Dall’ignoranza alla conoscenza che trasforma (Efesini 4:17-32) 

Domenica 25 Febbraio 2024 – Seconda domenica di Quaresima

(Servizio di culto completo con predicazione, 57′ 40″)

(Solo predicazione, 28′ 36″)

L’importanza dell’istruzione 

L’istruzione, essere istruiti, è cosa seria ed importante. Per ogni creatura umana che nasce e cresce fino a diventare adulta, l’istruzione Dio la affida prima di tutto ai genitori e poi, in forma sussidiaria, alla comunità cristiana ed alla comunità civile, vale a dire alla scuola pubblica o privata. Non si tratta solo di imparare a scrivere e far di conto, come si diceva un tempo, ma di apprendere tutte le nozioni e le capacità che riguardano la vocazione professionale che meglio corrisponda ai nostri talenti e possibilità, come pure la gestione dell’economia domestica. Come membri di una comunità allargata, dobbiamo conoscere poi le caratteristiche della sua storia, cultura, lingua e tradizioni, quelle che definiscono la nostra identità collettiva. Come membri dell’umanità, infine, abbiamo pure il dovere di conoscere la storia del mondo, del pensiero filosofico e delle religioni.

Questi sono solo esempi per illustrare il contenuto dell’istruzione che ci è necessaria. Ce ne possono essere altri. Dobbiamo però aggiungere l’importanza  particolare che oggi ha l’apprendimento del pensiero critico e della capacità di dialogo. Questo è particolarmente importante oggi quando i regimi politici ed economici di fatto soggiogano le scuole pubbliche per renderle strumento per la formazione di “fedeli sudditi” del sistema e per inculcare alle nuove generazioni l’ideologia dominante. A questo il cristiano deve opporre resistenza perché le giovani generazioni non appartengono allo stato o alle industrie, come qualcuno afferma, ma a Dio che, in primo luogo attraverso i genitori credenti, devono formarle alla dignità e libertà che Dio ci ha concesso. Per questo oggi si sottolinea l’importanza della cosiddetta scuola parentale.

L’apprendimento fa crescere, forma, educa, trasforma. Importante è, nondimeno, la “formazione permanente”, quella che ci deve accompagnare per tutta la vita, perché, come si dice, “non si finisce mai di imparare”.

Rivestire l’uomo nuovo in Cristo 

La Bibbia ci fornisce esempi magistrali dei cambiamenti, delle trasformazioni che avvengono quando, attraverso l’istruzione, si passa dall’ignoranza alla conoscenza. Pensiamo solo a quanto l’antico popolo di Dio aveva appreso durante tutto il lungo periodo formativo dalla schiavitù in Egitto alla terra promessa. Pensiamo a quanto era avvenuto, dal punto di vista morale e spirituale per molti della città di Efeso, quando avevano imparato a conoscere il Cristo attraverso la predicazione degli apostoli. Lo ritroviamo nella lettera dell’apostolo Paolo agli Efesini, al capitolo 4 dal versetto 17 al 32. Ascoltiamolo.

 17Questo dunque io dico e attesto nel Signore: non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri, 18con l’intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell’ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento del loro cuore. 19Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni sorta d’impurità con insaziabile avidità. 20Ma, quanto a voi, non è così che avete imparato a conoscere Cristo. 21Se pure l’avete udito e in lui siete stati istruiti secondo la verità che è in Gesù, 22avete imparato, per quanto concerne la vostra condotta di prima, a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici, 23a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente 24e a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità. 25Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri.  26Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira 27e non fate posto al diavolo. 28Chi rubava non rubi più, ma si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi ne ha bisogno. 29Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca, ma, se ne avete qualcuna buona che edifichi, secondo il bisogno, ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta. 30Non rattristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione. 31Sia tolta via da voi ogni amarezza, ogni cruccio, ira, clamore e parola offensiva con ogni sorta di malignità. 32Siate invece gli uni verso gli altri benevoli e misericordiosi, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:17-32).

Il prima 

Secondo questo testo, qual’era la condizione in cui si trovavano i cristiani di Efeso prima di imparare a conoscere Cristo? La descrizione che ne fa l’apostolo è impressionante. Dice:

1) “I loro pensieri erano vanità” (17). Il paganesimo era caratterizzato da un pensiero futile e perverso. In Romani l’Apostolo scrive: “… si sono dati a vani ragionamenti e l’insensato loro cuore si è ottenebrato. Dicendosi sapienti, sono diventati stolti … Siccome non si sono curati di ritenere la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati a una mente perversa, perché facessero le cose che sono sconvenienti” (Romani 1:21-22,28). Per cui:

2) “La loro intelligenza era ottenebrata” (18). I loro ragionamenti li rendono come ciechi. Travisano e distorcono la realtà. È il mondo della superstizione, oppure quello della propaganda politica che vuole far credere ciò che non è. È un mondo artificioso, costruito ad arte, come quello immaginato dal film “Matrix”.

3) “Erano estranei alla vita di Dio” (18). Non conoscevano il Dio vero e vivente, non perché Egli non fosse loro apparente, ma perché si rifiutavano di conoscerlo. Erano quindi lontani dalla vita di Dio. Erano lontani dalla vita che Dio dona perché hanno chiuso la mente e indurito il cuore contro di lui. E quindi:

4) “Erano ignoranti” (18) specialmente delle cose di Dio, il che risultava in cecità morale, non comprendono e sovvertono ciò che Dio dichiara morale, per crearsi il proprio perverso codice morale.

5) “Il loro cuore era indurito” (19). Il loro cuore indurito li faceva diventare ignoranti e quindi: “Hanno perduto ogni sentimento” (19).  Non provavano alcuna pietà o compassione, erano insensibili. Da tutto questo che cosa risulta? Che:

6) “Si erano abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni sorta d’impurità con insaziabile avidità” (19), vale a dire “Si erano lasciati andare a una vita corrotta; commettevano impurità di ogni genere e non erano mai soddisfatti”.

Il dopo 

Qualcosa però è successo in loro che ha fatto cambiare completamente la direzione della loro vita. Possono così testimoniare come la grazia del rinnovamento morale e spirituale abbia toccato ogni aspetto della loro vita.

1) “Ci siamo spogliati del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici” (22).  La loro vecchia vita, rovinata e ingannata dalle passioni, l’hanno abbandonata come si mette via un vestito vecchio.

2) “Siamo stati rinnovati nello spirito della nostra mente” (22). Gettando via la vecchia natura peccaminosa e il loro precedente modo di vivere, corrotto dalla lussuria e dall’inganno, il loro cuore e il loro spirito è stato rinnovato.

3) “Abbiamo rivestito l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità” (23). “L’uomo nuovo”, ripulito, ricostituito, rinnovato, è quello originalmente inteso da Dio quando aveva creato l’essere umano. Creandolo aveva infatti detto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza” (Genesi 1:26). Tale immagine si era corrotta, ora viene restaurata.

4) “Abbiamo bandita la menzogna e diciamo la verità l’un l’altro” (25). Comprendendo che menzogna e inganno è autolesionista perché come umanità siamo un tutt’uno, abbiamo detto basta alle menzogne.

5) “Quando è necessario, ci arrabbiamo, ma stiamo attenti, così facendo a non incorrere in peccato, e non coltiviamo il risentimento” (26). L’indignazione per ciò che  male non deve portare a gesti inconsiderati: “Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene” (Romani 12:21).

6) “Non lasciamo spazio al diavolo” (27). Le forze del male, infatti, colgono ogni occasione per portarci sulla cattiva strada, ma non diamo loro spazio alcuno, alcun appiglio, punto di appoggio.

7) “Se rubavamo non lo facciamo più, ma ci affatichiamo a lavorare onestamente affinché pure possiamo donare a chi ne ha bisogno” (28) per avere la possibilità di aiutare chi si trova nel bisogno.

8) “Dalla nostra bocca non escono parole cattive ma edificanti secondo il bisogno perché facciano del bene a chi ascolta” (29). Non fanno più uso di un linguaggio volgare o offensivo, ma fanno in modo che tutto ciò che dicono sia buono e utile, affinché le loro parole siano di incoraggiamento per coloro che le ascoltano.

9) “Ci impegniamo a non rattristare lo Spirito di Dio con il quale siamo stati suggellati per il giorno della redenzione” (30). Non vogliono più addolorare per come vivono lo Spirito Santo di Dio. Sono stati infatti identificati come suoi, garantendo loro che nel giorno della redenzione saranno del tutto salvati dal peccato e dalle sue conseguenze.

10) “Abbiamo tolto da noi ogni amarezza, ogni cruccio, ira, clamore e parola offensiva con ogni sorta di malignità” (31). Si sono sbarazzati da ogni risentimento, rabbia, parole dure e calunnie, così come tutti i tipi di comportamento malvagio. Infine:

11) “Siamo gli uni verso gli altri benevoli e misericordiosi, perdonandoci a vicenda come anche Dio ci ha perdonati in Cristo” (32) Stiamo imparando a essere buoni gli uni con gli altri, pronti sempre ad aiutarci. Comprendiamo la forza del perdono perché abbiamo compreso l’Evangelo: Dio ci ha perdonato per mezzo del Cristo.

Che cosa sta in mezzo 

Che cosa, allora, ha prodotto questo grande cambiamento nella vita di queste persone? Hanno conosciuto Gesù, il Cristo, il Salvatore del mondo, vale a dire Colui che Dio ha consacrato (l’unico al mondo) per salvarci dal peccato e dalle sue conseguenze. Hanno imparato a conoscerlo, sono stati istruiti nella Sua verità e questa verità li ha trasformati moralmente e spiritualmente, o per dirla meglio, sono stati incamminati in un processo di trasformazione che durerà per tutta la loro vita, finalizzato alla creazione di un “uomo nuovo”  o “nuova creatura”.

Non si tratta, però, solo di imparare, di essere istruiti su di Lui e sul contenuto del Suo insegnamento. Si potrebbe infatti andare ad un corso di “storia delle religioni” per apprendere su Gesù, Maometto, Buddha ed altri ancora senza che avvenga nulla di particolare nella nostra esistenza, che cambi qualcosa nella nostra vita di tutti i giorni. Non si tratta solo di acquisire informazioni per migliorare il nostro “bagaglio intellettuale” per quanto questo possa essere certamente utile! Il nostro testo, nell’originale, non dice: “avete imparato a conoscere Cristo”, ma, come pure traduce la vecchia Diodati: “voi non avete così imparato Cristo”. Da una prospettiva storico-grammaticale, il brano può essere certamente interpretato come “imparare a conoscere Cristo” o “imparare ciò che Cristo ha insegnato”, ma dalla prospettiva teologica dell’Apostolo, la cosa è molto diversa. Essa si riferisce a una comprensione spirituale profonda di chi è Cristo e di cosa significa essere un suo discepolo. Questa espressione sottolinea l’importanza di avere un rapporto tale con Cristo che trasformi sensibilmente la nostra vita – il che è la finalità dell’Evangelo. In questo contesto, “imparare Cristo” implica non solo conoscere e comprendere gli insegnamenti di Gesù, ma anche incarnare il Suo carattere e i Suoi valori nella nostra vita. Questo è cosa pure da apprendere ma sulla base dell’efficacia trasformatrice dell’Evangelo stesso che dipende dall’opera sovrana di Dio lo Spirito Santo.

Quando ero pastore in Svizzera, parte del mio lavoro era “insegnare religione” a bambini, ragazzi e giovani. Mi basavo sicuramente sulla Bibbia e mi avvalevo dei migliori metodi educativi a mia conoscenza. Indipendentemente dalle condizioni ed opportunità in cui avveniva questo mio insegnamento (ero pure molto creativo), quale effetto questo ha avuto su questi giovani? La stragrande maggioranza di loro sono ora sicuramente “brave persone”, ma, potrei chiedermi, sono essi discepoli di Cristo, impegnati a servire la Sua causa nel mondo? Pochissimi. “Imparare Cristo” è molto di più che partecipare, più o meno volentieri a delle lezioni!

“Imparare Cristo” significa confessarlo di tutto cuore come Tommaso: “Signore mio e Dio mio!” (Giovanni 20:28) o come Pietro che era giunto ad affermare: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.  Al che Gesù gli risponde: “Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli” (Matteo 16:16-17). Significa credere che Gesù è “erede di tutte le cose”, “l’Alfa e l’Omega del patto di grazia”; immeritato dono del Padre all’umanità e come Salvatore del peccatore; come via di accesso a Dio e di accoglienza presso di Lui; come capo della chiesa; come profeta, sacerdote e re dei credenti in Lui e come unico mediatore tra Dio e le creature umane.

“Imparare Cristo” significa riceverlo, credere in lui e affidare a lui la propria anima; e in modo da abbracciare le sue verità e sottomettersi ai suoi ordinamenti. Questa è una lezione che si impara non nei libri e nella scuola della natura, né nella ragione com’è intesa in questo mondo, né nella Legge mosaica, ma nel libro dell’Alleanza e della Scrittura; e nella scuola della comunità cristiana, e sotto il ministero dell’Evangelo; perché i suoi ministri sono i maestri, gli strumenti dell’insegnamento che Dio ci impartisce. Sarà però solo il sovrano Spirito di Dio ad imprimere questa conoscenza nel cuore di una persona e trasformarla e Lui dobbiamo invocare.

Conclusione 

L’istruzione, e l’istruzione permanente, è dunque essenziale per la nostra vita e noi dobbiamo cogliere ogni opportunità per imparare cose nuove, sia a livello pratico che culturale. Deve diventare la nostra passione! Imparare a conoscere il Signore e Salvatore Gesù Cristo deve essere per noi, però, la cosa più importante, la nostra maggiore passione. Deve stare al centro del nostro impegno di apprendimento, perché in Lui “tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti” (Colossesi 2:23). Conoscere il Salvatore Gesù Cristo significa, però, molto di più che apprendere che cosa egli abbia insegnato (il che lo possono fare tutti senza esserne personalmente coinvolti), ma, dopo aver stabilito uno stretto rapporto con lui basato sulla fede e sul discepolato, assorbire talmente il suo insegnamento tanto da incarnarlo. “Imparare Cristo” sorge dall’aver stabilito con lui un tale rapporto personale da esserne stati trasformati, tanto da essere diventati “una nuova creatura”. Che possa essere così per ciascuno di noi e di voi!

Paolo Castellina, 17 Febbraio 2024


Materiale supplementare 

Efesini 4:20, nell’originale greco, si legge “ὑμεῖς δὲ οὐχ οὕτως ἐμάθετε τὸν Χριστόν” (humeis de ouk houtōs emathete ton Christon). L’interpretazione dell'”imparare Cristo” in questo contesto può essere intesa in diversi modi, a seconda della prospettiva teologica. Da una prospettiva storico-grammaticale, il brano può essere interpretato come “imparare a conoscere Cristo” o “imparare ciò che Cristo ha insegnato”. In questa prospettiva, l’attenzione è posta sulla comprensione degli insegnamenti e delle azioni di Gesù Cristo così come presentati nei Vangeli. Tuttavia, da una prospettiva più teologica, “imparare Cristo” può anche riferirsi a una comprensione spirituale più profonda di chi è Cristo e di cosa significa essere un suo seguace. Questa interpretazione sottolinea l’importanza di avere una relazione con Cristo e di permettergli di trasformare la propria vita. In questo contesto, “imparare Cristo” implica non solo comprendere gli insegnamenti di Gesù, ma anche incarnare il Suo carattere e i Suoi valori nella propria vita. La ragione di questa interpretazione è radicata nel contesto più ampio della Lettera agli Efesini, che sottolinea l’importanza dell’unità nel corpo di Cristo e il potere trasformativo del Vangelo. L’autore degli Efesini incoraggia i credenti a crescere nella loro comprensione di Cristo e a vivere secondo i Suoi insegnamenti. In sintesi, la frase “imparare Cristo” in Efesini 4:20 può essere interpretata come “imparare riguardo a Cristo” o “imparare ciò che Cristo ha insegnato” da una prospettiva storico-grammaticale. Da una prospettiva teologica, può anche significare una comprensione spirituale più profonda di chi è Cristo e vivere secondo i Suoi insegnamenti. La scelta dell’oggetto (Cristo o la dottrina di Cristo) dipende dall’interpretazione specifica e dalla prospettiva teologica impiegata.

Dai commentari su Efesini 4:20 

“Questi cristiani devono distinguersi da tali gentili: Non avete imparato così Cristo, Efesini 4:20. Può essere letto, ma tu no; hai imparato Cristo. Coloro che hanno imparato Cristo sono salvati dalle tenebre e dalla contaminazione in cui giacciono gli altri; e poiché sanno di più, sono obbligati a vivere meglio degli altri. È un buon argomento contro il peccato il fatto che non abbiamo imparato così Cristo. Impara Cristo! Cristo è un libro, una lezione, una via, un mestiere? Il significato è: “Non hai imparato così tanto il cristianesimo, le dottrine di Cristo e le regole di vita da lui prescritte. Non per fare come fanno gli altri. Se è così, o da allora, che lo avete udito (Ef 4,21), avete udito la sua dottrina predicata da noi e siete stati istruiti da lui, interiormente ed efficacemente, mediante il suo Spirito”. Cristo è la lezione; dobbiamo imparare Cristo: e Cristo è il maestro; ci viene insegnato da lui. Poiché la verità è in Gesù. Ciò può essere inteso in due modi: o: “Vi è stata insegnata la vera verità, come insegnata da Cristo stesso, sia nella sua dottrina che nella sua vita”. O così: «La verità ha fatto tanta impressione nei vostri cuori, nella vostra misura, come ha fatto nel cuore di Gesù». La verità di Cristo appare allora nella sua bellezza e potenza, quando appare come in Gesù” (Commentario di Matthew Henry).

“A differenza dei Gentili non salvati, le menti dei cristiani non sono più oscure, non sono più estranei a Dio e i loro cuori non sono più duri e impuri. Non impararono a seguire Cristo mediante i naturali processi mentali che abitualmente portano alla degradazione dei Gentili non salvati. Impararono a seguirlo come suoi discepoli dal Vangelo. ‘Di solito impariamo materie, non persone; ma il libro di testo più prezioso del cristiano è il suo amabile Signore’” [Constable].

“Ora traccia un contrasto della vita cristiana, in modo da rendere evidente quanto sia del tutto incompatibile con il carattere di un uomo pio contaminarsi nonostante le abominazioni dei Gentili. Poiché i gentili camminano nelle tenebre, quindi non distinguono tra giusto e sbagliato; ma coloro sui quali risplende la verità di Dio dovrebbero vivere in modo diverso. Che coloro per i quali la vanità dei sensi è una regola di vita, si abbandonino alle vili concupiscenze, non è sorprendente; ma la dottrina di Cristo ci insegna a rinunciare alle nostre disposizioni naturali. Colui la cui vita non differisce da quella dei non credenti, non ha imparato nulla da Cristo; poiché la conoscenza di Cristo non può essere separata dalla mortificazione della carne” (Giovanni Calvino, Commento a Efesini  4:20).

“Alcuni distinguono queste parole e ne fanno due proposizioni: “ma voi non siete così”, oppure “voi non siete così, avete imparato Cristo”; la prima di queste proposizioni ha rispetto a quanto precede, e suggerisce che le persone rigenerate non sono come gli altri uomini: non camminano nella vanità della loro mente come gli altri, la loro mente non è vuota e vana; ma sono pieni di Dio, della conoscenza salvifica di Dio in Cristo, del timore e dell’amore di Dio, e di Cristo, della sua conoscenza spirituale, della fede in lui e dell’amore verso di lui, e dello Spirito, della sua grazie e frutti di giustizia; e sebbene in loro ci sia molta vanità, instabilità, tradimento e peccaminosità, tuttavia il loro modo di camminare e il corso della loro condotta non è secondo questo: né la loro intelligenza è oscurata come quella degli altri; sono illuminati nel vedere il loro stato e la loro condizione perduti per natura, la piaga dei loro cuori, l’insufficienza della loro giustizia, la via della vita e della salvezza mediante Cristo, e che la salvezza dal primo all’ultimo è tutta grazia; hanno una certa luce nelle dottrine del Vangelo e hanno qualche barlume di gloria; e la loro luce è di natura crescente: non sono alienati dalla vita di Dio come gli altri, ma vivono una vita di comunione con Lui, una vita di fede su di Lui, e una vita di santità secondo la sua mente; non sono insensibili come gli altri, sono sensibili al peccato, e spesso ne sono schiacciati dal peso e gemono, essendone gravati; non possono peccare con quella gioia e piacere come fanno gli altri, né lo imploreranno, ma lo confesseranno con vergogna e dolore; né si abbandonano ad essa, perseverando in essa e in una ricerca insaziabile di essa: la ragione di tutto ciò è che “hanno imparato Cristo”: per conoscerlo come Dio sopra ogni cosa benedetto nei secoli; come Signore ed erede di tutte le cose; come l’Alfa e l’Omega del patto di grazia; come affidato a tutto ciò che è vicino e caro al Padre suo; come dono gratuito del Padre agli uomini e come Salvatore del peccatore; come via di accesso a Dio e di accoglienza con Lui; come capo e marito della chiesa; come profeta, sacerdote e re dei santi e come unico mediatore tra Dio e gli uomini; e per riceverlo, credere in lui e affidare a lui la propria anima; e in modo da abbracciare le sue verità e sottomettersi ai suoi ordinamenti: e questa lezione imparano, non nel libro e nella scuola della natura, né della ragione carnale, né della legge; ma nel libro dell’alleanza e della Scrittura; e nella scuola della chiesa, e sotto il ministero del Vangelo; perché i ministri del Vangelo sono i maestri, gli strumenti dell’insegnamento; sebbene lo Spirito di Dio sia la causa efficiente, l’unzione che insegna ogni cosa e conduce a tutta la verità, come è in Gesù: e questa lezione, essendo veramente appresa, insegnerà agli uomini a camminare diversamente dagli altri; rinnegare l’empietà e le passioni mondane e vivere con sobrietà e giustizia,e divino” (Commento di John Gill su Efesini 4:20).

Come imparare Cristo 

“Ci sono due cose che ci impediscono di imparare. 1. Sminuire ciò che sentiamo. Cristo è la perla preziosa; quando disprezziamo questa perla, non impareremo mai né il suo valore, né la sua virtù. L’Evangelo è un mistero raro; in un punto (Atti 20:24) è chiamato “l’Evangelo della grazia di Dio”, in un altro (1 Corinzi 4.4) “l’Evangelo della gloria”; perché in esso, come attraverso un vetro trasparente, risplende la gloria di Dio. Ma chi ha imparato a disprezzare questo mistero, difficilmente imparerà mai ad obbedirgli; colui che considera le cose del cielo di sfuggita, e magari conducendo un mestiere, o portando avanti qualche progetto politico per avere maggiore importanza, quest’uomo è sulla strada maestra verso la dannazione, e difficilmente imparerà cose della sua pace. Chi imparerà ciò che ritiene poco meritevole di essere appreso? 2. Dimenticare ciò che sentiamo. Se uno studente ha le sue regole davanti a sé e le dimentica con la stessa rapidità con cui le legge, non imparerà mai (Giacomo 1: 25). Aristotele chiama la memoria lo scriba dell’anima; e Bernardo di Chiaravalle lo chiama lo stomaco dell’anima, perché ha una facoltà di ritenzione e trasforma il cibo celeste in sangue e spirito; abbiamo grandi ricordi in altre cose, ricordiamo ciò che è vano. Ciro riusciva a ricordare il nome di ogni soldato del suo enorme esercito. Ricordiamo le ferite: questo è riempire di sterco un armadio prezioso; ma come dice Girolamo, quanto presto dimenticheremo le sacre verità di Dio? Siamo inclini a dimenticare tre cose: i nostri difetti, i nostri amici, le nostre istruzioni. Molti cristiani sono come setacci; metti un setaccio nell’acqua ed è pieno; ma tiratelo fuori dall’acqua, e finisce tutto: così, mentre ascoltano una predica, si ricordano qualcosa: ma come il setaccio fuori dall’acqua, appena usciti dalla chiesa, tutto è dimenticato. “Voi tenete bene a mente queste parole” (Luca 9: 44) nell’originale è “metti queste parole nei tuoi orecchi”, poiché un uomo che vuole nascondere il gioiello affinché non venga rubato, lo chiude al sicuro nel suo petto. Affondano: la parola non deve cadere solo come rugiada che bagna la foglia, ma come pioggia che bagna la radice dell’albero, e lo fa fruttificare. Oh, quanto spesso Satana, quell’uccello dell’aria, raccoglie il buon seme che è stato seminato!

UTILIZZO. Lascia che ti sottoponga a una prova seria. Alcuni di voi hanno sentito molto, — avete vissuto quaranta, cinquanta, sessant’anni sotto la tromba benedetta dell’Evangelo — cosa avete imparato? Potresti aver ascoltato mille sermoni e tuttavia non averne imparato uno. Esamina la tua coscienza.

1. Avete sentito molto contro il peccato: siete ascoltatori; o siete studenti? Quante prediche hai sentito contro la cupidigia, che è la radice su cui crescono l’orgoglio, l’idolatria, il tradimento? Lo si chiama peccato metropolitano; è un male complesso, che porta con sé moltissimi peccati. Non c’è quasi nessun peccato, ma la cupidigia ne è l’ingrediente principale; eppure sei come le due figlie della sanguisuga, che gridano: “Dammi! Dammi!” Quanto hai sentito contro l’ira avventata, cioè un breve delirio, una secca ubriachezza; che riposa nel seno degli stolti; e nella minima occasione il tuo tuoi spirito cominciano a prendere fuoco? Quanto hai sentito contro il giuramento: è il mandato espresso di Cristo: “Non giurare affatto”. (Matteo 5:34). Questo peccato fra tutti gli altri può essere definito l’opera infruttuosa delle tenebre. Non è né addolcito dal piacere, né arricchito dal profitto, il solito vermiglio con cui Satana dipinge il peccato. È vietato giurare con subpena. Mentre chi spergiura scaglia i suoi giuramenti, come frecce volanti contro Dio per trafiggere la sua gloria, Dio scaglia contro di lui “un rotolo volante” di maledizioni. E fai della tua lingua un rumore con cui lanci le imprecazioni come palle da tennis? Vi divertite con giuramenti, come fecero i Filistei con Sansone, che alla fine vi metteranno la casa alle orecchie? Ahimè! come hanno imparato cos’è il peccato, coloro che non hanno imparato a lasciare il peccato! Sa forse cos’è una vipera per giocarci?

2. Hai sentito parlare molto di Cristo: hai imparato Cristo? Gli ebrei, come dice Girolamo, portavano Cristo nella loro Bibbia, ma non nel loro cuore. “La loro voce è andata per tutta la terra” (Romani 10:18), i profeti e gli apostoli erano come trombe, il cui suono si diffondeva nel mondo: eppure molte migliaia di persone che udirono il suono di queste trombe, non avevano imparato Cristo, “non tutti hanno obbedito” (Romani 10:16) (1.) Un uomo può sapere molto di Cristo, e tuttavia non imparare Cristo: i diavoli conoscevano Cristo (Matteo 1:24) (2.) Un uomo può predicare Cristo, e tuttavia non imparare Cristo, come Giuda e gli pseudo-apostoli. (Filippesi 5:15) (3.) Un uomo può professare Cristo, e tuttavia non imparare Cristo: ci sono molti professanti nel mondo contro i quali Cristo professerà (Matteo 7.22-23).

D. Che cosa significa allora imparare Cristo?

1. Imparare Cristo è diventare come Cristo, avere impressi nel cuore i caratteri divini della sua santità: “E noi tutti, contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo il Signore, che è lo Spirito” (2 Corinzi 3:18). Si compie una metamorfosi; un peccatore, vedendo l’immagine di Cristo nello specchio del l’Evangelo, si trasforma in quell’immagine. Nessun uomo ha mai guardato Cristo con occhio spirituale, ma se ne è andato completamente cambiato. Un vero santo è un quadro divino paesaggistico, dove tutte le rare bellezze di Cristo sono vivacemente rappresentate e disegnate; ha lo stesso spirito, lo stesso giudizio, la stessa volontà di Gesù Cristo.

2. Imparare Cristo è credere in lui: “Mio Signore e mio Dio” (Giovanni 20:28), quando non solo crediamo in Dio, ma in Dio, che è l’applicazione concreta di Cristo a noi stessi e, per così dire, la diffusione della sacra medicina della sua sangue sulle nostre anime. Hai sentito molto parlare di Cristo, eppure non puoi dire con umile adesione: “mio Gesù”; non offenderti se te lo dico, il diavolo può dire il suo credo bene quanto te.3. Imparare Cristo è amare Cristo. Quando abbiamo conversazioni bibliche, le nostre vite, come ricchi diamanti, gettano uno splendore scintillante nella chiesa di Dio e sono, in un certo senso, parallele alla vita di Cristo, come la trascrizione dell’originale. Questo per quanto riguarda la prima nozione della parola” (Thomas Watson).