Letteratura/Legge/03

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Indice generale

Le istituzioni della Legge biblica, di R. J. Rushdoony

CapitoliPrefazione - Introduzione - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 -09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16

 

Terzo comandamento

IL TERZO COMANDAMENTO

1. IL NEGATIVISMO DELLA LEGGE

 

Il terzo comandamento dichiara: “Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, perché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano” (Es. 20:7; De. 5:11).

Prima di cominciare un’analisi di questo comandamento, è importante richiamare l’attenzione ad un aspetto della legge che la rende particolarmente offensiva alla mente moderna: il suo negativismo. Dei dieci comandamenti, otto sono enunciati in termini negativi. Gli altri due: “Ricordati del sabato per santificarlo” e “Onora tuo padre e tua madre” sono supportati da un numero di leggi subordinate che sono tutte di carattere negativo. Il comando del sabato è negativo: “Non farai in esso alcun lavoro” (es. 20:10; De 5: 14), talché, nella loro forma completa nove dei dieci comandamenti sono negativi.

Alla mente moderna, leggi di negazione sembrano oppressive e tiranniche, e l’anelito è che funzionari della legge positivi rimpiazzino la polizia. Così, il capo delle Pantere Nere, e candidato presidenziale del partito Peace and Freedom, Eldridge Cleaver, nel 1968 dichiarò che: “Se eletto avrebbe abolito il programma concernente la povertà, e sostituito la polizia con ‘ufficiali di pubblica sicurezza’”1. Gli ufficiali di pubblica sicurezza produssero un regno di terrore nella Rivoluzione Francese, e non senza ragione, perché la legge positiva può condurre solamente alla tirannia e al totalitarismo.

La miglior dichiarazione di un concetto positivo di legge fu il principio giuridico Romano: “La salute del popolo è la legge più alta.” Questo principio è passato così completamente nei sistemi giuridici del mondo che metterlo in discussione è sfidare una premessa fondamentale dello stato. Il principio Romano è fondamentale allo sviluppo Americano nel fatto che le corti hanno interpretato la clausola “benessere generale” della Costituzione Statunitense in termini radicalmente alieni dalle intenzioni originali nel 1787.

Un concetto negativo della legge conferisce un doppio beneficio: primo, è pratico nel fatto che un concetto negativo di legge tratta realisticamente con un male particolare. Dice: “Non ruberai”, o, “Non farai falsa testimonianza”. Un’affermazione negativa pertanto tratta con un male particolare direttamente e chiaramente: lo proibisce, lo rende illegale. In questo modo la legge ha una funzione modestala legge è limitata e perciò lo stato è limitato. Lo stato, in quanto agenzia impositiva, è limitato a occuparsi del male, non al controllo di ogni uomo.

Secondo, e direttamente correlato al primo punto, un concetto di legge negativa assicura libertà: fatta eccezione per le aree proibite, tutta la vita dell’uomo è al di là della legge, e la legge gli è necessariamente indifferente. Se il comandamento dice: “Tu non ruberai” significa che la legge può

governare solo il furto: non può governare o controllare proprietà guadagnate onestamente. Quando la legge proibisce la blasfemia e la falsa testimonianza, garantisce che tutte le altre forme di espressione abbiano la loro libertà. La negatività della legge è la preservazione della vita positiva e della libertà dell’uomo.

Ma, se la legge ha una funzione positiva, e se “la salute del popolo è la legge più alta,” allora lo stato ha giurisdizione totale per imporre la salute totale del popolo. L’immediata conseguenza è una doppia penalizzazione sul popolo. Primo, viene postulato uno stato onni-competente, e ne risulta uno stato totalitario. Ogni cosa diventa parte della giurisdizione dello stato perché ogni cosa può potenzialmente contribuire alla salute o alla distruzione del popolo. Poiché la legge è illimitata, lo stato è illimitato. Diventa affare dello stato, non controllare il male, ma controllare ogni uomo. Basilare ad ogni regime totalitario è un concetto positivo della funzione della legge.

Questo significa che, secondo, non esiste alcuna area di libertà per l’uomo; in quel caso non c’è nessuna area di cose indifferenti, di azioni, di interessi e di pensieri che lo stato non possa governare nel nome della salute pubblica. Dare credito allo stato dell’abilità di servire il benessere generale, di governare per la salute generale e totale del popolo, è postulare uno stato onni-competente, e postulare uno stato competente in tutto è postulare un popolo incompetente. A quel punto lo stato diventa una bambinaia per una cittadinanza il cui carattere basilare è puerile ed immaturo. La teoria che la legge debba avere funzioni positive presume che il popolo sia essenzialmente infantile.

A questo punto alcuni potrebbero commentare che la fede biblica, con la sua dottrina della caduta e della depravazione totale, sostenga una visione similare. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità. La fede nell’evoluzione, postulando lunghe ere di sviluppo per l’uomo sostiene, da un lato, che l’essere umano è ancora governato da pulsioni e impulsi antichi e primitivi e, dall’altro lato, che l’uomo oggi è ancora un bambino in relazione alla futura crescita evolutiva.

La fede biblica, al contrario, sostiene la creazione originale di un uomo maturo e buono. Il problema umano non è una natura primitiva, né la puerilità ma l’irresponsabilità, una ribellione contro la maturità e la responsabilità. L’uomo è un ribelle e la sua condotta non è puerilità ma peccato, non ignoranza ma volontaria stoltezza.

Essenzialmente uno stolto non può essere protetto perché il problema di uno stolto non sono gli altri ma sé stesso. Il libro di Proverbi dà considerevole attenzione allo stolto. Kidner ha riassunto l’insegnamento di Proverbi dicendo che nei confronti dello stolto il libro dichiara che:

La radice dei suoi problemi è spirituale, non mentale. Egli ama la propria stoltezza, tornandoci sopra “come il cane che ritorna al suo vomito” (26:11); egli non ha alcuna riverenza per la verità, preferendo comode illusioni (si veda 14:8 e note). In fondo, ciò che egli rigetta è il timore del Signore (1:21): è questo che fa di lui uno stolto ed è questo che rende tragico il suo compiacimento, perché “la falsa tranquillità degli stolti li fa perire” (1:32).

Nella società lo stolto è, in una parola, una minaccia. Come minimo sprecherà il vostro tempo. “Non troverai una parola sensata sulle sue labbra” (14.7 Moffat), e può essere anche un fastidio più serio. Se ha un’idea nella sua testa, niente lo fermerà: “È meglio incontrare un’orsa derubata dei suoi piccoli, che uno stolto nella sua follia” (17:12) – sia che quella stoltezza sia una scelleratezza che ritiene un divertimento (10:23), o qualche lite che vuole cominciare (18:6) e portare drammaticamente fino in fondo (29:11). Stategli al largo perché “Chi pratica gli stolti ne subirà il danno” (13:20) , e se volete mandarlo via, non mandatelo con un messaggio (26:6).2

Si potrebbero citare numerosi incidenti per illustrare quanto uno stolto sia incline alla stoltezza. Salvatelo da una situazione e cade in un altra. Un uomo malato, finalmente persuaso a lasciare un ciarlatano che lo stava curando, andò poi da uno peggiore. E ciò non dovrebbe sorprendere nessuno; uno stolto è per natura incline alla stoltezza.

Per esaminare un’area in cui la legge ha avuto una funzione positiva, e la maggior parte delle persone vorrebbe credere l’abbia fatto con notevole successo, rivediamo la situazione in medicina. Il controllo statale della professione medica fu promosso e patrocinato in gran parte da fondi Rockfeller. Le scuole di medicina sono state collocate sotto il controllo statale insieme alla professione stessa. Pratiche mediche non approvate furono messe fuorilegge e, ci viene detto, il risultato è stato un progresso rimarchevole.

Ma il progresso è stato realmente dovuto al controllo statale o al lavoro della professione medica? Non è forse stata la professione stessa la responsabile del proprio progresso? E, ovviamente, ci sono oggi altrettanti ciarlatani di allora o forse di più. Il governo stima che nel 1966 siano stati spesi più di due miliardi di dollari per servizi che alcune autorità chiamerebbero medicina ‘alternativa’, benché il termine, significativamente, copra tutto, dalla frode alle pratiche non ufficiali o non approvate.3 Inoltre, oggi si corre il pericolo che ogni ricercatore medico il cui lavoro non riesca a guadagnare l’approvazione statale non solo gli sia classificato ciarlataneria ma gli possa dare anche seri problemi legali. Ancor peggio, la regolare, accettata professione medica, assieme alle compagnie farmaceutiche, è stata sotto serio attacco da parte del governo per alcuni seri abusi. Una varietà di “medicine miracolose” usate in modo sperimentale e messe sul mercato dopo test inadeguati hanno avuto serie conseguenze.4 Le riviste mediche hanno scritto anche di serie somministrazioni in dosi eccessive negli ospedali.5

Pur dando per scontata la responsabilità dei dottori nel prescrivere con poca saggezza, rimane il fatto che molti pazienti, ben consapevoli dei rischi nelle nuove medicine (come in quelle vecchie), richiedono comunque la somministrazione. Pur con tutte le possibili tutele giuridiche, come ci si può aspettare la perfezione sia dai medici che dai pazienti? Ci saranno sempre alcuni medici e alcuni pazienti che sono stolti.

Ma la vera questione è più profonda. Proprio mentre il controllo statale sulla medicina è aumentato, sono allo stesso tempo aumentate le accuse di negligenza e oggi i dottori sono in costante pericolo di subire processi. Le capacità mediche e chirurgiche in America non sono mai state migliori di adesso, né sono mai stati maggiori i reclami fatti in sede legale. Ciò addita un fatto curioso: lo stato s’è impadronito del basilare potere di vigilanza della professione medica, ma lo stato, anziché assumere responsabilità, ha aumentato la responsabilità giuridica dei medici. Un’agenzia governativa approva il farmaco ma il medico paga giuridicamente se ci sono reazioni negative.

Quando la legge dello stato assume una funzione positiva nel proteggere la salute e il benessere generale della propria gente, non ne assume però la responsabilità. La gente è assolta dalla responsabilità, ma la professione medica (o i datori di lavoro, o i detentori di proprietà e simili) assumono totale responsabilità civile e penale. I passi verso la responsabilità totale sono graduali ma sono inevitabili con un’economia del welfare.

Gli storici spesso lodano la pratica medica dell’antichità pagana e le accreditano comunemente più meriti di quanti ne avesse. Allo stesso tempo, biasimano la cristianità per aver corrotto e fermato il progresso della medicina. Ma il declino della medicina antica cominciò, per loro stessa ammissione, nel terzo secolo a.C.6 Entralgo ha sottolineato che, di fatto, la cristianità ha salvato la medicina da sterili presupposizioni.7

Ma nell’antico Egitto, Babilonia, ed altrove, i medici erano soggetti a totale responsabilità. Se il paziente avesse perso la vita il medico avrebbe perso la propria. Anche se la colpa non fosse stata sua, il dottore era completamente responsabile. Ma anche quando il medico avesse sbagliato, cosa rendeva il medico totalmente responsabile? Dopo tutto il paziente era andato da lui volontariamente, e il medico non era Dio. O dovrebbe esserlo? Il retroterra pagano europeo, come altre pratiche pagane, associava la medicina con gli dèi. Al medico erano richieste pratiche ascetiche talché il medico fu gradualmente convertito in un monaco. Questa influenza pagana, combinandosi col neoplatonismo nei primi secoli dell’epoca cristiana portò ad un asceta come medico. Pickman ha notato, della Gallia:

Evidentemente in quei giorni il fascino popolare dell’ascetismo era minore per quanto concerne l’effetto psicologico nell’asceta stesso che per i suoi effetti fisici sulle persone a cui ministrava. Fu l’arma scelta dell’umanitario. Questa è la ragione per cui non passò molto che un medico che non diventasse monaco perdesse il diritto ad esercitare la sua pratica.8

Solo gradualmente, con la cristianizzazione dell’occidente, fu abbandonato questo concetto della medicina e, con essa, il concetto di responsabilità (civile e penale) che richiedeva che il medico fosse un dio o ne soffrisse le conseguenze.

Il controllo statale sulla professione medica ha stabilmente reintrodotto il vecchio concetto di responsabilità, e i medici si trovano ad essere particolarmente esposti a cause legali. È diventato pericoloso per un medico amministrare cure d’emergenza ai bordi delle strade in un incidente a motivo di questa esposizione alla responsabilità civile e penale. Se il presente andazzo continua non è lontano il giorno in cui i medici potranno essere processati per omicidio se il paziente muore. C’erano cenni di questo nell’Unione Sovietica nei giorni finali di Stalin.

Se la legge assume una funzione positiva è perché si crede che le persone siano un fattore negativo, vale a dire incompetenti e bambinesche. Dunque, in tale situazione, gli uomini responsabili sono penalizzati con la responsabilità totale. Se un criminale, che per la propria criminalità è un incompetente, penetra la casa di un uomo, è protetto dalla legge nei suoi diritti, ma il cittadino responsabile e ligio alla legge può dover affrontare accuse d’omicidio se uccide l’intruso se la sua vita non è chiaramente in pericolo, e non ha fatto ricorso a tutte le possibilità di fuga. Un delinquente può oltrepassare la proprietà d’un uomo scavalcando un recinto o sfasciando un cancello nel farlo, ma se si rompe una gamba in un paletto dalla punta non protetta o in un fossato, il proprietario della casa è responsabile del danno.

Quando la legge perde la sua negatività, quando la legge assume una funzione positiva, protegge il criminale e lo stolto e penalizza l’uomo responsabile.

Responsabilità personale e responsabilità civile e penale sono fatti ineludibili: se negati in un area, non vengono aboliti ma piuttosto semplicemente trasferiti ad un’altra area. Se alcolizzati e delinquenti non sono persone responsabili ma meramente malati, qualcuno è colpevole di averli fatti ammalare. In questo modo, il Dr. Richard R. Korn, professore all’Università di California, Scuola di Criminologia a Berkeley, ha detto che le prostitute non dovrebbero essere arrestate ed imprigionate perché sono “Povere ragazze alienate in cerca di una vita migliore,”9 Se quelle prostitute sono semplicemente delle “povere ragazze alienate in cerca di una vita migliore” a questo punto qualcun altro diverso da esse stesse è responsabile della loro condizione perché le loro intenzioni erano buone. Più di qualcuno è pronto a fare il nome della parte responsabile: la società. Ma le prostitute, i loro protettori, e il sottobosco criminale sono tutti parte della società in senso generale, ed è ovvio che non sono essi i biasimati. È altrettanto chiaro che ciò che s’intende per società responsabile sono le persone responsabili e di successo. Sotto il comunismo questo significa la totale responsabilità dei cristiani e dei capitalisti in quanto colpevoli di tutti i mali della società. In quanto totalmente responsabili, devono essere liquidati.

Responsabilità personale e responsabilità civile e penale non possono essere evitate. Se viene negata una dottrina biblica della responsabilità, una dottrina pagana ne prende il posto. E se il negativismo biblico della legge è rimpiazzato con una legge avente funzioni positive, ha avuto luogo una rivoluzione contro il cristianesimo e la libertà. Un concetto negativo della legge non è solo una salvaguardia della libertà ma anche della vita.

Note

1 Van Nuys, California: The News, “Canale 28 intervista il leader delle Pantere Nere” (Domenica, 11 Agosto, 1968), p. 10-A.

2 Derek Kidner: Proverbi, An Introduction and Commenatry; Chicago, Inter-varsity Press, 1964, p. 40.

3 Si veda James Harvey Young: The Medical Messiah, A Social History of Health Quackery in Twentieth-Century America Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1967.

4 Si veda Morton Mintz: By Prescription Only, Second Edition Revised; Boston: Houghton Mifflin, 1967.

5 Si veda: “Medical care Can Be Dangerous” in Prevention; Agosto 1968, p. 80s.
6 J. Beaujeu: “Medicine”, in Rene Taton editore History of Science: Ancient and Medieval Science,

from the Beginnings to 1450; New York: Basic Books, 1957, 1963, p. 365.
7 Pedro L. Entralgo: Mind and Body, Psycosomatic Pathology: A Short History of the Evolution of

Medical Thought; (New York: P. J. Kenedy and Sons, n.d.).
8 Edward Motley Pickman: The Mind of Latin Christendom; New York: Oxford University Press,

1937, I, p. 457.
9 New Approach to San Francisco’s Vice, Oakland, Calif. Tribune Venedì 16 Agosto, 1968, p. 10.

IL TERZO COMANDAMENTO

2. NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO* E LA RIVOLUZIONE

 

Un tempo il terzo comandamento riceveva seria attenzione nella chiesa e nella società; oggi, il suo significato s’è fortemente affievolito per l’uomo moderno. Persino in un’opera come il Digest of the Divine Law di Rand non c’è menzione di questo comandamento se non nell’elenco dei dieci e una breve citazione più avanti.1 Dall’altro lato, gli apostoli dell’imprecazione ricevono attenzioni sempre maggiori, come testimonia l’opera di un antropologo, Ashley Montagu, a difesa dell’imprecare.

Lo studio informativo di Montagu ci dà una schietta dichiarazione del significato di giurare/imprecare:

Giurare/imprecare serve a scopi sociali quanto personali chiaramente definibili. Uno scopo sociale? Ma non è sempre stato socialmente condannato e ostracizzato? Lo è stato. E questo è precisamente il punto. Perché le forme primitive di giuramento/imprecazione furono spesso di natura considerata sovversiva delle istituzioni sociali e religiose, come quando i nomi degli dèi erano invocati in modo profano, il loro uso in tale maniera era rigidamente proibito.2

Qui è fatto un punto importante: nominare il nome di Dio invano giurando il falso o bestemmiando è in qualche modo collegato con la sovversione. Torneremo su questo più avanti.

Nominare il nome di Dio invano “non è un problema universale”. Non ce n’è traccia tra gli indiani americani, giapponesi, malesi e la maggior parte dei polinesiani. Gli esempi che Montagu dà della sua esistenza tra altri popoli, ad esempio gli aborigeni d’Australia, rappresenta giuramenti non teistici ma semplicemente come linguaggio osceno, e c’è una marcata differenza tra i due.3

Montagu ha un’interessate classificazione della varie forme di “imprecazione”:

Imprecare è l’atto d’esprimere verbalmente il sentimento d’aggressività che procede da una frustrazione con parole che posseggono forti associazioni emotive.
Maledire, spesso usato come sinonimo di imprecare, è una forma d’imprecazione distinta dal fatto che invoca o chiama dal cielo qualche male sul proprio oggetto.

Profanare, spesso usato come sinonimo per imprecare e maledire, è la forma di imprecazione nella quale sono pronunciati i nomi o gli attributi di figure od oggetti religiosi.
Bestemmiare, spesso identificato con maledire e profanare, è l’atto di vilipendere o ridicolizzare le figure o gli oggetti di venerazione religiosa…

Oscenità, una forma di imprecazione che fa uso di parole e frasi indecenti.

Volgarità, una forma di imprecazione che fa uso di parole crude, come cavolo o dannato.

Imprecazioni eufemistiche, forme d’imprecazione nelle quali espressioni benevoli, vaghe o di finto apprezzamento sostituiscono quelle originali più forti.4

Questa classificazione, naturalmente, ha un orientamento non biblico. Prima di tutto nella bibbia c’è una proibizione solamente di giurare il falso o di maledire indebitamente. È il nominare il nome di Dio invano, o in modo “profano” (Versione Berkeley) ad essere proibito. Chiaramente non tutto il giurare o il maledire è proibito. Secondo, da una prospettiva biblica ogni giuramento falso o maledizione indebita è profana, e pertanto profanare non è una categoria separata. La parola profano proviene dal latino pro, davanti, fanum, tempio, cioè davanti o fuori del tempio; profanità quindi è ogni parlare, agire, e vivere che è fuori da Dio. La profanità pertanto include parolacce, giuramenti falsi e maledizioni indebite, e anche il parlare ed agire garbato e cortese che sia fuori da Dio e non riconosca la sua sovranità. Terzo, solo un tipo di maledizione dovuta non può essere permessa. Nel maledire, un uomo invoca il giudizio di Dio su un malfattore. Ma per quanto malvagi possano essere i genitori di una persona, e per quanto possano meritare il giudizio, nessun uomo può maledire suo padre o sua madre. Di fatto: “Chi maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte” (Es. 21:17). Onorare i genitori è così fondamentale ad una società pia che un figlio o una figlia non possono maledire l’uno o l’altro genitore neppure in casi estremi. I bambini devono obbedire i genitori. Agli adulti è richiesto solo che li onorino, possono e talvolta devono discordare con loro, ma maledirli è violare un principio fondamentale dell’ordine e dell’autorità.

Quarto, bestemmiare è più che nominare il nome di Dio in modo profano. È linguaggio diffamatorio, scellerato e ribelle diretto contro Dio (Sl. 74:10-18; Isa. 52:5; Ap. 16: 9, 11, 21). Era punibile con la morte (Le. 24:16). Naboth fu falsamente accusato di blasfemia (I Re 21:10-13), come pure Stefano (Atti 6:11), e Gesù Cristo (Mt. 9:3; 26: 65,66; Gv. 10:36). La “bestemmia contro lo Spirito santo” consisteva nell’attribuzione dei miracoli di Gesù Cristo, che erano fatti dallo Spirito santo, a potenze sataniche (Mt. 12:22-32; Mc. 3:22-30).5

Montagu fa notare che, secondo la legge, “In Inghilterra ed in ciascuno degli Stati Uniti, bestemmiare è ancora reato.”6 Oggi queste leggi sono applicate raramente. In anni recenti, le donne, un tempo non normalmente associate con le profanità, ne sono gradualmente divenute assuefatte. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in una fabbrica di aeroplani dov’erano impiegate molte donne, un cartello diceva: Non imprecate, potrebbe esserci un gentiluomo nei paraggi.7 Dall’altro lato, Montagu fa notare che mentre nelle baraccopoli delle città inglesi si possono udire tra donne estreme profanità e oscenità, “lo s’incontra poco o mai in un villaggio inglese civilizzato nel quale i tabù sul linguaggio scorretto di qualsiasi tipo rimangono ancora di rigore vittoriano”.8 È degno di nota che ultimamente c’è dell’ostilità nei confronti delle profanità in URSS.9 La profanità effettivamente ha associazioni con il disorientamento e il deterioramento sociale.

Per analizzare ora alcuni fattori basilari riguardo al nominare il nome di Dio invano, si deve notare, primo, che la proibizione è essenzialmente e necessariamente collegata alla religione. È profanità al di fuori di Dio e contro Dio. Ove sia coinvolto il nome di Dio, rappresenta un uso del suo nome illecito e ostile o un uso disonesto. Molto del primitivo e del moderno imprecare citato da Montagu è oscenità piuttosto che profanità. Nell’imprecare primitivo quanto quello moderno s’invocano parole e soggetti sessuali ed escrementizi.10 Questo è un fatto significativo. Per poterne apprezzare il significato rivediamo alcuni dei fatti principali. Un giuramento pio è un fatto religioso importante e solenne. L’uomo colloca sé stesso sotto Dio e in conformità alla sua giustizia per conformarsi alla sua parola proprio come Dio si conforma alla propria parola. Nominare il nome di Dio in modo pio è come prendere un voto. Ma farlo in modo empio è una deliberata profanazione dello scopo del giuramento o del voto; è farne un uso frivolo, mortificante, è esprimere disprezzo per Dio. Ma il nominare il nome di Dio in modo empio non può rimanere meramente negativo od ostile; nega Dio come essere ultimo, ma deve postulare un’altra entità ultima al posto di Dio. Il giuramento pio cerca la propria conferma e forza dal “di sopra”; quello empio guarda al “di sotto” per la propria potenza. Il suo concetto di “di sotto” è manicheo fino al midollo: è materiale. Perciò, l’invocare Dio in modo empio trova la propria potenza, il proprio “di sotto” nel sesso e negli escrementi. L’associazione è significativa. Anche mentre contestano il “puritanesimo” della moralità biblica, gli empi rivelano che per loro, sesso ed escrementi sono legati insieme come potenze degli “inferi” dell’inconscio, del primitivo e del vitale.

In questo modo, la direzione della profanità è progressivamente verso il basso. Dopo la metà del ventesimo secolo, divenne popolare una nuova espressione di profanità, apparentemente un’ “invenzione negro-americana”, che esprimeva in modo tagliente l’incesto materno. L’espressione effettivamente ottenne qualche senso “onorifico.”11 Da allora, altre espressioni profane con riferimento all’omosessualità sono diventate d’uso ancor più popolare. Sono aumentati anche i riferimenti ad altre perversioni. In breve, la direzione delle profanità è progressivamente verso il basso. Quando sia negata la religione del Dio trino ha il sopravvento la religione della rivoluzione, i culti del caos. Vitalità, potenza e forza sono visti come provenire dal basso; il linguaggio profano cerca d’essere poderoso, e il poderoso è ciò che è al di sotto.

Secondo, com’è ormai evidente, nella profanità c’è una progressione religiosa: passa da uno spregio per Dio ad un’invocazione di escrementi e di sesso, e poi a forme di sesso pervertite. Questa progressione religiosa è sociale quanto verbale. La società profana invoca, non Dio, ma il mondo dell’illecito, dell’osceno, e del perverso. Ciò che invoca a parole invoca pure in azioni. La tendenza verso il basso della società è una ricerca per rinnovate energie, lo shock di nuova forza e vitalità, ed è una perpetua ricerca di nuove profanità. Dei bianchi vanno a prostitute di colore per “far girare la fortuna,” cioè per rinnovare la loro vitalità e la potenza per prosperare per un altro po’. Nell’andare “in basso” si ricaricano per poter “andare in alto.” La profanità verbale è la testimonianza orale di una profanità sociale. Mentre la profanità verbale cerca in basso, lo stesso fa la società nelle sue azioni.

Questo significa, perciò, che, terzo, la profanità è un barometro. È indicativa della rivoluzione in corso. È un indice del deterioramento e della degenerazione sociale. Il significato psicologico della profanità non è perso in un epoca rivoluzionaria; la profanità è sostenuta con fervore evangelico. Non dovrebbe sorprendere nessuno che un dizionario di insulti e profanità sia stato ampiamente promosso come inestimabile opera di riferimento per le biblioteche della scuola superiore nei primi anni 60.12 Una vera educazione implica, per un mondo profano, un’integrazione verso il basso dentro al vuoto, per usare un’appropriata frase di Cornelius Van Til. La conoscenza di Dio è impedita nelle scuole ma la conoscenza di profanità è incoraggiata. La rivoluzione è invitata e incoraggiata in una società che ricerca l’integrazione verso il basso, e la profanità è un indice, un barometro di questa integrazione verso il basso.

Quarto, possiamo ora riconoscere con Montagu che: “le forme primitive di imprecazione erano spesso di natura considerata sovversiva delle istituzioni sociali e religiose.”13 Lo sono ancora. Nominare il nome di Dio è sempre religioso e il falso nominare il nome di Dio rappresenta nella società una pulsione sovversiva. Abbiamo visto poc’anzi che alcune società, come quella degli aborigeni d’Australia, non hanno imprecazioni teiste ma che il loro imprecare è semplicemente linguaggio osceno dai contenuti sessuali ed escrementizi. In una tale società questo imprecare non è sovversivo, poiché la società è già per il suo totale carattere regressiva e ad un livello infimo. Ma quando tale imprecare assume proporzioni maggiori e costituisce realismo letterario ed artistico nella società occidentale, è sovversivo ed è religioso. Anche l’interessante studio di Montagu è un’opera religiosa; egli trova che tali profanità siano salutari e bisogna ricordare che salute e salvezza (dal latino salus, salve, salute) sono la stessa parola. L’intelligenza e l’erudizione del suo studio servono solo ad elevare il suo scopo religioso: imprecare è una sana espressione sociale. Ma per quando si cerchi di comprendere i suoi motivi per desiderare questa salute, o perché costituisca salute, egli tace.

Sir John Harrington fa un punto interessante nel suo poema “Against

Swearing”, “Contro il Giurare”, negli Epigrams, pubblicati a Londra “circa tre anni dopo la sua morte.”Montagu cita questo poema per documentare lo sviluppo dei giuramenti:

In elder times an acient custom was,
To sweare in weighty matters by the Masse.
But when the Masse went downe (as old men note) They swear then by the crosse of this same grote. And when the Crosse was likewise held in scorne, Then by their faith, the common oath was sworne. Last, having swore away all Faith and trothe,
Only God damn them is their common oath.

The custome kept decorum by gradation,
That losing Masse, Crosse, Faith, they find damnation.14

Harington notò la progressione religiosa. I cambiamenti maggiori sono avvenuti da allora.

Il comandamento dichiara: Non userai il nome del Signore Dio tuo invano. Positivamente questo significa: Userai il nome del Signore Dio tuo in giustizia e verità. Negativamente significa anche: Non userai il nome di altri dèi o potenze. In ciascun caso le implicazioni sono di vasta portata.

Note:

*(Nota del traduttore: il titolo originale è “Swearing and Revolution”. La parola ‘swearing’ può avere sia una connotazione positiva, come giurare per una giusta causa, sia una negativa come imprecare o altre. Ho di volta in volta scelto di tradurla secondo il significato determinato dal contesto.)

1 Rand, Digest. p. 55,56.
2 Ashley Montagu: The Anatomy of Swearing: New York; Macmillan, 1967, p. 1. 3 Ibid., pp. 10-18, 55s.
4 Ibid., p. 105.
5 Davis: Dictionary of the Bible, p. 93.
6 Montagu: Anatomy of Swearing, p. 2.
7 Ibid., p.87.
8 Ibid., p.134.
9 Ibid.,p. 333s.
10 Ibid., p.10s.

11 Ibid., p. 313s. È interessante notare che anche la forma di giuramento russo preferito da Stalin faceva riferimento all’incesto materno; Francis B. Randall: Stalin’s Russia; New York: The Free press, 1965, p. 37.

12 Harold Wentworth and Steward Berg Flexner: Dictionary of American Slang; New York: Crowell, 1960.

13 Montagu: Anatomy of Swearing, p. 1.

14 Ibid., p. 287. Per il significato di “grote” Si veda https://www.gutenberg.org/files/50874/50874- h/50874-h.htm

3. IL GIURAMENTO E LA SOCIETÀ

Il terzo ed il nono comandamento sono strettamente collegati. Il terzo dichiara: “Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, perché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano” (Es. 20:7). Il nono dice: “Non farai falsa testimonianza contro il tuo prossimo” (Es. 20:16). Ambedue i comandamenti riguardano il parlare: il primo con riferimento a Dio, l’altro si preoccupa dell’uomo. Inoltre, Ingram è corretto nel vedere in entrambi un riferimento giuridico. Il terzo, in particolare è normalmente inteso, come dice Ingram, “Come una sorta di educata obiezione al linguaggio rude o volgare” mentre è “Una proibizione contro spergiuro, eresia e menzogna.”1 Abbiamo già peso in considerazione le implicazioni del nominare il nome di Dio invano come linguaggio osceno. La legge copre questo ed altro. Ma il cuore del terzo comandamento è nella sua natura a fondamento di un sistema giuridico. Per citare nuovamente Ingram: “Il fondamento per ogni procedura giuridica riguardante i cosiddetti processi civili è chiaramente nel Terzo Comandamento, e fa certamente sentire la sua importanza anche dentro al reame del processo penale.”2 Il giuramento ufficiale, l’affidabilità di testimoni, la stabilità di una società nei termini di un comune rispetto per la verità, la fedeltà dei ministri della parola ai loro voti d’ordinazione, di mariti e mogli ai loro voti di matrimonio, e molto ancora, tutti s’impernia sulla santità del voto o giuramento. Quando non c’è rispetto per la verità, quando gli uomini possono sottoscrivere impegni o giuramenti senza intenzione di onorarne i termini, ne consegue anarchia sociale e degenerazione. Dove non c’è timore di Dio la santità di giuramenti e promesse scompare e l’uomo sposta il fondamento della società dalla verità a una menzogna. È significativo che oggi non si senta quasi più parlare di prosecuzione per spergiuro benché lo spergiuro sia quasi routine quotidiana nei tribunali. Ma, come sottolinea Ingram, la legge di Dio rende chiaro nel terzo comandamento: “Che qualsiasi cosa l’uomo possa fare a questo riguardo, Dio non terrà per innocente chi usa il suo nome invano.”3

Il giuramento d’assunzione dell’incarico presidenziale, ed ogni altro giuramento d’ufficio negli Stati Uniti, era, nei primi anni della Repubblica, riconosciuto precisamente come collocato sotto il terzo comandamento, e, di fatto, lo invocava. Giurando, un uomo prometteva di mantenere la propria parola e i propri obblighi proprio come Dio è fedele alla propria parola. Se avesse mancato, per il suo giuramento, il pubblico ufficiale invocava su di sé il giudizio divino e la maledizione della legge. Benché, nonostante questo, non mancassero i funzionari corrotti, è anche chiaro che una buona misura della reale responsabilità politica era posta in evidenza. Gli uomini pii prendevano i giuramenti sul serio. George Washington, del quale abbiamo già precedentemente notato che credeva in una decima obbligatoria, aveva un sentimento molto forte nei confronti del significato del giuramento. Nel suo discorso di commiato egli espresse la propria costernazione per lo scetticismo, l’agnosticismo, il Deismo e l’ateismo che si stavano insinuando dalla Francia e dalla Rivoluzione Francese. Egli vide che l’incredulità operava un grande danno. Tra le altre cose, distruggendo la fede che reggeva il giuramento, l’incredulità minava la sicurezza della società. Egli dichiarò:

Di tutte le disposizioni e le abitudini che hanno portato alla prosperità politica, la religione e la moralità sono sostegni indispensabili. Invano chiederebbe il tributo d’esser chiamato patriota quell’uomo che operasse per sovvertire questi grandi pilastri della felicità umana, questi solidissimi puntelli dei doveri degli uomini e dei cittadini. Il mero politico, assieme all’uomo pio ha il dovere di rispettarli e tenerli cari. Un volume non riuscirebbe a tracciare tutte le loro connessioni con la felicità privata e pubblica. Ci si chieda semplicemente: Dove risiederebbe la sicurezza per la proprietà, per la reputazione, per la vita se il senso di dovere religioso abbandonasse i giuramenti che sono gli strumenti investigativi nelle corti di giustizia? E stiamo bene attenti ad indulgere nella supposizione che la moralità possa essere mantenuta senza religione. Qualsiasi cosa si possa concedere all’influenza dell’educazione raffinata su menti di peculiare struttura, la ragione e l’esperienza, ambedue ci proibiscono di aspettarci che la moralità nazionale possa prevalere se si escludono i principi religiosi.

Disprezzare, abusare, o profanare il giuramento è perciò un crimine che nega la validità di ogni legge ed ordine, di tutti i tribunali e le cariche pubbliche e private ed è un atto d’anarchia e rivoluzione. Nei termini di questo possiamo meglio comprendere Levitico 24:10-16, l’incidente della bestemmia e la pena comminata. La parte in colpa in questo caso era mezzo danita e mezzo egiziano. Il testo ebraico presume una conoscenza che da allora è andata largamente perduta. L’antica versione Caldea parafrasa così:

Mentre gl’Israeliti dimoravano nel deserto, egli cercò di piantare la propria tenda in mezzo alla tribù dei figli di Dan; ma essi non glielo permettevano, perché, secondo l’ordine d’Israele, ogni uomo, secondo il proprio ordine, dimorava con la sua famiglia presso le insegne della casa di suo padre. E lottarono tra loro nell’accampamento. Al che il figlio della donna israelita e l’uomo d’Israele che era della tribù di Dan andarono alla casa del giudizio.4

Il giudizio fu contro il mezzo Danita, mezzo egiziano, e la sua reazione fu che “Bestemmiò il nome dell’Eterno e lo maledisse” (Le. 24:11). Egli negò l’intera struttura della società e della legge Israelita, il principio stesso dell’ordine. Il risultato fu che gli fu comminata la sentenza di morte per bestemmia. Il suo crimine era in effetti l’aver affermato la rivoluzione totale, la secessione assoluta da qualunque società che gli negasse la sua volontà. Nessuna società può più esistere se permette tale sovversione. La legge di Dio in tale caso è d’importanza particolare: “Chiunque maledice il suo Dio, porterà la pena del suo peccato. E chi bestemmia il nome dell’Eterno sarà certamente messo a morte” (Le. 24: 15,16). Tutti i Gentili che disprezzassero o violassero il giuramento della loro religione erano soggetti alle leggi della loro religione, a qualsiasi pena la loro legge imponesse per tale bestemmia o maledizione perché disprezzare il giuramento della propria fede è maledire il proprio Dio. Ginsberg ha qui abilmente riassunto la legge:

Se un tale gentile maledice il proprio Dio nel quale professa ancora di credere, ne porterà la pena; deve ricevere la punizione del suo peccato dalla mano dei suoi correligionari, i cui sentimenti ha oltraggiato. Gl’Israeliti non devono intervenire per salvarlo dalle conseguenze della sua colpa; poiché di un pagano che insulta il dio in cui crede non ci si può fidare in altri ambiti e pone un cattivo esempio agli altri che possono essere portati ad imitare il suo comportamento.5

C’è un punto di grande significato in questa legge, un punto che richiede particolare attenzione. Primo, bisogna notare che la mente moderna vede “bene” in tutte le religioni, apparentemente, mentre le nega in favore della mente autonoma dell’uomo. Per negare la cristianità e la sua verità esclusiva, la mente moderna professa di trovare del vero in tutte le religioni. La bibbia, però, non ha questa tolleranza nei confronti di una menzogna. Il Salmista ha riassunto la questione: “Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli, ma l’Eterno ha fatto i cieli” (Sl. 96:5). Tutte le altre religioni sono condannate nella bibbia, senza attenuanti. La mente moderna, mentre pienamente religiosa, non è religiosa istituzionalmente e può pertanto dare tolleranza sprezzante a tutte le religioni. Ma la mente moderna è politicamente religiosa, considera cioè l’ordinamento politico come il proprio ordine ultimo e religioso, e questo conduce ad una seconda osservazione, e cioè che l’intolleranza politica è basilare alla mente moderna ed essa nega la validità di qualsiasi ordinamento altro da quello dello stato dei propri sogni, e di ogni legge ed ordine alieni alla propria volontà e al proprio sfizio, perché considera tutti questi ordinamenti come spaventose menzogne. La bibbia, d’altro canto, estende una limitata tolleranza ad altri ordinamenti sociali. Il solo vero ordinamento si trova nella legge biblica. Ogni legge è di natura religiosa, ed ogni ordinamento giuridico non biblico rappresenta una religione anti- cristiana. Ma la chiave per porre rimedio alla situazione non è la rivoluzione, né alcun tipo di resistenza che intenda sovvertire legge ed ordine. Il Nuovo Testamento abbonda di avvertimenti contro la disobbedienza e chiama alla pace. La chiave è la rigenerazione, la propagazione del vangelo, e la conversione di uomini e nazioni alla parola-legge di Dio. Nel frattempo, l’ordinamento giuridico esistente deve essere rispettato, e gli ordinamenti giuridici contigui devono essere rispettati per quanto possibile senza offendere la fede di alcuno. L’ordinamento giuridico pagano rappresenta la fede e la religione del popolo, è meglio che l’anarchia e di fatto provvede una struttura per l’esistenza donata da Dio sotto la quale l’opera di Dio può essere fatta avanzare. La prospettiva moderna conduce a rivoluzionaria intolleranza : o un ordinamento mondiale nei termini di un sogno, o “guerra perpetua per pace perpetua.”

L’abuso del giuramento era considerato cosa talmente seria, che per una persona essere testimone di tale giuramento, o di un giuramento di fare il male espresso in qualsiasi luogo, e non agire, richiedeva un’offerta di espiazione per la trasgressione (Le. 5:1-7).

Proverbi 29:24 nella versione Berkeley dice: “Chi si fa socio di un ladro odia se stesso; egli ha udito il giuramento (la maledizione pronunciata sul ladro) ma non denuncia nulla.” Delitzsch ha commentato:

Il giuramento è, secondo Levitico 5:1, quello del giudice che ha fatto giurare il socio del ladro di dire la verità; ma costui la tiene celata, e aggrava la sua anima con un reato degno di morte, perché da omertoso diventa in aggiunta uno spergiuro.6

Il falso giuramento è ancor più serio dell’atto di rubare, o perfino dell’uccidere. Il furto deruba un solo uomo e l’omicidio toglie la vita di un singolo uomo, o forse di un gruppo d’uomini, ma un giuramento falso è un assalto alla vita di un’intera società. Il fatto che la sua serietà sia trattata con leggerezza è un buon barometro della degenerazione della società. Il pio odio verso lo spergiuro è chiaramente riflesso nel Salmo 109:17-19. L’uso triviale del giuramento fu proibito da Cristo in Matteo 5: 33-37, le cui parole avevano un riferimento parziale a Numeri 30:7. Giurare il falso era già proibito nella legge; Cristo ha reso chiaro che il giuramento non doveva essere usato per scopi privati fatta eccezione per quelle occasioni serie che l’uso legittimo permetteva. Il ricorso banale al giuramento per dar valore alla propria parola, per quanto vera, è proibito.

Il modo di comunicare dell’uomo pio è “sì, sì” e “no, no”, è onesto e diretto (Mt. 5:37). L’uomo pio giura e testimonia onestamente a proprio detrimento, e non cambia la propria testimonianza per favorire i propri interessi. (Sl. 15:7). Essendo sotto Dio, la parola dell’uomo pio è in un certo senso sempre sotto giuramento. Come Ingram ha osservato: “È significativo che sotto alcuni sistemi cristiani europei, una volontaria violazione di una formula promissoria è trattata come spergiuro.”7

Ingram ha giustamente sottolineato la relazione dell’eresia a questo comandamento. Membri ed ecclesiastici che neghino i loro giuramenti o voti battesimali e di ordinazione per affermare eresie stanno violando i loro giuramenti. In più, l’eretico: “In tutto l’orrore del rabbioso orgoglio … dichiara: ‘ritengo giusto per me essere nell’errore.’”8
Oggigiorno, in molti paesi e in alcuni stati americani, il nome di Dio è tolto dal giuramento di assunzione della carica e dal giuramento dei testimoni della cerimonia. Questo significa che quando un uomo ha assunto una carica mediante giuramento, non è obbligato da Dio ad adempiere i requisiti costituzionali della carica assunta o della legge; l’uomo giura solennemente per sé stesso; se gli sembra adeguato alterare la legge, se considera le proprie idee superiori, allora può muoversi per circonvenire la legge. I cambiamenti maggiori nella costituzione Americana sono avvenuti durante un periodo di tempo nel quale non è stato apportato nessun cambiamento fondamentale alla costituzione stessa. La ragione si trova nel fatto che la lettera e lo spirito della legge hanno oggi un significato molto piccolo se paragonato alla volontà politica di uomini e partiti.

Se a un testimone è richiesto di giurare, di dire la verità e nient’altro che la verità senza alcun riferimento a Dio, la verità a quel punto può essere ed è comunemente ridefinita nei termini del testimone stesso. Il giuramento nel nome di Dio è “il legale riconoscimento di Dio”9 come scaturigine di tutte le cose e il solo vero fondamento di ogni essere. Colloca e stabilisce lo stato sotto Dio e sotto la sua legge. La rimozione di Dio dai giuramenti, e il triviale e disonesto uso degli stessi, è una dichiarazione d’indipendenza da lui, ed è guerra contro Dio nel nome dei nuovi dèi, l’uomo apostata e il suo stato totalitario.
Il giuramento americano moderno, che omette ogni riferimento a Dio, è collocato nel contesto di una filosofia pragmatica, una fede insegnata nelle scuole e sostenuta dallo stato e dai governi federali. La verità nei termini del pragmatismo è ciò che funziona. La conseguenza non può che essere rivoluzione anarchica. Significa non solo guerra contro Dio ma guerra da parte di ogni uomo contro il suo prossimo.

Note:

1 Ingram: World Under God’s Law, p. 46
2 Ibid., p. 44.
3 ibid., p. 44.
4 C. D. Ginsburg: “Leviticus” in Ellicott. I, 451. 5 Ibid., I, p. 451 s.

6 Franz Delitzsch, Biblical Commentary on the Proverbs of Salomon; Grand Rapids: Eerdmans, 1950, II, p. 257s.

7 Ingram, World Under God’s Law, p. 44. 8 Ibid., p. 45.
9 Ibid., p. 46.

4. GIURAMENTO E ADORAZIONE

Calvino, in un’analisi molto percettiva del terzo comandamento, richiamò l’attenzione alla correlazione tra giurare e adorare. Egli osservò:

Noi vedremo presto che giurare per il nome di Dio è una specie o porzione dell’adorazione religiosa, e questo è manifesto anche dalle parole di Isaia (45:23), perché quand’egli predice che tutte le nazioni si dedicheranno alla pura religione, parla in questo modo: “Ho giurato per me stesso: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua giurerà per me.”1

Il verso di Isaia citato per intero dice “Ho giurato per me stesso, dalla mia bocca è uscita una parola di giustizia, e non sarà revocata: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua giurerà per me.” Dio dichiara che la storia culminerà in un’universale adorazione di Dio, e che il giuramento pio è il fondamento di ogni società. Il commento di Alexander evidenzia il significato chiaramente:

L’inginocchiarsi e il giurare nell’ultima frase sono atti d’omaggio, fedeltà, o vassallaggio, che generalmente erano correlati (1 Re 19:18), e coinvolgevano un solenne riconoscimento della sovranità di colui al quale erano rivolti … Questo testo è applicato due volte a Gesù Cristo da Paolo (Ro. 14:11; Fi. 2:10), a prova della sua sovranità regale e giudiziaria. Non predice necessariamente che tutti saranno convertiti a lui, visto che i termini sono tali da includere sia la sottomissione volontaria che quella forzata, e tuttavia in uno di questi due modi, tutti, senza eccezioni, lo riconosceranno come loro legittimo sovrano.2

L’interpretazione di Alexander restituisce la prospettiva fondamentale della legge: Dio è l’assoluto, sovrano signore e re su tutti, e il solo creatore, sostenitore e salvatore dell’uomo. Adorarlo in verità richiede una totale sottomissione a lui non solo per quanto concerne la salvezza ma per quanto concerne anche tutte le altre cose. Dio solamente è il Signore della chiesa, dello stato, della scuola, della casa e di ogni altra sfera o area di tutta la creazione. Di conseguenza, come ha notato Calvino, giurare per il nome di Dio è veramente “Una specie o porzione dell’adorazione religiosa.”

Commentando ulteriormente sul significato di usare il nome di Dio invano, Calvino ha notato:

È sciocco e puerile restringere il comandamento al nome Jehovah, come se la maestà di Dio fosse confinata a lettere e a sillabe; ma, mentre la sua essenza è invisibile, il suo nome ci è posto davanti come un’immagine, nella misura in cui Dio si manifesta a noi e si fa distintamente conoscere a noi mediante i suoi segni, proprio come lo sono gli uomini ciascuno con il proprio nome. Su questa base Cristo insegna che il nome di Dio comprende cieli, terra, tempio, altare (Mt. 5:35) perché la sua gloria è cospicua in essi. Di conseguenza, il nome di Dio è profanato ogni qual volta si detragga qualcosa dalle sue suprema sapienza, potenza infinita, giustizia, verità, clemenza e rettitudine. Se si preferisca una definizione più breve, diciamo che il suo nome è ciò che Paolo chiama … “ciò che si può conoscere” di Lui (Ro. 1:19).3

Il nome del Signore è pertanto usato invano ogni qual volta e in qualsiasi luogo l’uomo tratti con leggerezza e in modo profano il fatto che la sovranità di Dio cinge l’intera realtà. L’uomo non osi prendere alla leggera la sovranità di Dio né il proprio obbligo di dire sempre la verità in ogni sfera di vita normale.

La stretta correlazione tra questo comandamento e il nono è evidente. Calvino ha osservato:

Dio condannerà di nuovo lo spergiuro nel Quinto Comandamento della Seconda Tavola, cioè nel momento in cui sia un’offesa alla carità e la violi danneggiando il nostro prossimo. Lo scopo e l’oggetto di questo Comandamento è diverso, ad esempio: che l’onore di Dio sia immacolato; che parliamo di lui solo religiosamente; che la sua dovuta venerazione sia mantenuta in mezzo a noi.4

Se giurare e adorare sono così strettamente connessi, e se scherzare e usare in modo falso il “nome” di Dio, la sua sapienza, potenza, giustizia, verità, misericordia, e giustizia costituisce bestemmia, allora dobbiamo considerare la maggior parte della predicazione contemporanea completamente blasfema. È comico notare che alcuni ecclesiatici considerano l’espressione, originariamente Inglese: “I don’t care a dam” (non me ne frega un accidenti, o, non darei un centesimo, o non vale un acca) come parlare profano ma non si accorgano di quanto profano sia il loro predicare.

Ora, è necessario dire chiaramente che la maggior parte della predicazione oggi non vale un’acca, non vale nulla. Ma peggio ancora, è blasfema per il fatto che o da un lato nega la fede o la dall’altro la riduce a dimensioni insignificanti. Molta predicazione, è forse pia nelle intenzioni, è blasfema nella sua esecuzione.

Quando l’uomo cadde, quando la maledizione fu imposta sul genere umano, fu perché l’uomo aveva ceduto alla tentazione satanica di essere il proprio dio (Ge. 3:5). L’uomo separò se stesso da Dio e dal nome di Dio per definire la realtà nei termini dell’uomo e nel nome dell’uomo. Quando gli uomini ricominciarono a invocare il nome del Signore (Ge. 4:26), essi guardarono a Dio come signore e creatore oltre che come salvatore. Essi nominarono il nome di Dio non invano ma in verità; riconobbero Dio come loro unico salvatore, legislatore e speranza. Nella misura in cui invocarono realmente il nome del Signore, nella misura in cui collocarono tutta la vita sotto il dominio di Dio, in quella misura furono sottratti dalla maledizione e posti sotto benedizione.

Nominare il nome di Dio in verità significa pertanto fondare la nostra vita e le nostre azioni, i nostri pensieri e le nostre proprietà e ogni sfera di legge della vita fermamente e completamente su Dio e la sua parola-legge.

Nominare il nome di Dio invano è negare il solo vero Dio nella realtà; è una vuota professione quando la nostra vita con le sue azioni e spesso ogni pensiero, possessione, e ogni sfera di legge è alienata da Dio o in modo blasfemo ascritta a noi stessi.

In questo modo, come Oehler ha osservato: “Lo spergiuro non concerne il trasgressore solamente, ma la sua intera razza.”5 Trasporta l’uomo e la sua società dal mondo della benedizione al mondo della maledizione.

Il vero giurare è perciò vera adorazione: ascrive a Dio la gloria dovuta al suo nome.

Solo quando si cominci a comprendere la relazione esistente tra il giuramento e le fondamenta della società, la rivoluzione e la religione, si può cominciare a comprendere l’antico orrore nei confronti della blasfemia. L’orrore espresso dal sommo sacerdote alle parole di Gesù, quando accusò Gesù di bestemmia (Mt. 26:65), sarà state ipocrita ma ciò nonostante riflette lo scandalo che gli uomini normalmente sentivano. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quest’orrore era ancora una realtà molto sentita in Giappone; ogni qual volta fosse stata pronunciata una parola di bestemmia nei confronti dello scintoismo, ciò costituiva un reato molto serio. Piuttosto correttamente, i giapponesi lo riconoscevano come tradimento, rivoluzione ed anarchia.

Poiché il senso del blasfemo e l’orrore per esso non ci sono più, sta ora cambiando anche il concetto di tradimento. È interessante esaminare il concetto di tradimento. Rebecca West ha dato un valido sommario del concetto storico:

Secondo tradizione e logica, lo stato dà protezione a tutti gli uomini entro i propri confini, e in cambio riceve la loro obbedienza alle sue leggi, e la cosa è reciproca. Quando gli uomini dentro i confini dello stato sono obbedienti alle sue leggi hanno diritto di reclamare la sua protezione. C’è una massima della legge, citata da Coke nel Sedicesimo secolo, che dice che: “La protezione attira fedeltà e la fedeltà attira protezione” (Protectio trahit subjectionem, et subjectio protectionem). Fu acclarato nel 1608, con riferimento al caso di Sherley, un francese che era venuto in Inghilterra e aveva partecipato ad una cospirazione contro il re e la regina, che tale uomo “Doveva obbedienza al re, e questo, fintanto che si trovasse sotto la protezione del re.”6

Ma in un’epoca nella quale gli uomini negano Dio e la sua sovranità, il mondo è lacerato tra due pretendenti l’autorità di Dio in conflitto tra loro: da un lato lo stato totalitario, dall’altro l’individuo anarchico totalitario. Lo stato totalitario non permette alcun dissenso, e l’individuo anarchico non ammette la possibilità di alcuna fedeltà fuori da se stesso. Quando tutto il mondo è nero il concetto di nero non è possibile poiché non esiste differenziazione. Tutto essendo nero non rimane alcun principio di definizione o descrizione. Quando tutto il mondo è nella blasfemia è impossibile definire la blasfemia: tutto è uguale. Mentre il mondo sta andando verso la blasfemia totale la sua capacità di definire e di riconoscere qualsiasi cosa diminuisce. Di qui la necessità e la salute del giudizio, il quale, come una catarsi, restituisce al mondo prospettiva e definizione.

La premessa basilare della legge e della società oggi è il relativismo. Il relativismo riduce tutte le cose a un colore comune, a un grigio comune. Come risultato non c’è più alcuna definizione per tradimento o per reato. Il criminale è protetto per legge perché la legge non riconosce alcuno criminale visto che la legge moderna nega l’assolutezza della giustizia che definisce il bene e il male. Ciò che non può essere definito non può essere delimitato o protetto. Una definizione è un recinto e una protezione attorno ad un oggetto: lo separa da tutto ciò che è altro e protegge la sua identità. Una legge assoluta espressa da un Dio assoluto separa il bene dal male e protegge il bene. Quando quella legge è negata e s’insedia il relativismo non esiste più alcun valido principio di differenziazione e identificazione. Cosa necessita protezione da chi, quando tutto il mondo è uguale e lo stesso? Quando tutto il mondo è acqua non c’è più una sponda da custodire. Quando tutta la realtà è morte non c’è più non c’è più vita da proteggere. Poiché i tribunali sono sempre più incapaci di definire alcunché a causa del loro relativismo, sono sempre più incapaci di proteggere il giusto e il ligio alla legge in un mondo in cui il crimine non può essere definito appropriatamente. Per Emile Durkheim, il criminale potrebbe essere e spesso è un pioniere evoluzionistico, che traccia la prossima direzione della società.7 Nei termini della sociologia relativista di Durkheim, il criminale potrebbe essere persona di maggior valore del cittadino ligio alla legge i cui interessi saranno conservativi o reazionari.

La società relativista è effettivamente una “società aperta”, aperta ad ogni male e a nessun bene. Poiché la società relativista è per definizione al di la del bene e del male non può offrire ai propri cittadini alcuna protezione dal male. Invece, la società relativista cercherà di proteggere la sua gente da quelli che cercano di ristabilire una definizione del bene del male nei termini della Scrittura.

Quando il Presidente della corte suprema degli Stati Uniti Frederick Moore Vinson affermò, dopo la Seconda Guerra Mondiale: “Nella società moderna nulla è più certo del principio che non esistono assoluti,” egli rese evidente che, davanti alla legge, ciò ch’è chiaramente malvagio debba avere statuto nei termini della legge assoluta di Dio. “Il principio che non esistono assoluti” posto sul trono come legge significa guerra contro gli assolti biblici. Significa che il vessillo della legge è il criterio dell’Illuminismo: Ecrasez L’infame, “La vergogna e l’infamia della cristianità devono essere cancellati”. In questi termini Voltaire accolse l’affezionato saluto di Diderot che lo descrisse come il suo “Sublime, onorevole, e caro Anti-Cristo”. Voltaire aveva fatto proprio il principio che “Ogni uomo sensibile, ogni uomo onorabile, deve impugnare la setta cristiana con orrore.”8 Voltaire parlò solamente, i tribunali moderni invece agiscono secondo questa fede. La conclusione di questo corso può essere solamente il regno del terrore magnificato. Possiamo dire solamente, assieme all’osservatore ebreo d’un tempo: “Quelli che temono il Signore prepareranno il loro cuore e umilieranno la loro anima davanti a lui, dicendo: Noi cadremo nelle mani del Signore e non nelle mani degli uomini, poiché quale è la sua maestà, tale è anche la sua misericordia” (Ecclesiastico. 2: 17, 18).

Note:

1 Giovanni Calvino: Commentaries on the Four Last Books of Moses, II, 408.
2 Joseph Addison Alexander: Commentary on the Prophecies of Isaiah; Grand Rapids: Zondervan, p. 188.
3 Calvino: Op. Cit., II, 408s.
4 Ibid., II, 409.
5 Oehler: Theology of the Old Testament, p. 250.
6 Rebecca West: The New Meaning of Treason; New York: The Viking Press, 1964, p. 12s.

7 Emile Durkheim, “On the Normality of Crime” nel suo: The Rules of Sociological Method, in Talcott Parsons, Edwrd Shils, Kaspar D. Nargele, Jesse R. Pitts, editori: Theories of Society; New York: Free Press of Glencoe, 1961, II, 872-875.

8 Peter Gay: The Enlightenment, An Interpretation. The Rise of Modern Paganism; New York: Knopf, 1967, p. 391.

5. IL GIURAMENTO E L’AUTORITÀ

Un caso di diritto giurisprudenziale che è già stato citato merita particolare attenzione: Esodo 21.17: “Chi maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte.” Quest’affermazione è una delle tre in Esodo 21: 15-17 che segue la richiesta di Esodo 21. 12-14 di morte per l’omicidio. Sono perciò unite, in un senso con l’omicidio. Primo, “Chi percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte” (Es. 21:15). Secondo, “Chi rapisce un uomo e lo vende, o è trovato nelle sue mani, sarà messo a morte” (Es. 21:16). Rapire e forzare in schiavitù sono punibili con la morte. La legge biblica riconosce la schiavitù volontaria, perché ci sono uomini che preferiscono la sicurezza alla libertà, ma proibisce severamente il servaggio involontario eccetto che come punizione. Terzo, la legge contro il maledire i genitori, già citata, è citata anche come paragonabile all’omicidio. Il commentario di Rawlinson è sul punto:

Con l’omicidio sono congiunti altri crimini, considerati essere caratterizzati dall’odio, e fatti punibili con la morte: vale a dire (1) colpire un genitore; (2) rapire; e (3) maledire un genitore. Il fatto che questi crimini seguano immediatamente quello d’omicidio, e la loro punibilità con la stessa pena, segnala con forza che Dio li aborrisce. Il genitore è visto come il rappresentante di Dio, e colpirlo è insultare la persona di Dio. Maledire il genitore implica, se possibile, una maggior mancanza di riverenza; e, poiché le maledizioni possono diventare effettive in quanto si appellano a Dio, è un tentativo di coscrivere Dio dalla nostra parte contro il suo rappresentante. Rapire è un crimine contro la persona solo di poco inferiore all’omicidio poiché è privare un uomo di ciò che da alla vita il suo valore primario — la libertà.1

Leggi affini compaiono anche in altre culture antiche. Così, un’antica legge babilonese dichiarava: “Se un figlio ha colpito suo padre, gli sarà tagliata la mano.”2 L’autorità della società intera era in pericolo con ogni aggressione all’autorità genitoriale o qualsiasi altra autorità. Esodo 21: 15-17 fu adottato molto presto nelle leggi del Massachusetts; non sono registrate pene di morte ma parecchi casi prima del 1650 registrano severe frustate inflitte dai tribunali a figli ribelli e a figli che avevano colpito un genitore.3

Sia il giuramento o maledizione, che la resistenza fisica, sono questioni importanti. Il giuramento, o maledizione, è un appello a Dio a prendere posizione con noi per la giustizia e contro il male. Similmente, la resistenza fisica, che sia nella forma di combattimento in guerra o di resistenza personale ad un attacco omicida o ad un tentativo di sopraffarci da parte di uomini malvagi, è una presa di posizione pia e in nessun modo sbagliata. In un mondo malvagio tale resistenza è spesso necessaria, è una spiacevole e orribile necessità, ma non è una malvagità. Davide poteva ringraziare Dio per avergli insegnato a guerreggiare con successo (II Sam. 22: 35; Sal. 18: 34; 144: 1). In un mondo malvagio Dio richiede all’uomo di prendere posizione nei termini della sua parola e legge.

A questo punto, molti citeranno Matteo 5: 39 “Non resistere al malvagio.” Il punto fatto dal Signore in questo passo (Mt. 5: 38-42) fa riferimento ad una potenza straniera che governa il paese e può “costringere” l’uomo mediante arruolamento forzato a servire le forze imperiali romane per un miglio o più, confiscare proprietà, obbligare a prestiti e genericamente coscrivere proprietà, denaro e manodopera per le proprie necessità. In tale caso la resistenza è futile e sbagliata e la cooperazione, fare il secondo miglio, produce maggiormente il bene. Il commento di Ellicott su Matteo 5: 41 è sul punto:

La parola greca implica la speciale compulsione di servizio forzato come corriere o messaggero sotto il Governo, ed era stato importato del sistema postale Persiano, organizzato col piano di utilizzare uomini in questo modo indirizzati a trasmettere dispacci governativi da tappa a tappa. (Herod. viii, 98). L’utilizzo dell’illustrazione qui sembrerebbe implicare l’adozione dello stesso sistema da parte del governo romano sotto l’impero. Soldati romani e i loro cavalli venivano posteggiati presso proprietari Giudei di fattorie. Altri erano coscritti per servizi di maggiore o minore durata.4

Le parole di Cristo furono perciò un monito contro la resistenza rivoluzionaria. Il suo ammonimento fu ripetuto da San Paolo in Romani 13: 1-2, con l’avvertimento che resistere all’autorità debitamente costituita è resistere all’ordinamento di Dio. Allo stesso tempo, dobbiamo notare che “Pietro e gli altri apostoli” quando le autorità proibirono loro di predicare, dichiararono: “Noi dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5:29).

Non c’è discrepanza tra queste posizioni. Il rispetto per le autorità debitamente costituite è richiesto sia come dovere religioso che come regola pragmatica. Il mondo non viene migliorato da disobbedienza ed anarchia; uomini malvagi non possono produrre una società buona. La chiave al rinnovamento sociale è la rigenerazione individuale. Tutte le autorità devono essere obbedite: genitori, mariti, padroni, governanti, pastori, obbedienza sempre sottoposta alla prioritaria obbedienza a Dio. Ogni obbedienza è sotto Dio in quanto è richiesta dalla sua parola. Pertanto, primo, il popolo pattizio non può violare nessuna delle autorità debitamente costituite senza usare il nome di Dio invano. La disobbedienza a qualsiasi livello costituisce disobbedienza a Dio. Secondo, colpire un genitore, o assalire un poliziotto, o qual che sia debita autorità, è perciò contemporaneamente un’aggressione all’autorità di Dio e tale è pure usare il diritto all’autodifesa per un’aggressione nei confronti dell’autorità. Terzo, maledire un genitore è un tentativo di collocare Dio dalla parte della ribellione contro l’autorità centrale di Dio: il genitore, e l’istituzione centrale di Dio: la famiglia. Nell’omicidio un uomo assale e prende la vita di un individuo o di diversi individui. In ogni aggressione anarchica dell’autorità, l’assalitore attacca la vita di un’intera società e l’autorità stessa di Dio.

La scusa per tale aggressione è la coscienza. L’autonoma ed assoluta autorità della coscienza è stata progressivamente affermata a partire dall’Illuminismo, e specialmente col sorgere del Romanticismo. Negli Stati Uniti, il nome di Thoreau è il primo a venire in mente come esempio di Anarchismo Romantico. Coscienza significa responsabilità in riferimento a ciò ch’è giusto e ciò ch’è sbagliato, coscienza implica creaturalità e soggezione. La coscienza deve essere sotto autorità o cessa di essere coscienza e diviene un dio. Il desiderio umanistico di vivere al di là del bene e del male è in realtà un desiderio di vivere al di là della responsabilità e al di là della coscienza. Dietro la facciata della coscienza è lanciato un attacco contro la coscienza e l’autorità.

L’appello alla coscienza dei rivoluzionari anarchici è chiaramente una menzogna e una frode. Coscienza nella filosofia e umore moderni è semplicemente un termine per i nostri propri desideri posti sul trono come legge. In questa maniera, James Joyce, in A Portrait of the Artist as a Young Man, fa dire a Stephen Dedalus: “ Benvenuta, O vita! Io vado ad incontrare per la milionesima volta la realtà dell’esperienza e a forgiare nella fucina dell’anima mia l’increata coscienza della mia razza.” Per quelli sotto l’influenza di Freud, la coscienza, o super ego è semplicemente le autorità esterne: genitori, religione, stato e scuole, interiorizzate. Il super ego è il successore e rappresentante dei genitori e delle altre autorità; per Freud, il super ego è il nemico dell’io, il principio del piacere e della voglia di vivere, e deve pertanto essere spezzato. All’io e all’ego non si può sfuggire, ma il super ego, in quanto immediato prodotto sociale può essere spezzato nel suo potere sull’uomo. Nonostante le variazioni, il concetto di coscienza di Freud è il concetto dell’uomo moderno. La coscienza non ha statuto nel pensiero moderno, ed è attualmente in discredito, eccetto quando è utile come appello contro la legge. La coscienza dell’uomo moderno è una studiata ribellione contro coscienza e autorità come simboli di oppressione e tirannia.

La vera coscienza è sotto autorità, pia autorità. La vera coscienza è governata dalla Scrittura e non si erge ad arbitro sopra Dio e la sua parola, o come voce di Dio e in se stessa una rivelazione speciale. La vera coscienza si sottomette all’autorità di Dio: è in ogni momento sotto Dio, mai in sé e per sé un dio e signore. Nel 1788 il Sinodo Presbiteriano di New York e di Filadelfia dichiarò nei suoi “Principi Preliminari” a “La Forma di Governo” che

“Dio solo è il Signore della coscienza; e l’ha lasciata libera dalle dottrine e comandamenti dell’uomo che siano in qualche cosa contrari alla sua parola, o al suo fianco in questioni di fede o culto.” La dichiarazione pertanto difese il diritto di giudizio privato. Lo scopo fu di liberare l’uomo da richieste arbitrarie dello stato e dell’uomo nei termini dell’assoluta autorità di Dio sulla coscienza. Il concetto umanistico di coscienza, negando la signoria di Dio, rende inevitabile la tirannia dell’uomo. L’umanesimo fa della coscienza di ogni uomo un signore assoluto; gli studenti rivoltosi degli Anni 60 e 70, i rivoluzionari anarchici, i protestatari dei “diritti civili”, tutti reclamano il diritto per “coscienza” di distruggere legge ed ordine e di rovesciare la società.

La pena di morte di Esodo 21: 15-17 rende chiaro che nessun male può diventare una scusa per ulteriore male. La famiglia, in quanto ordine principale di legge di Dio, anche quando i genitori siano particolarmente malvagi, non può essere attaccata da un figlio. Al figlio non è richiesto che obbedisca i genitori facendo il male; al figlio non è richiesto che chiami il male, bene. Ma l’onore deve essere corrisposto a chi è dovuto (Ro. 13:7), e l’onore è dovuto ai genitori.

Questo significa che, mentre l’uomo deve operare per far avanzare la giustizia, c’è un limite all’estensione del suo diritto di combattere contro il male. La Scrittura enfatizza che la vendetta appartiene a Dio (De. 32:35; Sal. 94:1; Eb. 10: 30; Ro. 12: 19). San Paolo dichiara chiaramente: “Non fate le vostre vendette, cari miei, ma lasciate posto all’ira di Dio, perché sta scritto: «A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore»” (Ro. 12:19).

Esistono due legittime forme di giustizia pia: Primo, l’assoluta e perfetta giustizia di Dio amministra la totale e perfetta giustizia. La storia culmina col trionfo di Cristo, e l’eternità sistema tutti i conti. Secondo, le autorità ordinate da Dio: genitori, pastori, autorità civili, ed altre, hanno il dovere di esercitare la giustizia e la vendetta di Dio. In quanto essi stessi peccatori, non possono mai farlo perfettamente, ma la giustizia imperfetta può ancora essere giustizia. Un giorno nuvoloso non può essere chiamato mezzanotte; una giustizia imperfetta non è ingiustizia.

Un uomo pio non si aspetta giustizia e soddisfazione perfette e, a volte, riconosce di non potersela aspettare affatto dagli uomini. La bibbia ci offre casi di soddisfazione, di riparazione di antichi trattamenti ingiusti, ma tale cosa non avvenne per Giuseppe in relazione a Potifarre. Giuseppe finì in prigione per un tentativo di violenza carnale; fu tratto dalla prigione e gli fu dato grande potere. Il suo passato fu irrilevante per il faraone. Senza dubbio, fino alla sua morte critici malvagi sussurrarono alle sue spalle che Giuseppe era un ex galeotto, colpevole di un tentativo di violenza, ma l’esercizio del potere da parte di Giuseppe fu pio. Dove aveva importanza, come coi suoi fratelli, esercitò una vendetta designata a mettere alla prova il loro carattere.

Punire Potifarre o sua moglie non avrebbe prodotto nulla, e nessuna punizione avrebbe potuto essere più terrificante per quella coppia che il sapere che il loro ex schiavo era ora la potenza più grande in Egitto dopo faraone. Dio fu il vendicatore di Giuseppe.

Per un uomo, sognare di amministrare una giustizia perfetta, producendo soddisfazione in tutte le cose e raddrizzando i conti su tutti i punti, è assumere il ruolo di vendicatore che giustamente appartiene solo a Dio. Ammonta ad entrare a far parte delle stesse forze del male. Mentre tale presunzione si riveste del nome del Signore, coinvolge invece la blasfemia. “E colui che maledice suo padre o sua madre sarà certamente messo a morte” (Es. 21: 17).


1 George Rawlinson: “Exodous” in Ellicott, I, 267.

2 H. W. F. Saggs: Everyday Life in Babylonia and Assyria (New York: G.P. Putnam’s Sons, 1965), p. 143. Si veda anche James B. Pritchard editore: Ancient Near Eastern Texts (Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1955), p. 175.

3 George Lee haskins: Law and Authority in Early Massachusetts (New York: Macmillan, 1960), p. 81.

4 Ellicott, VI, p.30.

6. IL NOME DI DIO

 

Nel luglio del 1968, un uomo fu condannato, a Westminster, Maryland, con l’accusa che aveva “illegittimamente bestemmiato usando il nome di Dio invano in luogo pubblico.” L’uomo in questione fu arrestato per essersi azzuffato in Main Street e aver resistito l’arresto. La ragione della condanna fu significativa. La continua erosione della legge causata dall’interpretazione della Corte Suprema rese più difficile la condanna con l’accusa usuale. Il Magistrato Charles J. Simpson utilizzò la vecchia legge del 1723 perché “a volte un’oscura legge come questa è il solo modo che abbiamo per risolvere alcuni di questi problemi.”1

Il dilemma del giudice non sorprende. Sotto l’influenza della nuova dottrina dell’eguaglianza, il crimine è stato progressivamente eguagliato al bene, e perfino favorito. Walt Whitman, considerato da molti il più grande poeta americano, affermò questo principio senza mezzi termini: “Ciò ch’è chiamato bene è perfetto e ciò ch’è chiamato male è altrettanto perfetto.”2 Quando bene e male sono fatti eguali, allora l’erosione della legge è ineludibile e inevitabile.

Ma non è sufficiente negare l’eguaglianza. La legge basata sulla premessa dell’eguaglianza semplicemente affermerà la supremazia tirannica di un gruppo elitario di uomini. La vera legge deve fondarsi sull’assoluto e solo vero Dio. Dio, in quanto Signore e Giudice assoluto è l’arbitro ultimo di tutte le cose e, in quanto determinatore dei destini degli uomini, la sua parola e il suo timore sono d’obbligo nella vita dei credenti. Di conseguenza, la dichiarazione giurata di un vero credente è sempre stata fondamentale per tutte le regole della prova. Un principio della legge canonica, che è sempre stato influente nei tribunali, è questo:

Un giuramento, fatto nel senso di strumento per giungere ad una prova giuridica, mentre preserva il suo proprio carattere individuale di invocazione del Nome Divino a testimonianza o garanzia di verità di una particolare dichiarazione, è il mezzo più potente ed efficace per ottenere prove e pervenire alla verità dei fatti di un caso, ed è necessario prima che un giudice possa emettere la sentenza.3

Questa stessa autorità definisce la blasfemia in questi termini:

Questo reato può assumere la forma di bestemmia eretica, cioè quella per la quale l’esistenza di Dio o i suoi attributi sono impugnati o negati; o di una semplice bestemmia o imprecazione, cioè oltraggiare o profanare il nome di Dio o dei santi.4

Entrambi gli aspetti di questa definizione sono già stati presi in considerazione. È importante ora trattare più specificamente col nome di Dio: “Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, perché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano.”

I nomi nella Scrittura sono rivelatori del carattere e della persona nominata. Il nome di un uomo cambiava quando cambiava il suo carattere. Come ha scritto Meredith:

Il terzo comandamento tratta il nome di Dio, la sua funzione, la sua posizione di grande sovrano GOVERNATORE dell’universo….

Nella bibbia i nomi di persona hanno un significato.

Ogni nome o titolo di Dio rivela qualche attributo del carattere Divino. Nello studio della parola di Dio impariamo nuovi fatti che concernono la natura e il carattere con ogni nuovo nome col quale Egli rivela se stesso. In altre parole, Dio nomina (definisce) da se stesso ciò che Egli è!

Se gli uomini usano il nome di Dio in un modo che neghi il vero significato e il carattere di Dio, stanno TRASGREDENDO il Terzo Comandamento.5

Non è solo il significato di nome dell’Antico, ma anche quello del Nuovo Testamento esprime il concetto di Meredith. Così, nel Nuovo Testamento in greco:

Con un utilizzo prettamente ebraista il nome è utilizzato per tutto ciò che il nome copre, tutto il pensiero o sentimento, ciò che sorge nella mente menzionando, udendo, ricordando, il nome, vale a dire il rango, autorità, interesse, piacere, comando, eccellenze, azioni, ecc. di una persona.6

Inoltre, come Meredith ha notato:

La parola qui resa con “innocente” potrebbe essere meglio tradotta con “puro” — “Il Signore non riterrà puro chi usa il suo nome invano.” L’esame della purezza spirituale è l’atteggiamento che un uomo ha verso il NOME di Dio! Una persona è pura o impura secondo come usa il nome di Dio in verità — o per vanità.7

Questa definizione del terzo comandamento fu espressa chiaramente dal teologo puritano Thomas Watson nei Ten Commandments, una continuazione dei suoi studi A Body of Divinity. Anche il Catechismo maggiore dell’Assemblea di Westminster ha espresso questo concetto con chiarezza:

D. 112. Cosa richiede il terzo comandamento?
R. Il terzo comandamento richiede che il nome di Dio, i suoi titoli, attributi, ordinanze, Parola, sacramenti, preghiera, giuramenti, voti, scelte, opere, e qualunque altra cosa vi sia attraverso la quale Egli si fa conoscere, sia usato in modo santo e riverente in pensieri, meditazione, parola e scritti; da una santa professione di fede e d un parlare responsabile, per la gloria di Dio e il bene di noi stessi e degli altri.
D. 113 Quali sono i peccati proibiti nel terzo comandamento?
R. I peccati proibiti nel terzo comandamento sono: (1) non fare uso del nome di Dio nel modo che è richiesto e ogni suo abuso in modo ignorante, vano, irriverente, profano, superstizioso, menzionandolo con cattiveria o altrimenti usando i suoi titoli, attributi, ordinanze ed opere con espressioni di bestemmia o ingiuriose; (2) ogni maledizione, giuramento, voti e sorteggi peccaminosi; (3) violare i nostri giuramenti e voti, se legittimi; oppure adempierli, se di cose illegittime, (4) lamentarsi, contestare, cercare di sondare e mal applicare, o in qualsiasi modo pervertire la Parola, o parte di essa, con gesti profani, domande inappropriate o indiscrete, vane speculazioni o sostenere false dottrine, (6) abusare delle creature, o di qualsiasi cosa contenga il nome di Dio, per incantesimi, desideri illeciti o pratiche peccaminose, (7) malignare, deridere, o furbescamente opporsi alla verità, grazia e vie di Dio; (8) fare professione di religiosità con ipocrisia o con fini sinistri; (9) vergognarsene o portarne vergogna comportandosi in modo non conforme, non saggio, infruttuoso ed offensivo, oppure rinnegandolo.

È evidente, dunque, che la blasfemia oggi è più comune dell’uso verace del nome di Dio. Il Dr. Willis Elliott della United Church of Christ ha detto: “Io considero demonica l’adesione all’infallibilità della Scrittura.”8 B. D. Olsen che asserisce di aderire all’infallibilità della Scrittura, avanza pretese di ricevere “visioni.”9 Entrambe le affermazioni sono blasfemie similari. Per citare ancora Meredith:

Dio dichiara, attraverso Isaia: “ Ascoltate questo, o casa di Giacobbe, voi che siete chiamati col nome d’Israele, e che siete usciti dalle sorgenti di Giuda, voi che giurate per il nome dell’Eterno e menzionate il DIO d’Israele, ma non in verità e giustizia” (Isa. 48: 1). La gente cui questa profezia ha attinenza usa il nome di Dio, ma manca di obbedire la rivelazione di Dio contenuta nel suo nome.10

Nella Scrittura compaiono molti titoli per Dio; questi sono rivelatori di aspetti della sua natura. Il suo nome, però, è dato come Jehovah o Yahweh (la vera composizione delle vocali è sconosciuta), e significa: Colui che è, l’Uno auto- esistente, Io sono Colui che sono. Questa è la rivelazione di Dio contenuta nel suo nome.

Dio è pertanto il principio di definizione, di legge e di tutte le cose. Egli è la premessa di ogni pensare e la necessaria presupposizione per ogni sfera del pensiero. È perciò blasfemo cercare di “provare” Dio; Dio è la necessaria presupposizione di ogni prova. Fondare qualsiasi sfera di pensiero, vita, azione, o qualsiasi sfera dell’essere su qualsiasi cosa altra dal Dio trino è pertanto una bestemmia. L’educazione senza Dio come sua premessa, una legge che non presupponga Dio e non si fondi sulla sua legge, un ordinamento civile che non derivi la propria autorità da Dio, o una famiglia le cui fondamenta non siano la Parola di Dio, sono blasfeme.

 

1 “In Jail for Blasfemy, but lucky?” In prigione per blasfemia, ma fortunato?, Los Angeles Herald Examiner, giovedì, 18 Luglio, 1968, p. A-14

2 Ciatato da William James, in F. O. Matthiesen: The James family, a Group Biography; New York: Knopf [1974], 1961, p. 496.

3 Fernando Della Rocca: Manual of Canon Law, traduzione del Rev. Anselm Thatcher, O.S.B. , Milwaukee: Bruce, 1969; p. 396 s.

4 Ibid.,p. 586.
5 Roderick C. Meredith: The Ten Commandments; Pasadena, Calif.: Ambassador College, 1960, p. 19

6 Joseph Henry Thayer: A Greek-English Lexicon of the New Testament; New York: Harper & Brothers, 1889, p. 447.

7 Meredith: Op. Cit., p. 19 s.
8 “COCU ‘Unifying’” in The Presbyterian Journal, vol. XXVI, n° 9, 28 giugno, 1967, p. 9.

9 B. D. Olsen: Divers Seeds and the Kingdom; Richmond, Calif.: The Triumph of God Publishing Co., c. 1967.

10 Meredith: Op. Cit., p. 19.