Chi è in controllo della tua vita? (Romani 8:5-8)

Domenica 7 Aprile 2024 – Seconda domenica di Pasqua

(Servizio di culto completo con predicazione, 53′ 59)

(Solo predicazione, 28′ O8″)

Un controllo largamente eterodiretto

I poteri politici, economici e sociali che governano la società dei nostri paesi stanno diventando sempre di più raffinati e “scientifici” per controllare la popolazione per farla servire ai loro fini. Uno degli strumenti che usano a questo riguardo è il potere dei media. Radio, televisione e giornali erano e rimangono fra gli strumenti essenziali mediante i quali essi esercitano il controllo della popolazione condizionando la loro mente, persuasioni ed azioni. Questo avviene anche nei paesi dove si vanta la libertà e la democrazia che, di fatto, sono spesso solo formali ed illusorie. È stato giustamente affermato: “Quando i media controllano l’informazione che vedi, essi controllano ciò che credi. Quando essi controllano ciò che credi, controllano la tua mente. Quando essi controllano la tua mente, controllano le tue emozioni. Quando essi controllano le tue emozioni controllano le tue azioni. Quando essi controllano le tue azioni, ad essere in controllo non sei più tu. Quando non sei più te stesso, essi hanno vinto”.

La diffusione fra la popolazione dell’internet e dell’informazione libera ha messo in forte crisi l’uso dei media tradizionali. Tant’è vero che il potere sta studiando e cercando di mettere sempre di più misure atte a esercitare un controllo diretto anche sull’internet, per “domarla” affinché “non sfugga di mano” e non pregiudichi il loro potere. Vengono così stabiliti enti addetti a vigilare, con pretesti vari, che “la verità ufficiale” sia diffusa e non contraddetta. Ogni comunicazione discordante, per loro, deve essere oscurata e sanzionata.

È così che il controllo che noi abbiamo sulla nostra mente, persuasioni e azioni diventa qualcosa di labile ed illusorio. Spesso neanche ce ne accorgiamo, ma possiamo dire di essere largamente “eterodiretti [1], cioè non determinati da noi stessi. …alla faccia del conclamato libero arbitrio!

Condizionamenti inevitabili?

Il controllo sulle menti non è un fenomeno moderno e, di fatto, ne parla anche la Bibbia quando si riferisce a ciò che dal punto di vista spirituale determina chi siamo, che cosa pensiamo e che cosa facciamo, cosa che proviene non solo dall’esterno, ma anche interiormente.

L’Evangelo del Salvatore Gesù Cristo (quando è rettamente inteso) è una forza di liberazione finalizzata a farci prendere coscienza e a scioglierci da quelle forze che, condizionandoci per il nostro male, ci asserviscono. L’Evangelo intende farci giungere, come dice espressamente la Scrittura: “… allo stato di uomini compiuti, all’altezza della statura perfetta di Cristo, affinché non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore, ma che, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:13-15).

C’è un testo biblico nella lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma, che parla di due princìpi condizionanti, il primo per il male, il secondo per il bene, che possono essere in azione in noi. Vi sono forze esterne a noi che ci condizionano, ma la Scrittura parla anche e soprattutto di forze condizionanti dentro di noi, interiori, nella nostra stessa mente. Ascoltiamo il testo nella versione “Nuova Diodati”, la cui scelta di parole, in questo caso, mi sembra più efficace di altre. Si trova al capitolo 8 dal 5 all’8:

“Coloro che sono secondo la carne volgono la mente alle cose della carne, ma coloro che sono secondo lo Spirito alle cose dello Spirito. Infatti la mente controllata dalla carne produce morte, ma la mente controllata dallo Spirito produce vita e pace. Per questo la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo. Quindi quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio” (Romani 8:5-8 ND).

Due princìpi condizionanti

Questo testo parla di ciò al quale noi “volgiamo la mente”. Nel greco del Nuovo Testamento vi sono due termini che si riferiscono alla mente: “nous” e “phronema”. Il primo compare etimologicamente in italiano, per esempio, nell’aggettivo “noetico” e si riferisce a qualcosa che riguarda il pensiero, la mente o l’intelletto, come in “gli effetti noetici del peccato”, l’influenza negativa che la caduta nel peccato esercita sulla capacità che abbiamo, come esseri umani, di ragionare, di far uso della nostra mente [2]. “Phronema”, invece, lo troviamo in italiano, nel termine “frenesia” (uno stato di delirio continuato di pazzia furiosa; manifestazione di rabbia, di furore, o vaneggiamento fantastico, voglia smaniosa, irragionevole). Il nostro testo biblico fa uso del secondo termine “fronema”. Non si tratta qui tanto dell’uso della mente come qualcosa di episodico come di un pensiero fugace, temporaneo, ma qualcosa di “strutturato”, di “un modo di pensare”, di una mentalità, di un modo radicato di considerare le cose della vita. Se il peccato, da una parte, come esso fa, altera, corrompe, la nostra capacità di ragionare correttamente, in questo caso l’Apostolo fa riferimento alla “abitudine” consolidata di ragionare a considerare le cose da una certa prospettiva e su quella base operare. Così come la propaganda condiziona la mente delle persone a ragionare in un certo modo, come quando induce pregiudizi che poi ripetiamo manifestandoli nella nostra pratica quotidiana (come ad esempio il razzismo) così il peccato induce radicati e costanti modi di pensare che si trasformano inevitabilmente in azioni sempre deleterie che, ovviamente “non possono piacere a Dio” e che Egli condanna.

Questo testo, così,  mette in contrasto due mentalità o fondamentali orientamenti di pensiero: quello “della carne” o “carnale” e quello dello Spirito, o “spirituale”. Il concetto di “carne” in questo contesto si riferisce alla natura umana decaduta, degradata, incline all’egoismo, all’auto-indulgenza, all’insubordinazione rispetto alla volontà di Dio. Esso produce comportamenti corrispondenti che possono portare anche a gravi perversioni di carattere morale, malversazioni prive di scrupoli, ecc., insomma infrazioni di ogni tipo della legge morale suprema di Dio, infatti: “… perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo”.

D’altra parte, lo “Spirito” rappresenta la sfera di ciò che è in comunione con Dio e conforme alla Sua volontà rivelata. Nel nostro testo, una persona dominata nella sua mente dal peccato è di fatto in balìa a forze che potremmo sicuramente definire demoniache che controllano la sua mente e le sue azioni. Priva di autocontrollo, a queste forze essa viene asservita. Una mente in queste condizioni non è in grado di sottomettersi alla legge di Dio perché “incatenata” ai ceppi “della carne”. Quand’anche di queste catene cercasse di liberarsene o fosse “contenuta” dall’esterno, sarebbe una situazione disperata dove “ogni resistenza è futile” – dal punto di vista umano. Anche se non sempre in termini così drammatici, questa situazione è simile a quella incontrata da Gesù con l’indemoniato di Gerasa “il quale … nessuno poteva più tenerlo legato neppure con una catena, poiché spesso era stato legato con ceppi e catene, ma le catene erano state rotte da lui, i ceppi spezzati e nessuno aveva la forza di domarlo” (Marco 5:3-4). Certo una tale persona non godeva della capacità dell’autocontrollo!

Una mente “controllata dalla carne” è tipicamente persino “contenta” di esserlo, come in una sorta di “sindrome di Stoccolma” [4].  Questa sindrome si verifica quando la vittima di un’aggressione, come un sequestro o una violenza, sviluppa simpatia o legame emotivo con il suo carnefice. Questo fenomeno è stato osservato in molti casi. La sindrome di Stoccolma è spesso associata a un senso di gratitudine per la sopravvivenza, un bisogno di mantenere la propria integrità psicologica e un desiderio di controllare la situazione attraverso la collaborazione con il proprio aggressore. Questo fenomeno può essere pericoloso per la vittima, poiché può portare a una maggiore dipendenza dal carnefice e rendere più difficile la guarigione psicologica. Di fatto solo l’intervento del Salvatore Gesù Cristo può liberare una persona in queste condizioni. “La mente controllata dalla carne produce morte”, perché “il salario del peccato è la morte” (Romani 6:23), sempre!

D’altra parte, coloro che sono guidati dallo Spirito Santo sono in grado di praticare l’autocontrollo (e quindi sottomettersi volentieri alla volontà benefica di Dio) non tanto per la propria capacità, ma perché a questo sono abilitati dallo Spirito di Dio che è Suo dono in Cristo Gesù: “il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”, cioè la capacità acquisita di padroneggiare sé stessi tenendosi lontani dal peccato, grazie allo Spirito divino che opera in loro. Questo autocontrollo non è il risultato dei degli sforzi umani o della volontà personale, ma è una manifestazione della presenza e dell’opera dello Spirito Santo nella vita del discepolo di Cristo.

L’autocontrollo come dono di Dio in Cristo

Parliamo dunque di autocontrollo. L’autocontrollo è la capacità di controllare i propri impulsi e le proprie reazioni istintive, ed è fortemente collegato all’autodisciplina e alla forza di volontà [5]. Nel contesto dell’insegnamento biblico, l’autocontrollo è una conseguenza naturale di una vita guidata dallo Spirito di Dio. È il frutto di una relazione viva con Dio e della dipendenza dalla sua forza e direzione. È il risultato di una liberazione interiore che solo il Salvatore Gesù Cristo può operare nei Suoi discepoli, quelli nei quali lo Spirito Santo viene a dimorare. Una certa misura di autocontrollo può certo essere appreso e praticato da tutti, ma la sua vera efficacia e significato emergono quando esso è sostenuto e abilitato dallo Spirito Santo. L’autocontrollo è il dominio di sé stessi guidato e abilitato dallo Spirito Santo.

L’apostolo Paolo elenca espressamente l’autocontrollo fra i frutti dello Spirito Santo: “Il frutto dello Spirito, invece, è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22). La capacità di praticarlo, inoltre, cresce con il tempo e l’esercizio. Come scrive pure l’apostolo Pietro: [aggiungete] “alla conoscenza l’autocontrollo, all’autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno” (2 Pietro 1:6).

Il termine usato dal Nuovo Testamento per “autocontrollo” è “ἐγκράτεια” cioè la virtù di chi domina i suoi desideri e le sue passioni, soprattutto i suoi appetiti sensuali [5] anche tradotto come “dominio di sé” (CEI), “temperanza” (Riv.), “pazienza” (Ricciotti), “longanimità” (Tintori, Martini), “continenza” (Diodati). Per il credente, di conseguenza (“la vera padronanza dall’interno”) è esplicitamente chiamata un frutto dello Spirito Santo. Questo termine viene utilizzato principalmente per descrivere una virtù morale che implica il controllo dei desideri e delle passioni, in particolare quelli relativi ai piaceri fisici e alle tentazioni. Esso rappresenta la capacità di governare i propri impulsi e desideri in conformità con insegnamenti e principi spirituali. Questa virtù è parte integrante della vita cristiana, poiché aiuta i credenti a vivere in modo disciplinato e morale, evitando gli eccessi e le tentazioni che potrebbero allontanarli dalla via della rettitudine.

L’insegnamento sull’autocontrollo è presente pure nell’Antico Testamento: “Chi è lento all’ira vale più del prode guerriero; chi ha autocontrollo vale più di chi espugna città” (Proverbi 16:32), anche tradotto: “chi domina sé stesso” (CEI), “chi domina il suo spirito” (ND), “chi padroneggia sé stesso” (Riv.), “chi domina l’animo suo” (Ricciotti), “chi sa comandare a sé stesso” (Tintori), “chi signoreggia il suo cruccio” (Diodati). Questo versetto esprime l’idea che una persona che è in grado di controllare il proprio spirito o le proprie emozioni è più potente di chi conquista una città. La vera forza risiede nella capacità di dominare le proprie reazioni emotive e comportamentali, piuttosto che nel dominio esterno o nel potere fisico. Quindi, sì, Proverbi 16:32 può essere considerato sinonimo di “ἐγκράτεια” nel contesto del Nuovo Testamento, poiché entrambi si riferiscono alla virtù del controllo di sé e alla capacità di governare le proprie emozioni e reazioni.

Nel libro dei proverbi abbiamo pure quello che dice: “L’uomo che non ha autocontrollo è una città smantellata, priva di mura” (Proverbi 25:28). Qui una persona il cui spirito, letteralmente (רוּחַ, ruakh) “manca di moderazione” è una persona dedita a scoppi di passione. Questa persona non ha difese naturali ma rivela in ogni momento la sua vera natura. Senza autocontrollo una persona è vulnerabile, come una città senza difese. Nell’antichità, le mura erano fondamentali per proteggere una città dagli attacchi esterni e rappresentavano la sua sicurezza e la sua forza. Così come una città senza mura è vulnerabile agli attacchi nemici, un individuo senza autocontrollo è esposto alle conseguenze negative delle proprie azioni e delle proprie emozioni. Questo versetto sottolinea che l’assenza di autocontrollo può portare a un senso di vulnerabilità e debolezza, lasciando l’individuo soggetto a impulsi distruttivi e comportamenti irrazionali. Pertanto, l’autocontrollo è visto come una qualità essenziale per la stabilità e il benessere personale, in grado di proteggere l’individuo dalle influenze negative e di promuovere una vita equilibrata e responsabile. Inoltre, evidenzia che il mancare di autocontrollo non solo influisce sulla persona stessa, ma può avere anche un impatto sulle persone intorno a essa, proprio come una città smantellata può mettere in pericolo gli abitanti che vi risiedono.

Conclusione

Molti sono dunque i condizionamenti che di cui siamo più o meno consapevoli e che ci portano a pensare, a dire e a fare ciò che “i dominatori di questo mondo” hanno deciso per noi per poter loro realizzare i fini che essi si sono prefissati. Spesso la libertà che vantiamo è un’illusione. Il controllo della nostra mente e dell’intera nostra vita è umanamente una conquista che realizziamo quando acquisiamo un sano spirito critico e, prendendo coscienza di quello che ci stanno facendo a nostro danno, “spegniamo” quei canali mediatici che ci condizionano negativamente. Allora cominciamo ad essere liberi. I condizionamenti negativi che ci asserviscono, però, non provengono solo dall’esterno ma anche dal nostro interno. Questo accade quando interrompiamo la nostra comunione vitale con Dio, per la quale eravamo stati creati, infrangiamo le Sue leggi morali  assumendo così quella mentalità che la Scrittura chiama “carnale”, quella che rende il nostro cuore sempre più duro, ci incatena e alla fine ci distrugge. Sciogliere la durezza del nostro cuore, trovare libertà vera e profonda, inizia quando ci affidiamo all’opera del Salvatore Gesù Cristo diventandone discepoli. È solo allora che acquisiamo un salutare autocontrollo, un controllo su noi stessi che dipende dall’essere in sintonia con lo Spirito Santo di Dio. Gesù disse a coloro che avevano creduto in lui: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:31-32).

Paolo Castellina, 29 Marzo 2024

Note