamente, con Davide, che il popolo divenne consapevole del contrasto tra le loro case e il palazzo di Dio ancora in una tenda (2 Sa. 7:2). La costruzione di questo tempio, casa o palazzo di Dio, fu differita da Dio fino al regno di Salomone (2 Sa. 7:4-29).

Il tabernacolo, e dopo di esso il tempio, rimase principalmente come palazzo, non casa di culto. Il culto era locale e la sua ubicazione era nella famiglia. Il sabato era osservato a casa, non nel santuario. Vedere il tabernacolo e il tempio come strutture ecclesiali è stravolgere la Bibbia. Che ci fosse adorazione nel santuario non altera questo fatto. L’uomo adorava Dio dovunque: quando uccideva animali domestici o selvaggina, il sangue veniva versato in adorazione. Preghiere e sacrifici erano offerti prima di entrare in battaglia, e il peccato di Saul fu non aspettare che Samuele arrivasse e officiasse l’offerta (1 Sa. 13). Ma il normale luogo del culto era la casa, dove veniva osservato il sabato.

Quarto, il tabernacolo non ha controparte nella chiesa. Quando il velo del tempio fu stracciato in due alla morte di Cristo (Matteo 27:51), fu apertamente dichiarata la fine del tempio come palazzo di Dio. Il nuovo tempio è Gesù Cristo, che fu crocifisso per essersi dichiarato il vero tempio, costruito con la sua resurrezione (Matteo 26:61; 27:40; Giovanni 2:19-21; ecc.). Con la dimora dello Spirito santo, i credenti sono ora, in un senso, templi di Dio (1 Corinzi 3:16, 17), come pure la chiesa, di cui si parla come “il tempio di Dio” (1 Timoteo 3: 15; 1 Pi. 4:17), ma la “chiesa” così designata non è un’abitazione o struttura visibile ma l’intera visibile congregazione o chiesa di Cristo. Il tempio o, più accuratamente il tabernacolo, ha il suo compimento in Cristo, e il vero luogo santissimo è ora aperto agli uomini di fede nel fatto che per mezzo del “sangue di Cristo” il popolo pattizio di Dio ha accesso al trono.(Eb. 10:19-22).

Il tabernacolo aveva tra stanze. Prima c’era il cortile, aperto solo al popolo pattizio e, benché recintato, era a cielo aperto. La seconda stanza era aperta solo ai sacerdoti ed era velata ma comunque illuminata. Il terzo, il luogo santissimo, era velato e buio, e vi entrava solo il sommo sacerdote, una volta l’anno. In cielo, Dio dimora come Governatore dell’universo; nel tabernacolo, Dio dimorava “nella sua grazia condiscendente” come governatore del suo popolo pattizio<ref>Oehler: Theology of the O.T., p. 254s.</ref>.

Con l’incarnazione, la presenza dimorante nel tabernacolo lasciò il posto all’uomo-Dio incarnato, Gesù Cristo. Con l’ascensione, lo Spirito Santo continua l’opera di governo; lo Spirito santo perciò non può essere separato da legge e governo in alcun senso. Comunque, in più, è apparso un nuovo stadio con Cristo che governa come di Dio il Re. Il santuario celeste, il trono del mondo, è diventato il trono di Cristo, che ora regna per sottoporsi tutti i suoi nemici (1 Corinzi 15:25), cosicché si compia la trionfante profezia: “I regni del mondo sono divenuti il regno del Signor nostro e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli” (Apocalisse 11:15). Nei termini di questo proposito, agli uomini pattizi fu detto da Gesù Cristo: “Ogni potere (autorità o dominio) mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e insegnate a tutte le nazioni …” (Matteo 28:18-19). La chiesa è mandata nel mondo come parte dell’imperialismo di Cristo, per soggiogare il mondo al suo regno.

Quinto, nel luogo santissimo, il trono di Dio è la legge. Fairbairn ha chiaramente richiamato l’attenzione proprio su questo:

Il collegamento ora indicato tra la rivelazione della legge nel senso più stretto, e la struttura e l’uso della dimora sacra, si manifesta in modo molto impressionante nella descrizione data del tabernacolo, che dopo aver menzionato i diversi tipi di materiali che dovevano essere procurati, comincia per primo con l’arca del patto — il tabernacolo, come potrebbe essere egualmente chiamato, del Decalogo, visto che era meramente un cassone per contenere le tavole della legge, e in quanto tale fu preso come il vero e proprio sedile o trono dal quale Jehovah manifestò la sua presenza e gloria (Esodo 25:2, 9, 40, ecc.). Era, perciò, il pezzo di arredo più sacro appartenente al Tabernacolo — il centro da cui sarebbe proceduto tutto ciò che fosse stato in relazione alla comunione dell’uomo con Dio, e da cui derivava il carattere essenziale di tale relazione<ref>Fairbairn: The Revelation of Law in Scriptures; p. 136.</ref>.

L’arca conteneva il trattato, la legge del patto tra Dio e l’uomo. L’arca era perciò il tabernacolo della legge e simboleggiava la legge. La dazione della legge era grazia di Dio al suo popolo pattizio, e il suo trono è quella stessa legge. La legge esibisce la giustizia e la rettitudine di Dio ed è il suo governo dichiarato nei suoi propri dettagli e principi. Il significato centrale dell’arca deve essere visto nei termini della legge. “Non può esserci alcun dubbio — che il contenuto proprio dell’arca fossero le due tavole del patto, e che essere il loro tabernacolo fosse il proposito speciale per cui fu costruita”<ref>Fairbairn: “Ark of the Covenant”, in Fairbairn’s Imperial Standard Bible Cyclopedia, I, 194.</ref>. L’arca non era una normale sedia. Era più ovviamente un baule, e l’enfasi era nel contenuto del baule in quanto cardine del patto tra Dio e l’uomo, in quanto il fondamento del governo di Dio, e il trono della sua regalità. Fa impossibile violenza alla regalità di Cristo, perciò, separarla dalla legge, o vedere la sua opera come la fine della legge.

Dio non fece dell’altare il proprio trono, perché l’altare, per quanto importante, esprime l’espiazione, l’inizio di vita nuova per il popolo di Dio. Lo scopo dell’espiazione, della redenzione, è il governo di Dio sopra un regno completamente sottoposto alla legge del patto, e sottoposto ad essa nella gioia. Questa gioiosa sottomissione alla legge fu pienamente manifesta in Gesù Cristo che dichiarò: “Ecco, sono venuto a fare la tua volontà, o Dio” (Eb. 10:5-9) e che, come Re, regna nei termini di una legge che egli aveva dato e che egli ha compiuto.

Il tabernacolo, perciò, ha un significato centrale per la legge biblica: dichiara che il trono di Dio è la sua legge, e dichiara che il trono della legge governa il mondo.

È una fede troncata e difettiva quella che si ferma all’altare. L’altare significa redenzione. Illustra perciò la rinascita del credente. Ma rinascita per cosa? Senza la dimensione della legge, alla vita sono negati il significato e lo scopo della nuova nascita. Non sorprende che la fede centrata sull’altare sia centrata sul cielo e centrata sul rapimento piuttosto che centrata su Dio. Chi ricerca una fuga dal mondo piuttosto che il compimento nel mondo della vocazione di Dio e della sua parola-legge non ha conoscenza del trono.

 

3. L'altare e la pena capitale

4. Sacrificio e responsabilità

5. La santità e la legge

6. La legge come belligeranza

7. La legge e l’eguaglianza

Note