Cristiani di prima e seconda categoria? (Luca 9:57-62)

Domenica 26 giugno 2022 – Terza domenica dopo Pentecoste

(Servizio di culto completo con predicazione, 55′).

Cristiani di prima e seconda categoria?

C’è chi ha inventato le categorie “cristiani di prima categoria” e quelli di “seconda categoria”. I primi sarebbero quelli “particolarmente impegnati” e “consacrati”, i secondi “i cristiani ordinari” dai quali non ci si aspetta “più di quel tanto”. Il Cattolicesimo romano fa questa distinzione quando parla da una parte di preti, monaci, diaconi e membri di qualche ordine religioso secolare, dall’altra “il popolo”, i laici, che sono i fruitori dei servizi che i primi forniscono. Dai primi “ci si aspetta di più” e, se particolarmente meritevoli, nell’ambito del Cattolicesimo possono diventare “santi” e condividere con gli altri i loro “meriti”, persino dopo morti. In una certa misura questa distinzione la si ritrova spesso nelle chiese evangeliche dove ai pastori e ai responsabili della comunità viene attribuito (anche se non espressamente) uno status superiore. Tant’è vero che a un credente, magari giovane, che sia “particolarmente impegnato” ci si chiede se voglia diventare pastore. C’è poi la distinzione fra “membri di chiesa” e “simpatizzanti”, categorie dalle diverse responsabilità e aspettative.

Sebbene vi debbano essere nella comunità cristiana legittime distinzioni di ministeri, nulla di tutto questo troviamo nel Nuovo Testamento, dove il Signore Gesù stesso si aspetta da tutti coloro che Lo seguono, da ogni Suo discepolo, un serio impegno. Se uno non è disposto ad assumersi quest’impegno, Gesù è disposto a “lasciare andare” quella persona ma …non gli propone di entrare in una “categoria inferiore” di discepolato!

Esigenze stringenti

Il testo biblico di oggi ci presenta il dialogo che intercorre fra Gesù e tre persone che potremmo definire candidati a diventare Suoi discepoli, candidati a diventare cristiani. La prima di queste persone esprime essa stessa il suo desiderio di diventare discepolo di Gesù. Era stata probabilmente impressionata e affascinata da Gesù, dal Suo messaggio, dalla Sua vita e dalle Sue opere, e vuole seguire Gesù, facendo parte attiva del Suo movimento. La seconda e la terza persona, invece, ricevono da Gesù stesso, personalmente, l’invito a seguirlo, a diventare membri del gruppo dei Suoi discepoli. Leggiamo questo testo biblico, che si trova nel vangelo secondo Luca, al capitolo 9, i versetti da 57 a 62.

“Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va’ ad annunciare il regno di Dio». Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio»” (Luca 9:57-62).

Non era la prima volta che Gesù riceve richieste a diventare Suoi discepoli, o che Egli chiamasse delle persone a seguirlo, ma quello che incontriamo qui è un momento particolare della Sua vita. Non era l’inizio della Sua missione ma il momento in cui le cose “minacciavano di andare male”. Gesù stesso aveva preannunciato il Suo stesso arresto, sofferenza e morte violenta. Poco prima, infatti, troviamo scritto: “…si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, e Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme” (Luca 9:51). Inoltre, le condizioni per seguire Gesù erano state da Lui più volte evidenziate: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà” (Luca. 9:23,24). 

Non era cosa da prendersi alla leggera, quindi, seguire Gesù. Chi voleva farlo doveva essere ben cosciente del costo che avrebbe dovuto affrontare. Ecco quindi il motivo per il quale le persone che incontriamo in questo testo sembrano essere respinte da Gesù, o almeno scoraggiate dal seguirlo. Oggi vi sono chiese in crisi che pur di avere con sé molta gente, sono disposte ad accogliere tutti, senza, in concreto, porre condizioni, proponendone i vantaggi e minimizzando la necessità dell’impegno. Non così, però, Gesù: seguirlo è cnnunciato il Suo stesso arresto, sofferenza e morte violenta. Poco prima, infatti, troviamo scritto: “…si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, e Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme” (Luca 9:51). Inoltre, le condizioni per seguire Gesù erano state da Lui più volte evidenziate: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà” (Luca. 9:23,24). osa seria e impegnativa. A Lui non interessava tanto il numero dei Suoi seguaci, quanto la loro qualità. Nessuna delle persone che questo testo presenta, è capace apparentemente di dare a Gesù e alla Sua causa, il regno di Dio, quell’appassionata lealtà e dedizione che Egli si aspettava; nessuna di loro è apparentemente pronta a prendere su di se la croce che Gesù ha ora irrevocabilmente e definitivamente accettato per sé stesso. Questa mancanza si manifesta nell’indisponibilità a dare, nel primo caso, quella devozione al regno di Dio che implica il saper rinnegare se stessi; nel secondo caso: l’ assoluta priorità; e nel terzo caso, l’attenzione esclusiva che è richiesta. Solo chi è capace a mettere da parte i propri bisogni fisici e desideri, solo chi dà al regno di Dio precedenza su ogni altra cosa, solo chi è capace di concentrare la propria attenzione su di esso soltanto, è “adatto” per il regno di Dio.

Ostacoli al discepolato

È interessante notare come gli ostacoli al discepolato, in questi tre casi sono: (a) eccessiva preoccupazione per sé stessi, specialmente del proprio comodo; (b) una troppo stretta lealtà di gruppo. Questi tre uomini mettevano come loro priorità cose legittime necessarie, ma non prioritarie. Il testo, al riguardo, è nudo ed essenziale, ma è sufficiente per farci intendere la radicalità di ciò al quale il Signore e Salvatore Gesù Cristo ci chiama.

1. Il discepolato comporta delle implicazioni

Del primo “candidato” a essere cristiano, il testo dice: “Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai» (57). Ecco un uomo sinceramente entusiasta di Gesù e interessato alla Sua causa, che promette di seguire Gesù dovunque Egli fosse andato. Chi mai respingerebbe una persona così! Si tratta, indubbiamente, dell’atteggiamento, della risoluzione, che di fatto, deve caratterizzare ogni autentico discepolo di Gesù: essere disposti a tutto per Gesù. Non è “fanatismo” è solo serietà d’intenti, cosa oggi quanto mai rara! Una volta anche Pietro aveva detto a Gesù: «Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte» (Luca 22:33).

Quel primo candidato al discepolato era stato troppo precipitoso a chiedergli di poter seguire Gesù, e non aveva riflettuto abbastanza sul costo che, per questo, avrebbe dovuto affrontare. Difatti, Gesù gli risponde: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (58). Il costo di seguire Gesù è, nelle Sue stesse parole il sapere rinunciare alle sicurezze e ai comfort di questo mondo. Gesù non possedeva una casa propria e neppure i Suoi primi seguaci. Stavano andando a Gerusalemme, dove Lui sarebbe stato messo a morte. Inoltre, le condizioni di vita di Gesù, per sua scelta, erano sempre state molto basse. Colui che aveva creato ogni cosa, non aveva provveduto per sé stesso nemmeno un accomodamento, una casa propria. Qui Gesù mostra quanto totale sia la dedizione alla Sua missione, il Suo amore per l’umanità. Per questo dice a quell’uomo: “Saresti disposto a fare altrettanto?”. Gesù indica come il Suo e nostro sguardo, quando Lo seguiamo, debba rivolgersi alle “cose di lassù”, relativizzando le cose di questo mondo. Per molti non c’è altro che queste cose, ma Gesù cambia la prospettiva secondo la quale viviamo. Chi vuole stare “comodo e al caldo” non può, di fatto, seguire Gesù. La missione di Gesù Lo costringe a essere “senza tetto” e a essere frequentemente respinto, come mostra l’episodio precedente dove Gesù non viene accolto da samaritani. Chi vuole seguire Gesù deve essere pronto a rinunciare, se necessario, anche se non lo è sempre, persino a tutto ciò che gli altri considerano cose indispensabili.

2. La famiglia va onorata ma non sta al primo posto

Del secondo candidato a essere cristiano, è scritto: “A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre»” (59). Qui Gesù invita una seconda persona a seguirlo, rivolgendosi a essa nello stesso modo in cui si era rivolto ai Suoi discepoli in precedenza. Rammentare Levi? “Dopo queste cose, egli uscì e notò un pubblicano, di nome Levi, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi».Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirlo” (Luca 5:27,28). Levi aveva accolto senza riserve l’invito di Gesù. Non l’uomo del nostro testo, che gli oppone una riserva: “Ho un padre, a casa, che non vivrà, in ogni modo, a lungo, e che ora ha bisogno di me. Lascia che prima me ne occupi, e poi, quando morirà, io verrò e Ti seguirò”. Potremmo sostenere che  fosse una riserva ragionevole. Noi gli avremmo detto: “Bene, vai pure, l’importante è che poi tu ti unisca al nostro gruppo”.

 L’espressione: “Lasciami andare a seppellire mio padre” è per noi strana, ma era un modo di dire del tempo. Il padre di quest’uomo, molto probabilmente, era vivo. Queste parole indicano come il potenziale discepolo volesse continuare a prendersi cura di suo padre fino alla fine. Forse desiderava anche attendere per entrare in possesso della sua parte d’eredità. Se il padre era davvero morto, le parole di Gesù appaiono ancora più sconvolgenti, dato che la pietà figliale richiedeva che un figlio si occupasse delle disposizioni funerarie del padre. Nel Giudaismo il dovere di dare sepoltura a parenti morti era un dovere, considerato persino più importante che studiare la legge. Anche ai sacerdoti era permesso di allontanarsi dai loro doveri sacerdotali per adempiere le pratiche funerarie. Perché, però, Gesù qui è così radicale e sembra non comprendere un’esigenza legittima? Gesù non mette in questione la legittimità della sua esigenza, ma aveva visto che nel cuore di quest’uomo il regno di Dio, la causa di Dio, quella di Gesù, non costituiva davvero, come doveva essere, per lui, una priorità. Noi siamo tentati a considerarci discepoli di Gesù “in linea di massima”. Diciamo, magari, d’essere disponibili e di credere, ma ci sono altre cose che appaiono per noi più importanti ancora. Gesù …può aspettare. “Quando avremo tempo”, allora potremo cominciare a pensare alla religione, …potremo venire allo studio biblico, al culto, ad aiutare quel bisognoso, ma …verrà mai quel tempo o ci sarà sempre una scusa? Gesù dice: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più” (Matteo 6:33).

Ecco così che Gesù gli risponde: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va’ ad annunziare il regno di Dio» (60). Gesù non vuole qui dire che si debba trascurare i nostri doveri famigliari, perché anzi, solidarietà e assistenza sono valori e comandamenti molto importanti nella prospettiva di Dio. Non dobbiamo, però, trasformare questi in scuse per trascurare i nostri doveri verso Dio. Se i rapporti con i famigliari o con gli amici diventano un impedimento o un ostacolo al seguire Gesù, allora Gesù deve avere il primo posto. Non c’è scusa che tenga per non ubbidire alla chiamata di Gesù.

Gesù sovverte le convenzioni sociali, insistendo che il Regno di Dio ha priorità persino sui legami famigliari, che le esigenze del Regno di Dio hanno la precedenza su qualunque legame terreno. Quando Gesù dice “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”, egli intende: “Lascia che il compito di seppellire coloro che sono fisicamente morti, sia lasciato a coloro che sono spiritualmente morti! Che gli affari di questo mondo se li assumano quelli che hanno per la testa solo quelli”. La proclamazione del Regno di Dio era così importante che non poteva aspettare. Naturalmente, se l’uomo avesse trascurato i suoi doveri per seguire Gesù, avrebbe suscitato scandalo nella sua comunità, ma anche questo era meno importante che proclamare il Regno e seguire il Messia. Un discepolo doveva prendersi un impegno totale.

3. Convenienze e interessi mondani sono relativi

Del terzo candidato a essere cristiano, infine, è scritto: “Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio» (61,62). Anche in questo caso si tratta di una richiesta ragionevole. Il profeta Elia lascia che Eliseo dica addio alla sua famiglia, prima che questi lo segua nella missione profetica (1 Re 19:19-21). Ciononostante, l’appello di Gesù è qui ancora più radicale di quello d’Elia ed esigeva ubbidienza pronta e incondizionata. Il Regno di Dio è ancora più importante dei convenevoli sociali, se di questo si trattava veramente… Il messaggio ed il Messia non potevano attendere: dovevano avere priorità assoluta. Lo scrittore C. S. Lewis disse: “Il cristianesimo, se è falso, è di nessun’importanza e, se è vero, è d’importanza infinita. L’unica cosa che non può essere, è essere moderatamente importante!”.

Quest’uomo dice forse a Gesù qualcosa del genere: “Lascia che prima io vada a sistemare i miei affari di famiglia”. Egli vorrebbe seguire Gesù, ma gli è difficile staccarsi da tutto ciò che famiglia e amici rappresentano. Esita, è tirato da due parti. Tentenna, oscilla. Comprende ciò che Gesù gli propone, ma è ancora troppo attirato dalle cose di questo mondo. “Salutare” è segno di buon’educazione: certo questo Gesù non lo vuole negare. Quest’uomo, però, è come se dicesse a Gesù: “Ti seguirò, ma lasciami ancora un poco con i miei amici, lasciami godere ancora un poco della loro compagnia…”. Lasciarlo tornare “per un attimo” dai suoi avrebbe potuto significare sottoporsi alla tentazione di rimanere e di non più partire, sperare magari che gli argomenti dei famigliari potessero essere migliori e dissuaderlo dal seguire Gesù. Inoltre, quell’uomo, se volesse davvero occuparsi dei suoi, dovrebbe comprendere che seguire Gesù potrebbe essere per loro di maggiore benedizione di quanto ne avrebbero se lui rimanesse a casa. Assomiglia alla moglie di Lot. “…ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale” (Genesi 19:26). Pure quando Cristo tornerà, non ci dovrà essere per noi nulla di più importante che andargli incontro. Gesù disse altresì: “In quel giorno, chi sarà sulla terrazza e avrà le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così pure chi sarà nei campi non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot” (Luca 17:31,32).

I discepoli di Gesù non potevano avere altri interessi che potessero distoglierli, come un contadino che si fosse messo ad arare, ma poi si fosse distratto volgendo lo sguardo indietro. Nessuno può arare efficacemente se guarda sempre indietro, perché il solco diventerebbe storto, e l’aratro di legno potrebbe rompersi. Così, nessuno può seguire Gesù senza renderlo il centro assoluto ed esclusivo della sua vita. Inoltre, poiché Gesù stava andando a Gerusalemme, era cosciente, quell’uomo, di che cosa Egli stava andando a farvi?

Conclusione

Se c’è una cosa positiva dell’incipiente secolarizzazione oggi è che si è particolarmente “scremato” chi si considera cristiano, che si è messa in dubbio la conclamata esistenza di una “nazione cristiana”. Una società può e deve essere impostata su principi biblici cristiani, ma per poterlo diventare ha bisogno di cristiani autentici, impegnati, che non fanno compromessi con il mondo incredulo.

Luca non riporta la conclusione delle conversazioni di Gesù con quei tre uomini. Lascia la cosa in sospeso. Quelli che, però, ha descritto, ci lascerebbero indubbiamente molto pessimisti sulla reale possibilità di salvezza della creatura umana nello stato in cui si trova – se le cose fossero lasciate solo alla sua “libera” risposta all’appello dell’Evangelo. Ci si può quindi chiedere, come già avevano fatto chi allora aveva udito quanto fossero “dure” le parole di Gesù: “Quelli che udirono dissero: «Chi dunque può essere salvato?» Egli rispose: «Le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio»” (Luca 18:26-27). Infatti, solo un intervento diretto di Dio su chi lo ode potrà persuadere una persona che “non si vive solo di pane”. Dio lo fa ancora oggi scuotendo e risvegliando, ma il nostro messaggio dev’essere chiaro, così come lo dev’essere la nostra testimonianza di vita.

 Quante scuse sentiamo ancora oggi per non accogliere il messaggio dell’Evangelo! Nel leggere testi biblici come quello di oggi, molti ne saranno respinti per quello che appare essere “la durezza” di quanto Gesù esige dai Suoi discepoli. Questo racconto, però, ha uno scopo soltanto, vale a dire presentare la suprema importanza che per noi deve avere il regno di Dio, ciò che riguarda Dio. Rispetto a esso, ogni altra cosa deve andare in secondo piano, deve essere relativizzata. Gesù chiaramente continua ancora oggi a dirci: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più” (Matteo 6:33).   

Paolo Castellina, 19 giugno 2022, riduzione di una mia predicazione del 2003.