Oltre ogni limite! (Osea 4:1-6)

Domenica 14 Aprile 2024 – Terza domenica di Pasqua

(Culto completo con predicazione, 58′ 05″)

(Solo predicazione, 29′ 56″)

Esploratori 

L’ambizione di spingersi oltre ogni limite, di arrivare “… là dove nessun uomo è mai giunto prima”, come diceva l’emblematica introduzione di ogni episodio della serie di fantascienza Star Trek, è considerata una nobile aspirazione dell’umanità, quella degli esploratori. In questa fiction, gli esploratori erano limitati dalla cosiddetta “Prima Direttiva” che imponeva loro di astenersi dall’interferire con lo sviluppo naturale e sociale delle civiltà primitive o in fase di sviluppo che incontravano durante le loro missioni, per preservare l’integrità culturale e lo sviluppo autonomo delle società aliene, evitando così di influenzarle con conoscenze o tecnologie avanzate che avrebbero potuto alterare il loro corso naturale. Nel mondo reale, però, gli esploratori non sono mai stati sottoposti ad un una direttiva del genere. Essi, infatti, come predoni, hanno sfruttato senza scrupoli i luoghi, le risorse e le popolazioni che trovavano, impadronendosene per proprio uso e consumo e magari con il pretesto ipocrita di portare loro “la civiltà” e “il progresso”. Le cose non sono tanto cambiate oggi dove prevale il neocolonialismo e il neoliberismo dei potentati nazionali e sovranazionali, detto anche “turbocapitalismo” rappresentando esso un sistema capitalista sempre più deregolamentato e privo di adeguati controlli, caratterizzato da una ricerca sfrenata del profitto a ogni costo.

Oltre ogni limite… Si potrebbe dire che l’esplorazione e la ricerca scientifica abbia spesso un’identica “mentalità da predoni” quando rifiuta di essere limitata, regolamentata essa stessa da restrizioni di carattere etico e morale, coltivando magari la fantasia di “perfezionare” l’umanità portandola a “nuovi livelli evolutivi” come nel caso del “transumanesimo”. Queste sì che sono disastrose fantasie, illusioni! Esse sono suscitate dall’umana hybris, cioè da quell’orgoglio che, derivato dalla falsa percezione della propria potenza o fortuna, si manifesta con l’atteggiamento di chi pretende avere un dominio sregolato e che manifesta ostinata sopravvalutazione delle proprie possibilità e capacità. Tale atteggiamento, infatti, non porta ad un progresso, ma a disumanizzazione e a distruzione. La stessa antica cultura greca che aveva coniato il termine hybris, già ammoniva come questo atteggiamento di malriposta fiducia in sé stessi sarebbe stato punito dagli dèi direttamente o indirettamente attraverso le sue inevitabili conseguenze negative, come pure attraverso la condanna dei tribunali terreni.

Il superamento di ogni limite sembra pure essere l’ambizione della politica, come vediamo oggi nella scena nazionale ed internazionale, dove non solo viene sempre meno ogni ritegno morale rispetto alla legge suprema stabilita da Dio, ma dove sempre più spesso si ignorano i vincoli, pur concordati, delle leggi umane, trasgredite senza scrupoli con i pretesti più vari. La convinzione di rimanere impunite conduce certe nazioni, quando si ritengono potenti, di potere bellamente ignorare quanto per esempio stabiliscono la loro Costituzione, l’ONU, gli accordi internazionali, o il diritto bellico, e quindi a commettere innumerevoli e palesi crimini.

Oltre ogni limite… L’ipocrisia o l’aperta e sfacciata sfida ad ogni giusta restrizione è oggi così all’ordine del giorno. Estende anche alla politica quella brutta affermazione per la quale “in guerra come in amore tutto è permesso”. Questo detto suggerisce che nei momenti di conflitto o passione, le regole morali possano essere accantonate e che individui e nazioni possano agire senza restrizioni. Questo implica che “in situazioni estreme” (ma l’emergenza stessa spesso è creata ad arte) i normali standard etici, per quanto sottoscritti, possano essere ignorati, giustificando così discutibili comportamenti immorali e comunque illegali dei diritti delle persone durante i conflitti o nelle relazioni amorose.

La denuncia di Osea 

L’Antico popolo di Israele era stato chiamato da Dio ad essere modello e testimonianza di nazione sottoposta e regolamentata, in ogni aspetto della sua vita, dalla Legge suprema di Dio. Un Patto con Dio lo sanciva chiaramente. Che cosa accade però quando tale nazione sviluppava una tale hybris da portarla a rompere ogni limite morale impostole e persino a giustificarlo? La Bibbia ne contiene numerosi esempi. Consideriamo oggi quanto troviamo nella forte denuncia del comportamento di Israele, denuncia che Dio aveva fatto per bocca del profeta Osea, e che non sarebbe stato per loro senza gravi conseguenze. Una sua espressione dice infatti pure che “rompeva ogni limite”.

“(1) Ascoltate la parola dell’Eterno, o figli d’Israele; poiché l’Eterno ha una contestazione con gli abitanti del paese, perché non c’è né verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese. (2) Si spergiura, si mente, si uccide, si ruba, si commette adulterio; si rompe ogni limite, si versa sangue su sangue. (3) Per questo il paese sarà in lutto, tutti quelli che lo abitano languiranno; con loro le bestie della campagna e gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare scompariranno. (4) Tuttavia, nessuno contesti, nessuno rimproveri! poiché il tuo popolo è come quelli che contendono con il sacerdote. (5) Perciò tu cadrai di giorno e anche il profeta cadrà con te di notte; e io distruggerò tua madre. (6) Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai rifiutato la conoscenza, anche io rifiuterò di averti come sacerdote; poiché tu hai dimenticato la legge del tuo Dio, anche io dimenticherò i tuoi figli” (Osea 4:1-6).

Il profeta Osea predicava nel regno del Nord Israele poco prima che la sua capitale, Samaria, fosse conquistata dagli Assiri nel 721 a.C. Israele come regno unitario con capitale Gerusalemme si era infatti diviso in due tronconi: Israele del Nord e Giuda, e questo dopo insanabili dispute fratricide, alla morte del re Salomone. Il regno del Nord avrebbe rapidamente compromesso e perduto, mondanizzandosi, la sua dignità di popolo di Dio. Nel tentativo di difendere la sua indipendenza, seguiva infatti una politica ambigua, passando dalla fedeltà all’Assiria a progetti di ribellione favoriti dall’Egitto che, anche se indebolito, era ancora il grande concorrente degli Assiri. Questa situazione politica poteva diventare pericolosa per la fede stessa di Israele, fondamentale per la sua stessa identità. Era continuamente tentato, infatti, di venerare altre divinità accanto al proprio Dio, di seguire principi di vita e concezioni del mondo aliene, sperando di raggiungere così una maggiore sicurezza sociale e anche un più facile sviluppo economico. Ma ne era derivata anche una forte tensione interna, con gravi disparità sociali. Il profeta Osea prevede le conseguenze negative di questa situazione: Israele sarà schiacciato irreparabilmente dall’esercito assiro, i suoi capi saranno deportati e gli scampati cercheranno rifugio in Egitto.

Le accuse di Dio contro Israele 

“L’Eterno ha una contestazione con gli abitanti del paese” (1a). “Contestazione” qui vuol dire “lite giudiziaria”. Dio porta Israele e Giuda in tribunale e intenta loro causa, li accusa di violazione del patto contratto con loro, il che farà cadere su di loro le inevitabili maledizioni conseguenti previste. Dio diventa per loro l’antagonista, e se Dio fa precise accuse chi mai potrebbe osare contraddirlo? Qual è l’accusa?  

“Non c’è né verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese” (1b). Dio non trova alcuno che faccia o dica la verità, non vi trova persone vere e fedeli, fedeli alla loro parola e promesse, persone degne di fiducia. L’uomo pio del Salmo 12 grida a Dio: “Salva, o Eterno, poiché l’uomo pio viene meno, e i fedeli vengono a mancare tra i figli degli uomini” (Salmo 12:1). Non c’è verità sia nelle espressioni della vita civile che nelle espressioni della vita religiosa – che sono diventate vuote formalità.

Non c’è misericordia né compassione per le persone povere e indigenti, nessun ufficio di umanità o atto di beneficenza esercitato nei loro confronti. I poveri diventavano sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi. Sovvenire alle necessità delle classi più disagiate e dei disabili per il Signore Dio è essenziale,  sono i più desiderabili dal Signore, sono da Lui preferiti rispetto a tutti i sacrifici cerimoniali che si potrebbero offrire, “Poiché io desidero la bontà e non i sacrifici, la conoscenza di Dio anziché gli olocausti” (Osea 6:6). Lo afferma pure il Nuovo Testamento: “La religione pura e immacolata davanti a Dio e Padre è questa: prendersi cura degli orfani e delle vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri dal mondo” (Giacomo 1:27).

Dio non trova in Israele “conoscenza di Dio”. Qui “conoscenza di Dio” si riferisce al riconoscimento della sua autorità e all’obbedienza effettiva alla sua volontà. Proprio nella terra d’Israele, dove Dio era conosciuto, dove era stato adorato, dove la sua parola era stata dispensata, i suoi profeti erano stati inviati, i suoi santi che conoscevano Lui, la sua mente e volontà, ed avevano precedentemente dimorato, ora era diventata una compagnia di atei, o almeno che vivevano come tali. Non avevano vera conoscenza spirituale salvifica di Dio e comunione con Lui; non avevano per Lui vero amore, né una santa riverenza nei suoi confronti. È fondamentalmente questa la fonte della malvagità da loro commessa ed espressa in seguito.

Non c’è comandamento di Dio, così, che essi non abbiano infranto: “Si spergiura, si mente, si uccide, si ruba, si commette adulterio; si rompe ogni limite, si versa sangue su sangue” (2). Mentire e uccidere rende loro più “figli del diavolo” che di Dio ed eredi di Abraamo (Giovanni 8:44). Mentire e uccidere può diventare, come ogni altro peccato, un vizio a cui ci si abitua e che, come la dipendenza da una droga o dall’alcool, se ne vuole sempre di più come un bisogno irrefrenabile e si trova modo di giustificarlo.

È allora che si va oltre ad ogni limite attraverso tutte le restrizioni delle leggi di Dio e dell’uomo, come un cavallo ribelle che spezza la briglia e fugge; o come bestie feroci, che abbattono i recinti e i recinti che li circondano, e scoppiano e fuggono; o come un torrente d’acqua, che rompe le sue dighe e gli argini, e trabocca i prati e le pianure; un simile diluvio e diluvio di peccati abbondavano nella nazione. Questo “uscire dagli argini” aveva coinvolto per Israele ogni aspetto della vita personale, sociale e nazionale, dalla negligenza della verità, agli abusi della sessualità, ai crimini di guerra: “si versa sangue su sangue” all’insegna de “il fine giustifica i mezzi”.

Le inevitabili conseguenze 

Inevitabili, quindi, sono le conseguenze dell’uscire fuori dai limiti “sanitari” che Dio ha posto. Esse sono chiamate “le maledizioni” che il Patto con Dio aveva messo per iscritto, “nero su bianco” fin dall’inizio. Nessuna sorpresa.

Per questo il paese sarà in lutto, tutti quelli che lo abitano languiranno; con loro le bestie della campagna e gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare scompariranno” (3). Calamità cadranno sui trasgressori. Israele sarà invaso dai suoi nemici, eserciti stranieri ai quali non riusciranno ad opporre resistenza, predatori senza scrupoli lo devasteranno. Nulla sarà risparmiato: coltivazioni e vigne saranno divorati e calpestati. Tutti i suoi abitanti languiranno, ogni suo abitante, diventerà debole, languirà e morirà per le ferite ricevute dal nemico; o per mancanza di cibo, o sarà infettato da una pestilenza devastante e distruttiva.  Persino le bestie della campagna e dagli uccelli del cielo ne saranno coinvolte, creature servono al bene della gente, al sostentamento, al conforto e al piacere, l’aria stessa sarà contaminata, la terra promessa diventerà un deserto invivibile e chissà per quanto tempo!

Allora saranno del tutto inutili gli appelli al ravvedimento: “Tuttavia, nessuno contesti, nessuno rimproveri! poiché il tuo popolo è come quelli che contendono con il sacerdote” (4). Astenetevi da qualsiasi cosa del genere, poiché è tutto inutile. Sarebbe stato come gettare le perle ai porci, tutta fatica sprecata e vana, perché il popolo era come quelli che litigano con i sacerdoti; sono così lontani dal ricevere correzione e rimprovero che si ribelleranno e litigheranno persino con i ministri di Dio, ai quali non prestare ascolto era un crimine capitale (Deuteronomio 17:12). Siamo arrivati al punto che quella gente non si sottoporrà ad alcuna correzione, e quindi è vano dargliela. Quando i sacerdoti li rimproveravano, litigavano con loro e dicevano: “Medico, guarisci te stesso; togli la trave dal tuo occhio; guardate voi stessi e i vostri peccati e non riprendeteci”.

“Perciò tu cadrai di giorno e anche il profeta cadrà con te di notte; e io distruggerò tua madre” (5). Un popolo così refrattario ed incorreggibile cadrà a causa dei loro peccati. Chi sopravviverà sarà deportato in altri paesi e sarà disperso insieme ai profeti che tacevano di fronte a questa situazione perché anch’essi corrotti e compiacenti del peccato, profeti e sacerdoti che insegnate falsità e fate errare. Anch’essi saranno coinvolti nelle calamità che sopraggiungeranno nella notte delle avversità e dell’afflizione. La madre di quella gente, la nazione di Israele stessa sarà distrutta.

Conclusione 

Al termine della nostra pericope è scritto: “Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai rifiutato la conoscenza, anche io rifiuterò di averti come sacerdote; poiché tu hai dimenticato la legge del tuo Dio, anche io dimenticherò i tuoi figli” (6). Quello che perirà sarà una finzione di popolo di Dio, coloro che lo sono solo nominalmente; come periranno, a loro vergogna, tutte le false chiese corrotte ed apostate che portano solo il nome d’essere tali perché di fatto, alleandosi con il mondo, contaminando la loro identità, ne hanno compromessa la funzione. Dovevano portare la conoscenza di Dio e dei Suoi ordinamenti nel mondo, ma sono diventate uno spettacolo di empietà e corruzione. Dio stesso così dice loro: “rifiuterò di averti come sacerdote”, rifiuterò di considerarvi popolo di sacerdoti, mediatori della mia conoscenza, testimoni della verità. Come infatti Gesù stesso diceva: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’ entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7:21). Perché tutto questo? Siete andati oltre ad ogni limite, oltre ad ogni decenza.

Qual è il criterio sulla base del quale Dio giudica il Suo popolo, la Sua chiesa? “Tu hai dimenticato la legge del tuo Dio”. Non la consideravi importante, ritenevi di poterla ignorare, di trasgredirla impunemente, di andare oltre ogni suo limite. Ritenevi che valesse solo il tuo pragmatismo, oppure che bastasse proclamare ipocritamente solo un malinteso “amore”, ma  “hai dimenticato la legge del tuo Dio” e così: “anche io dimenticherò i tuoi figli”.

È una sentenza spietata da parte di Dio quella Egli commina all’umanità empia e ribelle verso Dio e la Sua legge morale suprema rispetto alla quale ritiene di oltrepassarne “allegramente” i limiti? È una sentenza spietata da parte di Dio quella che Egli commina al popolo che si ritiene sicuro perché “eletto”, a chi si considera “chiesa di Dio” senza di fatto essere fedele ai suoi principi? No, è una sentenza giusta. Dice il Signore Dio: “Per questo io rifiuterò voi e non riconoscerò i vostri figli come miei sacerdoti” (TILC). Tutto, così, è perduto? No, i propositi di Dio continueranno ad essere portati avanti attraverso “un resto fedele”, una minoranza. Ma quella è un’altra storia. Chi lo comprende non tema e ne manifesti i buoni frutti.

Paolo Castellina, 6 Aprile 2024