Quando gettiamo acqua sul fuoco di Dio (1 Tessalonicesi 5:19)

Domenica 14 Gennaio 2024

(Culto completo con predicazione, 55′ 38″)

(Solo predicazione, 30′ 24″)

Vigili del fuoco 

Nel famoso romanzo “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, i vigili del fuoco, i pompieri, avevano una funzione completamente diversa da quella che ci si potrebbe aspettare. Invece di proteggere la società dagli incendi, il loro compito principale era quello di …bruciare libri. Nel mondo distopico descritto nel romanzo, infatti, la lettura e la conoscenza erano considerate pericolose e una minaccia per l’ordine stabilito. I vigili del fuoco erano incaricati di individuare e distruggere con lanciafiamme ogni tipo di libro, in quanto il governo aveva deciso che la lettura potesse portare a pensieri critici e scomodi. Il governo temeva che i libri potessero influenzare le persone in modo da mettere in questione il suo controllo autoritario sulla società e il conformismo. Quindi, bruciare libri era diventato un atto di soppressione della libertà di pensiero e di manipolazione della verità. La trama del romanzo segue il personaggio principale, Guy Montag, un vigile del fuoco che inizia a mettere in discussione la società oppressiva in cui vive e a cercare significato al di là della superficialità della cultura dominante riscoprendo l’importanza della letteratura e unendosi poi alle fila dei lettori clandestini ribelli al sistema. Oggi non siamo arrivati a quel punto, anche se i poteri dominanti fanno uso di molti altri metodi per cercare di impedire il pensiero critico e rendendo la gente stupida e sottomessa. Quella di Farenheit 451, però, era fiction. Oggi siamo riconoscenti per il servizio che svolgono i pompieri, i vigili del fuoco, che spengono gli incendi gettando acqua sul fuoco.

Gettare acqua sul fuoco 

L’espressione “gettare acqua sul fuoco” in italiano è pure un modo figurato per indicare l’azione di cercare di placare o calmare situazioni tese, passioni infuocate, litigi o conflitti. Quando si utilizza questa espressione, si fa riferimento all’idea che come gettare acqua su un fuoco possa spegnerlo, così intervenire in una situazione accesa può contribuire a smorzare gli animi. Ad esempio, se due persone stanno litigando animatamente o se c’è tensione in un gruppo o fra nazioni, qualcuno potrebbe intervenire per “gettare acqua sul fuoco”, per spegnerlo cercando di calmare gli animi, promuovere la comprensione reciproca o cercare una soluzione pacifica. L’intento è quello di ridurre l’escalation della situazione e di evitare che le emozioni negative si intensifichino ulteriormente. In generale, l’uso di questa espressione sottolinea l’importanza di intervenire in modo pacifico per evitare che le situazioni conflittuali si aggravino, cercando di portare serenità e calma.

Che dire, però, quando qualcuno vorrebbe spegnere il movimento del progresso umano e spirituale, il risveglio della popolazione che si assume la responsabilità diretta del governo della propria vita, comunità e nazione, la propria sovranità democratica? Che dire quando strutture di potere, chiese incluse, vorrebbero impedire che la libertà dello Spirito le sovvertisse allorché i credenti riscoprono la potenza dell’Evangelo che mette in questione tradizioni alienanti, in una parola, vorrebbero “spegnere lo Spirito”?

Un fuoco salutare non gradito 

Gli antichi profeti di Israele pronunciavano spesso parole infuocate e scomode da parte di Dio contro le ingiustizie operate dai potenti del loro tempo, l’infedeltà del popolo di Dio al patto stabilito con Dio, l’idolatria e l’immoralità. “’La mia parola non è forse come il fuoco’, dice l’Eterno, ‘come un martello che spezza il sasso?’” (Geremia 23:29). Su questo “fuoco” politici, religiosi e falsi profeti si premuravano spesso di “gettare acqua” e di spegnerlo, minimizzandone compiacenti il messaggio o combattendolo con furia persecutoria, ma non ci sarebbero riusciti. La Parola di Dio non era meno “fuoco” nella comunità cristiana quando la predicavano gli apostoli e gli evangelisti. Sospinta dal Santo Spirito di Dio essa condannava il peccato, produceva grandi conversioni e, come veniva accusata dagli avversari, “metteva sottosopra il mondo”. Mille “pompieri” non avrebbero potuto spegnerla, estinguerla.

Anche però nella comunità cristiana c’era chi avrebbe voluto estinguere, per vari motivi, questo fuoco dello Spirito Santo di Dio. Per questo troviamo al termine della prima lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica l’esortazione: “Non spegnete lo Spirito” (1 Tessalonicesi 5:19). Com’è possibile che questo voler “spegnere lo Spirito” possa avvenire in una comunità cristiana o nella vita di un singolo credente? Perché è a questo a cui quest’esortazione si riferisce.

La negligenza dei cristiani 

L’esortazione dell’apostolo Paolo in 1 Tessalonicesi: “Non spegnete lo Spirito” appare come una frase isolata al termine dell’epistola. Non è chiaro in che modo la comunità cristiana di Tessalonica avesse o potesse “spegnere lo Spirito”. Alcuni la collegano al versetto successivo: “Non disprezzate le profezie” (v. 20). Può darsi, perché lo Spirito di Dio continua a parlare alla comunità cristiana e spesso, anche oggi, le strutture ecclesiastiche, la sua burocrazia e regolamenti, come già accennavo, sono di intralcio all’opera sovrana dello Spirito di Dio, per la quale spesso il messaggio dei profeti è sgradito e “sconveniente”. Infatti: “Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va” (Giovanni 3:8). Lo Spirito Santo di Dio è sovranamente libero e non di rado mette in questione il nostro status quo, anche religioso.

Per comprendere il senso permanente di questa particolare esortazione apostolica bisogna riferirsi all’insegnamento complessivo del Nuovo Testamento laddove esso ammonisce i credenti contro la negligenza, la trascuratezza, l’indolenza, nel far uso dei doni che Dio lo Spirito Santo mette loro a disposizione per la loro crescita morale e spirituale.

È importante, infatti, osservare come l’esortazione: “Non spegnete lo Spirito” sia rivolta qui proprio alla comunità cristiana e ai singoli credenti in Cristo, coloro ai quali lo Dio lo Spirito Santo ha aperto il cuore e la mente per ricevere la grazia della salvezza e ai quali Egli ha concesso il dono del ravvedimento e della fede. Senza ombra di dubbio, quest’opera di grazia dell’Onnipotente era stata e rimaneva irresistibile in loro così come era stata irresistibile la potenza della parola di Gesù: “Vieni fuori!” (Giovanni 11:43) quando aveva risuscitato Lazzaro, che era morto da quattro giorni, facendolo uscire dalla tomba. Alla Persona ed opera di Dio lo Spirito Santo nessuno può resistere, né ora né mai, nessuno la può pregiudicare, impedire e men che meno “spegnerla” sulla base di un presunto libero arbitrio o per “concessione” di Dio. E allora come la mettiamo con questa esortazione?

Come scriveva il riformatore Giovanni Calvino: “Coloro che da ciò deducono che spetta all’uomo o spegnere o custodire la luce che gli viene presentata, così da sminuire l’efficacia della grazia ed esaltare le forze del libero arbitrio, ragionano su basi false. Infatti, sebbene Dio operi efficacemente nei suoi eletti e non si limiti a presentare loro la luce, ma faccia loro vedere, apra gli occhi del loro cuore e li tenga aperti, tuttavia, poiché la carne è sempre incline all’indolenza, ha bisogno di essere stimolata dalle esortazioni. Ma ciò che Dio comanda per bocca di Paolo, Egli stesso lo realizza interiormente. Intanto tocca a noi chiedere al Signore che fornisca olio alle lampade che ha acceso, affinché mantenga puro lo stoppino e anzi lo accresca” (G. Calvino, Commentario a 1 Tessalonicesi).

Ecco così che nell’esortazione “Non spegnete lo Spirito” si parla di fatto delle grazie, dei doni, dei talenti che Dio lo Spirito Santo ha dato ai credenti, quindi a persone già “risvegliate”, affinché coltivandoli e “trafficandoli” essi crescano nella fede e nell’amore, come dice l’apostolo Paolo, “… seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15), o come dice Pietro, crescendo: “nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 3:18). “Spegnere lo Spirito” significa essere negligenti nel far debito uso dei doni che Dio ha concesso ai Suoi figlioli. Il “fondamento” dell’opera di Dio in loro è già stato posto, ma, come dice la Scrittura: “… se uno edifica su questo fondamento oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l’opera di ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà, poiché quel giorno apparirà come un fuoco e il fuoco proverà quale sia l’opera di ciascuno. Se l’opera che uno ha edificata sul fondamento sussiste, egli ne riceverà ricompensa; se l’opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno, ma egli stesso sarà salvo, però come attraverso il fuoco” (1 Corinzi 3:12-15).

Indubbiamente essere negligenti nell’uso dei mezzi della grazia che Dio lo Spirito Santo ci ha donato è come “gettare acqua sul fuoco” e spegnerli, renderli inutilizzabili, “annacquarli”… Chiediamoci: qual’è “la qualità” del nostro impegno cristiano, delle nostre opere in quanto cristiani? “Paglia” oppure “pietre di valore”? Qui non si tratta di “perdere la salvezza” perché essa non dipende da noi: essa ci è garantita dalla grazia immeritata dell’opera infallibile di Cristo, ma della consistenza delle opere di credenti che siamo che siamo chiamati a fare alla gloria di Dio e per l’avanzamento del Suo Regno. Le nostre opere, come singoli e come comunità cristiana, resistono agli attacchi dell’Avversario? Resistere possiamo e dobbiamo, ma non resistere a Dio, ma “resistere al diavolo” come dice Giacomo: “Sottomettetevi dunque a Dio, ma resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi” (Giacomo 4:7), “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede” (1 Pietro 5:8-9).

Che cosa rischiamo di spegnere

Se dunque è impossibile che alcuno possa pregiudicare l’opera di Dio lo Spirito Santo, corriamo di fatto il rischio di spegnere le grazie dello Spirito, quelle che possono essere paragonate alla luce, al fuoco e al calore, a cui allude nel testo. Quali potrebbero essere?

La fede è luce nell’anima, è vedere le virtù salvifiche di Cristo Gesù. La fede è “certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono” (Ebrei 11:1). L’amore di Dio in Cristo Gesù è come una fiamma veemente, che molte acque non potrebbero spegnere. Lo zelo cristiano (che però non è fanatismo) è “il ribollire” in noi di quell’amore, il suo fervore potrebbe venir meno in noi per nostra negligenza. La conoscenza spirituale della realtà è un dono di Dio e di natura crescente. Tutte queste sono grazie dello spirito: e sebbene esse non possano essere completamente estinte, spente e andare perdute, tuttavia possono essere grandemente attenuate. La luce della fede potrebbe affievolirsi in noi; la fiamma dell’amore potrebbe ridursi sensibilmente e raffreddarsi. Il calore dello zelo potrebbe trasformarsi in tiepidezza e indifferenza di spirito. La luce della conoscenza sembra talvolta diminuire in noi invece di aumentare perché dobbiamo coltivarla. Tutto questo potrebbe avvenire quando non abbandoniamo “i nostri peccati favoriti”, quando frequentando cattive compagnie, oppure quando trascuriamo le ordinanze di Dio, il culto personale, famigliare e comunitario, la preghiera e altre istituzioni dell’Evangelo.

Per questo l’esortazione “Non spegnete lo Spirito” è quanto mai necessaria per scuotere e vivificare i credenti, per incitarli all’uso di quei mezzi. Le grazie di Dio sono custodite e conservate solo esercitandole come dei muscoli che si rattrappiscono se non sono esercitati costantemente.

Ad esempio, se un credente rifiuta di seguire ciò che ritiene essere la volontà di Dio, potrebbe limitare l’azione dello Spirito nella sua vita. Ci potrebbero essere in noi peccati non confessato e  abbandonati. Questo potrebbe costituire un ostacolo all’azione dello Spirito Santo. La Bibbia insegna che il peccato può separare l’individuo da Dio, e pertanto, il rifiuto di affrontare e confessare il peccato potrebbe impedire l’opera trasformatrice dello Spirito.

Rigidezza e mancanza di flessibilità spirituale: Essere eccessivamente rigidi nelle proprie convinzioni e tradizioni resistendo al cambiamento può limitare la capacità di percepire o seguire la guida dello Spirito Santo. La flessibilità spirituale e la prontezza a adattarsi alla volontà di Dio sono importanti per permettere all’azione dello Spirito di manifestarsi pienamente.

Mancanza di amore e unità nella comunità cristiana. La mancanza di amore, pazienza e unità può ostacolare l’opera dello Spirito Santo. La Bibbia sottolinea l’importanza dell’amore fraterno e della coesione all’interno della comunità dei credenti.

Che dire poi dei doni che lo Spirito di Dio ha dato a ciascun credente affinché li sviluppi? Qual è il vostro dono e come lo utilizzate e sviluppate? L’apostolo dice che: “Ed è lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo, finché tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini compiuti, all’altezza della statura perfetta di Cristo, affinché non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore, ma che, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:11-15). Che succede, però, quando questi doni vengono repressi e non incoraggiati? La comunità cristiana si rattrappisce e si spegne perché le si è gettata sopra acqua e non “olio”, combustibile, perché brillasse.

Spesso poi ci lamentiamo della condizione della nostra società che respinge i principi vitali della fede cristiana. Dovremmo però considerare anche la nostra negligenza di cristiani che non abbiamo diffuso abbastanza alle nazioni tutto quanto il Signore Gesù Cristo ci ha insegnato per ogni sfera della vita ritirandoci magari nelle “cose spirituali” e così “gettando acqua” sulle nostre responsabilità.   

I doni straordinari dello Spirito, elargiti agli apostoli nel giorno di Pentecoste, sono rappresentati sotto il simbolo del fuoco, e i doni più comuni dello Spirito sono tali che devono essere ravvivati, come si ravvivano i carboni ardenti, affinché brucino e brillino più intensamente e diano luce e calore.  A Timoteo l’apostolo dice: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani” (2 Timoteo 1:6). Che succede quando questi doni li si spegne, quando vengono trascurati e giacciono come inutili, quando, come i talenti della parabola evangelica, sono avvolti in un fazzoletto o nascosti nella terra? Oppure quando viene impedito di usarli, o quando il loro uso non viene curato, o viene disprezzato, e il loro esercizio reso inutile e non redditizio?  Anche i singoli credenti possono “spegnere lo Spirito di Dio”, i suoi doni di luce e di conoscenza, quando ritengono la verità nell’ingiustizia, la imprigionano, la nascondono e non la professano pubblicamente come dovrebbero!

Conclusione 

Il mondo empio e ribelle a Dio, sia a livello personale che sociale e strutturale in molte maniere soffoca la verità con l’ingiustizia e per questo si merita l’ira di Dio ed ogni male (Romani 1:18). Questo “soffocamento”, però, potrebbe indubbiamente avvenire nella stessa nostra vita di cristiani rigenerati e nella comunità cristiana, allorché non coltiviamo debitamente i doni che lo Spirito Santo di Dio ci accorda alla Sua gloria per la nostra crescita umana e spirituale e la diffusione del Suo regno. Domandiamoci seriamente quand’è che diventiamo noi stessi “gli estintori” del nostro stesso bene! “Non spegnere lo Spirito” è un serio e necessario monito che Dio ci rivolge a rimanere aperti e sensibili all’opera trasformatrice dello Spirito Santo, evitando atteggiamenti e comportamenti che potrebbero limitare la Sua azione nella vita individuale e nella comunità dei credenti, ma anche nella stessa società umana. È così?Paolo Castellina, 5 Gennaio 2024.