Quando non la sopporteranno più… (2 Timoteo 4:1-5)

Domenica 15 ottobre 2023

Scelte da fare in tempo di crisi  

In questo periodo, dove è particolarmente tangibile la crisi e la decadenza della fede cristiana, i cristiani, e soprattutto i predicatori, talvolta pensano o si sentono dire qualcosa di questo genere: “La gente oggi non vuole più  sentire queste cose. Non vuole sentire più parlare né di Gesù Cristo, né di Dio, né di  peccato, né di salvezza, né di doveri religiosi o morali, né di chiesa”.  

Come rispondere ad una situazione come questa? Bene o male, chi vuole  continuare fedelmente a tenere viva ed accesa la fiaccola dell’Evangelo e della testimonianza cristiana, si trova così di fronte ad almeno tre alternative. Alcuni dicono (il radicalismo): “Dobbiamo chiudere e sciogliere le chiese per poi ricominciare su una base diversa”, oppure (il “progressismo”): “Dobbiamo adattarci alla situazione ed essere quello che la gente si aspetta da noi”, oppure ancora (il pragmatismo): “Dobbiamo cambiare metodo e forse anche contenuti del nostro messaggio”.  

Sono false alternative. Sebbene noi certo si debba essere  sempre critici verso noi stessi e pronti a modificare ciò che ci è lecito modificare, non dobbiamo mai perdere di vista le profezie della Bibbia che  predicono chiaramente i periodi di crisi che noi lamentiamo.  Un testo della Bibbia dice: ”Ora lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni” (1 Timoteo 4:1). Diventare apostati, da cui la parola apostasia, significa rinnegare la fede ed abbracciare qualcos’altro. Vorrei però oggi concentrarmi, in modo particolare su un testo che dice: “Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina” (2 Timoteo 4:3).  

Se da una parte, così, la situazione non ci deve sorprendere (Gesù ci aveva predetto tutto), quale deve essere il nostro atteggiamento, noi che crediamo nel Signore Gesù Cristo ed intendiamo continuare ad essergli fedeli? Può forse la rinuncia, l’adattamento, il ritirarci nel privato, la depressione o il fatalismo essere per noi una  scelta possibile? Evidentemente no. Esaminiamo con attenzione il testo biblico di 2 Timoteo nella sezione in cui è  inserito.

Il testo biblico  

Leggiamo il testo e poi ne analizzeremo le parole  chiave applicandolo alla nostra situazione.  

“Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e per il suo regno: predica la Parola, insisti al momento opportuno e in quello sfavorevole, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo. Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina, ma per prurito di udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie, distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, soffri afflizioni, compi l’opera di evangelista e adempi tutti i doveri del tuo ministerio” (2 Timoteo 4:1-5).

L’apostolo Paolo qui si rivolge al discepolo Timoteo, consacrato ministro della Parola di Dio. Dopo avergli espresso tutto l’affetto che ha per lui ed averlo esortato alla  fermezza nella fede ed alla costanza nel suo ministero, egli lo istruisce sulla condotta  che dovrà tenere verso quelli che si allontanano dalla fede. Al  cap. 3 parla poi della corruzione estrema che vi sarà negli ultimi tempi e lo esorta a  perseverare nella conoscenza e nell’insegnamento della sana dottrina ortodossa, cioè quella trasmessa dagli Apostoli.

Un impegno solenne da mantenere 

L’apostolo dice: “Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e per il suo regno” (1).

Qui Paolo esorta fortemente Timoteo (e noi con lui) ad un suo preciso, urgente ed  improrogabile dovere.  Il suo appello qui è pressante, fatto come davanti a Dio stesso, che un giorno  gli chiederà conto di come ha adempiuto il suo ministero, ma anche in riferimento al  Signore Gesù Cristo, che è suo Maestro e Giudice e di cui è servitore. Non solo questo,  ma il suo appello è fatto pure in vista del promesso ritorno di Cristo per giudicare vivi e morti e per stabilire trionfalmente il Suo regno.

La cosa è così davvero di importanza capitale (e non si tratta di una semplice raccomandazione) e Timoteo deve prenderla come prenderebbe una solenne testimonianza in tribunale, fatta sotto giuramento. Di che cosa si tratta?  

Dice: “Predica la Parola, insisti al momento opportuno e in quello sfavorevole, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo” (2).  

Il dovere di Timoteo, come quello di ogni autentico predicatore cristiano, è quello  di annunciare, proclamare, la Parola rivelata di Dio, non le proprie idee o fantasie, non le mode del momento, non i principi delle ideologie correnti, non quello che la  gente avrebbe più piacere di udire, magari per ingraziarsela, ma la pura Parola di Dio così com’è stata rivelata una volta per sempre.  

Spesso anche chi svolge un ministero cristiano a pieno tempo retribuito potrebbe significare essere soggetti ad una sorta di ricatto più o meno  esplicito: “Se dici e fai quello che diciamo, noi ti paghiamo e ti teniamo, ma se non ti  conformi te ne puoi andare…”.  

La predicazione della pura Parola di Dio è di fondamentale importanza e deve essere presa molto seriamente. Solo chi non capisce o fa finta di non capire  l’importanza della proclamazione cristiana, dice al predicatore: “…ma di’ un po’ qualcosa, fa’ un breve discorso quel che sia”, come a dire: “E’ solo una formalità, …una tradizione, …tanto  nessuno comunque ti prenderà sul serio…”. Quattro banalità… qualche generalizzazione… qualche vaga esortazione moraleggiante… Può essere comodo per alcuni fare così, ma  questa non è e non può essere la predicazione cristiana. Il predicatore deve essere come un ambasciatore che comunica quanto il re gli ordina. Iddio dice al profeta Isaia: “Grida a squarciagola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni e alla casa di Giacobbe i suoi peccati!” (Isaia 58:1). Il predicatore comunica la Parola di Dio, non “le favole della nonna”, dispute su parole, questioni che non edificano…  Deve sempre conservare il senso d’urgenza di questo suo dovere, e svolgerlo con  diligenza, essere sempre pronto a farlo prendendo chiara posizione in ogni momento. Questo vuol dire non solo la domenica, né solo quando lo si può fare con relativa sicurezza, quando i tempi sono favorevoli, quando la cosa è accettata e gradita e il momento pare opportuno, ma anche quando, a giudizio umano, il momento è sfavorevole o inopportuno, quando verosimilmente la cosa è sgradita o “non  corretta” secondo la mentalità mondana, anche quando il momento sembra inopportuno, anche …a rischio di annoiare! Certo, deve avere discernimento, tatto e intelligenza, ma l’esperienza dimostra che molte volte chi ha perseverato ed insistito al limite dell’importuno, senza farsi intimidire, ha  avuto successo: lo Spirito Santo si è servito di questa “importunità” ed ha portato alla  conversione anche la persona apparentemente più impervia e prevenuta. L’appello avrà successo perché la Parola di Dio annunciata non è mai vana: essa porta sempre il frutto che Dio ha stabilito – sia per salvare gli eletti che per rendere gli altri inescusabili.

L’apostolo dice a Timoteo: confuta, contesta, controbatti, correggi ed argomenta,  adducendo le ragioni di quello che dici. Anche la polemica, una “sana polemica” può essere utile, e la Parola di Dio la prescrive e ne dà molti esempi. Quanti sono oggi coloro che hanno paura delle polemiche e le sfuggono! Certo, a volte possono essere “sterili  polemiche”, ma ci sono anche polemiche necessarie! Confutare, contestare, controbattere, quando è fatto con intelligenza e ragion di causa, è molto importante, e questo viene condannato solo dallo spirito indifferentista del relativismo moderno. Ammonisci, metti in guardia contro il peccato e le sue conseguenze temporali ed eterne. Oggi di questo  non se ne parla e se proprio se ne deve parlare, lo si sottovaluta. Per il mondo è cosa  sconveniente parlare di peccato, e, ipocritamente, esso raccomanda di “non giudicare” lo stile di vita altrui, pretendendo persino che questo  non sia un comportamento cristiano…

Inoltre, dice l’apostolo, esorta, incoraggiando. Quando un tempo, nella chiesa  cattolica, la celebrazione domenicale era in latino, e quindi incomprensibile ai più, quando la predicazione – se c’era – era fatta solo di pie banalità, che non toccavano  veramente nessuno, si diceva “la messa non morde”, cioè non ha mai fatto male a  nessuno… “Non ti disturberà, non ti preoccupare”, tanto era “addomesticata”! Sono  forse ancora queste le “prediche” che alcuni vorrebbero sentire? Cose che non disturbano e non mettono in questione… questo però, non è l’Evangelo di Gesù Cristo.

Tutto questo però, il cristiano, il predicatore, lo dovrà fare prudentemente e con  umiltà, con longanimità e pazienza inesauribile, con passione, ma anche con compassione! Infatti, la denuncia dovrà essere sempre accompagnata dall’insegnamento. Non deve essere attacco sterile e fine a sé stesso, ma finalizzato alla comunicazione  della grazia e della via che porta alla salvezza, insegnando cioè ciò che è conforme a  verità.

Tempi di apostasia   

Poi il testo continua: “Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina, ma per prurito di udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie” (3). L’apostolo qui profetizza il tempo in cui la sana dottrina (la dottrina  intera, incorrotta, ortodossa), non verrà più tollerata, sopportata. Certo, tempi in cui la verità veniva rifiutata in favore di idee più comode, ce ne sono sempre stati, come dimostra talvolta l’uditorio degli antichi profeti, ma la cosa sarà un giorno sempre più frequente.

La gente “si stancherà” della sana dottrina e questi anche fra coloro che formalmente si dicono cristiani. L’aveva sempre udita, ma mai accettata veramente, mai  veramente fatto l’esperienza della sua efficacia e potenza, e ora dice di non poterne più… “è una dottrina troppo esigente, scomoda, pretende troppo”. La loro decisione  così è fatta: “non ne vogliamo più sapere. Non vogliamo crederle e non intendiamo sottometterci ad essa. Non ci è comoda. Altro ci sembra più piacevole e interessante. “Non è divertente e non ci intrattiene!”.  

Allora la gente, dice il testo, “avrà il prurito alle orecchie”, e, nella smania di udire  cose nuove, piacevoli e gratificanti, cercherà e moltiplicherà per sé, si procurerà, si  circonderà di maestri secondo i loro propri desideri, voglie, passioni, tendenze naturali, concupiscenza, maestri, cioè, che li soddisfino ed assecondino. Quando le orecchie, il naso, o la schiena “ti prude” allora si cerca chi te la gratta… quando hai qual che più o meno inconfessata voglia, allora si va in cerca di chi te la soddisfa… È così?

Saranno (fallaci) maestri di cose spirituali, presunti esperti del benessere e della  felicità umana, maestri che vanteranno di conoscere “la vera” realtà, ma che diranno  loro (per ambizione di potere o di guadagno) quello che più vorranno sentire e farà  loro comodo ritenere validi. Di questi “maestri” ve ne sono oggi tanti: vengono invitati alle trasmissioni radio televisive e producono libri che diventano popolari.  Il “supermercato” del mondo è pieno di tali “maestri”, e la gente “li sceglie” spesso senza discernimento. Li sceglieranno magari vantando un gradito e moderno pluralismo e la libertà di scelta, sulla  base di un preteso indifferentismo, “una cosa vale l’altra”.  

Circondati così di questi maestri: “…distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” (4). Essi volteranno le spalle alla verità, si rifiuteranno di ascoltarla, l’avranno in avversione. Oggi è l’epoca della distrazione e del divertimento. Il mondo è diventato un solo, unico e grande luna park, e si corre di qua e di là per riempire il tempo libero e divertirsi!  

Non vorranno più udire la verità “trasmessa una volta per sempre ai santi” (Giuda  3). Lo faranno per disprezzo e derisione, oppure per impazienza, non tollerando che  alcuno metta in questione la legittimità delle loro voglie e rilevi il male che è in loro.  Poi svolteranno, cambieranno strada per dirigersi, appunto, verso …fantasilandia,  dando così retta, avvalorandole, a favole e miti, alla “fiction” prodotta dall’uomo.  

Perseveranza fruttuosa 

Timoteo, e noi con lui, riceve così queste istruzioni dall’apostolo: “Ma tu sii vigilante in ogni cosa, soffri afflizioni, compi l’opera di evangelista e adempi tutti i doveri del tuo ministerio” (5). “Vigilare” significa non dormire, stare bene sveglio, lavorando industriosamente per qualche fine. Guardati dunque dalla pigrizia e fa tutto il tuo dovere avendo Iddio come unico punto di riferimento e per la sua gloria. Si calmo, non ti lasciare turbare, sii costante  ed imperturbabile nella verità. Conserva la mente chiara su ogni cosa, pensa sempre  con chiarezza e presenza di spirito. Non ti lasciare distrarre ed abbindolare.

Sopporta le afflizioni ed i guai che cercheranno di causarti, facendo opera evangelistica. Svolgi l’opera di chi rende pubblico l’Evangelo cristiano, quello che è stato affidato da Dio all’apostolo come fondamento del movimento cristiano. Adempi pienamente i doveri del ministero cristiano, provando pienamente agli altri la tua fedeltà nel compito che Dio ti ha affidato.

La sana dottrina  

E’ molto importante l’accento che l’apostolo in questo testo pone sulla “sana dotrina”. In  questo tempo di indifferenza e relativismo il concetto stesso di “sana dottrina” è di ventato estraneo alla coscienza contemporanea, è contestato, è visto con avversione,  eppure esiste e deve essere sostenuto con forza. Un’altra parola che viene usata per  designarla è appunto “ortodossia”, cioè l’opinione retta, l’idea giusta, ciò che è conforme a  verità.  

Il criterio della verità, per coloro di cui abbiamo parlato prima, è il proprio tornaconto, il proprio comodo, quello che è loro più gradito, quello che sembra loro giusto  e ragionevole secondo i criteri di questo mondo. La Scrittura dice: “C’è una via che all’uomo sembra dritta, ma finisce per condurre alla morte (Proverbi 14:12). Si, si tratta del tempo in cui non c’è più nessuna vera autorità. Il criterio della verità,  però, non può nemmeno essere ciò che è necessariamente approvato dai più, conforme alla tradizione, secondo le idee delle autorità oggi più accreditate.  

Conclusione 

Oggi, così, ci dicono: “La gente oggi non vuole più sentire queste cose. Non vuole  sentire più parlare né di Gesù Cristo, né di Dio, né di peccato, né di salvezza, né di doveri religiosi o morali, né di chiesa”. Questa situazione non ci deve sorprendere (Gesù ci aveva predetto tutto). Il nostro atteggiamento deve essere, secondo l’insegnamento della Parola di Dio, non di rinuncia, di adattamento, di ritiro nel privato, di depressione o di fatalismo, ma di perseveranza nell’annuncio cristiano, costi quel che costi, non importa il numero di coloro che così faranno, sicuri che nessuna Parola di Dio comunicata andrà sprecata. Perseveranza nell’annuncio, ma  anche coerenza incrollabile nella fattiva testimonianza cristiana, perseguendo non solo l’ortodossia (retta opinione), ma anche accompagnandola dall’ortoprassi (la retta pratica delle virtù cristiane incarnate dal Signore e Salvatore Gesù Cristo). Chi ha questa determinazione potrà contare nella presenza accanto a sé del Signore che gli darà la forza e la sapienza necessaria per realizzarla.

(Paolo Castellina, 8 ottobre 2023, adattamento e riduzione della mia predicazione del 14 gennaio 2001)


Supplemento

Distinguere i maestri d’errore   

In che modo possiamo distinguere l’errore e i maestri d’errore? Lo dice la  Bibbia stessa: “Alla legge! alla testimonianza! Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!” (Isaia 8:20). L’apostolo Paolo scriveva: “Ma, anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema” (Galati 1:8). “Se uno insegna una dottrina diversa  e non si attiene alle sane parole, quelle Se qualcuno insegna una dottrina diversa e non si attiene alle sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e alla dottrina che è secondo pietà, è un orgoglioso e non sa nulla, ma ha un interesse morboso per questioni e dispute di parole, dalle quali nascono invidia, contese, maldicenza, cattivi sospetti” (1 Timoteo 6:3-4). Giovanni scrive: “Chi passa oltre e non dimora nella dottrina di Cristo non ha Dio. Chi dimora nella dottrina ha il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa e non lo salutate, perché chi lo saluta partecipa alle sue opere malvagie” (2 Giovanni 1:9-11). L’apostolo  Giuda scrive: “Diletti, avendo un grande desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi” (Giuda 3). Ascoltate Gesù che dice: “Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio” (Matteo. 22:29), come pure: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia” (2 Timoteo 3:16).  A queste parole fa eco Paolo: “Applicati finché io torni alla lettura, all’esortazione, all’insegnamento” (1 Timoteo 4:13). “…attaccato alla Parola fedele come gli è stata insegnata, per essere in grado di esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori” (Tito 1:9).  

Noi quindi, abbiamo il dovere di verificare ciò che ci viene insegnato. Farlo non è  questione di presunzione o di arroganza, né mancanza di umiltà o di lealtà verso  l’organizzazione a cui apparteniamo, per quanto dica di essere chissà chi, ma un preciso dovere, un privilegio di ogni figliolo di Dio. Ripetutamente nella Bibbia troviamo  espressioni come queste: ai cristiani di Corinto Paolo dice: “Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi quello che dico” (1 Corinzi 10:15); “Parlino due o tre profeti e gli altri giudichino” (1 Corinzi 14:29). Famosi sono quelli di Tessalonica: “Ora questi erano d’animo più nobile di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando tutti i giorni le Scritture per vedere se le cose stavano così” (Atti 17:11).  

Questo è tanto vero che dovremmo mettere alla prova gli insegnamenti che riceviamo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere a Efeso per ordinare ad alcuni che non insegnino dottrina diversa” (1 Timoteo 1:3). “Poiché vi sono molti ribelli, ciarlatani e seduttori di menti, specialmente fra quelli della circoncisione, ai quali bisogna turare la bocca” (Tito 1:10). Nell’Apocalisse persino il Signore  rimprovera chi non l’ha fatto: “Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza e che non puoi sopportare i malvagi; hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi” (Apocalisse 2:2).  

…ma è giusto giudicare? La Bibbia dice: “L’uomo spirituale, invece, giudica ogni cosa ed egli stesso non è giudicato da alcuno” (1 Corinzi 2:15). “Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con giusto giudizio” (Giovanni 7:24).  Qual è, però, l’atteggiamento migliore nel riprendere? Non l’arroganza, ma  l’umiltà che sa essere anche autocritica: “Esaminiamo le nostre vie, scrutiamole e torniamo all’Eterno!” (Lamentazioni 3:40). Accettando la correzione anche nei nostri riguardi:  “Chi rifiuta l’istruzione disprezza la sua anima, ma chi dà retta alla riprensione acquista senno” (Proverbi 15:32). “…e avete dimenticata l’esortazione a voi rivolta come a figli: ‘Figlio mio, non fare poca stima della disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso’” (Ebrei. 12:5). Vigilando su noi stessi: “Perciò, chi pensa di stare in piedi guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:12). “…Poiché tutti sbagliamo in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo” (Giacomo 3:2). Solo perseguendo la santità e la competenza nella Parola del Signore potremo adempiere al nostro compito critico:  “…santificate Cristo come Signore nei vostri cuori, sempre pronti a rispondere a vostra difesa a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi, ma con dolcezza e rispetto, avendo una buona coscienza” (1 Pietro 3:15).